martedì 27 settembre 2011

PRC IN PIAZZA A VIMODRONE- "INDIGNATI" A FAVORE DELLA PATRIMONIALE

PRC IN PIAZZA A VIMODRONE DALLE 10 ALLE 12 DOMENICA 2 OTTOBRE 2011


"INDIGNATI"
A FAVORE DELLA PATRIMONIALE


L’ALTERNATIVA C’È! PATRIMONIALE SUBITO.

La manovra varata dal governo Berlusconi con la BCE impoverisce il paese e demolisce la democrazia.
La manovra all’articolo 8 traduce in legge le richieste della FIAT di demolire il contratto nazionale e l’intero diritto del lavoro, a partire dallo Statuto dei Lavoratori e dall’articolo 18. La previsione che gli accordi aziendali deroghino non solo al contratto nazionale ma anche alle leggi è eversiva e di una gravità senza precedenti.
La manovra vuole obbligare a privatizzare servizi pubblici in contrasto con i referendum. Taglia pesantemente enti locali e regioni con un nuovo attacco a servizi sociali, sanità, trasporti e forti aumenti di ticket e tariffe. Si attaccano ancora i lavoratori pubblici: dopo il blocco della contrattazione e delle assunzioni, si sequestra il TFR per due anni. Si attacca ancora la scuola pubblica.
Il taglio di 40 miliardi alle agevolazioni fiscali nel triennio, colpirà il lavoro dipendente, le famiglie con figli, le spese per istruzioni e sanità. Si progettano tagli per invalidità, indennità di accompagnamento, reversibilità. Si colpiscono ancora le donne aumentando l’età di pensionamento. L’aumento dell’Iva colpisce i redditi più bassi, fa crescere l’inflazione e deprime i consumi.
La manovra prevede la modifica della Costituzione per rendere obbligatorie quelle politiche neoliberiste che hanno determinato la crisi e la speculazione.
La manovra è ingiusta
Non si toccano i ricchi - quel 10% della popolazione che possiede la metà della ricchezza italiana - così come non si combatte seriamente l’evasione fiscale. Pagano i soliti, la maggioranza della popolazione.
La manovra non combatte la speculazione
Per bloccare la speculazione - fatta da banche e finanziarie - occorre mettere regole ai mercati finanziari, impedire la vendita allo scoperto dei titoli e obbligare la Banca Centrale Europea a comprare direttamente i titoli di stato, come fanno le Banche Centrali degli USA, del Giappone, della Gran Bretagna. Nulla di tutto questo è nella manovra.
La manovra non serve contro la crisi
La manovra riduce il potere d’acquisto della maggioranza del popolo italiano e questo determinerà ulteriore recessione economica e licenziamenti.
A cosa e a chi serve la manovra?
La manovra serve a garantire i privilegi del 10% più ricco della popolazione, i profitti delle Banche, a lasciare mano libera ai padroni nei confronti dei lavoratori. E’ una manovra dei ricchi contro la maggioranza della popolazione che è chiamata a pagare il conto.
Occorre ribellarsi prima che sia troppo tardi. Occorre una politica alternativa.
Per difendere i diritti dei lavoratori e lo stato sociale, redistribuire la ricchezza, creare nuova occupazione, proponiamo una politica economica rovesciata, a partire da:
• Tassa sui grandi patrimoni al di sopra del milione di euro;
• Lotta all’evasione fiscale anche con una sovratassa sui capitali che hanno usato lo scudo fiscale;
• Dimezzare gli stipendi delle caste e mettere un tetto agli stipendi dei manager;
• Dimezzare le spese militari e smettere subito la guerra in Afghanistan e Libia;
• Le aziende che delocalizzano devono restituire i finanziamenti pubblici;
• Blocco delle grandi opere inutili come la TAV in Val di Susa e il Ponte sullo Stretto e uso di quelle risorse per un grande piano di risparmio energetico, sviluppo delle fonti rinnovabili, riassetto del territorio.


A VIMODRONE






- 02 OTTOBRE 2011
ORE 10 - 12






Firma la petizione!






PATRIMONIALE DAY - PRC VIMODRONE

domenica 25 settembre 2011

PALESTINA LIBERA



venerdì 23 settembre 2011

MARCIA PER LA PACE PERUGIA - ASSISI


Domenica 25 settembre 2011: Vieni anche tu alla Perugia-Assisi!

Siamo indignati e preoccupati. Dentro e fuori dal nostro paese, ci sono situazioni croniche d’ingiustizia, di povertà, di violenza e di sofferenza che non possono più essere tollerate.



Appello di Alex Zanotelli

In tutta la discussione nazionale in atto sulla manovra finanziaria, che ci costerà 20 miliardi di euro nel 2012 e 25 miliardi nel 2013, quello che più mi lascia esterrefatto è il totale silenzio di destra e sinistra, dei media e dei vescovi italiani sul nostro bilancio della Difesa. E' mai possibile che in questo paese nel 2010 abbiamo speso per la difesa ben 27 miliardi di euro? Sono dati ufficiali questi, rilasciati lo scorso maggio dall'autorevole Istituto Internazionale con sede a Stoccolma(SIPRI). Se avessimo un orologio tarato su questi dati, vedremmo che in Italia spendiamo oltre 50.000 euro al minuto, 3 milioni all'ora e 76 milioni al giorno. Ma neanche se fossimo invasi dagli UFO, spenderemmo tanti soldi a difenderci!!
E' mai possibile che a nessun politico sia venuto in mente di tagliare queste assurde spese militari per ottenere i fondi necessari per la manovra invece di farli pagare ai cittadini? Ma ai 27 miliardi del Bilancio Difesa 2010, dobbiamo aggiungere la decisione del governo, approvata dal Parlamento, di spendere nei prossimi anni, altri 17 miliardi di euro per acquistare i 131 cacciabombardieri F 35.
Se sommiamo questi soldi, vediamo che corrispondono alla manovra del 2012 e 2013. Potremmo recuperare buona parte dei soldi per la manovra, semplicemente tagliando le spese militari. A questo dovrebbe spingerci la nostra Costituzione che afferma :"L'Italia ripudia la guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali..."(art.11) Ed invece siamo coinvolti in ben due guerre di aggressione, in Afghanistan e in Libia. La guerra in Iraq (con la partecipazione anche dell'Italia), le guerre in Afghanistan e in Libia fanno parte delle cosiddette " guerre al terrorismo", costate solo agli USA oltre 4.000 miliardi di dollari (dati dell'Istituto di Studi Internazionali della Brown University di New York). Questi soldi sono stati presi in buona parte in prestito da banche o da organismi internazionali. Il governo USA ha dovuto sborsare 200 miliardi di dollari in dieci anni per pagare gli interessi di quel prestito. Non potrebbe essere, forse, anche questo alla base del crollo delle borse? La corsa alle armi è insostenibile, oltre che essere un investimento in morte: le armi uccidono soprattutto civili.


Per questo mi meraviglia molto il silenzio dei nostri vescovi, delle nostre comunità cristiane, dei nostri cristiani impegnati in politica. Il Vangelo di Gesù è la buona novella della pace: è Gesù che ha inventato la via della nonviolenza attiva. Oggi nessuna guerra è giusta ,né in Iraq, né in Afghanistan, né in Libia. E le folle somme spese in armi sono pane tolto ai poveri, amava dire Paolo VI. E da cristiani come possiamo accettare che il governo italiano spenda 27 miliardi di euro in armi, mentre taglia 8 miliardi alla scuola e ai servizi sociali?
Ma perché i nostri pastori non alzano la voce e non gridano che questa è la strada verso la morte?
E come cittadini in questo momento di crisi, perché non gridiamo che non possiamo accettare una guerra in Afghanistan che ci costa 2 milioni di euro al giorno? Perché non ci facciamo vivi con i nostri parlamentari perché votino contro queste missioni? La guerra in Libia ci è costata 700 milioni di euro!
Come cittadini vogliamo sapere che tipo di pressione fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d'armi. Noi vogliamo sapere quanto lucrano su queste guerre aziende come la Fin-Meccanica, l'Iveco-Fiat, la Oto-Melara, l'Alenia Aeronautica. Ma anche quanto lucrano la banche in tutto questo.
E come cittadini chiediamo di sapere quanto va in tangenti ai partiti, al governo sulla vendita di armi all'estero (Ricordiamo che nel 2009 abbiamo esportato armi per un valore di quasi 5 miliardi di euro).
E' un autunno drammatico questo, carico di gravi domande. Il 25 settembre abbiamo la 50° Marcia Perugia-Assisi iniziata da Aldo Capitini per promuovere la nonviolenza attiva. Come la celebreremo? Deve essere una marcia che contesta un'Italia che spende 27 miliardi di euro per la Difesa.
E il 27 ottobre sempre ad Assisi , la città di S. Francesco, uomo di pace, si ritroveranno insieme al Papa, i leader delle grandi religioni del mondo. Ci aspettiamo un grido forte di condanna di tutte le guerre e un invito al disarmo.
Mettiamo da parte le nostre divisioni, ricompattiamoci, scendiamo per strada per urlare il nostro no alle spese militari, agli enormi investimenti in armi, in morte.
Che vinca la Vita!

Alex Zanotelli

giovedì 22 settembre 2011

MANOVRA ECONOMICA: BERLUSCONI DIMETTITI!




MANOVRA ECONOMICA: BERLUSCONI DIMETTITI!
PRESIDIO A MILANO - PIAZZA SAN BABILA - GIOVEDI 22 SETT - ORE 18.


La manovra varata dal Governo Berlusconi-Bossi-Tremonti con la BCE impoverisce il paese e demolisce la democrazia. Con l'articolo 8 si traducono in legge le richieste della FIAT di demolire il contratto nazionale e l'intero diritto del lavoro, a partire dallo Statuto dei Lavoratori e dall'articolo 18. La manovra vuole obbligare a privatizzare servizi pubblici in contrasto con i referendum e taglia pesantemente enti locali e regioni con un nuovo attacco a servizi sociali, sanità, trasporti e forti aumenti di ticket e tariffe.

Si attaccano ancora i lavoratori pubblici e la scuola pubblica.

Il taglio di 40 miliardi alle agevolazioni fiscali nel triennio, colpirà il lavoro dipendente, le famiglie con figli, le spese per istruzioni e sanità.

Si progettano tagli per invalidità, indennità di accompagnamento, reversibilità.

Si colpiscono ancora le donne aumentando l'età di pensionamento. L'aumento dell'Iva colpisce i redditi più bassi, fa crescere l'inflazione e deprime i consumi. La manovra inoltre prevede la modifica della Costituzione per rendere obbligatorie quelle politiche neoliberiste che hanno determinato la crisi e la speculazione.

Insomma, la manovra del Governo Berlusconi-Bossi-Tremonti è ingiusta e non combatte la speculazione!

È una manovra dei ricchi - quel 10% della popolazione che possiede la metà della ricchezza italiana - contro la maggioranza della popolazione che è chiamata a pagare il conto.

Occorre ribellarsi prima che sia troppo tardi.

Occorre una politica alternativa, per difendere i diritti dei lavoratori e lo stato sociale, redistribuire la ricchezza, creare nuova occupazione. Ma prima di tutto occorre un'ampia e unitaria mobilitazione politica e sociale per mandare a casa il Governo Berlusconi e salvare la democrazia nel nostro paese.

sabato 17 settembre 2011

L'ALTERNATIVA C'E'


L'alternativa c'è. Le proposte di Rifondazione
Così si sconfigge la speculazione...

In primo luogo tre obiettivi europei:
- modifica dei trattati di Maastricht e dello Statuto della Bce trasformando la medisima in una Banca centrale sottoposta alle direttive del Parlamento europeo e avente come obiettivi istituzionali la piena occupazione e il finanziamento dei Fondi comunitari degli stati membri, attraverso l'acquisto diretto dei titoli di stato
- tassazione comunitaria sulle transazioni finanziarie speculative, adozione di un comune sistema fiscale e di una comune politica economica finalizzata alla piena occupazione e alla riconversione ambientale e sociale dell'economia
- revoca degli accordi Gatt e Wto con la ricontrattazione del sistema dei dazi per quanto riguarda le merci





Sul piano italiano
- se le misure proposte sul piano europeo non dovessero essere adottate, l'Italia deve ristrutturare il debito, garantendo per intero i piccoli risparmiatori e allungando unilateralmente i tempi di restituzione e la definizione delle cifre da rimborsare alle grandi finanziarie, cioè agli speculatori. Anche se nessuno ne parla, l'Islanda lo ha fatto con ottimi risultati
- nazionalizzazioni delle banche di interesse nazionale, divisione tra banche commerciali e banche di investimento e applicazione immediata delle regole di Basilea 3 con divieto di gestione fuori bilancio di qualsiasi titolo





- divieto per i manager di possedere in qualsiasi forma titoli di aziende che dirigono o di avere stipendi legati all'andamento in borsa dei titoli
- divieto della vendita allo scoperto dei titoli
- mantenimento del mcarattere pubblico delle Poste e trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in una banca pubblica finalizzata a finanziarie enti locali, aziende pubbliche e beni comuni
- apertura presso l'Inps di un Fondo per la gestione delle pensioni integrative da rendere fiscalmente conveninte rispetto agli altri fondi pensione





...e così si costruisce una "manovra" giusta ed efficace
- tassa sui grandi patrimoni al di sopra del milione di euro
- lotta all'evasione fiscale anche con una sovrattassa sui capitali che hanno usato lo scudo fiscale
- dimezzare gli stipendi delle caste e porre un tetto agli stipendi dei manager
- dimezzare le spese militari e smettere subito la guerra in Afghanistan e Libia
- le aziende che delocalizzano devono restituire i finanziamenti pubblici
blocco delle grandi opere inutili come la Tav in Val di Susa e il Ponte sullo Stretto e utilizzo di quelle risorse per un grande piano di risparmio energetico, per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e per il riassetto del territorio

venerdì 16 settembre 2011

L'ESITO DEL REFERENDUM NON SI TOCCA!














«Privatizzare non aiuta il Paese, il governo viola la Costituzione»

di Roberto Farneti

su Liberazione del 17/09/2011

Intervista ad Emilio Molinari del Forum italiano dei movimenti per l'acqua
Emilio Molinari, "Pierino" Sacconi ne ha combinata un'altra delle sue. Ora vuole rimettere in discussione l'esito dei referendum con cui gli italiani, appena tre mesi fa, hanno deciso che l'acqua deve rimanere in mani pubbliche. Il ministro del Lavoro si è rivolto a Enrico Letta del Pd auspicando «larghe intese» con l'opposizione su questo tema. Come a dire: "se siamo tutti d'accordo, allora si può fare". Ma davvero si può fare?

Ci proveranno. Penso però che nel Pd si aprirebbero contraddizioni non da poco e che quindi non sarà facile farlo. Violare la Costituzione e il pronunciamento di 27 milioni di cittadini sarebbe una vergogna non da poco per l'opposizione. Credo perciò che quella di Sacconi, al momento, sia poco più che una "boutade", una provocazione, che però dimostra con chi abbiamo a che fare. E cioè con gente che considera la democrazia un orpello di cui si può fare a meno. Quello che più mi preoccupa è che da due e mesi e mezzo il referendum - acclamato da molti politici, dopo la vittoria del Sì, come la grande novità degli ultimi trent'anni - sia finito nel silenzio più totale.


Di questo silenzio ne ha approfittato il governo per inserire nella manovra due articoli, il 4 e il 5, che liquidano il primo quesito del referendum, reintroducendo la privatizzazione dei servizi pubblici locali prevista dalla legge Ronchi, tranne che per l'acqua. E tuttavia la previsione di incentivi per i Comuni che privatizzano mette a rischio anche l'acqua. Perchè con i tagli previsti dalla manovra, molti sindaci saranno tentati dalla "mancetta" che gli offre il governo. Tutto ciò contraddice il risultato referendario, eppure il grosso delle forze politiche di opposizione è stato zitto, non c'è stata una reazione. Se togliamo alcune città - a Napoli, in Puglia - in cui c'è stato un riconoscimento del soggetto referendario, con l'apertura di un confronto con la gente su come realizzare localmente la ripubblicizzazione dell'acqua, quasi dappertutto gli stessi sindaci sono rimasti in silenzio.

Il problema è che dal referendum a oggi, come ha detto a un certo punto il ministro Tremonti, il mondo è cambiato. C'è stata l'accelerazione della crisi economica, la famigerata lettera della Bce, la manovra da 53 miliardi. Il governo considera le privatizzazioni un passaggio essenziale per rimettere il paese in carreggiata. Cosa rispondi? Privatizzare i servizi, costringere i cittadini a sborsare più soldi per prendere un autobus o per lavarsi, giova all'economia?

L'allarme crisi è reale ed è reso ancor più drammatico dal fatto che avviene in assenza di prospettive politiche alternative. La cura che si sta mettendo in piedi però non funzionerà, per il semplice motivo che segue la stessa ricetta che ha prodotto questa crisi. Privatizzare, svendere i beni comuni dello Stato, consegnare aziende come Enel ed Eni ai fondi sovrani della Cina, significa dare agli speculatori le risorse per continuare a speculare. Il Pil degli Stati Uniti è di 16mila miliardi di dollari, praticamente la cifra sborsata dalla Federal Reserve, senza neanche informare il Congresso, per salvare banche e imprese. Più o meno lo stesso ha fatto la Bce in Europa, sborsando 4mila miliardi. Invece basterebbe leggere il primo discorso di Franklin Delano Roosevelt da presidente degli Stati Uniti. Di fronte alla grande crisi del 1929, Roosevelt spiega cosa bisogna fare: isolamento degli speculatori; massiccio intervento del governo per far crescere l'occupazione: riduzione dell'orario di lavoro e aumento dei salari; tre miliardi di dollari per finanziare la riforestazione e la prevenzione dalle alluvioni e dalle frane. Non sembrano cose scritte per noi? Il vero problema è che ormai la politica è morta, comandano i mercati. Per inseguire la speculazione, sono state distrutte intere economie, dalla Grecia, al Portogallo, all'Irlanda. Lo stanno facendo con l'Italia. E tra un po' toccherà pure alla Francia.

Il 15 ottobre i movimenti torneranno in piazza per la giornata di mobilitazione europea promossa dagli indignados spagnoli. Cosa si può fare in Italia perché il patrimonio del referendum non vada disperso?

Non sarà facile, ma credo che dobbiamo rimontare la china impegnandoci tutti a riprendere un contatto con la gente. Il che vuol dire moltiplicare nei territori iniziative di discussione, di dibattito, di protesta. Dobbiamo ripartire dall'annullamento del referendum e dall'incostituzionalità di questa azione per affrontare il tema della crisi e dare di nuovo speranza ai cittadini. Vanno bene gli indignados, vanno bene anche questi appuntamenti, ma se c'è una cosa che insegna il movimento per l'acqua è che non è stato un movimento di scesa in piazza e basta. Il risultato referendario è il frutto di dieci anni di costante rapporto con la gente, di lavoro paziente parlando a tutti: dall'estrema sinistra alla Lega. Parteciperemo a tutte le iniziative di lotta, parleremo con il sindacato, proveremo a rimettere in piedi tutte le associazioni che hanno aderito. Con due obiettivi: far rispettare il referendum e trovare una proposta unificante - la patrimoniale piuttosto che la Tobin Tax - per recuperare le risorse che ci servono per rimettere a posto il paese, facendo pagare chi ha prodotto la crisi. E non le vittime.

venerdì 9 settembre 2011

ALL’INIQUITA’ SI PUO’ REAGIRE



ALL’INIQUITA’ SI PUO’ REAGIRE

da LIBERAZIONE

Un'altra "fiducia" imposta dal governo al Parlamento per approvare la finanziaria bis che è devastante dal punto di vista sociale. Non solo sovverte la Costituzione ma prepara il terreno per una nuova razzia nelle tasche dei ceti più deboli del Paese. E' necessaria ora...


La manovra votata al Senato con il vincolo della fiducia è molto peggiore di quella – già indigeribile – che si andava profilando nei giorni scorsi.
Il punto qualificante è che la sua iniquità viene ulteriormente rafforzata.
Il contributo di solidarietà, che già avevamo definito un’elemosina nella gravità del contesto, viene introdotto soltanto per i redditi superiori ai 300mila euro. Si mette mano pesantemente alle pensioni, in particolare a quelle delle donne, con buona pace della Lega Nord, che sul punto aveva promesso battaglia e che, oggi, di nuovo, dovrà spiegare al suo elettorato che in realtà la sua autonomia dai poteri forti berlusconiani è un grande bluff e che gli interessi sociali che rappresenta e difende sono del tutto organici a quelli del Pdl.
Si riduce poi di sei volte rispetto al testo originario la portata dei tagli delle indennità dei parlamentari e si ammorbidisce sensibilmente l’incompatibilità del loro mandato con altri incarichi pubblici, ad indicare ancora una volta quanto sia demagogica e priva di effettiva sostanza la campagna contro i privilegi della casta.
E, soprattutto, si conferma l’abominio politico e giuridico dell’articolo 8 e cioè la possibilità delle deroghe alle leggi e ai contratti nazionali e quindi anche la libertà per le imprese di licenziare senza giusta causa. Una norma, questa, che costituisce il vero cuore della manovra, il nocciolo profondo di tutta la filosofia del governo: un attacco spregiudicato al lavoro, ai diritti, alla stessa democrazia, sulla base dell’idea che dalla crisi si deve uscire riducendo ulteriormente lo Stato sociale (i tagli agli Enti Locali determineranno questo) e riportando i rapporti tra lavoratori ed aziende a cinquanta anni fa.Di fronte a tutto questo l’urgenza è quella di reagire immediatamente. Mettendo in campo, da subito, una proposta alternativa che dica al Paese che le misure adottate in questa manovra non sono l’unica via percorribile e che metta in fila, concretamente, quei contenuti che il Partito democratico non ha praticato, con una opposizione in Parlamento drammaticamente al di sotto delle esigenze che la durezza dello scontro richiedeva. Il Pd – che si è diviso perfino sull’appoggio allo sciopero della Cgil – non vuole prendere atto che non sono solo fallite le ricette ultraliberiste praticate in questi anni, ma anche quelle di liberismo temperato.
Lo dimostrano il fallimento di Zapatero, ma anche di Obama, entrambi travolti dalla profondità della crisi. Non è vero che non si può fare diversamente. Si può, occorre sceglierlo! In un Paese dove il dieci per cento della popolazione possiede il quarantasei per cento della ricchezza e dove solo l’uno per cento dichiara di guadagnare più di centocinquantamila euro – mentre aumentano disoccupazione e povertà per milioni di persone – occorre prelevare da lì le risorse. Patrimoniale, tassazione delle rendite, lotta intransigente all’evasione e alla elusione fiscale, una politica di Welfare che tuteli le fasce deboli e faccia da volano ad una politica industriale pianificata che, nel rispetto dell’ambiente, rilanci l’occupazione. Taglio delle spese militari e investimento nella formazione, nella ricerca, nell’Università pubblica. Questi sono i titoli di un programma alternativo che potrebbe farci uscire dalla crisi con giustizia ed equità. Ma questo progetto è tanto urgente e imprescindibile quanto ampio e ambizioso. Richiede forze sociali e politiche all’altezza, che accompagnino la proposta con un livello di conflittualità diffuso e profondo. Richiede che la Cgil scelga di essere il sindacato dello sciopero generale del 6 settembre e non il sindacato dell’accordo con Confindustria e governo del 28 giugno.
Richiede che i movimenti, le reti, le tante soggettività escano ciascuno dal proprio recinto e guardino insieme all’obiettivo di costruire anche in Italia – e a partire dal 15 ottobre, che deve essere appuntamento unitario e condiviso di tutti – un livello di mobilitazione adeguato alla drammaticità della situazione.
E richiede che la sinistra italiana, la sinistra politica, faccia altrettanto e di più. Negli ultimi mesi il nostro Paese ha dimostrato di sapere reagire e di volere con tutte le sue forze la fine dell’incubo berlusconiano. I risultati delle elezioni amministrative, la grande vittoria ai referendum, le lotte degli studenti, il protagonismo delle donne, la forza del movimento dei lavoratori, indicano che lo spazio esiste.
La crisi del capitalismo morde al punto che le contraddizioni sociali si stanno accentuando. Diventa sempre più urgente mettere in campo un credibile progetto alternativo a quello liberista.
Saremmo degli irresponsabili se anziché mettere al centro delle nostre iniziative questa esigenza ci concentrassimo, ognuno di noi, a coltivare il proprio orticello. La parola d’ordine oggi più che mai è questa: unità delle lotte, unità e radicalità del programma e dei contenuti dell’alternativa, unità delle forze politiche e sociali della sinistra.
Così possiamo farcela.

Liberazione (9 settembre 2011)

venerdì 2 settembre 2011

MARTEDI 6 SETTEMBRE SCIOPERO GENERALE



SCIOPERO GENERALE

La Federazione della Sinistra aderisce e partecipa con convinzione allo sciopero generale indetto Martedì 6 Settembre contro la manovra economica sia dalla CGIL che dai Sindacati di base.

IL CASO PENATI E LE ANIME BELLE…




IL CASO PENATI E LE ANIME BELLE…

Il "povero" Penati è sulla graticola e il suo destino politico è comunque segnato. Una "cultura" di governo del centro sinistra, fatta di ammiccamenti ai poteri forti, agli interessi della Compagnia delle Opere di CL, all'uso spregiudicato e saccheggio del territorio, che qualcuno definiva "modernità", è ormai finita. Almeno politicamente. Fà una certa impressione vedere Penati, lo "sceriffo di sinistra", quello che "basta coi comunisti", il "modernizzatore" che non voleva la "falce e martello" perchè "rompono i coglioni", quello che ammiccava ai leghisti contro i ROM, finire nella polvere della politica con ignomidia. Ma l'impressione si traduce in nausea nel vedere gli opportunisti di mestiere che nella sinistra abbondano. Fino a poco tempo fa, era lui il Penati, che decideva le politiche (il che fare) e conseguentemente anche le alleanze elettorali. Cosi è stato nelle elezioni per la Provincia di Milano e alle ultime Regionali lombarde. Trombature sonore per il centro sinistra. Dove erano le "anime belle" della politica di sinistra, che oggi si sbracciano contro Penati? Dove "sono stati finora", quelli che lo hanno sostenuto alle Provinciali e Regionali "turandosi il naso" pur di vedere assicurato il loro consigliere in Provincia o in Regione? Appoggiavano Penati con entusiasmo. La sinistra radicale, i comunisti sono stati gli unici che non hanno mai taciuto, hanno "rotto i coglioni" in nome della trasparenza e del rifiuto dei compromessi con i poteri forti.



Per questa coerenza sono stati esclusi dalle alleanze elettorali e pagato un prezzo politico salatissimo con nessuna rappresentanza in consiglio regionale. Oggi le "anime belle" che si agitano contro Penati, tranquilli nei loro seggi e dimentichi dei loro passati compromessi, forse non dovrebbero dare lezioni e guardare da lontano che la magistratura faccia serenamente il suo corso.
Grazie per le visite!
banda http://www.adelebox.it/