mercoledì 28 aprile 2010

…INSISTIMOS…


…INSISTIMOS…

REFERENDUM ACQUA A VIMODRONE - IL 2 MAGGIO 2010 – IN PIAZZA…
Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, costituito da centinaia di comitati territoriali che si oppongono alla privatizzazione, insieme a numerose realtà sociali e culturali ha deciso di promuovere 3 quesiti referendari, depositati presso la Corte di Cassazione di Roma mercoledì 31 marzo 2010. Sostengono tale iniziativa anche diverse forze politiche e tra queste il PRC.
A partire da sabato 24 aprile è iniziata la raccolta delle firme, che in tre mesi dovrà arrivare almeno a quota 500.000 per poter richiedere i referendum. I banchetti per la raccolta delle firme saranno allestiti su tutto il territorio nazionale.


Sabato e domenica scorsi sono state raccolte in tutta Italia già 100.000 firme. Il dato è stato positivo e al di là delle più rosee aspettative.

Al nostro banchetto del 25 aprile, che è iniziato alle ore 10 e doveva terminare alle ore 12, dopo un’ora di file, alle 11 e 10 abbiamo dovuto dire alle persone di tornare un’altra volta perché avevamo finito i moduli a disposizione…



I tre quesiti vogliono abrogare la vergognosa legge approvata dall’attuale governo nel novembre 2009 e le norme approvate da altri governi in passato che andavano nella stessa direzione, quella di considerare l’acqua una merce e la sua gestione finalizzata a produrre profitti.
Dal punto di vista normativo, l’approvazione dei tre quesiti rimanderà, per l’affidamento del servizio idrico integrato, al vigente art. 114 del Decreto Legislativo n. 267/2000.
Tale articolo prevede il ricorso alle aziende speciali o, in ogni caso, ad enti di diritto pubblico che qualificano il servizio idrico come strutturalmente e funzionalmente “privo di rilevanza economica”, servizio di interesse generale e privo di profitti nella sua erogazione.
Verrebbero poste le premesse migliori per l’approvazione della legge d’iniziativa popolare, già consegnata al Parlamento nel 2007 dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, corredata da oltre 400.000 firme di cittadini. E si riaprirebbe sui territori la discussione e il confronto sulla rifondazione di un nuovo modello di pubblico, che può definirsi tale solo se costruito sulla democrazia partecipativa, il controllo democratico e la partecipazione diretta dei lavoratori, dei cittadini e delle comunità locali.


L’ Amministrazione di Vimodrone si è impegnata per l’ ACQUA BENE COMUNE , ha introdotto nel proprio statuto questo principio ed ha partecipato alle iniziative con i COMUNI PORTATORI D’ACQUA…

Il PRC di VIMODRONE partecipa e si rende disponibile all’impegno e alla riuscita di questa iniziativa referendaria, offre la sua disponibilità, attraverso i suoi “assessori e consiglieri comunali”, all’autentificazione delle firme a chiunque intenda impegnarsi e organizzare banchetti per questa iniziativa.

INSISTIMOS


DOMENICA O2 MAGGIO 2010 DALLE ORE 10.00 ALLE ORE 12.00 IN PIAZZA V. VENETO (FRONTE CHIESA) BANCHETTO PER LA RACCOLTA DELLE FIRME.


Vogliamo togliere l’acqua dal mercato e i profitti dall’acqua.
Vogliamo restituire questo bene comune alla gestione condivisa dei territori.

Per garantirne l’accesso a tutte e tutti. Per tutelarlo come bene collettivo.
Per conservarlo per le future generazioni.

... insistimos...

prcvimo@tin.it rifodrone.blogspot.com












ROSSANA ROSSANDA DALL'UNITA'...



Rossana Rossanda: "La sinistra non ha linguaggio e programma"


«Subalternità della sinistra all’impresa privata», mancanza di un «suo» linguaggio e persino rinuncia «a difendere fino in fondo l’impianto della Costituzione repubblicana». Disamina tagliente e venata di forte pessimismo quella che Rossana Rossanda ci consegna dalla sua casa di Parigi. In una conversazione fatta di risposte stringate e nette («Non amo le interviste telefoniche...»). Ma almeno il succo è chiaro. Dice per esempio Rossanda: «Non capisco le zuffe tra Bersani, Franceschini e Veltroni. Pure questioni personali o in ballo c’è dell’altro: che società e che economia vogliono?». Oppure: «La verità è che si è smarrito il fondamento delle idee di sinistra. Ci si accapiglia su sostituzioni e sovrastrutture, regole, valori, “narrazioni”, ma non si parla dell’essenziale: i soggetti in conflitto, gli interessi, la natura sociale del potere...». E ancora: «Almeno il Pci certe cose ce le aveva chiare in testa e ben per questo dall’opposizione aveva costruito un tessuto forte nella società che ancora resiste al centro italia, come ho potuto constatare di recente nel Pisano. Strano che debba dirlo io, che nel 1969 venni radiata...». Insomma Rossanda, «vuole andare al cuore delle cose», che per lei «ragazza del secolo scorso» coincide con le domande sull’identità: che cosa significa essere ancora comunisti? Una serie di domande (e risposte) che Rossanda ha rivolto a se stessa di recente a Pisa, in una lezione universitaria. E che qui ritorna in parte. Sentiamo.


Rossanda, malgrado la sua crisi e la quasi scissione di Fini, il berlusconismo resiste. Al contempo la sinistra appare un po’ afasica e incapace di incidere nel blocco avversario. Come mai?

«Il berlusconismo resiste appunto perché la sinistra è afasica. E lo è da quando si è persuasa che la sola figura sociale legittimata a una egemonia sulla società moderna è quella dell’imprenditore della piccola e media e grande impresa, o aspirante tale. E che ogni progetto di egemonia dei lavoratori, materiali e immateriali, per un ordine sociale diverso, è stato un’ illusione, quando non un crimine, dei socialisti e dei comunisti del Novecento. Il discorso di Berlusconi, imprenditore per eccellenza, appare quindi giusto ed è attaccato soltanto per gli eccessi di volgarità, di personalismo e le infrazioni al codice civile. Il Pd non sostiene alcuna alternativa di sistema, non diversamente dalla Idv».

Un paese stanco e depresso, si dice. In piena decadenza morale. Con una destra senza alternativa al momento. È accaduto qualcosa di irreversibile nell’antropologia degli italiani, ormai fortemente cristallizata a destra?

«Un’Italia repubblicana e democratica esiste soltanto dal 1946, e la sua Costituzione, socialmente avanzata, soltanto dal 1948. Inoltre dall’’89 in poi questa Costituzione, mai del tutto realizzata, oltre a essere esplicitamente attaccata da destra, viene considerata discutibile anche alla sinistra, che quando era al governo la ha perfino modificata. Perché la gente dovrebbe considerarla un valore inalienabile, dal quale non arretrare?».

Dall’accettazione del mercato alla subalternità agli imperativi sistemici di mercato e impresa, come lei dice. Dunque sta qui tutta la crisi della sinistra?

«Il mercato è per sua natura “sistemico”. Esso non ha né compiti ne doveri sociali, scambia merci e tende a ridurre tutto a merce. Una sinistra che non tenti di abolirlo, come il comunismo nel 1917, o vigorosamente limitarlo, come Roosevelt o Keynes dopo la crisi del 1929 e i fascismi, cede ad esso ogni sua priorità e di fatto si dimette. In quanto a “ferrivecchi” il liberismo è venerando, è stato limitato soltanto dalle lotte operaie, e Von Hayek e von Mises vengono prima del “neoliberismo” di Reagan e Thatcher».

Eppure nonostante l’incapacità del capitalismo globale di autoregolarsi e la riscoperta della statualità, negli Usa e in Europa, il capitalismo continua ad essere reputato eterno e al più arginabile. È un ferro vecchio novecentesco anche la sola critica del capitalismo?

«La regola del capitalismo è fare profitto e riprodursi, anche affondando questo o quel capitalista, questa quella tecnica. Non puo avere altre regole, e perche dovrebbe? Lo abbiamo visto nel G20,a Copenhagen e nelle fatiche e i compromessi di Obama. Per il resto - rinuncia della sinistra criticare il capitalismo etc,- mi pare di aver già risposto».

Ritieni che il Pd sia riformabile «da sinistra», oppure come sostiene Pietro Ingrao, esso è irrimediabilmente un partito di centro anche dal suo punto di vista?

«Il centro non è una categoria sociale ma di pura geografia parlamentare. Il Pd si propone un capitalismo un poco corretto, e delegittima ogni conflittualità. Il Pci ne aveva assunto alcune pratiche da un pezzo, in parte obbligato dalla collocazione internazionale, in parte per vocazione moderata di molti del suo gruppo dirigente».

La riscossa dei socialisti francesi smentisce le campane a morto sul socialismo europeo, così come la crescita di consensi della Linke tedesca. Può ripartire in Europa una spinta di sinistra, o la sinistra abita ormai solo in America Latina?

«I socialisti francesi sono appena rosei, hanno radice essenzialmente nelle assemblee estive locali, si tengono a mezza strada fra un prudente riformismo e il “centro” di Bayrou, che da noi piace a Casini e Rutelli. Del resto il prossimo candidato all’Eliseo rischia di essere Strauss-Kahn. La Linke è piu a sinistra, ma sostanzialmente sindacalista all’ovest, nostalgica all’est. In America Latina non definirei socialisti né Chavez né Morales né Lula: sono progressisti, che è altra cosa, e antimperialisti».

C’è un rischio reale di regime plebiscitario in Italia, oppure la quasi scissione di Fini ha fugato il pericolo?

«Non credo a un ritorno al fascismo puro e duro, senza libertà di associazione (e quindi senza elezioni, partiti e sindacati) né di parola (quindi senza stampa) nazionalista e antisemita. Il limite accettabile per l’Europa a moneta unica è quello della maggioranza attuale – un liberismo socialmente crudele e nazionalmente velleitario. Fini ne fa parte, il trattato europeo gli va benissimo e viceversa, mentre Bossi e Berlusconi fingono di attaccarlo e stanno diventando imbarazzanti. Fini ha davvero la forza di andarsene? Non lo credo. Comunque, dinanzi a una crisi del centrodestra temo che sarebbe terribile, una coalizione tipo Cln con dentro Montezemolo, Casini, Fini e Bersani. Dinanzi a questa eventualità la sinistra dovrebbe riscoprire un alternativa programmatica di modello, fondata almeno su un rilancio keynesiano dell’economia. Magari in chiave non troppo lontana da quel che sta cercando di fare Obama negli Usa».

Susanna Tamaro sul «Corsera» ha accusato il femminismo di aver reso le donne più sole e omologate alla società dominante. Predica reazionaria o c’è qualcosa di vero nella predica?

«Il femminismo, nelle sue diverse anime, resta il solo tentativo di rivoluzionamento del costume tentato e durato dagli anni ’60 agli 80. Per questo la ex sinistra, dopo un breve flirt, lo ha mollato, gli altri partiti lo abominano e la stampa alquanto vigliaccamente lo deride. Non ho letto Tamaro, ma posso immaginare dove la porta il cuore».

BUON 1 MAGGIO




































































































DAL 30 APRILE IN EDICOLA CON LIBERAZIONE

In questo numero:

EDITORIALI

Sui risultati delle elezioni regionali di Claudio GrassiPerché Cota e Zaia sono contro la RU 486 di Eleonora Artesio

LA QUESTIONE. L'EUROPA

L'Europa, dopo Lisbona e la Grecia di Fabio AmatoPer rifondare la Sinistra in Europa di Oskar LafontaineLe sinistre radicali in Europa: il PSE, il GUE-NGLTavola rotonda Ferrero-Bertinotti a cura di Bruno SteriPer un'Europa federale, sociale e neutrale di Lidia MenapacePer la Costituente di Sandro ValentiniL'Europa dei "governi" di Franco RussoLe istituzioni europee dopo il Trattato di Lisbona di Rodolfo CillocoScheda ragionata e cronologica dal MEC a Lisbona di Rodolfo CillocoEuropa, Regioni e Autonomie Locali di Monica DoniniIntervista all'economista ungherese Tamas Morva a cura di Fabio AmatoLe politiche sociali di Nicola NicolosiLe politiche ambientali di Giorgio NebbiaLotte, conflitti e movimenti di Loris CarusoL'immigrazione di Giusto CataniaLa questione energetica di Luigi VinciLa giustizia di Giovanni Russo SpenaLe politiche commerciali dell'Europa in America Latina di Anna CamposampieroLe politiche agricole di Ivan Nardone

LE PRATICHENuovi orizzonti della ricerca nella sclerosi multipla di Stefania CalledaQuando Joy dice no è no

PENSIERI CRITICIDietro la pedofilia di Giancarla Codrignani RECENSIONI(a cura di A.Giacomini) Sui monti ventosi di Lidia Menapace(a cura di M.T. Sega) Eravamo fatte di stoffa buona di Lidia Menapace(a cura di V.Giuseppe) Una vita in forma di dialogo di Rosangela PesentiAA.VV. - Marea n.1/2010, Vandana e le altre di Erminia EmprinGiovanni De Luna - Le ragioni di un decennio di Marco AlbeltaroEnrico Lobina - Vietnam: le radici della resistenza di Francesco Maringiò

martedì 27 aprile 2010

FESTA DI VIMODRONE DAL 30 APRILE AL 9 MAGGIO 2010



FESTA DI VIMODRONE DAL 30 APRILE AL 9 MAGGIO 2010

domenica 25 aprile 2010

REFERENDUM ACQUA A VIMODRONE IL 25 APRILE 2010.


REFERENDUM ACQUA A VIMODRONE IL 25 APRILE 2010.
Parte in tutta Italia la raccolta firme - Il 25 a VIMODRONE.
BUON 25 APRILE – ORA E SEMPRE RESISTENZA!.



Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, costituito da centinaia di comitati territoriali che si oppongono alla privatizzazione, insieme a numerose realtà sociali e culturali ha deciso di promuovere 3 quesiti referendari, depositati presso la Corte di Cassazione di Roma mercoledì 31 marzo 2010. Sosterranno tale iniziativa anche diverse forze politiche e tra queste il PRC.
A partire da sabato 24 aprile inizieremo la raccolta delle firme, in tre mesi dovremo arrivare almeno a quota 500.000 per poter richiedere i referendum. I banchetti per la raccolta delle firme saranno allestiti su tutto il territorio nazionale.
I tre quesiti vogliono abrogare la vergognosa legge approvata dall’attuale governo nel novembre 2009 e le norme approvate da altri governi in passato che andavano nella stessa direzione, quella di considerare l’acqua una merce e la sua gestione finalizzata a produrre profitti.
Dal punto di vista normativo, l’approvazione dei tre quesiti rimanderà, per l’affidamento del servizio idrico integrato, al vigente art. 114 del Decreto Legislativo n. 267/2000.
Tale articolo prevede il ricorso alle aziende speciali o, in ogni caso, ad enti di diritto pubblico che qualificano il servizio idrico come strutturalmente e funzionalmente “privo di rilevanza economica”, servizio di interesse generale e privo di profitti nella sua erogazione.
Verrebbero poste le premesse migliori per l’approvazione della legge d’iniziativa popolare, già consegnata al Parlamento nel 2007 dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, corredata da oltre 400.000 firme di cittadini.
E si riaprirebbe sui territori la discussione e il confronto sulla rifondazione di un nuovo modello di pubblico, che può definirsi tale solo se costruito sulla democrazia partecipativa, il controllo democratico e la partecipazione diretta dei lavoratori, dei cittadini e delle comunità locali.



L’ Amministrazione di Vimodrone si è impegnata per l’ ACQUA BENE COMUNE , ha introdotto nel proprio statuto questo principio ed ha partecipato alle iniziative con i COMUNI PORTATORI D’ACQUA…

Il PRC di VIMODRONE partecipa e si rende disponibile all’impegno e alla riuscita di questa iniziativa referendaria, offre la sua disponibilità, attraverso i suoi “assessori e consiglieri comunali”, all’autentificazione delle firme a chiunque intenda impegnarsi e organizzare banchetti per questa iniziativa.

E… per cominciare… DOMENICA 25 APRILE 2010 DALLE ORE 10.00 ALLE ORE 12.00 IN PIAZZA V. VENETO (FRONTE CHIESA) ALLESTIRA’ UN PRIMO BANCHETTO PER LA RACCOLTA DELLE FIRME.




Vogliamo togliere l’acqua dal mercato e i profitti dall’acqua.
Vogliamo restituire questo bene comune alla gestione condivisa dei territori.
Per garantirne l’accesso a tutte e tutti. Per tutelarlo come bene collettivo.
Per conservarlo per le future generazioni.

BUON 25 APRILE – ORA E SEMPRE RESISTENZA!

prcvimo@tin.it




VIMODRONE - 25 APRILE 2010 -ORA E SEMPRE RESISTENZA


mercoledì 21 aprile 2010

25 APRILE 2010 A VIMO ORA E SEMPRE RESISTENZA



25 APRILE 2010


A


VIMO


ORA E SEMPRE


RESISTENZA

domenica 18 aprile 2010

RILASCIATI I TRE OPERATORI DI EMERGENCY


RILASCIATI
I
TRE
OPERATORI
DI
EMERGENCY

sabato 17 aprile 2010

LIBERATELI!



LIBERATELI!

giovedì 15 aprile 2010


Seminario aperto al pubblico
Come si trasforma il capitalismo su scala mondiale. Crisi, imperialismo, nuovi rapporti centri-periferie, sfide ambientali e riproducibilità del sistema


Milano – sabato 17 aprile 2010 – ore 11 – 17
Teatro Verdi – Via Pastrengo 16 (MM2 Garibaldi – Vicino Stazione Centrale)
seminario con
Samir Amin (direttore Forum du Tiers Monde, Forum Mondiale delle Alternative)
con brevi contributi di Giancarlo Saccoman
Bruno Steri
prima sessione ore 11-13 seconda sessione ore 14-17
Le crisi costituiscono un potente impulso alla riorganizzazione e alla trasformazione del capitalismo, all'avvio di nuovi cicli di accumulazione. Come nel passato, così nel corso dell'attuale crisi globale. Le sfide poste dai mutamenti del paradigma energetico e ambientale, del paradigma proprietario, del paradigma dei rapporti egemonici su scala mondiale (imperialismo, nuovi baricentri di sviluppo) inducono varie trasformazioni o transizioni, non ultimo nel rapporto centri-periferie.
Organizzano Rivista Essere Comunisti - Associazione Culturale Punto Rosso

IO STO CON EMERGENCY


SABATO 17 - ore 14,30

Appuntamento in

Piazza San Giovanni ROMA



Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.
Emergency è indipendente e neutrale. Dal 1999 a oggi EMERGENCY ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 cittadini afgani e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso.
IO STO CON EMERGENCY-->

domenica 11 aprile 2010

AFGHANISTAN: - FRATTINI ESIGA RILASCIO IMMEDIATO MEDICI ITALIANI DI EMERGENCY





AFGHANISTAN: - FRATTINI ESIGA RILASCIO IMMEDIATO MEDICI ITALIANI DI EMERGENCY






Il governo e il ministro degli esteri Frattini si adoperino immediatamente per esigere il rilascio incondizionato dei tre medici italiani arrestati in Afghanistan insieme a altre sei dipendenti di Emergency.




Non solo le forze Nato conducono in Afganistan una guerra che provoca quotidianamente distruzioni e vittime tra le popolazioni civili, ma adesso concorrono anche all’arresto dei medici impegnati con Emergency nello sforzo di alleviare le sofferenze provocate da un conflitto senza fine.

Sono inaccettabili le parole attraverso cui il ministro Frattini marca le distanze da Emergency, limitandosi a dire che la Farnesina ‘segue’ la vicenda dei nostri connazionali.

Frattini e il governo non possono stare alla finestra: è loro preciso dovere politico e civile intervenire tempestivamente, attivando tutti i canali diplomatici nei riguardi delle autorità afghane e alleate, per esigere l’immediato rilascio dei tre cittadini italiani e di tutto il personale di Emergency.

Verso cui rinnoviamo la nostra più sentita solidarietà e vicinanza.

PRC VIMO

sabato 10 aprile 2010

REDDITI, LE FAMIGLIE SEMPRE PIÙ A FONDO

REDDITI, LE FAMIGLIE SEMPRE PIU' A FONDO.

Nel 2009 crollo di consumi e risparmi: -5%. I sindacati: «Riforma fiscale»
Un taglio del reddito del 2,8% e un calo dei consumi dell’1,9%. In totale, un taglio delle buste paga del 5%. Sono gli ultimi dati dell’Istat a ridisegnare il volto di un Bel Paese, che ormai è alla frutta. Si tratta del peggior livello dei bilanci famigliari dagli anni ’90 ad oggi. I numeri si riferiscono all’ultimo trimestre del 2009. Il potere di acquisto delle famiglie (cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali) è diminuito dello 0,2 per cento rispetto al trimestre precedente e del 2,6 per cento rispetto a quello corrispondente del 2008. È proseguita poi la flessione del tasso di investimento delle famiglie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi delle famiglie, che comprendono gli acquisti di abitazioni e gli investimenti strumentali delle piccole imprese classificate nel settore, e il loro reddito disponibile lordo) che nel quarto trimestre 2009 si è attestato all’8,8 per cento, 0,2 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente, risentendo di una riduzione degli investimenti (meno 2,2 per cento) molto superiore a quella del reddito disponibile (meno 0,2 per cento). «Giunge oggi dall’Istat l’ennesima conferma alla gravissima situazione che avevamo prospettato da tempo». Commentano Adusbef e Federconsumatori. La dimostrazione, secondo le associazioni, che «la situazione in cui versa il Paese, è ben diversa da quella continuamente invocata dal “partito degli ottimisti”». Le associazioni dei consumatori chiedono la detassazione per 1200 euro delle famiglie a reddito fisso, e il blocco delle tariffe, che stanno pesando sempre di più sui bilanci delle famiglie italiane, con aumenti clamorosi per 761 euro annui. Secondo il portavoce nazionale della Federazione della sinistra, Paolo Ferrero, il taglio netto del reddito delle famiglie italiane è causato dalle «politiche di moderazione salariale e di estensione della precarietà del lavoro». «Mentre le grandi ricchezze e i profitti continuano ad aumentare - aggiunge Ferrero - questa condizione del reddito si pone all’origine della crisi italiana, in quanto peggiore è la condizione economica delle famiglie e la loro capacità di acquisto, più la crisi è destinata da aggravarsi». Secondo il leader della Federazione, per uscire da questa situazione occorre quindi agire su tre fronti: la tassazione dei grandi patrimoni e delle rendite finanziare, un aumento generalizzato di stipendi e pensioni, l’abrogazione della legge 30 che sancisce il lavoro precario. I dati Istat che vedono in calo non solo i redditi delle famiglie, ma anche il tasso di profitto delle imprese (con le peggiori performance dagli anni ’90) e della propensione al risparmio, «sono la dimostrazione che «non siamo fuori dalla crisi», dice il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani. «Purtroppo, essendo precipitati molto - ha spiegato -, la risalita è praticamente invisibile e quindi, come tale, è davvero una fase che si prolungherà, purtroppo. Tanto più se il Governo non fa nulla».Cgil, Cisl e Uil rilanciano, unitariamente, la richiesta di un intervento urgente sul fisco. «Non è più il tempo di attendere - dice Agostino Megale, della segreteria nazionale della Cgil - il governo deve convocare subito un tavolo che porti ad una riforma fiscale che premi i lavoratori dipendenti e i pensionati, ovvero quella parte del paese sempre più povera». I dati dell’istituto statistico, «confermano - spiega Megale - un paese in cui le disuguaglianze si accentuano e le famiglie sono sempre più povere: basti pensare che tra il 2002 e il 2009 il potere d’acquisto delle famiglie di operai e impiegati si è ridotto mediamente di circa 2.000 euro, mentre quello delle famiglie di imprenditori e liberi professionisti si è incrementato di oltre 16.000 euro».A fare qualche conto in tasca agli italiani è stata la Cia, la confederazione degli agricoltori: quattro famiglie su dieci sono state costrette a ridurre il “carrello della spesa”, mentre per il 60% c’è stato un cambio nel menù. Aumenta addirittura la percentuale (35 per cento), secondo gli agricoltori, di chi ha optato per prodotti di qualità inferiore facendo acquisti presso gli hard discount, dove gli affari hanno registrato un incremento del 15%. Calano, in particolare, le vendite di pane, vino, carne bovina, olio d’oliva. «Il 42 per cento delle famiglie ha dovuto ridurre gli acquisti di carne, in particolare quella bovina, il 38 per cento quelli di pane, il 36 per cento quelli di olio d’oliva e il 35 per cento quelli di vino». Anche per la Confcommercio il quadro è di «forte difficoltà». «Alla luce di queste evidenze - si legge in una nota - il confronto tra riduzione dei consumi (-1,8%) e riduzione dei redditi reali (tra il 2,3% e il 2,7%, secondo le nostre stime), indica che le famiglie italiane hanno fatto tutto il possibile per difendere i propri livelli di benessere e non hanno ceduto a eccessive preoccupazioni, nonostante la crescita della disoccupazione». «Per questo - conclude Confcommercio - assume un rilievo ancora maggiore la necessità della riforma fiscale: la riduzione strutturale delle aliquote legali, accompagnata da un’efficace azione di contrasto all’evasione e all’elusione nonché dalla riduzione degli sprechi nella pubblica amministrazione».
Fabio Sebastiani

venerdì 2 aprile 2010


LETTERA APERTA A TUTTI I PARTITI DELL’OPPOSIZIONE PER UNA MOBILITAZIONE COMUNE CONTRO IL GOVERNO BERLUSCONI A PARTIRE DALLA DIFESA DELL’ARTICOLO 18

Cari amici e compagni,

I risultati delle elezioni regionali consolidano a mio parere il governo Berlusconi. Questo nonostante la corruzione, le iniziative antidemocratiche e la politica antisociale che scarica i costi della crisi su giovani, lavoratori e pensionati.

Penso che l’unico modo per modificare questa drammatica situazione non stia nel cielo delle alchimie politiche ma bensì nella consapevole costruzione di un movimento di opposizione. Questo deve essere unitario e partire dai problemi sociali – dalla drammatica questione occupazionale e salariale - che la popolazione vive in solitudine senza trovare nella politica alcuna risposta.

Vi propongo pertanto di costruire un'iniziativa politica che dia continuità alla manifestazione del 13 marzo scorso. Partendo da subito con una mobilitazione affinché, dopo l’intervento di Napolitano, venga respinto definitivamente l’attacco all’articolo 18 e ai diritti dei lavoratori contenuto nel “collegato lavoro”.

Vi propongo di costruire una primavera referendaria che oltre a sostenere il referendum promosso dai comitati per l’acqua pubblica, promuova unitariamente referendum contro il nucleare, contro la precarietà e legge 30.

Vi propongo di concordare alcuni obiettivi chiari sulla redistribuzione del reddito e del lavoro, sulla lotta alla precarietà, sulle politiche economiche e ambientali, al fine di determinare la base su cui costruire una mobilitazione duratura nel paese.

Ritengo che un impegno unitario in questa direzione permetterebbe di sbloccare l’attuale situazione ed in particolare di costruire l’agenda politica a partire dai problemi del paese, impedendo al premier di imporre la propria agenda. Resto infatti convinto che ogni alternativa non può che partire qui ed ora dalla rimessa al centro della questione sociale.

Nell’attesa di un Vostro riscontro

Un caro saluto

Paolo Ferrero
Portavoce nazionale della
Federazione della Sinistra

DAL SITO DI RANIERO LA VALLE UN COMMENTO





di
Raniero La Valle


Se l’Italia fosse un Paese normale, i risultati delle elezioni regionali del 28 e 29 marzo sarebbero risultati normali: in un sistema seccamente bipolare, come quello che fa le fortune della destra italiana, un risultato di 7 regioni all’opposizione e 6 alla maggioranza sarebbe un risultato ragionevole e abbastanza equilibrato; significherebbe che il centro-destra conserva, sia pure di misura, i consensi per governare e il centro-sinistra è ancora in grado di candidarsi al potere; che il governo ha passato senza danni e senza gloria la strettoia delle elezioni “di mezzo termine” e può tranquillamente continuare a lavorare
per altri tre anni; che sul risultato del voto hanno pesato non solo gli schieramenti nazionali, ma anche la qualità delle persone, che spesso ha fatto la differenza, come Vendola in Puglia che il centro-sinistra nemmeno voleva, come Renata Polverini nel Lazio che ha commosso e persuaso con la sua limpida figura femminile ed operaia, come Emma Bonino ingiustamente abbattuta dal diktat dei vescovi, come De Luca e Loiero contro cui ha votato (o non votato) mezzo elettorato di sinistra in Campania e in Calabria, come Formigoni a Milano che Comunione e Liberazione sembra aver deputato al potere per sempre.

Ma l’Italia non è un Paese normale, e perciò i risultati elettorali si prestano anche ad altre, più allarmate letture. Il Paese non ha colto quest’occasione per salvarsi dal dominio incondizionato di Berlusconi, che in forza di un diritto proprietario interpretato alla latina, esercita il potere di “usarne ed abusarne” a suo piacimento; e anche se il rimedio era a portata di mano, ha preferito rimanere sotto schiaffo della violenza contro le istituzioni che Berlusconi e la sua corte scatenano ogni giorno nel loro anarchico o sovversivo estremismo; lo scorato se non disperato astensionismo ha contribuito a questo esito.

Tuttavia Berlusconi resta al potere per il gioco di fattori che sono ormai del tutto estranei alla sua effettiva capacità di controllo. Non ha più la forza di un partito che “per amore” doveva inglobare in sé più della metà, se non tutti gli Italiani: questo suo partito personale è uscito a pezzi dalle urne (ha perso sei punti, cioè milioni di voti, rispetto alle politiche), spesso superato nel Nord dalla Lega, aborrito da Casini e quasi ripudiato da Fini. Non ha più il fascino del leader, perché la sua immagine privata e pubblica si è irrimediabilmente rotta, e nemmeno lui deve essere molto contento quando la mattina mette la sua faccia, cipria o non cipria, davanti allo specchio. Ha perso la sua lucidità perché in odio a Santoro e a Floris, ad Anno zero e Ballarò, ha dovuto rinunciare a Vespa e a Porta a porta, scatenando uno tsunami di opinione contro di lui, e ha dovuto rimediare con una “totale immersione” in TV facendo tutto da solo, per vincere il suo personale “referendum”. Ha finto un’intimità che non ha con gli Italiani, mandando loro per posta venti milioni di lettere chiamandoli grottescamente uno per uno per nome. Ha continuato a magnificare come opera del regime la ricostruzione all’Aquila, quando la città, materia ormai”inerte”, giaceva sbriciolata nelle carriole trascinate a forza dai suoi esuli abitanti. Ha tentato il dialogo diretto con la folla a San Giovanni e l’ha fatta giurare, offrendosi come paradigma di un nuovo regime assoluto in cui corpo mistico del sovrano e corpo politico del popolo si identificano, ed è bastato il confronto con Mussolini a piazza Venezia perché la cosa finisse nel ridicolo.

Se questo premier che il mondo ci invidia resta al potere, è perché la sinistra è in stato di confusione mentale, e perché dietro a lui si è alzato un arbitro, che ancora non fischia il rigore e che detta le regole del gioco. Questo arbitro è Bossi, come ha detto egli stesso di sé la sera della vittoria; e Bossi è oggi un uomo di poche, ma decisive parole. Arbitro e allenatore insieme, l’unica cosa che vuole è il “federalismo”, che una volta si chiamava secessione, e che i suoi giornali chiamano “la Padania”. Da vero politico, il capo della Lega Nord si è insinuato nelle pieghe del sistema bipolare, ma non perché voglia due partiti o due schieramenti politici, ma perché vuole due Italie, quella delle regioni ricche e quella delle regioni povere, e vuole due “proletariati”, quello degli italiani e quello degli stranieri, dei nativi e dei migranti, degli sfruttati e degli sfruttatori; due poli, geografici e sociali, uno dei quali deve innalzarsi e dominare sull’altro.

Quando Bossi cominciò, si è irriso, lo si è chiamato “folklore”. Come è stato ricordato nell’occasione, D’Alema tentò di annetterselo, come “una costola della sinistra”. Ora Bossi presenta il conto, ed è la divisione sociale ed etnica, la balcanizzazione. Se lo permetteremo.

Raniero La Valle


Grazie per le visite!
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