Venezuela,
Mattarella stavolta è in errore
Luciana Castellina da “IL MANIFESTO” - EDIZIONE DEL - 07.02.2019
No
presidente Mattarella, davvero no. Io sono fra quelli che hanno sempre avuto
per lei massima stima, ma credo che questa volta lei sia davvero in errore.
Dare
legittimità a Guaidò è contro ogni regola democratica, significa opporsi alla
posizione assunta dalle Nazioni unite che, con tutte le sue debolezze, è però
tutt’ora una delle poche istituzioni che ci garantiscono il rispetto, almeno
formale, di qualche diritto internazionale.
Significa
rifiutare la ragionevole proposta di dialogo avanzata da papa Francesco che è
uno che l’America latina la conosce molto bene.
Temo ci sia,
sul Venezuela e la sua crisi, una grande disinformazione.
Bisognerebbe
forse ricordare che quelli che oggi sostengono questo signore autoproclamatosi
presidente (fra cui la notoriamente pessima rappresentanza della comunità
italiana) sono stati coloro che un golpe l’hanno fatto nel 2002 contro il
presidente democraticamente eletto del Venezuela, Hugo Chavez. Lo arrestarono,
addirittura, e c’è un bel documentario trasmesso allora dalla Bbc, che
consiglierei di proiettare al Parlamento europeo a Bruxelles, in cui si
vedevano i golpisti su un palchetto, un insieme che sembrava tratto dal famoso
affresco di Diego Rivera nel Palazzo del governo di Città del Messico:
l’oligarchia del paese, le signore in cappellino, il vescovo, gli alti gradi
dell’esercito, l’ambasciatore americano, a sigillare un’altra delle consuete
operazioni «nel cortile di casa» (guarda caso, affidata in questo caso proprio
allo stesso uomo cui adesso è stato rinnovato l’incarico da Trump, Abrams.). In
strada una immensa folla scesa dalle poverissime favelas di Caracas a difesa
del loro presidente, il primo in questo disgraziato paese che avesse collocato
al primo posto del suo programma la lotta alla miseria. E che così riuscirono a
liberarlo. Mentre tutte le emittenti tv del paese, da sempre in mano ai
golpisti, proiettavano, per occultare l’accaduto, Tom e Jerry. Già allora
l’ambasciatore spagnolo, per conto dell’Ue, si era precipitato a riconoscerli.
Da allora tutte
le elezioni del Venezuela sono state monitorate da commissioni internazionali,
ma sui muri dei quartieri eleganti della capitale, ho avuto modo di vedere coi
miei occhi le scritte insultanti contro un ex presidente degli Stati Uniti che
aveva diretto una di queste missioni per conto dell’Onu e le aveva giudicate
corrette: «Carter uguale Chavez, e, peggio, «Carter Kgb».
LO SCONTRO
di classe in America latina è asprissimo, la sfacciataggine con cui le sue
élites operano dipende dalla secolare convinzione che esse nutrono di essere
padrone del continente, per discendenza imperiale. Esser stati sfidati da un
povero indio, figlio di maestri elementari dell’estrema Amazonia, che ha osato
bloccare la privatizzazione della Pdvsa, l’azienda petrolifera, avviare la
riforma agraria e distribuire i dividendi della più importante ricchezza del
paese nelle favelas (dotate anche di emittenti radio gestite localmente) è
stato considerato inammissibile.
NESSUNO di
chi oggi si schiera in favore di un decente dialogo fra le parti sottovaluta
gli errori commessi da Maduro, un personaggio che non ha certo la statura di
Chavez, purtroppo strappato alla vita ancora giovane da un maledetto cancro.
Questo stesso giornale li aveva segnalati in dettaglio pubblicando un articolo (giugno
2017 ), scritto, l’indomani di una sua visita a Caracas, dal compianto Francois
Houtar, lo straordinario sacerdote belga purtroppo ora defunto che da anni
viveva in Amerca latina. Il quale, pur denunciando con forza le illegalità
della opposizione e la sua violenza, rimproverava giustamente il presidente di
aver sottovalutato il rischio di varare una nuova Costituzione, pur legittimata
da un regolare voto popolare, e però senza la partecipazione dell’opposizione
che aveva boicottato il voto astenendosi; la marginalizzazione dei critici
della stessa propria parte; di rivolgersi solo ai propri sostenitori come un
agitatore anziché parlare a tutto il paese, come è d’obbligo per un presidente,
che deve cercare di interpretare le ragioni dei suoi pur ristretti ceti
intermedi. E, soprattutto, di aver redistribuito la ricchezza petrolifera
(l’80% della valuta straniera che entra nel paese) ma di non aver saputo
impostare un diverso modello di sviluppo economico, meno dipendente dalle
fluttuanti sorti dei barili di oro nero. Ma questo è, purtroppo, un problema
generale di tutti i governi di sinistra che hanno tentato in questi anni di
operare una svolta in America latina. Perché uscire dalle rigide regole imposte
dai potenti al sistema mondo è difficilissimo.
PROPRIO
Chavez ci aveva provato avviando l’Alleanza bolivariana, il tentativo di unire
i paesi che stavano cercando di spezzare le catene – l’Argentina di Kirschner,
la Bolivia di Morales, l’Uruguay di Vasquez, il Brasile di Lula – per acquisire
la forza necessaria a resistere. Purtroppo il sistema oppressivo si è
dimostrato più forte, e quei governi di sinistra sono caduti uno a uno. Salvo
in Bolivia e nell’Uruguay, dove non a caso si tiene la riunione che tenta la
via della mediazione nello scontro venezuelano, impegnando nel negoziato il suo
leggendario ex presidente, Pepe Mujica, ex guerrigliero e anche il solo
politico invitato dal papa all’ultimo raduno dei movimenti popolari, a Roma,
nel 2016. Su questa vicenda la si può naturalmente pensare come si crede, ma
sarebbe d’obbligo interrogarsi su quale sarebbe l’alternativa ove vincesse
Guaidó. Sono davvero sicuri i parlamentari europei che, da Bruxelles, l’hanno
nominato presidente del Venezuela, che nelle favelas si vivrebbe meglio se a
vincere fosse lui? Basta andare addietro nella storia per sapere cosa è stato
fatto, in passato, dai governi venezuelani. Persino quelli pur ipermoderati che
avevano cercato di avviare qualche misura popolare sono stati travolti; oggi i
partiti che li avevano incarnati sono stati spazzati via: non sono loro dietro
all’opposizione attuale.
CERTO CHE
c’è miseria oggi in Venezuela e che per questo parte della popolazione anche
povera protesta (ma non sarebbe male se la tv italiana mostrasse anche le
immagini di coloro, tutt’ora tantissimi, che manifestano a Caracas in favore di
Maduro ). All’origine della crisi drammatica del paese ci sono infatti
certamente gli errori di Maduro,la rozzezza della sua leadership, e anche la
corruzione di troppi funzionari statali, ma il primo responsabile della crisi è
proprio il boicottaggio internazionale.
HO LETTO
poco fa un tweet di infervorato sostegno a chi ha adottato verso il Venezuela
la posizione di Trump : di Matteo Renzi. È la posizione ufficiale del Pd?
Davvero non avrei mai pensato che arrivasse ad opporsi all’attuale governo da
posizioni di destra .
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