martedì 31 maggio 2011

ORA SI PUO' (E SI DEVE) CAMBIARE ROTTA







Ora si può (e si deve) cambiare rotta

Massimo Rossi – Portavoce Nazionale FEDERAZIONE DELLA SINISTRA


Evviva! Come non esultare per il vento che è cambiato? Ora soffia decisamente a sinistra con una forza tale da riaprire il cielo. Tale da travolgere anche il governo ed offrire importanti spazi alla domanda di un reale cambiamento.Che questa sia la sua chiara direzione ce lo dimostrano in primis, come sgargianti "galletti segnavento" i nuovi sindaci di Milano, Napoli e Cagliari, il loro inequivocabile profilo, la riconoscibilità della proposta di governo ed il carattere delle campagne elettorali che li hanno portati alla vittoria. Essi non nascono certo nei laboratori degli apprendisti stregoni del centro sinistra che da anni sfornano proposte indistinte e candidati sbiaditi, nell'inutile rincorsa di un presunto centro moderato. Democrazia, solidarietà, legalità, giustizia sociale, accoglienza, beni comuni, ecologia: sono queste le parole chiave, i contenuti riconoscibili, chiari, alla base del loro successo e del nostro successo. Potranno dire ciò che vogliono ma sono proprio questi i pezzi del nostro Dna, i contenuti del patrimonio genetico di una sinistra che si voleva "superata dalla storia" e quindi bistrattata, censurata ed esclusa dai luoghi della rappresentanza da un bipolarismo del "pensiero unico".Se la direzione di questo vento nuovo appare chiara a tutti, non si può ancora dire altrettanto del contesto politico e sociale e delle prospettive generali. Non è certo cambiata d'incanto questa Italia socialmente disgregata, culturalmente ed eticamente degradata da almeno due terribili decenni di liberismo incontrastato e di Berlusconismo. Così come è innegabile la varietà e la diversità dei molteplici fattori che hanno generato questa spinta. Hanno inciso certamente l'impresentabilità dei "mostri" oggi al comando, la loro disgregazione interna, la crisi dello stesso blocco sociale che li ha espressi.Ma come non riconoscere che è fondamentale, dentro questo dato, il peso della collera della crescente povertà, di chi subisce l'ingiustizia dilagante, la privazione del lavoro e dei suoi diritti, la negazione di futuro e del presente stesso? C'è dentro l'indignazione per le discriminazioni ed i soprusi di ogni tipo, il saccheggio dei beni comuni, lo spreco e la distruzione delle risorse naturali e dell'ambiente. C'è la consapevolezza, anche di chi non è morso così forte dalla crisi, che questo modello di economia e di società debba necessariamente imboccare una vera alternativa. E allora, se questo è il vento, non si tratta semplicemente di cambiare il timoniere, come già avvenuto infruttuosamente nel passato, ma di lavorare per invertire decisamente rotta! Altro che le ricette, riproposte proprio in questi giorni, da Emma Marcegaglia ad una platea plaudente, larga e trasversale! Proprio le medesime ricette velenose che ci hanno condotto in questa "macelleria sociale" e che sappiamo essere care da sempre a larga parte dello stesso fronte del centrosinistra che ha sostenuto in queste elezioni i nostri stessi candidati vittoriosi. Tagli alle tasse per le imprese ed alla spesa sociale, privatizzazioni e grandi infrastrutture. No. Oggi è necessario più che mai il coraggio di un netto cambiamento, di dare avvio ad una vera "alternativa di società" che, in vista dell'imminente e inesorabile cacciata del sultano da palazzo Chigi, questi nuovi sindaci possono iniziare a far vivere nei loro rispettivi territori. Stoppando, per fare qualche esempio, grandi infrastrutture speculative, privatizzazioni, poli logistici, centri commerciali, inceneritori di rifiuti, inutili consumi di territorio. Puntando invece su una nuova economia basata sulla conoscenza, la sostenibilità, la qualità e soprattutto sulla giustizia e l'equità sociale. Un cambiamento che, per essere tale, faccia leva sul conflitto sociale e sulla partecipazione. Perché non basta e non funziona l'affidarsi a nuovi timonieri, magari esperti e illuminati. Bisogna farlo ricorrendo a un modo nuovo di "navigare". Un modo basato appunto sulla socializzazione delle conoscenze e sulla più larga partecipazione.Anche questo ci dicono i risultati di ieri, scaturiti non a caso da coinvolgenti percorsi partecipativi in cui, tanto Pisapia quanto De Magistris e Zedda, non sono apparsi come leader carismatici o nuovi messia ma quali garanti dell'unica vera pratica del cambiamento: quella democrazia che chiama in causa la società e la spinta innovatrice dei suoi conflitti.Ma siccome, avrebbe detto Seneca, «non c'è buon vento per marinaio che non conosce la rotta», c'è una bussola pronta ad indicarla. Sono i referendum sull'acqua e il nucleare. La loro vittoria, che non possiamo mancare, può affermare l'indisponibilità dei beni comuni e la necessità di ricostruire attorno ad essi una comunità partecipante che se ne prende cura collettivamente con scienza e con coscienza, per garantirne i benefici per tutti e per ognuno. Che poi tradotto in due parole vuol dire: bene comune. Senza dimenticare il quesito sul legittimo impedimento per dare voce a quell'indignazione nei confronti dell'arroganza del potere che è componente essenziale dell'ondata di Milano e Napoli. C'è da ricostruire la res pubblica. L'esatto contrario del neoliberismo in salsa italiana, con i suoi insopportabili privilegi, le sue cricche corrotte, la sua prepotenza nel cancellare diritti, la sua volontà famelica di accaparrarsi i beni comuni.Per chi come noi della Federazione della Sinistra, da posizioni minoritarie e scomode, da tempo indica e lavora in quella direzione si riaprono pertanto spazi politici ed ambizioni nuove. Nuove responsabilità di lavorare ad un'ampia ed unitaria sinistra d'alternativa, capace di progettare e praticare quella diversa rotta economica e sociale, opposta al berlusconismo ma anche alle sirene della Marcegaglia ed ai ricatti di Marchionne. Si offrono inedite opportunità di praticare questa rotta con una diversa idea partecipata di "navigazione" che il vento nuovo ci consente.

giovedì 26 maggio 2011

IL 29 MAGGIO IN BICICLETTA X L'ACQUA IN MARTESANA



In bicicletta per l’acqua in Martesana - 29 maggio

Il coordinamento dei comitati per l'acqua della Martesana organizza una biciclettata lungo il naviglio Martesana per domenica 29 maggio, che partirà da tutte le citta' lungo il Naviglio.
A Vimodrone appuntamento ore 15.30 alla Cascina tre fontanili.

COMITATO ACQUA BENE COMUNE
























guarda video cliccando qui sotto...


http://www.youtube.com/watch?v=oG1V9lus9Rw


venerdì 20 maggio 2011

PRC/FDS INTERVENTO DI FERRERO




FEDERAZIONE. LE DESTRE NON SI BATTONO CON IL CENTRO

INTERVENTO DI PAOLO FERRERO
da Il Riformista di mercoledì 18 maggio 2011

Ci vuole un polo di sinistra per battere il Cav.

Caro direttore, nonostante l’assoluta invisibilità mediatica di cui siamo stati oggetto, la Federazione della Sinistra cresce nelle elezioni amministrative e dà il suo contributo alla sconfitta delle destre e alla qualificazione del profilo del centrosinistra.
In primo luogo, nelle elezioni provinciali, la somma dei voti delle forze che fanno parte della Federazione della Sinistra dà luogo a un risultato del 4,1%.
Questo dato rappresenta una crescita sia rispetto alle elezioni europee (era il 3,5% ), che rispetto alle elezioni regionali (era il 3,4%).
Nulla di clamoroso, tuttavia rappresenta una crescita reale della Federazione e ci parla – per rimanere a sinistra – di un risultato percentuale identico a quello di Sel (4,1% pure loro) e di poco inferiore a quello dell’IdV (4,8%).
Non male visto il completo oscuramento di cui siamo stati oggetto.
In secondo luogo, la candidatura di Pisapia nelle elezioni primarie a Milano era stata sostenuta da Sel e dalla Federazione della Sinistra, che a Milano totalizza un 3,2%, così come la candidatura di de Magistris a Napoli è stata sostenuta dall’IdV e della Federazione della Sinistra, che totalizza il 3,6%.
Anche qui, nulla di incredibile ma certo la Federazione della Sinistra è stata protagonista dei due fatti politici più rilevanti avvenuti nelle elezioni: la possibilità concreta di sconfiggere le destre ad opera di candidati di sinistra vera.
Dalle elezioni esce quindi confermata la validità della nostra proposta politica: la possibilità concreta di battere le destre attraverso una alleanza tra le forze di centrosinistra e di sinistra – senza alleanze con il centro – e la necessità di unire le forze della sinistra al fine di modificare profondamente il profilo programmatico e politico del centrosinistra.
In particolare vorrei soffermarmi su quest’ultimo elemento.
Il punto in Italia non è solo sconfiggere Berlusconi, ma anche il berlusconismo e a tal fine sono – a mio parere – necessari due elementi.
In primo luogo è necessario che lo schieramento che concorre alla sconfitta di Berlusconi sia riconoscibile sul piano sociale e culturale.
Serve uno schieramento che motivi le persone ad andare a votare: l’esatto contrario di cosa accadrebbe con una innaturale alleanza con il centro.
In secondo luogo è necessario unire la sinistra, sia per costruire un punto di riferimento nella società, sia per essere più forti nella discussione con il Partito democratico.
Vendola pare affidare alle primarie la soluzione di ogni problema politico e programmatico con il centrosinistra.
Noi non abbiamo nulla contro le primarie ma riteniamo indispensabile, al fine di modificare realmente il profilo del centro sinistra, che la sinistra si aggreghi e faccia sentire la sua voce unitariamente.
Penso alla guerra, alla lotta alla precarietà, al contrasto ai diktat di Marchionne, per non fare che alcuni esempi.
In altri termini in Italia occorre costruire una sinistra, unitaria, plurale, federata, che al di là delle differenze, possa costituire un punto di riferimento per determinare un’uscita da sinistra dal berlusconismo.
Noi rivolgiamo questa proposta a tutte le forze di sinistra (da Sel all’IdV, alle forze che si collocano più a sinistra) e riteniamo che proprio il risultato elettorale ci dica che nessuno a sinistra è autosufficiente e che nessuno da solo è in grado di incidere efficacemente sulla realtà del quadro politico.
Costruire quindi un polo politico della sinistra è la nostra proposta e riteniamo sia la condizione per battere Berlusconi e il berlusconismo.

martedì 17 maggio 2011

CAMBIA MILANO – CAMBIA L’ITALIA


E' ora il sogno diventa realtà. Un ultimo sforzo per far sognare l'Italia intera.

Grazie Giuliano. Grazie a tutte le forze politiche della coalizione. Ma sopratutto grazie donne e uomini di Milano! Questa serata rappresenta per tutti noi una svolta storica per Milano e l'Italia. Il centro sinistra vince subito nelle zone di Milano e ci apprestiamo a governare la città. Non è un miracolo. E' il frutto di un lavoro unitario per raggiungere insieme l'obiettivo di liberare Milano. Ora abbiamo due settimane di durissimo lavoro al fianco di Giuliano Pisapia per far si che il nostro sogno lo diventi per l'Italia intera e inizi finalmente la crisi del berlusconismo. Dobbiamo vincere. Con forza ora dobbiamo chiedere che l'unità diventi fatto nazionale, lasciando da parte ciò che nell'immediato non ci unisce, per valorizzare ciò che viceversa ci vede fortemente uniti. Ciò che è avvenuto è anche un segnale alle forze di sinistra, alla Federazione della Sinistra e Sinistra Ecologia e Libertà. L'unità della sinistra a Milano come a livello nazionale non è più rinviabile. Insieme la sinistra può tornare ad essere forza di dialogo e alternativa, che "alla pari"costruisca con il Partito Democratico e le altre forze di centro sinistra un nuovo percorso per andare oltre il berlusconismo e ridare speranza al paese. Noi ce la mettiamo tutta. Non facciamoci scippare la speranza.

sabato 14 maggio 2011

A MILANO VOTA SINISTRA PER PISAPIA




Guarda i video realizzati con il contributo di Silvano Piccardi e Manolo Turri:

http://www.youtube.com/watch?v=-SWj06W0K8Q

http://www.youtube.com/watch?v=URQxngrp-YY

http://www.youtube.com/watch?v=uFM8bDxH924


Amministrative e referendum: invertire la rotta

di Ugo Mattei - su il manifesto del 13/05/2011

Non bisogna essere catastrofisti e pessimisti per vedere che le cose vanno di male in peggio. Sul fronte dell'economia, suona la solita triste musica, con il padronato privo di freni inibitorii, il sindacato in fibrillazione, uno sciopero generale di cui si sono accorti in pochi, un ennesimo uomo di Goldman Sachs, questa volta in salsa italica, in procinto di scalare la Bce, e dulcis in fundo, l'Ocse che raccomanda di privatizzare l'acqua. Sul piano politico, ci siamo imbarcati in un'ennesima, stupidissima, illegale ed immorale guerra imperialista che costa, solo all'Italia, cento milioni di euro al mese e che causa una strage continua di migranti innocenti; i fascisti tornano aggressivamente in pista con mazze e coltelli ed i media di regime incolpano i centri sociali. Berlusconi si scopre timoroso del popolo sovrano e cerca disordinatamente di cancellare i referendum proponendo soluzioni truffa, giuridicamente impercorribili ma devastanti sul piano della comunicazione. Se fossimo in tempi normali, questo tentativo giuridicamente pasticcione altro non meriterebbe che una scrollata di spalle. Il sistema costituzionale prevede un controllo preventivo di legittimità costituzionale da parte del Presidente della Repubblica ed in questo caso davvero le condizioni per apporre la firma senza rinviare alle Camere non ci sono. Ma, con la teoria del «naturale sviluppo», è defunta la fiducia nella interpretazione costituzionale del Supremo Garante. Se il Decreto sarà convertito (ma il tempo stringe) Egli lo firmerà. Saremo quindi costretti all'ultimo momento a difendere a fondo i referendum di fronte all'Ufficio Centrale presso la Corte di Cassazione. Siamo ben provveduti ed in ottima compagnia (si veda l'appello su www.siacquapubblica.it) e affronteremo anche questo passaggio.
Di fronte a ciò impazzano i circenses di destra che abbrutiscono vieppiù popolazioni ridotte a consumatori a credito. A Londra il «matrimonio del secolo», da noi il rituale di beatificazione di un papa ossessivamente anticomunista e le parate militariste per i 150 anni della Repubblica. Chi si indigna per tutte queste miserie e vuole davvero farla finita con questa classe dirigente deve fare molta attenzione a utilizzare bene il proprio voto alle amministrative, scegliendo rigorosamente candidati che promettano un'autentica «inversione di rotta» con relativa rinascita di una credibile alternativa di sinistra. La situazione è molto variabile. A Milano è facile: Pisapia va sostenuto senza se e senza ma. Una sua vittoria nella città simbolo del craxismo e del berlusconismo avrebbe una portata politica dirompente. A Torino invece la sinistra è stata massacrata nel tritacarne delle primarie. Non c'erano le condizioni per partecipare, molti di noi lo avevano detto. Posto che Fassino non è votabile per una persona di sinistra, il voto va dato a Juri Bossuto, candidato di Fds e Sinistra Critica, che speriamo riceva molti voti disgiunti di quei compagni che voteranno consiglieri comunali di Sel, dei Verdi o del Pd (qualcuno di sinistra ancora c'è). Se l'antifassino di sinistra ottenesse un risultato significativo (per es. il 5%) si potrebbe tornare a far politica (e non antipolitica) di opposizione anche sotto la Mole. A Napoli c'è un'altra partita chiave. De Magistris, alleato con Fds, va sostenuto a spada tratta. Il suo programma, in gran parte opera di Alberto Lucarelli, co-redattore dei quesiti referendari e già esponente di punta della Commissione Rodotà, è un'autentica inversione di rotta. Una vittoria di De Magistris (con Lucarelli assessore ai beni comuni cosa importantissima in terra di spazzatura) avrebbe a sua volta una portata dirompente non solo in chiave antiberlusconiana (il che è ovvio), ma soprattutto sarebbe un'autentica spallata da sinistra al modo di pensare bipartisan dominate. Per questo occorre sperare che anche qui molti elettori di Sel e del Pd votino disgiunto.
L'inversione di rotta che può iniziare a Milano e Napoli si completerebbe poi il 12 e il 13 giugno con una clamorosa vittoria ai Referendum. In un mese da oggi possiamo creare le condizioni perché, almeno in Italia, tutto cambi. Non si possono risparmiare le energie.

mercoledì 11 maggio 2011

APPLAUSI



APPLAUSI



Dino Greco



Se anche non fosse successo altro, all’assemblea annuale di Confindustria svoltasi sabato in terra bergamasca; se la sola impronta politica di quella per altro noiosissima assise fosse venuta dall’applauso spontaneo e sincero che la platea ha riservato al signor Herald Espenhahn, ciò sarebbe d’avanzo per esprimere un giudizio, secco e definitivo, sulla qualità morale e politica della borghesia industriale italiana. Sì, perché l’amministratore delegato della Thyssen Krupp, pochi giorni or sono condannato dal tribunale di Torino a sedici anni di carcere e a pesanti sanzioni accessorie per avere “volontariamente” causato la morte orrenda di sette operai arsi vivi nel rogo dello stabilimento piemontese della multinazionale tedesca, è stato accolto, con sincero empito solidale, da un mondo padronale da sempre abituato a non rendere conto della colossale catena di omicidi sul lavoro che si consumano, con ossessiva, quotidiana cadenza, nel nostro Paese.





La Thyssen, a ridosso della sentenza, si era detta sorpresa per l’«incredibile» durezza del verdetto e aveva apertamente minacciato di disimpegnare i propri investimenti in Italia, considerato che la falcidia per incuria di vite operaie avrebbe comportato, d’ora in avanti, rischi consistenti per la proprietà. Ora accade che il Gotha dell’industria italiana, a freddo, faccia eco a quelle ciniche affermazioni e le traduca in un costernato grido d’allarme. Il discorso di Espenhahn è stato giudicato, dalla gran parte di quel consesso imprenditoriale «di assoluto buon senso». La consapevole omissione di misure di sicurezza previste dalla legge, l’esposizione dei lavoratori a rischi fatali, giocare alla roulette con la loro vita per non mettere mano al portafogli è dunque considerato da coloro che aspirano ad ergersi a classe dirigente nazionale un peccato virtuale, una colpa - se di colpa proprio si vuole parlare - veniale, asciugabile con un’ammenda o, nella peggiore della ipotesi, con un modesto risarcimento alle famiglie delle vittime, quando non si sia riusciti, nel processo, a rovesciare sui morti le responsabilità proprie. Ci ha poi pensato Emma Marcegaglia ad interpretare questo commendevole stato d’animo, osservando che la sentenza torinese rappresenta «un unicum» in Europa. Come per alzare un fuoco di sbarramento, una diga intorno ad un pronunciamento giudiziario considerato non già come un fatto di giustizia, ma come un atto ostile verso l’intero mondo imprenditoriale. E per scongiurare che quell’evento possa davvero inaugurare un atteggiamento della magistratura finalmente incline a considerare le ragioni del profitto subordinate e non sovraordinate alla vita umana e alle ragioni della competitività e del profitto, esattamente come in termini perentori stabilisce la Costituzione italiana e, precisamente, quell’articolo 41 che Berlusconi vorrebbe stracciare. Insomma, un precedente pericoloso, da arginare prima che possa fare scuola.




Di più: l’odioso riproporsi di un campo di battaglia fra capitale e lavoro, là dove il conflitto era stato così faticosamente estirpato; in definitiva, la lotta di classe reintrodotta nelle relazioni sociali per via giudiziaria. Per questo l’affermazione della signora Marcegaglia, che ha ribadito «il totale ed assoluto impegno delle imprese sulla sicurezza» appare, in questo contesto dal sapore ottocentesco, paradossale. E, ancor peggio, un insopportabile esercizio di ipocrisia. Anche perché appaiato all’altra grottesca tesi secondo cui se la sentenza di Torino preludesse ad una vulgata giudiziaria «sarebbe messa a repentaglio la sopravvivenza del tessuto industriale».
Ora ci è tutto perfettamente chiaro, signori padroni del vapore (perché esattamente quello siete rimasti): voi volete dettar legge nei luoghi di lavoro, dove pretendete di applicare contratti imposti sotto dettatura, azienda per azienda, quando non vi riesce di cucirli su misura al singolo lavoratore; poi protestate per le tasse che ancora pagate, chiedendo che il governo si sbrighi a cancellare l’Irap, e che a nessuno, beninteso, venga in mente di varare un’imposta patrimoniale capace di redistribuire un po’ del superfluo che gronda dalle vostre tasche. Infine, chiedete ulteriori tagli alla spesa sociale, a quel colabrodo di welfare ridotto talmente male da non riuscire più a garantire una pensione appena decente alle generazioni più giovani, già in lotta estenuante contro la precarietà economica ed esistenziale che devasta il loro presente. Non una parola, invece, riuscite a pronunciare contro la mastodontica evasione fiscale, della quale siete attori protagonisti, non occasionali comparse.
Siete rimasti la borghesia stracciona di un tempo, intrinsecamente incapace di rappresentare qualcosa che abbia a che fare con l’interesse generale. E se questo Paese si è meritato di essere sino ad oggi governato da Berlusconi è anche grazie alla vostra immorale protervia antioperaia e alla vostra estraneità alla Costituzione.
Del resto, come ognuno sa, non l’avete né voluta nè conquistata voi. .Di più: l'odioso riproporsi di un campo di battaglia fra capitale e lavoro, là dove il conflitto era stato così faticosamente estirpato; in definitiva, la lotta di classe reintrodotta nelle relazioni sociali per via giudiziaria. Per questo l'affermazione della signora Marcegaglia, che ha ribadito «il totale ed assoluto impegno delle imprese sulla sicurezza» appare, in questo contesto dal sapore ottocentesco, paradossale. E, ancor peggio, un insopportabile esercizio di ipocrisia. Anche perché appaiato all'altra grottesca tesi secondo cui se la sentenza di Torino preludesse ad una vulgata giudiziaria «sarebbe messa a repentaglio la sopravvivenza del tessuto industriale».Ora ci è tutto perfettamente chiaro, signori padroni del vapore (perché esattamente quello siete rimasti): voi volete dettar legge nei luoghi di lavoro, dove pretendete di applicare contratti imposti sotto dettatura, azienda per azienda, quando non vi riesce di cucirli su misura al singolo lavoratore; poi protestate per le tasse che ancora pagate, chiedendo che il governo si sbrighi a cancellare l'Irap, e che a nessuno, beninteso, venga in mente di varare un'imposta patrimoniale capace di redistribuire un po' del superfluo che gronda dalle vostre tasche. Infine, chiedete ulteriori tagli alla spesa sociale, a quel colabrodo di welfare ridotto talmente male da non riuscire più a garantire una pensione appena decente alle generazioni più giovani, già in lotta estenuante contro la precarietà economica ed esistenziale che devasta il loro presente. Non una parola, invece, riuscite a pronunciare contro la mastodontica evasione fiscale, della quale siete attori protagonisti, non occasionali comparse.Siete rimasti la borghesia stracciona di un tempo, intrinsecamente incapace di rappresentare qualcosa che abbia a che fare con l'interesse generale. E se questo Paese si è meritato di essere sino ad oggi governato da Berlusconi è anche grazie alla vostra immorale protervia antioperaia e alla vostra estraneità alla Costituzione.Del resto, come ognuno sa, non l'avete né voluta nè conquistata voi.

lunedì 9 maggio 2011



COMUNICATO STAMPA
consiglieri comunali PRC-FDS Vimodrone
05 maggio 2011


La dichiarazione del consigliere comunale MURNIGOTTI durante il consiglio comunale del 4 maggio u.s., nella quale, oltre a comunicare al consiglio le proprie dimissioni da coordinatore del PDL locale e della permanenza di FABIO LANDOLINA in quella carica, (carica che fino ad ora condividevano assieme), riferiva di lotte per l’egemonia e di potere interne al PDL che nulla hanno a che fare con l’interesse di Vimodrone e del nostro paese.

Tale dichiarazione ci ha sconcertati e ci preoccupa.

Il PDL si conferma al “CENTRO” come in “PERIFERIA” un partito dove si è più attenti agli interessi del proprio ceto dirigente che al BENE PUBBLICO e COMUNE.

Il tutto confermato da un suo autorevole esponente locale.

La cosa ci fa preoccupare sul futuro di Vimodrone, nel maleaugurato caso in cui la destra locale dovesse, alle prossime elezioni amministrative del 2012, governare il nostro paese.

Marco MESSINEO e Antonello FERRARI
consiglieri comunali
Partito della RIFONDAZIONE COMUNISTA/ F.D.S. di Vimodrone (MI)

domenica 8 maggio 2011

IL 12 E 13 GIUGNO VOTA 4 SI









Referendum: Carpe diem!

di Paolo Ferrero


Venerdì, dopo mesi in cui le lotte e le manifestazioni non sono certo mancate, abbiamo avuto la riuscita dello sciopero generale convocato dalla Cgil. Noi stessi abbiamo inteso prolungare idealmente quella mobilitazione con il presidio attuato ieri in contestazione della kermesse confindustriale di Bergamo. Il tutto avviene in un contesto in cui il governo Berlusconi, nonostante le vicende giudiziarie e grazie all'acquisto di un congruo numero di deputati, continua però a galleggiare e a fare danni. In questo contesto si pone seriamente il problema di come riuscire a dare uno sbocco politico al movimento, cioè ottenere risultati concreti ed evitare che, invece di cadere, il governo addirittura possa rafforzarsi. E' evidente che le elezioni amministrative rappresentano un passaggio che può dare il suo contributo in questa direzione. Ritengo però che per le caratteristiche di scontro generale e per i contenuti degli stessi, i referendum del 12 giugno costituiscano il passaggio politico decisivo e possano modificare profondamente il corso della politica italiana. Nel bene come nel male. Non a caso Berlusconi ha dichiarato guerra ai referendum e si muove giocando sporco, come al solito. Dopo le leggi ad personam, Berlusconi sta facendo le leggi ad referendum. Le prime servono a tenerlo fuori dalle patrie galere, le seconde sono finalizzate ad impedire ai cittadini italiani di pronunciarsi attraverso i referendum. Ovviamente, questo tentativo avviene attraverso una vera e propria truffa: sia sull'acqua che sul nucleare il governo vuole impedire il referendum ricorrendo a cavilli formali, lasciando però inalterata la sua politica a favore del nucleare e della privatizzazione dell'acqua. Nel denunciare il carattere delinquenziale dell'operazione del governo - e confidando nel fatto che la Corte di Cassazione non si pieghi ai voleri di Berlusconi - voglio però sottolineare che, a mio parere, il danno più grosso Berlusconi l'ha già fatto.
E' infatti del tutto evidente che il messaggio fatto arrivare agli italiani dai telegiornali è quello che il governo sta operando per impedire i referendum e che sostanzialmente i referendum non ci sono più. Visto che i referendum sono validi solo se va a votare la maggioranza degli aventi diritto al voto, il tentativo di Berlusconi è quello di indurre la convinzione che i referendum non ci sono più, in modo che molta gente si metta il cuore in pace e diserti le urne. Non so dire se Berlusconi riuscirà o meno nell'imbroglio di impedire agli italiani di pronunciarsi; La cosa che so è che, ad oggi, tutti e quattro i referendum sono in piedi, che fino all'ultimo la Corte non si pronuncerà e che quindi, in assenza di uno sforzo aggiuntivo, rischiamo che il 12 di giugno la maggioranza degli italiani se ne stia a casa. Questo è il pericolo più grande e, a mio parere, il vero obiettivo di Berlusconi. La discussione sul fatto che Berlusconi è un truffatore che vuole scippare i referendum rischia di oscurare i contenuti della consultazione e la necessità di mobilitarsi per portare la gente a votare. E riproduce uno scontro tutto centrato su Berlusconi, quando invece il valore aggiunto dei referendum su nucleare e acqua pubblica consiste proprio nella possibilità di discutere nel merito delle scelte, senza essere impelagati a discutere di Berlusconi. Per questo è necessario che la campagna referendaria si consolidi enormemente, intrecciandola alle elezioni amministrative, aprendola in tutto il paese. Non possiamo aspettare la sentenza della Corte per muoverci, occorre darsi da fare subito e molto.
Sottolineo questa urgenza perché ritengo i referendum decisivi sul piano politico.
Lo sono per sconfiggere Berlusconi. E' del tutto evidente che se il premier perdesse i referendum il colpo politico sarebbe pesantissimo. Per un leader populista essere sconfessato in una consultazione diretta del popolo è peggio che perdere le elezioni: è una delegittimazione senza se e senza ma. Un risultato di questo tipo potrebbe addirittura infondere un po' di coraggio al Presidente della Repubblica che ultimamente è diventato il principale sostenitore della stabilità del governo. I referendum rappresentano quindi un possibile importante sbocco politico per il movimento di lotta che abbiamo costruito in questi mesi nel paese. E' altrettanto evidente che se i referendum non passassero l'esito sarebbe un ulteriore fattore di stabilizzazione moderata. Berlusconi potrebbe vantare il fatto di avere la maggioranza del paese dalla sua, perché l'indicazione che darà sarà quella di non andare a votare, e non già quella di votare no. Il peso politico del referendum, quale che ne sia l'esito, è enorme.
I referendum sono però decisivi soprattutto per sconfiggere il berlusconismo. I contenuti politici dei quesiti sull'acqua e sul nucleare sono di prima grandezza. Per stare al solo referendum sull'acqua - alla cui campagna di raccolta firme abbiamo partecipato assai attivamente - una nostra vittoria significherebbe evitare la privatizzazione dell'acqua, ma significherebbe anche riaprire la discussione sulla gestione dei beni comuni a 360 gradi; significherebbe riaprire la discussione sull'allargamento dei beni comuni, sul fatto che l'istruzione è un bene comune, così come la salute, la conoscenza, ecc.; significherebbe, ancora, indicare concretamente una via di uscita dalla crisi del capitale attraverso l'estensione dei beni comuni, la demercificazione e il rilancio dell'intervento pubblico in termini comprensibili e condivisi a livello di massa; significherebbe, infine, mettere in discussione che la soddisfazione dei bisogni umani debba necessariamente avvenire attraverso la trasformazione dei valori d'uso in valori di scambio, in merci. Il referendum sull'acqua pubblica non mette solo in discussione la politica di Berlusconi, ma il complesso delle politiche neoliberiste attuate dal centrosinistra e può riaprire a livello di massa una discussione sull'alternativa. Il referendum sull'acqua può mutare radicalmente il panorama della discussione politica in questo paese, così come è avvenuto dopo le giornate di Genova, giusto dieci anni fa.
Non perdiamo dunque un minuto nell'intensificare la campagna referendaria, nell'allargarla ben al di fuori dei confini dell'antiberlusconismo, costruendola come vero e proprio intervento politico di massa. Il referendum rappresenta la leva principale con cui costruire un primo sbocco politico al movimento: Carpe diem!

PIOLTELLO E' UN BENE COMUNE




sabato 7 maggio - ore 20.30 -




Cascina Dugnana


- via A. Moro 19 -




PIOLTELLO.




Con Paolo Ferrero, Massimo Gatti, Claudio Bergamini e Claudia Ferretti

sabato 7 maggio 2011

IL 12 E 13 GIUGNO VOTA 4 SI




Così
impediremo
lo scippo
dei referendum

Tommaso Sodano

Ipocrisia, furbizia e indecenza sono le espressioni che vengono alla mente dopo le ultime iniziative del Governo e le dichiarazioni di Berlusconi sul nucleare e sui Referendum.
Mercoledì della scorsa settimana il Senato ha approvato un emendamento del Governo, all'interno del decreto legge "Omnibus", con l'obiettivo dichiarato di evitare il referendum sul nucleare.






Ora il testo deve essere approvato dalla Camera (senza modifiche, altrimenti tornerebbe al Senato) e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Solo a quel punto l'Ufficio centrale sui Referendum della Cassazione dovrà decidere se i quesiti referendari sono stati assorbiti o meno dalle modifiche legislative. La scadenza del decreto è il 30 maggio e quindi, anche considerando una corsia preferenziale al testo, ragionevolmente si avrà la certezza sullo svolgimento del Referendum a fine maggio, primi di giugno, dunque a pochissimi giorni dal voto. Ma il testo dell'emendamento non è chiaro e la partita Referendum è tutta da giocare. Del resto, a dirimere i dubbi sulla effettiva volontà e strategia del Governo ci ha pensato lo stesso Berlusconi, nel corso del vertice italo-francese, dichiarando che «la decisione di una moratoria sul nucleare è stata presa anche per permettere all'opinione pubblica di tranquillizzarsi : un referendum ora porterebbe ad uno stop per anni del nucleare in Italia».
Dunque, sondaggi alla mano, si vuole evitare l'espressione popolare sabotando i Referendum. Berlusconi ha detto testualmente che «se andassimo oggi a quel referendum, il nucleare in Italia non sarebbe possibile per molti anni a venire. Il governo quindi, responsabilmente, ha ritenuto di introdurre questa moratoria per far sì che si chiarisca la situazione giapponese e magari, dopo un anno o due, si possa ritornare ad avere un'opinione pubblica consapevole della necessità di tornare all'energia nucleare»: un vero attacco alla democrazia e alla libera espressione della volontà popolare, a cui strumentalmente si rifà spesso il Cavaliere.







Davanti a tale arroganza e spregio delle regole democratiche bisogna mantenere alta l'attenzione e continuare la campagna referendaria, intrecciandola con le elezioni amministrative per chiedere con forza il mantenimento dei quesiti referendari non essendo stato assorbito, nel testo approvato, lo spirito di quei quesiti: un no netto e chiaro al ritorno del nucleare nel nostro Paese.
Ed ovunque bisogna presentare ordini del giorno per far esprimere nei Consigli Comunali la dichiarazione di "Comune denuclearizzato", e dove si rinnovano i Consigli far diventare il "No al Nucleare" una pregiudiziale programmatica .
Il testo, come si diceva, non incarna lo spirito referendario e le dichiarazioni maldestre di Berlusconi potrebbero indurre la Cassazione a ritenere che siamo davanti ad una " frode del legislatore" ed a trasferire il referendum sulle nuove norme. Dunque la partita è tutta aperta. Ma, come è emerso nei giorni scorsi, oltre al nucleare il governo vuole mettere le mani anche sui due quesiti sull'acqua pubblica. Al momento non ci sono ancora iniziative legislative, tuttavia il Ministro Romani, il sottosegretario Saglia e altri esponenti del PdL stanno brigando per far decadere anche questo quesito referendario. L'idea su cui sta lavorando il Governo riguarderebbe il passaggio della responsabilità delle tariffe dell'acqua ad un'Authority ( su questo c'è scontro di potere nel Governo intorno a chi affidare la competenza, tra Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'Ambiente) .







Sull'acqua avranno maggiori difficoltà per la complessità della materia oggetto del referendum. Perché oltre al tema della tariffa sono in discussione anche le norme che riguardano il ciclo integrato delle acque e la sua gestione, su cui difficilmente potranno mettere mano in tempi così stretti. Ma è evidente che il Governo si sta muovendo per creare confusione e spostare l'attenzione su aspetti diversi della questione posta dal quesito referendario. Fa un certo effetto sentire il Governo "sensibile" al problema della rete di distribuzione che perde mediamente il 47% dell'acqua immessa, con punte del 70-80 % al Sud, attribuendo questa situazione alla gestione pubblica. Un tema su cui da anni chiediamo insieme al Comitato per l'acqua pubblica un grande e straordinario intervento di riqualificazione delle reti, ma che esula dall'obiettivo del Referendum che vuole cancellare le norme che porterebbero entro l'anno alla privatizzazione dell'acqua in Italia.
L'obiettivo del Governo è di far saltare il quorum il 12 e 13 giugno, sia per proteggere i poteri economici forti del nucleare e delle multinazionali che vogliono mettere le mani sull'acqua, sia per salvare, ancora una volta, Berlusconi dall'altro tema oggetto di referendum, quello relativo al legittimo impedimento.







L'aggressione al referendum e ai diritti dei cittadini e la spregiudicata manipolazione delle regole democratiche richiama tutte le opposizioni al dovere di costruire una straordinaria mobilitazione nel Paese. Dobbiamo continuare la campagna referendaria senza farci condizionare dalle sirene governative, anzi utilizzando "gli imbrogli" del governo per accrescere l'indignazione e trasformarla in partecipazione attiva verso il raggiungimento del quorum e l'affermazione dei "Si".

giovedì 5 maggio 2011

6 maggio SCIOPERO GENERALE







6 maggio SCIOPERO GENERALE

OGNI GIORNO UNA RAGIONE IN PIU'







IO SCIOPERO
per difendere il lavoro; per uscire dalla crisi; per un’ Italia più giusta; per un Paese che torni a specchiarsi nella propria Costituzione.
La Federazione della Sinistra al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici.
6 maggio 2011 in piazza con le nostre bandiere contro le destre che impoveriscono il Paese.

Ore 9.00 - Concentramento a Milano in P.ta Venezia

martedì 3 maggio 2011

03 maggio 2011 PRESIDIO CONTRO LA GUERRA IN LIBIA. ORE 17.30 PIAZZA SAN BABILA – MILANO




O3 maggio 2011 PRESIDIO CONTRO LA GUERRA IN LIBIA. ORE 17.30 PIAZZA SAN BABILA – MILANO



In occasione delle votazioni delle mozioni in Parlamento sulla Libia ed in concomitanza con il presidio che si terrà a Montecitorio, anche a Milano la Sinistra per Pisapia organizzerà un presidio in Piazza San Babila, alle ore 17.30, per dire no alla guerra in Libia. Il Segretario provinciale PRC e Portavoce della Sinistra per Pisapia, Antonello Patta, ha dichiarato: “L’aggressione in corso contro la Libia da parte degli eserciti occidentali, sta mettendo in ginocchio il popolo libico, annientando il processo democratico avviato sulla scia delle lotte che in Tunisia ed Egitto hanno cacciato i governi autoritari e liberticidi.



Alla faccia dell’intervento umanitario, le bombe stanno facendo centinaia di vittime tra i civili e rischiano di compromettere qualsiasi soluzione diplomatica della crisi. Per questo torniamo a chiedere l’immediato cessate il fuoco, il no ai bombardamenti italiani sulla Libia e il rispetto dell’articolo 11 della Costituzione. Con queste parole d’ordine torneremo in piazza e invitiamo tutte/i le cittadine e i cittadini a mobilitarsi, partecipando al presidio di oggi, martedì 3 maggio, alle ore 17.30 in Piazza San Babila a Milano”.
Grazie per le visite!
banda http://www.adelebox.it/