venerdì 22 febbraio 2013

VOTA RIVOLUZIONE CIVILE - INGROIA e ETICO A SINISTRA in LOMBARDIA!



sabato 16 febbraio 2013

PRC VIMO IN PIAZZA DOMENICA 17 FEBBRAIO 2013

PRC VIMO DOMENICA 17 FEBBRAIO dalle 9 alle 12 in PIAZZA a Vimodrone a  sostegno della lista  ETICO A SINISTRA PER UN'ALTRA LOMBARDIA per le regionali e della lista RIVOLUZIONE CIVILE  con capolista Antonio INGROIA per la camera dei deputati e per il senato della repubblica.
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martedì 12 febbraio 2013

PRC VIMO 15 FEB. ore 9-12 AL MERCATO con Nello PATTA

PRC VIMO VENERDI 15 FEBBRAIO dalle 9 alle 12 AL MERCATO CON IL CANDIDATO ETICO A SINISTRA PER LE REGIONALI Antonello PATTA A SOSTEGNO DI AMBROSOLI PRESIDENTE.


Venerdi mattina 15 febbraio dalle ore 09.00 alle ore 12.00 saremo al mercato di Via Battisti (fermata MM Vimodrone) con il banchetto ed il CANDIDATO ETICO – A SINISTRA PER UN’ALTRA LOMBARDIA Antonello PATTA.

Venerdi sera 15 febbraio a Milano in Corso Venezia 47/49 presso la sala dell’UNIONE CTSP alle ore 20.30 si terrà l’INCONTRO con i candidati di RIVOLUZIONE CIVILE e con Antonio INGROIA.

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lunedì 11 febbraio 2013

REDDITO DI CITTADINANZA, I CONTI DI GRILLO NON TORNANO

REDDITO DI CITTADINANZA, I CONTI DI GRILLO NON TORNANO

Si fa presto a dire Reddito di Cittadinanza. Grillo nei suoi venti punti di programma lo ha inserito come primo punto, ma si è scordato qualche passaggio per capire come finanziarlo. Uno può dire che occorre eliminare le spese della politica e della casta, giusto. Un altro può dire che occorre stoppare la Tav e le opere inutili, tagliare le province, e gli f 35, giusto. Ma non basterebbe, anche perchè se si parla di reddito di cittadinanza non si parla di spese una tantum ma di una riforma strutturale del welfare che a occhio dovrebbe arrivare intorno ai 20 miliardi di euro l'anno.
Leggendo gli altri 20 punti del programma però non troviamo nulla per capire come affrontare questo tema. Anzi, giustamente Grillo chiede di rifinanziare la sanità pubblica, togliere l'Imu per la prima casa, e non specifica se dalla legge sula corruzione si prevedono entrate per lo stato.
Non c'è nulla sull'evasione, nulla sulla tassazione delle rendite finanziarie, nulla sulla patrimoniale sulle grandi ricchezze. Nemmeno se facciamo lavorare i parlamentari, i consiglieri regionali e comunali in miniera gratuitamente dopo le sedute riusciremo a finanziare questa misura.
Detta in altri termini, ci pare che il programma di Grillo sia un programma dato dalla somma di singole istanze utili come "calamita" elettorale per pescare su bacini differenti. Se però proviamo a trovare una sintesi unitaria il programma non sta in piedi nemmeno come titoli spot. Ed è questa la forza politica ed al tempo stesso il grande limite di questo programma: la sua forza perchè in quel programma tutti possono riconoscersi e quindi votarlo in una generica lotta alla casta -che sembra essere solo quella dei politici-, il suo limite, è che per attuarlo non è possibile accontentare tutti come Grillo vorrebbe fare. I ricchi e i poveri sono stati messi insieme in Italia solo in una band musicale! Lotta efficace all'evasione fiscale e patrimoniale sulle grandi ricchezze sono misure che scontentano molti in questo paese, senza le quali però, il reddito di cittadinanza che propone Grillo non è sostenibile anche se si decide di ripudiare il Fiscal Compact ( a proposito, per quanto riguarda l' Europa la posizione di Grillo oramai è quella dell'uscita dall'Euro, una proposta questa che, se non accompagnata dall'introduzione del Fiscal Drag per tutelare i salari dei lavoratori e le pensioni sarebbe devastante per le classi popolari in questo paese che subirebbero il durissimo colpo dell'aumento dell'inflazione una volta tornati alla lira. Anche su questo però non è dato sapere altro) . Sia chiaro inoltre che fino ad ora, non sappiamo la platea dei soggetti alla quale si rivolge questa proposta, così come non è dato sapere se e come verrebero sostituiti gli ammortizzatori sociali esistenti ( cassa integrazione ad esempio).Non sappiamo inoltre se questa spesa sia a carico dell'Inps ( lavoratori dipendenti che pagano il reddito ai disoccupati) o alla fiscalità generale ( cioè tassando i ricchi per dare ai più deboli una sicurezza). Se vi capita fate qualche domanda di questo tipo a Grillo, sentite che vi risponde.

domenica 10 febbraio 2013

I CAPPONI DI RENZI

I CAPPONI DI RENZI

di Marco Travaglio – da IL FATTO QUOTIDIANO del 10-02-2013

Il sindaco di Firenze, anzi di Firenzi, Matteo Renzi accusa Ingroia e Rivoluzione Civile di “autogol” perché farebbe “vincere Berlusconi”. Bersani ripete che “c’è un solo voto utile per battere la destra ed è il voto al Pd”. Per carità, in politica e soprattutto in campagna elettorale ciascuno tira l’acqua al suo mulino.
 Ma c’è qualcosa di intellettualmente disonesto nel ricatto “o voti Pd o vince B.”. Non stiamo qui a ricordare tutte le volte in cui il centrosinistra resuscitò B. da morte sicura, o accusò noi antiberlusconiani di impedire il dialogo con B. e il reciproco riconoscimento fra destra e sinistra (prima l’accusa colpì i girotondi, poi fu usata dai vertici Ds per cacciare Colombo e Padellaro dall’Unità). Nel 2008 il neonato Pd predicava “le riforme insieme” a B., tant’è che in tutta la campagna elettorale Veltroni evitò accuratamente di nominare “il principale esponente dello schieramento a noi avverso”. E nel 2011 gli astuti strateghi del Pd dichiararono chiusa l’era del berlusconismo e dunque dell’antiberlusconismo (posti sullo stesso piano). I più furbi studiavano un salvacondotto per accompagnare B. alla tomba, essendosi bevuti l’ennesima balla: quella del suo ritiro in favore di Alfano (figuriamoci), con tanto di primarie Pdl (rifiguriamoci).

Del resto, sentir dire da Bersani “faremo subito le leggi sul conflitto d’interessi, il falso in bilancio e la corruzione”, fa cascare le braccia: se fosse Renzi a dirlo, qualcuno potrebbe anche crederci, perché Renzi non era al governo né in Parlamento nelle cinque legislature della Seconda Repubblica in cui non si fece nessuna di quelle leggi, anzi se ne fecero parecchie di segno opposto. Ma Bersani in Parlamento e al governo c’era, dunque farebbe bene a non pronunciare più le parole conflitto d’interessi, falso in bilancio e anticorruzione finchè le relative leggi non saranno sulla Gazzetta Ufficiale.
E poi una legge anticorruzione il Pd l’ha appena votata assieme ai suoi alleati nella maggioranza che sostiene Monti, guidata dal Pdl, con cui governa da 14 mesi. Una legge finta, anzi dannosa, che riduce le pene per la concussione: guardacaso, proprio il reato di cui risponde B. al processo Ruby. Come può chi governa da 14 mesi con B. accusare Ingroia o Grillo di fare il suo gioco? Dei leader attualmente in campo, gli unici che non hanno mai governato con B. sono proprio Ingroia e Grillo (Monti, Bersani, Fini, Casini e Maroni sono stati tutti in maggioranza con B., chi una, chi più volte).


 Ma soprattutto: se il Pd teme di perdere le elezioni a causa di Rivoluzione civile, perché non si è alleato con Rivoluzione civile prima del voto e non vuol farlo nemmeno dopo? Ingroia aveva offerto un’alleanza prima del voto: nessuna risposta. Ora offre un’alleanza dopo il voto: nessuna risposta. Anzi, picche. Invece Bersani annuncia a ogni pie’ sospinto che, dopo il voto, governerà con Monti (e tutto il cucuzzaro dei Fini e dei Casini), logorando Vendola ed escludendo a priori Ingroia. Di chi è dunque l’autogol? Renzi voleva addirittura cacciare Vendola dal centrosinistra, col risultato di sprecare i suoi voti, visto che Sel è data dai sondaggi sotto la soglia minima del 4% richiesta per entrare almeno alla Camera. Intanto B., com’è giusto fare col Porcellum che Pdl, Pd e Centro non han voluto cancellare, schiera una coalizione che tiene dentro tutta la destra. La sinistra invece, come al solito, è in ordine sparso. Di chi è dunque l’autogol? Forse occorrerebbe un po’ più di umiltà e di rispetto per gli elettori. Chi vota Ingroia o Grillo lo fa perché preferisce programmi e comportamenti magari ingenui o sbagliati, ma radicalmente diversi dalla solita minestra fallimentare vista e rivista per vent’anni. Quei voti non appartengono a Ingroia o a Grillo, ma a quei cittadini. E chi vuole quei voti deve parlare a quei cittadini. Anzi, avrebbe dovuto.

giovedì 7 febbraio 2013

SERATA PER I BENI COMUNI

Giovedì 7 febbraio 2013 alle ore 20.30 al CAM Garibaldi in via Degli Angioli 2 (ang. Corso Garibaldi, 27) serata in difesa dei BENI COMUNI e per una legge regionale sull'acqua pubblica
con Vittorio Agnoletto, Emilio Molinari, , Giovanna Procacci, Basilio Rizzo, Anita Sonego e Antonello Patta (CANDIDATO ALLA REGIONE LOMBARDIA nella lista ETICO A SINISTRA PER UN'ALTRA LOMBARDIA.

domenica 3 febbraio 2013

PRC VIMO IN PIAZZA A VIMODRONE IL 03 FEBBRAIO 2013 - SI PARTE!!!.

PRC VIMO IN PIAZZA A VIMODRONE IL 03 FEBBRAIO 2013 - SI PARTE!!!.


Inizia la campagna elettorale per le elezioni politiche e regionali che si terranno il 24 e 25 febbraio 2013.

Il PRC sostiene la lista RIVOLUZIONE CIVILE di Antonio INGROIA alle elezioni nazionali per il rinnovo della camera e del senato e la lista ETICO – PER UN’ALTRA LOMBARDIA A SINISTRA.

DOMENICA 03 FEBBRAIO 2013 DALLE ORE 10.00 ALLE ORE 12.00 IN PIAZZA UNITA’ D’ITALIA (fronte chiesa) il PRC di Vimodrone allestirà un primo banchetto…e… SI PARTE!!!

PRC VIMODRONE
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Per saperne di più www.perunaltralombardia.it

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Auguri, Rifondazione!

Auguri, Rifondazione!


domenica, 3 febbraio, 2013

Buon compleanno partito nostro. Sono passati 22 anni da quel anni 3 febbraio del 1991 quando, in seguito alla decisione di sciogliere il PCI, e di gettare in soffitta uno degli architravi della storia di questo Paese in nome di un nuovismo senza forma né sostanza, un gruppo sostanzioso di dirigenti e militanti pronunciò un fragoroso no e si costituì nel Movimento per la Rifondazione Comunista. Nasceva un polo alternativo che venne subito bocciato come retaggio del passato e che invece divenne catalizzatore di energie provenienti tanto dalla nuova sinistra – il gruppo ex-Pdup guidato da Lucio Magri e Democrazia Proletaria che si sciolse poco dopo per aderire al progetto – quanto da chi come Fausto Bertinotti e Pietro Ingrao, per citare i più noti, avevano inutilmente provato a modificare dall’interno l’insieme di forze che avevano dato vita al Partito Democratico della Sinistra e in cui era confluita la maggioranza del PCI. Il movimento si trasformò presto in partito e riuscì ad attrarre consensi in maniera superiori alle aspettative.

Da allora tanti anni vissuti pericolosamente, perennemente sospesi fra la presenza nei conflitti – come dimenticare la stagione di Genova – le dinamiche di partecipazione e di scontro nei governi di centro sinistra e soprattutto le tante dolorose e a volte assurde scissioni. Tanti grandi leader ma soprattutto tante e tanti compagne e compagni che hanno continuato a vivere la politica con passione, con l’idea di militanza, resistendo a derisioni, accuse di passatismo, lusinghe.

C’è chi ci ha lasciato perché convinto di poter influenzare il potere, chi perché invece ci ha visto troppe volte prudenti e ha interpretato le nostre scelte come deboli e inadeguate. Ma ci sono anche le tante e i tanti che ci hanno lasciato perché hanno lasciato questa terra, dannandosi ogni giorno per il partito, criticando magari ma restando in piedi. Sono state fatte scelte giuste e sbagliate, si è a volte riusciti a interpretare la realtà e a volte ne si è stati espunti. 5 anni fa, dopo il fallimento della “Sinistra Arcobaleno” con l’esclusione dai comunisti in parlamento e il congresso di Chianciano, si è consumato l’ennesimo strappo, l’ennesima divisione in due percorsi che andavano e vanno in direzione opposta. Si è resistito ai tentativi di farci scomparire come a quelli di autoescluderci in ruolo testimoniale, si è finiti col dover far a meno del nostro giornale Liberazione che del partito ha seguito l’intera storia e a lottare con ogni mezzo per sopravvivere. L’esplosione di una crisi di sistema ha ridimostrato la validità del nostro definirci comunisti, la saggezza profonda, il buon senso rivoluzionario delle nostre ricette alternative ad ogni liberismo più o meno temperato. Siamo tornati con maggiore determinazione nelle piazze, fra le mille vertenze che stanno facendo crollare questo Paese, nei luoghi del conflitto con la rabbia e la proposta di chi può dire a ragion veduta “non è vero che i politici sono tutti uguali”. Fra ormai meno di 3 settimane ci ritroveremo ad andare ad elezioni con una grande speranza: siamo entrati in una aggregazione composita, Rivoluzione Civile, in cui ci sono netti i nostri contenuti, le nostre battaglie e anche tanti nostri compagni e compagne. Ci siamo entrati considerando sia la nostra insufficienza sia la possibilità di costruire anche in Italia quella aggregazione di sinistra di alternativa che si è realizzata in tanti paesi europei e, in maniera ancora più complessa, in gran parte dell’America Latina. Ma dopo tanto tempo ci ritroveremo a non vedere il nostro simbolo sulla scheda elettorale. Per alcune compagne e compagni questa è fonte di dolore e di confusione, ragione in più per affermare in maniera forte e chiara che, per l’oggi e per domani Rifondazione c’è. Perché nel mondo dominato dal grande capitale, in cui si riaffacciano gli spettri della miseria e della barbarie, di comunisti e di un partito che si definisce tale, ci sarà sempre bisogno. E allora e ancora, 1000 di questi giorni Prc.

venerdì 1 febbraio 2013

LA RIMOZIONE DELLA CRISI

LA RIMOZIONE DELLA CRISI


Di Alberto BURGIO - Fonte: Il Manifesto

I lettori del manifesto dovrebbero rileggere attentamente e meditare le conclusioni dell’articolo di Felice Roberto Pizzuti apparso su queste pagine martedì scorso. Dopo avere descritto la miscela esplosiva che sta devastando l’economia del paese e le condizioni di vita delle classi subalterne (attacco ai redditi da lavoro; deindustrializzazione e caduta del Pil; crisi della fiducia; crescita della disoccupazione, dell’inflazione e dell’ineguaglianza), Pizzuti notava come nessuna delle cause strutturali della crisi esplosa cinque anni fa sia stata rimossa. Al contrario, tutto va come se non fosse accaduto nulla. La finanza insegue indisturbata rendimenti sempre più elevati degli investimenti speculativi, gonfiando bolle destinate a provocare effetti ancora più dirompenti di quella dei mutui americani. Le banche e gli enti locali sono sempre più coinvolti nel business dei derivati (Mps docet, e c’è solo da sperare che non scoppi la bomba atomica delle banche tedesche). L’economia reale è in blocco e la politica economica è polarizzata dall’ossessione dei bilanci pubblici, letti con le lenti del più miope e gretto monetarismo. Fingendo di ignorare che le politiche di austerità non possono non aggravare, insieme alle sperequazioni sociali, la situazione debitoria dei paesi che hanno difficoltà ad attrarre investimenti dall’estero.

È uno scenario da incubo, che la dice lunga sull’irresponsabilità delle classi dirigenti europee. O sulla loro responsabilità al cospetto di interessi e poteri diversi da quelli degli Stati democratici che dovrebbero servire. Ma c’è di peggio, come se ancora non bastasse. Pizzuti lamenta, a ragione, l’egemonia dell’agenda Monti, che «costituzionalizza» il neoliberismo. E denuncia il silenzio della campagna elettorale sulle scelte economiche dei prossimi anni. Un silenzio che di quell’egemonia è l’effetto naturale e il più preciso criterio di misura. Un silenzio che lascia facilmente presagire che dopo il 25 febbraio non cambierà nulla, se non qualche nome proprio di chi ci governerà. Conosceremo altra povertà e altra disoccupazione. Moriranno a migliaia altre piccole e medie imprese. Vivremo in una società sempre più iniqua e disuguale. E ascolteremo quotidianamente, come ormai da anni, sermoni inutili e ipocrite promesse.

Qualcuno dei nostri lettori ricorderà che alcuni mesi fa (lo scorso luglio) il manifesto denunciò con forza il «furto d’informazione» che sui temi della crisi i media commettono ogni giorno a spese della cittadinanza. Osservavamo che la crisi che sta distruggendo la nostra società è politicamente pericolosa almeno quanto quella degli anni Venti del ’900, che spinse la Germania tra le braccia di Hitler a seguito di politiche deflazionistiche analoghe a quelle dettate oggi dalla Commissione europea. E denunciavamo il fatto che tutti i giornali (tranne il manifesto) e tutte le radio-televisioni (nessuna esclusa) presentano le politiche del rigore come se non vi fossero alternative. Come se non esistesse al mondo la possibilità di praticare politiche espansive che, privilegiando occupazione e crescita, ci porterebbero fuori dalla crisi riducendo disuguaglianza e iniquità. Come se ad alimentare la crisi non fossero proprio le scelte dei governi e delle istituzioni comunitarie, che persino il Fmi e gli Stati Uniti giudicano dissennate e insostenibili.

Questo denunciavamo. Argomentando che la cattura cognitiva operata dai media a danno dei cittadini imprigiona questi ultimi nella gabbia di un pensiero unico che impedisce loro di comprendere che cosa sta accadendo e quanta violenza subiscono da parte dei governi con l’alibi della crisi e nel nome del «risanamento». Abbiamo lanciato quelle accuse per l’intollerabilità della situazione, ma anche in previsione delle elezioni politiche di questa primavera. Nella consapevolezza che, se il furto di informazione fosse continuato anche nella campagna elettorale, ne sarebbero sortiti effetti dirompenti sia sul terreno economico-sociale, sia sul piano della legittimità democratica.

Purtroppo non solo nulla è cambiato in meglio, ma le cose sono peggiorate. E oggi, a meno di un mese dal voto, la nostra denuncia non può che essere ripetuta, con voce ancor più alta. Almeno nelle settimane che precedono il voto, in un paese democratico la scena mediatica dovrebbe essere aperta a un confronto realmente plurale.

Dovrebbe dare visibilità alle diverse letture dei problemi più seri e alle diverse idee di come affrontarli. Al contrario, avviene quanto osserva Pizzuti. Parlano di fatto solo gli zelanti esegeti dell’agenda Monti, a cominciare dal suo illustre autore. Pare esistano soltanto gli alfieri del rigore, persuasi che il pareggio di bilancio e il rientro dal debito siano obiettivi scolpiti nelle Tavole della legge. Ne viene fuori un quadro indegno di una democrazia, che il vecchio Brecht non esiterebbe a porre sotto l’insegna del fascismo democratico. Di tutto si parla fuorché dell’essenziale: delle cause reali della disperazione di tanta povera gente; di chi grazie a questa crisi sta accumulando enormi profitti; e del fatto che nessuno dei tre contendenti «compatibili» (centrosinistra, centrodestra e montiani) intende cambiare strada, colpendo patrimoni e rendite, esigendo che la Bce assuma le funzioni di una vera Banca centrale e varando politiche espansive per la piena occupazione.

Di recente Reporters sans frontières – certo non imputabile di simpatie comuniste – ha pubblicato un rapporto sulla libertà d’informazione dal quale risulta che in Italia c’è meno pluralismo e libertà nella diffusione delle notizie che in Namibia, Bulgaria e Corea del Sud. Come sempre, la spiegazione è il conflitto d’interessi di Silvio Berlusconi, ma questa ormai è una foglia di fico. Che i giornali e le televisioni del Cavaliere facciano il loro sporco lavoro è ovvio, ed è indecente che i suoi presunti avversari non abbiano fatto mai nulla per impedirlo. Ma quanto a parzialità e conflitti d’interesse la cosiddetta stampa indipendente e il sedicente servizio pubblico non sono da meno. E non hanno nulla da invidiare alla grancassa del padrone di Arcore.

Grazie per le visite!
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