mercoledì 30 marzo 2016

PRC VIMODRONE IN PIAZZA IL 3 APRILE PER FAR VINCERE IL SI E FERMARE LE TRIVELLE!


Il 17 aprile 2016 il popolo italiano sarà chiamato a votare per il Referendum contro le Trivelle in mare. FACCIAMO VINCERE IL SI!
Cosa si chiede esattamente con il referendum del 17 aprile 2016?
Con il referendum del 17 aprile si chiede agli elettori di fermare le trivellazioni in mare. In questo modo si riusciranno a tutelare definitivamente le acque territoriali italiane. Nello specifico si chiede di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo.
 Nonostante, infatti, le società petrolifere non possano più richiedere per il futuro nuove concessioni per estrarre in mare entro le 12 miglia, le ricerche e le attività petrolifere già in corso non avrebbero più scadenza certa.

Se si vuole mettere definitivamente al riparo i nostri mari dalle attività petrolifere occorre votare “Sì” al referendum. In questo modo, le attività petrolifere andranno progressivamente a cessare, secondo la scadenza “naturale” fissata al momento del rilascio delle concessioni.
Bisognerà votare SÌ per abrogare la norma introdotta dall’ultima Legge di Stabilità, che permette alle attuali concessioni di estrazione e di ricerca di petrolio e gas che insistono nella zona di mare vicina alla costa di non avere più scadenza.
Bisogna cogliere l’occasione per mettere al centro del dibattito pubblico le scelte energetiche strategiche che dovrà fare il nostro Paese, per un’economia più giusta e innovativa.
IL 17 APRILE FACCIAMO VINCERE IL SI!




martedì 29 marzo 2016

FIDEL CASTRO: IL FRATELLO OBAMA dal sito www.albainformazione.com



di Fidel Castro Ruz, traduzione dal sito www.albainformazione.com

I re spagnoli ci portarono i conquistatori ed i proprietari, le cui orme restarono nei fagotti di terra circolari assegnati ai cercatori d’oro nelle sabbie dei fiumi, una forma abusiva e corruttiva di sfruttamento i cui resti possono essere colti dall’alto in molti posti del paese.
Ad oggi, il turismo consiste in larga parte nel mostrare le delizie dei paesaggi ed assaporare le squisitezze alimentari dei nostri mari, ogni volta che si condivide con il capitale privato delle grandi corporazioni multinazionali straniere, i cui profitti non sono degni del men che minimo riguardo se non raggiungono miliardi di dollari ciascuna.
Poiché mi son visto obbligato a citare l’argomento, devo aggiungere, soprattutto per i giovani, che poche persone si rendono conto dell’importanza di tale condizione in questo momento particolare della storia umana. Non dirò che si è perso tempo, ma non esito ad affermare che non siamo sufficientemente informati, né voi né noi, delle conoscenze e delle coscienze che dovremmo possedere per poter affrontare le situazioni che ci sfidano. La prima cosa da prendere in considerazione è che le nostre vite sono una frazione storica di un istante, che bisogna condividere maggiormente le necessità vitali di ogni uomo.
Nessuno, senza dubbio, è buono o cattivo di suo. Nessuno di noi è formato per il ruolo da assumere nella società rivoluzionaria. In parte, noi cubani abbiamo avuto il privilegio di contare sull’esempio di José Martí. Mi chiedo persino se doveva morire o meno a Dos Ríos, quando disse “è giunta l’ora”, e si scagliò contro le forze spagnole trincerate in una forte linea di fuoco. Non voleva ritornare negli USA e non aveva chi lo facce rientrare. Qualcuno ha strappato dei fogli dal suo diario. Chi si è macchiato di questa perfida colpa, che è stata indubbiamente opera di qualche cospiratore senza scrupoli? Conosciamo differenze tra i capi, ma mai mancanza di disciplina.
“Chi tentasse di impossessarsi di Cuba, raccoglierà la polvere dalla sua terra annegato nel sangue, se non muore nella lotta”, disse il glorioso leader nero Antonio Maceo. Si riconosce lo stesso in Máximo Gómez, capo militare più disciplinato e discreto della nostra storia.
Guardandolo da un’altra angolazione, come non ammirare l’indignazione di Bonifacio Byrne quando, dall’imbarcazione distante che lo portava di ritorno a Cuba, notata un’altra bandiera insieme a quella della stella solitaria, esclamò: “La mia bandiera è quella che mai è stata mercenaria…”, aggiungendo subito dopo una delle più belle frasi che abbia mai ascoltato:”Se disfatta in tanti piccoli pezzetti, sarà la mia bandiera un giorno… I nostri morti sapranno ancora difenderla alzando le braccia…”.
Neppure dimenticherò le accese parole di Camilo Cienfuegos quella notte, quando ad alcune decine di metri bazooka e mitragliatrici di provenienza nordamericana, nelle mani dei controrivoluzionari, puntavano alla terrazza dove ci eravamo fermati.
Obama era nato nell’agosto del 1961, come lui stesso ha spiegato. Più di mezzo secolo sarebbe trascorso da quel momento.
Vediamo senza dubbio come la pensa oggi il nostro illustro visitatore:
“Sono venuto qui per lasciare indietro i retaggi della guerra fredda nelle Americhe. Sono venuto dando una mano amichevole al popolo cubano”.
Immediatamente, una pioggia di concetti, decisamente nuovi per la maggior parte di noi:
“Entrambi viviamo in un nuovo mondo colonizzato dagli europei”. Ha continuato il presidente statunitense: “Cuba, allo stesso modo degli Stati Uniti, è stata costruita dagli schiavi condotti dall’Africa; allo stesso modo degli USA, il popolo cubano è ereditario di schiavi e schiavisti”.
Le popolazioni indigene non esistono per nulla nella mente di Obama.
Neppure afferma che la discriminazione razziale è stata spazzata via dalla Rivoluzione; che il ritiro (dal lavoro) ed il salario dei cubani furono decretati dalla Rivoluzione stessa prima che il signor Barack Obama compisse dieci anni.
L’odiosa abitudine borghese e razzista di reclutare sbirri per espellere i cittadini neri dai centri di ricreazione è stata cancellata dalla Rivoluzione cubana. Questa sarebbe passata alla storia per la battaglia condotta in Angola contro l’apartheid, mettendo fine alla presenza di armi nucleari in un continente con più di un miliardo di abitanti. Non era questo l’obiettivo della nostra solidarietà, ma quello di aiutare i popoli dell’Angola, del Mozambico, della Guinea Bissau ed altri paesi dal dominio coloniale fascista portoghese.
Nel 1961, appena due anni e tre mesi dopo il trionfo della Rivoluzione, una forza mercenaria con cannoni e fanteria blindata, equipaggiata con aerei, fu addestrata ed accompagnata da navi da guerra e portaerei statunitensi, attaccando il nostro paese a sorpresa. Nulla potrà giustificare quel perfido attacco costato al nostro paese centinaia di perdite tra morti e feriti. Della brigata d’assalto filoyankee, si è potuto notare che in nessuna parte sia stato evacuato un solo mercenario.
Aerei da combattimento yankee sono stati presentati dinnanzi alle Nazioni unite come contingenti cubani ribelli.
L’esperienza militare e la forza di questo paese sono incredibilmente noti.
(I nordamericani) hanno creduto allo stesso modo che la rivoluzionaria Cuba sarebbe stato facilmente messa fuori gioco in Africa. L’attacco dal sud dell’Angola da parte delle brigate meccanizzate del Sudafrica razzista li porta quasi a Luanda, la capitale angolana.
Qui comincia una lotta prolungata per non meno di quindici anni. Non parlerei neppure di questo, se non avessi il dovere elementare di rispondere al discorso di Obama nel Gran Teatro Alicia Alonso all’Avana.
Non cercherò neppure di fornire dettagli, ma soltanto porre l’attenzione sul fatto che lì fu scritta una pagina onorevole della lotta di liberazione dell’uomo.
In un certo modo, avrei voluto che il comportamento di Obama fosse stato corretto. La sua umile origine e la sua naturale intelligenza erano evidenti.
Mandela era stato arrestato a vita e si era convertito in un gigante della lotta per la dignità umana. Un giorno, arrivò nelle mie mani una copia del libro nel quale si narra una parte della vita di Mandela e -oh, che sorpresa!- il suo prologo era stato scritto da Obama. Lo sfogliai rapidamente.
Incredibile la dimensione della minuscola lettera di Mandela che precisava dei dati. Vale la pena aver conosciuto uomini come lui.
Sull’episodio in Sudafrica, devo segnalare un’altra esperienza. Ero realmente interessato a conoscere più dettagli sul modo in cui i sudafricani avevano acquisito le armi nucleari. Avevo soltanto l’informazione precisa che non superavano le 10-12 bombe. Una fonte sicura sarebbe stato il professore e ricercatore Piero Gleijeses, il quale aveva scritto il testo di “Missioni nel conflitto: L’Avana, Washington e l’Africa 1959-1976”; un lavoro eccellente.
Sapevo che lui era la fonte più sicura di quanto era accaduto e così glielo comunicai; mi rispose che non aveva più parlato dell’argomento, perché nel testo aveva risposto alle domande del compagno Jorge Risquet, ambasciatore o collaboratore cubano in Angola, un suo gran amico.
Rintracciai Risquet; già in altri importanti incarichi, stava ultimando un corso del quale gli restavano alcune settimane. Questo compito coincise con un viaggio abbastanza recente di Piero nel nostro paese; l’avevo avvertito che Risquet aveva già parecchi anni e che la sua salute non era ottima. Pochi giorni dopo, accadde quel che temevo. Risquet peggiorò e morì. Quando Piero arrivò, non aveva nulla da fare se non promesse, ma già ero riuscito ad ottenere un’informazione sull’arma (nucleare) e l’aiuto che il Sudafrica razzista aveva ricevuto da Reagan ed Israele.
Non so cosa dirà Obama su questa storia. Ignoro se lo sapesse o meno, anche se nutro parecchie perplessità sul fatto che non ne sapesse assolutamente nulla. Il mio modesto suggerimento è che rifletta e non cerchi di elaborare teorie sulla politica cubana.
C’è una questione rilevante:
Obama ha pronunciato un discorso nel quale utilizza le parole più edulcorate per dire: “Dobbiamo ormai dimenticarci del passato, lasciamolo dietro, guardiamo al futuro, facciamolo insieme, un futuro di speranza. E non sarà facile, ci saranno sfide, e a queste daremo del tempo; ma la mia permanenza qui mi dà più speranze di quello che possiamo fare insieme come amici, come una famiglia, come vicini, insieme”.
Si suppone che ognuno di noi correva il rischio di un infarto ascoltando queste parole del presidente degli Stati Uniti. Dopo un vergognoso blocco (economico, finanziario e commerciale) che dura da quasi sessant’anni, e tutti quelli che sono morti in attacchi mercenari a barche e porti cubani, un aereo di linea colmo di passeggeri fatto esplodere in pieno volo, invasioni mercenari, molteplici atti di violenza e forza?
Nessuno s’illuda che il popolo di questo nobile e sacrificato paese rinuncerà alla gloria ed ai diritti, alla ricchezza spirituale conquistata con lo sviluppo dell’istruzione, della scienza e della cultura.
Faccio notare, inoltre, che siamo capaci di produrre gli alimenti e le ricchezze materiali di cui abbiamo bisogno con lo sforzo e l’intelligenza del nostro popolo.

Non abbiamo bisogno che l’Impero ci regali nulla. I nostri sforzi saranno leciti e pacifici, perché è il nostro impegno per la pace e la fratellanza di tutti gli esseri umani che vivono su questo pianeta.

domenica 20 marzo 2016

REVISIONE COSTITUZIONALE NO GRAZIE! ASSEMBLEA PUBBLICA ZONA ADDA MARTESANA


Il Comitato Adda Martesana promuove l'assemblea del 22 marzo che si terrà presso la biblioteca di Cernusco, a cui parteciperanno
il costituzionalista
Ugo Giuseppe Rescigno
il Presidente dell'ANPI provinciale di Milano,Roberto Cenati









venerdì 18 marzo 2016

ALTRA EUROPA - DUE GIORNI A MILANO PER DISCUTERE DI SINISTRA UNITA NEL SEGNO DELL'ALTRA EUROPA


Due giorni a Milano per discutere di sinistra unita nel segno dell'Altra Europa

Due giorni, il 19 e 20 marzo a Milano, promossi da L’Altra Europa con Tsipras, per rilanciare l’esigenza che in Italia si compia il processo costituente di un unico e unitario soggetto politico della sinistra "che sappia rispondere all’enorme domanda di quanti non si rassegnano al disfacimento della nostra democrazia costituzionale".
Un appuntamento che mette al centro del dibattito politico i grandi temi: l’Europa, la vergogna delle barriere contro i migranti, i venti di guerra nel mediterraneo nei giorni in cui a passi felpati e a occhi bendati l’Italia si avvia alla guerra.
"Solo col confronto su questi grandi temi e con l’azione conseguente - si legge nell nota di convocazione - possiamo uscire dalle mille piccole nostre storie. Perché una sinistra in Italia non può non avere una dimensione di questo respiro, al minimo europea. E nello stesso tempo una radicata presenza quotidiano nei territori, concentrandosi sulle azioni/sfide immediate dei prossimi mesi: le amministrative e i referendum.
Un grande spazio verrà dedicato alle città e alle esperienze unitarie a sinistra che saranno protagoniste delle elezioni del prossimo giugno in alternativa al PD, alle destre e ai 5 stelle. E grandissima attenzione alla sfida per la democrazia con la contesa referendaria che da aprile, con l’inizio della raccolta referendaria e il voto del 17 aprile sul quesito No Trivelle.

PROGRAMMA

SENZA CONFINI
non abbiamo da perdere altro che i nostri confini
Assemblea dell’Altra Europa con Tsipras
per il processo costituente unico e unitario IN ITALIA di un soggetto europeo
dedicata a Giulio Regeni
Milano 19-20 marzo 2016
SABATO 19 marzo
SEDE: HOTEL MICHELANGELO PIAZZA LUIGI DI SAVOIA, 6 ( Stazione Centrale)
Ore 11: Apertura: per GIULIO REGENI
Vogliamo la verità su Giulio, per rendere giustizia ai tanti come lui, perché non si ripeta mai più
ore 11:15 SENZA CONFINI- SENZA RETI
MIGRANTI, IL PUNTO ZERO DELLA COSCIENZA POLITICA DELL’EUROPA
Testimonianze ed esperienze
Interverranno Tasia Christodoulopoulou (vicepresidente del parlamento greco, già viceministro delle politiche sull'immigrazione), Can Guelcue (attivista del movimenti austriaci per l’accoglienza), Moni Ovadia (in video), Filippo Miraglia (vice presidente Arci Nazionale), Eleonora Forenza, Michele Negro (esperienza di accoglienza in Friuli), Matteo Pucciarelli (giornalista di Repubblica), Hazal Koyuncuer, (portavoce Comunità Kurda di Milano), Rosamaria Vitale (medico HUB Milano) e Milano Senza Frontiere.
Coordina Bia Sarasini
ore 13 SENZA CONFINI
PERCHÉ L’ASSEMBLEA
Saluto di AET Milano
Intervento di Marco Revelli
Pierre Laurent- presidente del Partito della Sinistra Europeo (video)
13.30- 14.30 PAUSA
ORE 14.30 SENZA CONFINI ripresa dei lavori – sessioni di lavoro
[per ogni sessione relatori max 8' ciascuno – poi dibattito max 5'ciascuno, che continua se ci sono richieste la domenica mattina]
LE CITTÀ- sessione
Interverranno Curzio Maltese, Stefano Fassina (candidato sindaco a Roma), Giorgio Airaudo (candidato sindaco di Torino), Federico Martelloni (candidato sindaco a Bologna), Raffaella Sutter (candidata sindaco a Ravenna), Luigi De Magistris (sindaco di Napoli- in video), Riccardo Petrella (beni comuni e città), Elena Mazzoni (No TTIP nella mia città), Stefano Galieni (migranti e città)
coordina Massimo Torelli
Obbiettivi: confronto e presentazione della sfida nelle città, impegni pratici per il governo delle città (TTIP, beni comuni, accoglienza)
ORE 17.00 SENZA CONFINI
DIRITTI, DEMOCRAZIA, VITA QUOTIDIANA- sessione
I referendum che cambiano la vita, e restituiscono la democrazia ai cittadini italiani
Interverranno Massimo Villone (referendum Costituzionale e Italicum), Maria Boscaino e Vito Meloni (referendum scuola e sociali), Enzo Di Salvatore (referendum No Triv del 17 aprile), Franco Martini(Cgil- segreteria nazionale- referendum lavoro), Fabrizio Bocchino, Marcello Scipioni (Fiom-Cgil Milano), Andrea Maccarrone (su legge Unioni Civili)
Coordina Alfonso Gianni
Obbiettivi: informare e sostenere tutti i referendum, a partire dalla scadenza del 17 aprile 2016
ORE 18.30-20.30 SENZA CONFINI
UNA POLITICA FELICE- sessione
SOGGETTO E/O PARTITO dal nome alla vita - PARTECIPARE come e per chi?
Sessione introduttiva sulle Forme della politica, con interventi iniziali (max 8') e dibattito (max 5')
Coordinano Chiara Giunti e Rosa Rinaldi
Primi interventi Beppe Caccia, Loris Caruso, Luca Raffini
Obbiettivi concreti: confrontare nel merito alcune idee di fondo sulle forme costitutive di un soggetto politico unitario e innovativo della sinistra a dimensione europea, aprire un percorso di autoformazione alla partecipazione come pratica non episodica ma costante e fondante del processo e del soggetto.
Domenica 20 MARZO ore 9.30 -
SEDE: AUDITORIUM "STEFANO CERRI" VIA VALVASSORI PERONI,56 ( Lambrate)
9,30-11,15
Sessione partecipata sulle Forme del soggetto e della partecipazione. Discussione partecipata su tre “domande-temi” emersi con particolare interesse nella sessione seminariale del sabato pomeriggio. In forma di un World Café con tavoli da 10 persone.
In contemporanea in sala plenaria può continuare il confronto sulle sessioni tematiche del sabato (città e referendum).
11.30 SESSIONE CONCLUSIVA Senza confini.
L’Europa, la sinistra e la politica che vogliamo (anche in Italia)
Confronto tra esperienze europee e italiane
Interverranno Tasia Christodoulopoulou (Grecia, vicepresidente del Parlamento), Eleonora Forenza, Norbert Hagemann (Linke), Paolo Ferrero, Lorenzo Marsili (Diem), Curzio Maltese, Francesco Martone, Maite Mola (Vicepresidente del Partito della Sinistra Europea), Joana Mortagua (Portogallo, Bloco De Izquierda), Paolo Cento, Sergio Cofferati (in video)
Coordina: Roberto Musacchio
Saluto Finale di Marco Revelli
ORE 13.30

Pranzo con il GAS di Novate Milanese


martedì 8 marzo 2016

IL 17 APRILE VOTA SI - LE TRIVELLE IN MARE FANNO MALE

"Le trivelle in mare fanno male alla salute". I dati choc del rapporto di Greenpeace e i silenzi del ministero
Sostanze chimiche inquinanti e pericolose, con un forte impatto sull'ambiente e sugli esseri viventi. Ecco cosa si trova abitualmente nei sedimenti e nelle cozze che vivono in prossimita' di piattaforme offshore presenti in Adriatico. E spesso in concentrazioni che eccedono i parametri di legge.
Non lascia spazio a dubbi il rapporto "Trivelle fuorilegge" realizzato da Greenpeace, in cui, per la prima volta, vengono resi pubblici i dati ministeriali relativi all'inquinamento generato da oltre trenta trivelle operanti nei nostri mari. Secondo l'associazione ambientalista la contaminazione e' "ben oltre i limiti previsti per almeno una sostanza chimica pericolosa nei tre quarti dei sedimenti marini vicini alle piattaforme", il 76% nel 2012, il 73,5% nel 2013 e il 79% nel 2014. Ancora: i parametri ambientali sono oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% dei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Anche nelle cozze la presenza di sostanze inquinanti ha mostrato evidenti criticita'.
Come spiega il responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace, Giuseppe Ungherese, emerge una "contaminazione grave e diffusa", le trivelle non rispettano i limiti fissati dalla legge, per cui sono illegali. "Ci sono contaminazioni preoccupanti da idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti", ribadisce Ungherese, e infatti vicino alle piattaforme si "trovano abitualmente sostanze associate a numerose patologie gravi, tra cui il cancro". Eppure il ministero competente non fa nulla.
Lo scorso luglio Greenpeace aveva chiesto i dati di monitoraggio delle piattaforme presenti nei mari italiani. E il ministero dell'Ambiente ha fornito "soltanto" quelli di 34 impianti, relativi agli anni 2012-2014, dislocati davanti alle coste di Emilia-Romagna, Marche e Abruzzo. Delle altre 100 e piu' piattaforme operanti nulla, per cui "o il ministero non dispone di informazioni in merito, e dunque questi impianti operano senza piani di monitoraggio, oppure ha deciso di non consegnare a Greenpeace tutta la documentazione in suo possesso".

Dunque, attacca Ungheresi, a un quadro ambientale critico, si aggiunge la "scarsa trasparenza del ministero", senza dimenticare che i monitoraggi sono stati eseguiti da Ispra (Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale), che e' vigilato dallo stesso ministero, su committenza di Eni, proprietaria delle piattaforme oggetto di indagine. Insomma "il controllore e' a libro paga del controllato", conclude Greepeace ribadendo che "chi estrae idrocarburi nei nostri mari inquina, e lo fa oltre i limiti imposti dalla legge senza apparentemente incorrere in sanzioni o in divieti". Per cui il 17 aprile occorre partecipare al referendum e votare Si' "per fermare chi svende e deturpa l'Italia".






venerdì 4 marzo 2016

L'ANPI PER IL REFERENDUM POPOLARE: “NO” ALLA RIFORMA DEL SENATO ED ALLA LEGGE ELETTORALE

L'ANPI per il referendum popolare: “no” alla riforma del Senato ed alla legge elettorale

L'ANPI si schiera per il referendum popolare, per dire “no” alla legge di riforma del Senato ed alla legge elettorale.
La decisione è stata presa nella riunione del Comitato nazionale del 21 gennaio dove si è ampiamente ed approfonditamente discusso circa la riforma del Senato e la legge elettorale e sulla proposta di aderire ai Comitati referendari già costituiti.
La discussione è stata veramente apprezzabile, per la ricchezza e la serietà delle argomentazioni e per la compostezza del confronto. Si partiva dalla proposta del Presidente di aderire ai Comitati referendari già costituiti sull'una e sull'altra legge, tutta fondata sul tema della coerenza nella intransigente difesa della Costituzione, secondo la linea perseguita dell'ANPI negli ultimi due anni. Sulla relazione vi sono stati molti consensi e sono state manifestate alcune perplessità e preoccupazioni, che hanno contribuito – anch'esse – alla valenza complessiva del dibattito, consentendo di arrivare, alla fine, ad un voto sostanzialmente unitario (solo tre astensioni).
In effetti, proprio per il contributo della discussione e del confronto, si è pervenuti, non solo all'esito positivo già indicato, ma anche alla definizione – ai fini della chiarezza – delle modalità e delle “condizioni” che devono caratterizzare l'ingresso dell'ANPI nella compagine referendaria. Questi aspetti, resi evidenti ed esposti nelle conclusioni del Presidente, possono essere così sintetizzati:
l'ANPI aderisce alla iniziativa referendaria in stretta coerenza con la linea seguita per due anni sul tema della riforma del Senato e sulla legge elettorale, qualificata fin dalla prima manifestazione, al Teatro Eliseo di Roma. come “una questione di democrazia”. La conseguenza logica della approvazione delle due leggi in termini poco diversi rispetto a quelli iniziali, è che la parola va data alle cittadine e ai cittadini perché si esprimano liberamente, senza pressioni e soprattutto senza ”ricatti”;
nell'aderire ai Comitati referendari già costituiti, l'ANPI mantiene la sua piena autonomia e la sua piena libertà di azione e di giudizio, impegnandosi peraltro a contribuire ad un efficace svolgimento della campagna referendaria, basata, prima di ogni altra cosa, su una corretta e completa informazione delle cittadine e dei cittadini sui contenuti dei provvedimenti di cui si chiederà l'abrogazione;
l'ANPI non è interessata – nel caso particolare delle riforme – ai problemi più specificamente “politici” (il “plebiscito”, la tenuta e le sorti del Governo, etc.); per la nostra Associazione il tema è solo quello dell'intransigente difesa della Costituzione da ogni “stravolgimento” che rimetta in discussione le linee portanti (anche della seconda parte) ed i valori di fondo; considera la Riforma del Senato e la legge elettorale, così come approvate dal Parlamento, un vulnus al sistema democratico di rappresentanza ed ai diritti dei cittadini, in sostanza una riduzione degli spazi di democrazia;
l'ANPI esclude la collocazione della battaglia referendaria nel recinto di un qualsiasi schieramento politico, nonché ogni altra opzione politica che non sia quella, appunto, della salvaguardia della Costituzione;
l'ANPI, che attualmente ha oltre 120.000 iscritti e un'organizzazione estesa all'intero territorio nazionale, deve godere di una rappresentatività all'interno dei Comitati referendari, adeguata a ciò che essa rappresenta, in tema di iscritti e di valori;
l'ANPI ritiene che - rispetto alle Assemblee pubbliche, pur talora necessarie - debbano essere privilegiati gli incontri e le iniziative di contatto e rapporto con i cittadini attraverso la formazione di Comitati locali, ampi ed aperti e rivolti soprattutto alla popolazione, per informare e convincere sui complessi temi in discussione;
si ritiene opportuno che i Comitati referendari, se non lo hanno già fatto, provvedano alla costituzione di esecutivi snelli e dotati di particolare autorevolezza, in grado di coordinare ed intervenire con indicazioni, suggerimenti e proposte, anche in rapporto con i comitati locali che si andranno costituendo;
l'ANPI si riserva di assumere anche iniziative autonome, ma non confliggenti con quelle dei Comitati, per informare sulla posizione assunta e sulle sue caratteristiche anche di autonomia, nonché su tutte le questioni che riguardano le due leggi in discussione.
Questi sono i connotati fondamentali e le “condizioni” dell'adesione dell'ANPI ai Comitati referendari.
Sotto il profilo interno, è evidente che questo ci impegna a dare il nostro contributo, in sede nazionale e in periferia, allo sviluppo della campagna referendaria, con iniziative, con la costituzione dei Comitati, con tutti i mezzi e gli strumenti di informazione e di convincimento.
Naturalmente, ci sono due condizioni “interne”, perché tutto questo si possa svolgere regolarmente: la prima dipende strettamente dalla concomitanza con la campagna congressuale, che culminerà nel Congresso nazionale a metà maggio. Bisogna riuscire a far bene l'una e l'altra cosa, considerando l'importanza che assume per la nostra Associazione, il Congresso, che è occasione di confronto, ma anche e soprattutto di definizione della linea che si adotterà per il futuro.
La seconda è che in una associazione pluralista come la nostra ci saranno certamente opinioni anche diverse da quella prevalsa nel Comitato nazionale; e del resto, alcune perplessità e preoccupazioni sono emerse anche in quella sede. Ebbene, la parola chiave è: “rispetto” di tutte le opinioni, pur nel contesto dell'attuazione delle decisioni assunte. Ognuno sarà libero di votare come crede, quando verrà il momento; ma oggi sono da evitare azioni ed iniziative che contrastino con la linea assunta dal massimo organo dirigente, così come devono essere - da parte di chi è convinto della bontà e della giustezza della decisione adottata – evitati toni e comportamenti che in qualche modo possano apparire prevaricatori. L'ANPI è perfettamente in grado di mantenere la sua preziosa unità se tutti rispettano le regole, le decisioni adottate e – al tempo stesso – le opinioni diverse.
C'è troppo da fare per continuare a discutere all'infinito: c'è il congresso e ci sarà la campagna referendaria. Dunque, c'è lavoro in abbondanza e c'è, soprattutto, la convinzione e la certezza che ciò che facciamo, in piena autonomia e con assoluta attenzione all'identità ed ai valori dell'ANPI, è funzionale al bene del Paese e della collettività e soprattutto all'intransigente (e non conservatrice) salvaguardia della Costituzione.
Non escludiamo la possibilità di iniziative anche autonome, per illustrare e chiarire la nostra posizione e per indicare positivamente (lo ripeto per l'ennesima volta, non siamo per la conservazione dell'esistente a tutti i costi) ciò che si potrebbe (e si dovrebbe) fare, semmai, per superare alcuni difetti del bicameralismo “perfetto”, senza stravolgere la Costituzione, prendendo esempio anche da esperienze già realizzate in altri Paesi.
Pertanto, è opportuno “attrezzarsi”, conoscere bene la legge di riforma del Senato, conoscere bene la legge elettorale, per poterne indicare e spiegare i difetti, i limiti e le ragioni per cui ne chiediamo la cancellazione.

È un momento delicato e complesso; ancora una volta, questo costituirà motivo e stimolo per un impegno solido e convinto.


È NATO IL COMITATO PER IL NO ALLA RIFORMA
COSTITUZIONALE E IL SÌ ALL’ABROGAZIONE

DELL’ITALICUM DELLA ZONA ADDA MARTESANA
Referenti del Comitato:
Franco Salamini (Portavoce), Giorgio Colombo, Antonio Galbiati e Jasmine LaMorgia
Primi firmatari:
Mauro Aimi, Elena Basso, Fabio Battagion, Angelo Brambilla, Mirko Chioldin, Giorgio
Colombo, Osvaldo Colombo, Pietro Costantini, Francesco De Marchis, Enzo Fagnani, Duilio
Felletti, Giuseppe Ferricchio, Luca Forlani, Antonio Galbiati, Ruggero Gamberini, Stelio
Gazzarri, Gerardo Giacomazzi. Federica Grandi, Jasmine La Morgia, Valerio Marchesi,
Edgardo Meroni, Marco Messineo, Andrea Micheli, Davide Pace, Giuseppe Pace, Antonello
Patta, Giancarlo Pedroni, Giovanna Perego, Danilo Radaelli, Alfredo Romano, Pierino
Rossini, Franco Salamini, Luigi Santese, Ermes Severgnini, Pietro Tagliabue, Gianluca
Vavassori, Guido Verderio, Giancarlo Villa, Lorella Villa, Walter Zappa, Rita Zecchini
Aderiscono al comitato:
ANPI, Altra Europa con Tsipras, Bene Comune Cernusco, Movimento 5 Stelle, PRC, SEL,
Sinistra per Bussero, Sinistra per Cassina, Sinistra per Cassano, Sinistra per Cernusco,
Sinistra per Segrate
Comitato per il NO nel referendum sulle modifiche della Costituzione
Adda Martesana
Info e adesioni: referendumaddamartesana@gmail.com
Pagina Facebook: Comitato per il NO – Adda Martesana

NO AL REFERENDUM, SÌ A UNA NOSTRA RIFORMA di Gianni FERRARA

No al referendum, Sì a una nostra riforma

di Gianni Ferrara
Siamo vicini all’inizio della campagna referendaria sulla perversa deformazione del Senato. Per chi le si oppone, come a tutto il disegno devastante di Renzi, la lotta sarà durissima. È enorme il divario di forza tra i due schieramenti che si vanno costituendo. Variegati, come in tutti i referendum, lo è di più quello del No, il nostro. È perciò urgente non soltanto definire l’identità nostra di oppositori all’eversione renziana, indicando le ragioni del No, che, soprattutto su questo giornale, sono state esattamente enumerate e ampiamente motivate, ma, immaginando quali potranno essere le argomentazioni del Sì, per contestarle e rovesciarle.
Saremo certamente accusati di conservatorismo, immobilismo, passatismo, di sostegno ad apparati pletorici, inefficienti, costosi, inadeguati, irresponsabili ecc., di fonte ai quali poi …. si ergerebbe la modellistica istituzionale high-tech della onorevole Boschi. Renzi dirà che vogliamo mantenere intatto l’assetto istituzionale disegnato settanta anni fa, attribuendo, implicitamente o anche direttamente, a questo assetto la responsabilità dell’arretratezza del Paese, tacciandolo di inidoneità a reagire alla crisi economica, a fronteggiare i problemi reali come quello del precariato, della disoccupazione più alta d’Europa, della corruzione endemica, dei poteri mafiosi e quant’altro. Falso, certo. Ma il nuovismo è sciaguratamente penetrato nel senso comune ed ha gettato sulle istituzioni repubblicane la responsabilità dell’economia liberista, ha avvolto la democrazia costituzionale nell’ombra spessa della delusione.
Sarebbe perciò imperdonabile permettere che la sinistra referendaria possa apparire come tetragona guardiana degli assetti istituzionali esistenti, delle parole, degli accenti e delle virgole della Carta costituzionale. Perché non lo è, anzi, non può, non deve esserlo. Tanto più che dispone di un ricco patrimonio di proposte autenticamente riformatrici, quelle che, per riaffermare i principi della nostra Costituzione, perseguirne gli obiettivi, mantenerne le promesse, realizzare il compito della Repubblica, adeguerebbero perfettamente le nostre istituzioni alla fase storica del dominio del liberismo, della compressione dei diritti, del precariato, della disoccupazione permanente, delle ineguaglianze crescenti, del rischio incombente del collasso ecologico.
Dovremmo quindi indicarle. Perciò provo a sottoporre alla discussione un possibile quadro di proposte volte sia a riformare l’apparato centrale della Repubblica che ad integrare la democrazia rappresentativa con istituzioni della democrazia diretta.
logo-comitato-no14Per quanto riguarda la struttura del Parlamento, riprenderei la nobile, costante e mai smentita scelta della sinistra a favore del monocameralismo e del sistema elettorale proporzionale, sistema da sancire contestualmente in Costituzione perché condizione indefettibile della opzione monocamerale. Un numero di 500 deputati potrebbe perfettamente soddisfare le esigenze rappresentative e quelle funzionali dell’organo.
Ai Presidenti delle Regioni andrebbe riconosciuto il potere di intervento e di emendamento nel corso del procedimento di formazione delle leggi della Repubblica, direttamente o indirettamente rilevanti per l’esercizio delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni.
A garanzia dell’ordinamento costituzionale, andrebbe prevista l’istituzione delle leggi organiche, da approvare con la maggioranza assoluta, sia articolo per articolo che nella votazione finale, in materia di diritti costituzionalmente riconosciuti, di organi supremi della Repubblica, delle Magistrature, delle Regioni.
Ad assicurare concretamente i diritti sociali, andrebbe poi sancita la destinazione, con norma costituzionale, di un terzo delle entrate fiscali alla spesa per assicurarne il godimento (art. 4, 32–38 della Costituzione).
A difesa dei “nuovi diritti”, dovrebbe essere prescritta l’inalienabilità, costituzionalmente sancita, dei beni (comuni) a godimento universale o territorialmente diffuso.
L’ integrazione della democrazia rappresentativa mediante istituti di democrazia diretta, comporterebbe innanzitutto l’ attuazione dell’art. 49 della Costituzione, con la conseguente qualificazione di partiti politici soltanto per le associazioni che assicurano di fatto (a) «la partecipazione dei cittadini alla determinazione della politica nazionale», (b) la responsabilità permanente della leadership nei confronti di una direzione collegiale rappresentante della base, © l’iniziativa congressuale di un quinto degli iscritti in caso di inerzia nella convocazione ordinaria (temporalmente cadenzata) del congresso, etc. (d) la carta dei diritti degli iscritti, (e) azionabili innanzi al giudice ordinario;
Andrebbe poi previsto l’obbligo del Parlamento di deliberare su proposte di legge di iniziativa popolare sottoscritte da 50 mila elettori, entro un anno dalla presentazione. Andrebbero inoltre istituiti: a) il referendum propositivo su un progetto di legge di ampia iniziativa popolare (500.000 elettori?) che incontri l’inerzia del Parlamento o la sua distorsione nei fini e nella portata, b) il ricorso diretto alla Corte costituzionale sulla legittimità di una legge (come previsto in Germania), c) il referendum preventivo alla ratifica dei trattati, come quelli europei, che intervengono sulle fonti dell’ordinamento giuridico italiano, d) o sulle norme relative ai diritti costituzionalmente riconosciuti, d) o che impegnano militarmente la Repubblica.

Per questi obiettivi la vittoria del No al referendum costituirebbe presupposto e impegno per l’iniziativa popolare di progetti di leggi costituzionali volti a proporli. Respinta la deforma della Costituzione ordita dal Governo, sarebbe il corpo elettorale ad assumere l’onere della revisione della Costituzione per consolidarne i principi, attuarne i contenuti, adempierne il compito. Sì, quello dell’articolo 3, secondo comma, l’eguaglianza di fatto.
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