giovedì 28 aprile 2016

PRC VIMODRONE IN PIAZZA SABATO 30 APRILE DALLE 10 ALLE 12 CONTRO LA DEFORMA COSTITUZIONALE E L'ITALICUM


ITALICUM E RIFORMA COSTITUZIONALE - TRE FIRME PER LA DEMOCRAZIA
Sabato 30 aprile parte in tutti i comuni dell'Adda-Martesana la raccolta delle firme per abrogare alcune norme della Legge elettorale 52/2015 (Italicum).


Il primo quesito del referendum sull'Italicum prevede l’abolizione dei capilista bloccati e della possibilità di candidature in più collegi; il secondo riguarda la cancellazione del premio di maggioranza e del ballottaggio senza soglia. Si tratta di meccanismi già dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale nel 2014 poiché stravolgono i principi costituzionali del voto libero e uguale e della rappresentanza democratica.
Nelle prossime settimane sarà anche possibile firmare per chiedere il referendum sulla riforma costituzionale recentemente approvata dalla sola maggioranza parlamentare che ne ha poi richiesto il referendum confermativo. In questo caso è importante dar voce ai cittadini contrari alla riforma della Costituzione, perché non è mai accaduto che un referendum costituzionale venisse trasformato in un plebiscito a favore di chi ha promosso la riforma.
Le modifiche costituzionali, combinate con la nuova legge elettorale, portano uno stravolgimento della democrazia rappresentativa, determinando un inedito “premierato assoluto” per le esagerate funzioni attribuite a capo del governo e del presidente del consiglio che arriva dall’unico partito cui è stato attribuito il premio di maggioranza e che quindi potrebbe essere espressione solo di una minoranza di elettori.
Oltre ai banchetti presenti nelle piazze e ai mercati cittadini, sarà possibile firmare anche presso le segreterie di tutti i comuni, nei normali orari di apertura degli uffici.
Per saperne di più e trovare la dislocazione dei banchetti dove poter firmare si può visitare i siti www.referendumitalicum.it e www.iovotono.it.

Comitato per il NO nel referendum sulle modifiche della Costituzione - Zona Adda Martesana
referendumaddamartesana@gmail.com



LUIGI FERRAJOLI: VERSO UNA COSTITUZIONE DI MINORANZA PER UNA DEMOCRAZIA DELL’ONNIPOTENZA

Verso una Costituzione di minoranza per una democrazia dell’onnipotenza

di Luigi Ferrajoli
Questo referendum sarà un referendum sulla democrazia, un referendum sul carattere tendenzialmente autocratico, oppure democratico e pluralista della democrazia costituzionale. La Costituzione che è stata proposta e già votata più volte alle Camere, è un’altra Costituzione. Per il metodo con cui è stata approvata è un oltraggio non tanto e non solo alla Costituzione del ’48, ma al costituzionalismo in quanto tale, cioè all’idea stessa di Costituzione.
Le Costituzioni rigide sono nate nel secondo dopoguerra per unire, ma soprattutto sono nate come limiti e come vincoli ai poteri di maggioranza. Questa è la grande novità. Le Costituzioni dopo le tragedie del fascismo, del nazismo, dei totalitarismi nascono come “mai più”: mai più l’onnipotenza di qualunque potere costituito, anche se di maggioranza; esse nascono come sistema di limiti, di vincoli, di regole ai poteri, a qualunque potere. La Costituzione di Renzi si caratterizza sin dal metodo come una Costituzione non di maggioranza ma di minoranza.
Grazie a una legge dichiarata incostituzionale, il porcellum, un partito che aveva il 25% non degli elettori ma dei votanti, ha preso la maggioranza assoluta; e in questo 25% che equivarrà ad un 15% della popolazione, la maggioranza è costituita da meno della metà perché molti sono diventati “governativi” a seguito del cambiamento di equilibri interni al partito, quindi abbiamo un’infima minoranza a sostegno di questa riforma che è stata approvata, anzi è stata imposta, attraverso operazioni veramente scandalose: la fiducia, il taglio di emendamenti, forme di Aventino fino all’ultima gravissima deformazione consistente nel carattere plebiscitario che si vorrebbe imporre al referendum come referendum non sulla Costituzione ma su Renzi.
Ma se c’è una questione che non ha niente a che fare con le funzioni di governo è precisamente la Costituzione. Già questo, qualunque cosa dica la nuova Costituzione, è un fattore di discredito della nuova Carta. Noi abbiamo una Costituzione che è nata dall’antifascismo, dalla Liberazione, votata praticamente quasi all’unanimità da partiti che avevano combattuto il fascismo; quindi anche sul piano simbolico essa ha un enorme valore aggregante e democratico. L’oltraggio al costituzionalismo e alla Costituzione come momento storico di rottura avrà come risultato l’instaurazione di una Costituzione di minoranza, una Costituzione regressiva, una Costituzione che non ha più il prestigio, il valore che deve avere la Costituzione in un sistema democratico.
Del resto questo declino è accompagnato e segnalato dalle innumerevoli violazioni costituzionali che si sono sviluppate in questi anni anche nella procedura di riforma o revisione costituzionale; esse sono il sintomo di un generale declino della Costituzione e dei principi costituzionali dall’orizzonte della politica.
E questo vale soprattutto per quel che riguarda i contenuti. In questi anni è stato smantellato lo Stato sociale, è stato distrutto il diritto del lavoro – i lavoratori non hanno più diritti, il lavoro è diventato precario – la sanità non è più una sanità universalistica e gratuita perché è diventata una sanità monetizzata che pesa sulle spalle soprattutto dei più poveri, con tempi lunghissimi di prestazione che rendono di fatto incurabile gran parte delle malattie dei più poveri, che rinunciano alle cure.
Si parla sempre del PIL come fattore e misura della crescita e del progresso, si parla dello 0,7, 0,8 per cento: però contemporaneamente per la prima volta nella storia recente, abbiamo avuto una riduzione delle aspettative di vita; le aspettative di vita si sono ridotte, credo, di sei mesi, per effetto di un crollo delle garanzie della salute.
Le controriforme che sono state fatte sia nell’epoca berlusconiana che adesso, sono un’aggressione: un’aggressione alla scuola, un’aggressione alle pensioni, ai diritti di sussistenza, per il motivo che costano troppo; ma dobbiamo essere consapevoli che costa molto di più la mancata garanzia di questi diritti, le cui tutele sono il primo investimento produttivo; l’Italia è diventata più ricca rispetto al suo passato, e in generale l’Europa rispetto agli altri Paesi, perché hanno garantito i minimi vitali, l’istruzione, la salute, in assenza dei quali non c’è produttività individuale e non c’è chiaramente crescita economica e produttività collettiva.
Unità tra prima e seconda parte della Costituzione
Uno degli argomenti che viene proposto a sostegno di questa riforma costituzionale è che essa riguarderebbe soltanto la parte organizzativa e non inciderebbe sulla prima parte. Questa è una falsità, perché le due parti sono fortemente connesse e perché la parte “organizzativa” mette insieme strumenti istituzioni e tecniche di garanzia idonei ad assicurare l’attuazione dei principi della prima parte, in particolare, l’uguaglianza, i diritti fondamentali, i diritti sociali.
Io credo che per capire il nesso che esiste tra la prima e la seconda parte della Costituzione e quindi gli effetti che la modifica della seconda parte avrà sulla prima parte, basti prendere in parola quello che dice il governo, e lo stesso presidente Renzi: “ce lo chiede l’Europa”. L’Europa ci chiede queste riforme. Questa è una frase che a prima vista può sembrare senza senso. Che senso ha, che vuol dire che l’Europa è interessata all’abolizione del Senato oppure alla riforma della legge elettorale? Sembra soltanto una mistificazione, ma purtroppo è vero. Ce lo chiede l’Europa, cioè ce lo chiedono i mercati, perché l’obiettivo di questa riforma è un obiettivo perseguito da tanti anni, dalla riforma di Berlusconi, dalla riforma di Craxi: è la governabilità.
Che cosa vuol dire governabilità? Nel lessico dei nostri governi, non soltanto in Italia, governabilità vuol dire onnipotenza dell’esecutivo rispetto al Parlamento e ovviamente rispetto alla società; vuol dire mani libere, possibilità di aggredire lo Stato sociale, possibilità di aggredire la scuola, aggredire la sanità, sulla base unicamente di un consenso senza alternative: perché ci si presenta alle elezioni, e certamente non ci sarà più la quantità di voti del passato, ci sarà una crescita dell’astensionismo, perché è crollata la qualità del voto, non si vota per convinzione ma solo per paura del peggio; si ha disprezzo, disgusto, si vota per il meno peggio, e tuttavia questo è il consenso, è la fonte di legittimazione veicolata da una riduzione della politica a spettacolo che richiede non, come vorrebbe l’articolo 49, il concorso dei cittadini nel determinare la politica nazionale, ma semplicemente il consenso degli spettatori al meno peggio.
Al meno peggio significa che tutti devono assomigliarsi, perché non ci sono alternative, perché la politica dei mercati è una sola, la politica si sta trasformando in tecnocrazia, in modo tale che non si spiega perché ci debba essere un ceto politico di un milione di persone che evidentemente è diventato totalmente parassitario perché deve soltanto eseguire i dettami dei mercati.
Onnipotenza e impotenza della politica
Ebbene questa onnipotenza è ciò che si richiede alla politica perché la politica possa essere impotente nei confronti dei mercati, subalterna nei confronti dell’economia, perché per l’appunto si trasformi in tecnocrazia, perché abdichi al proprio ruolo di governo della finanza, dell’economia, perché possa obbedire alle ingiunzioni, fare i compiti a casa, unicamente mediante la riduzione dello Stato sociale e non certamente mediante la crescita della progressività delle imposte, non certamente applicando imposte del 70/90% a redditi ultramilionari, non certamente attuando norme costituzionali sulla redistribuzione della ricchezza, non certamente facendo ciò che la politica, secondo la Costituzione, deve fare.
Si deve semplicemente eseguire, ottemperare. I governi di destra e i governi di sinistra sono in questo senso uguali, tant’è vero che gli scontri sono di carattere personale, sono caratterizzati dagli insulti reciproci più che dai diversi programmi e nel dibattito politico ciò che non viene mai messo in questione è il sistema di limiti e di vincoli ai poteri economici e ai poteri della finanza, che dovrebbero essere governati dalla politica.
Questo governo della politica fa parte del costituzionalismo profondo dello Stato moderno che nasce come sfera pubblica separata in grado di governare l’economia, che altrimenti sarebbe guidata naturalmente dagli istinti predatori; infatti ovviamente i diritti politici, i diritti civili, i diritti di iniziativa economica, i diritti di iniziativa privata, sono diritti esercitati in funzione degli interessi personali; ciò fa parte della logica del capitalismo, non possiamo pretendere che il capitalismo abbia una logica diversa, per questo è necessaria la politica, è necessario redistribuire la ricchezza, per limitare il carattere predatorio attraverso un conflitto sociale che è stato un fattore di civilizzazione.
Lo smantellamento di tutto questo è possibile solo se prima di tutto si disarma la società, e cioè si smobilitano i partiti, e i cittadini sono ridotti a spettatori davanti alle televisioni a guardare gli scontri fra i politici, che naturalmente si scontrano su questioni marginali. Dunque ciò che viene perseguito è prima di tutto la neutralizzazione del controllo dal basso, del radicamento sociale, e in secondo luogo la neutralizzazioni dei limiti e dei vincoli dall’alto, e cioè da parte delle Costituzioni, perché le Costituzioni sono ormai scomparse dall’orizzonte della politica.
Nessuno infatti grida più all’incostituzionalità di fronte ai ticket e alla monetizzazione dei diritti fondamentali in materia di salute che si distinguono dai diritti patrimoniali perché sono per l’appunto gratuiti, universali, sono la base dell’uguaglianza, dovrebbero essere garantiti a tutti nella stessa maniera, non ci dovrebbero essere differenze in materia di sanità. Naturalmente la cosa costa, ma non è neanche un costo troppo grave, se si pensa che su centodieci miliardi – queste sono le statistiche che abbiamo avuto modo di leggere sulla spesa pubblica in materia di sanità – tutti i ticket con tutto l’apparato burocratico che comportano, producono un introito di tre miliardi, cioè praticamente una parte irrilevante della spesa.
Una spesa però che pesa interamente sulle spalle delle persone più povere e produce un’enorme mediazione burocratica che rende spesso ineffettivi i tempi delle cure; i tempi sono ormai diventati praticamente un fattore di crollo di una delle sanità pubbliche più avanzate del mondo.
Lo stesso fenomeno si sta verificando in Inghilterra, si sta verificando in Europa; stiamo assistendo ad un crollo delle nostre democrazie legato precisamente a questa involuzione autocratica; essa merita di essere chiamata così, perché il meccanismo che è stato introdotto attraverso la congiunzione della riforma costituzionale e della legge elettorale consegna il potere politico a una minoranza parlamentare di fatto fortemente vincolata al capo del governo; è un fatto che già in parte è avvenuto tant’è vero che questa riforma costituzionale è una costituzionalizzazione dell’esistente, perché già oggi tra decreti legge, leggi delegate, leggi di iniziativa governativa, la produzione legislativa è per il 90% di produzione governativa.
Già oggi noi abbiamo avuto un Parlamento esautorato, ma con queste riforme il Parlamento non conterà più niente, sarà per l’appunto una maggioranza di parlamentari, fortemente vincolati da chi deciderà della loro successiva elezione, a causa anche della disarticolazione sociale dei partiti, della loro neutralizzazione come fonti di legittimazione titolari delle funzioni di indirizzo politico, di controllo e di responsabilizzazione.
Il risultato quindi è un’involuzione autocratica, ed è su questo che dobbiamo decidere. Dobbiamo decidere non tanto se vogliamo la Costituzione del ’48 a causa del suo prestigio e del suo valore simbolico, ma dobbiamo decidere tra democrazia parlamentare e sistema sostanzialmente autocratico, monocratico, che non è una questione di forma: questa forma è funzionale a una governabilità indirizzata a dare mani libere in materia soprattutto di diritti sociali, di diritti fondamentali di uguaglianza.
Del resto la crescita della disuguaglianza è un fatto sotto gli occhi di tutti che viene incoraggiato dalle politiche governative non solo in Italia. Quindi il nostro voto è una scelta o a favore della democrazia pluralistica costituzionale oppure a favore di un’involuzione personalistica, verticalistica e autocratica del sistema politico.
Questo intervento ha fatto parte di quelli presentati alla conferenza stampa dei cattolici del NO tenutasi il 21 marzo 2016

Fonte: il manifesto Bologna

mercoledì 27 aprile 2016

ALEX ZANOTELLI: ACQUA PUBBLICA, TRADIMENTO DI STATO.

Acqua pubblica, tradimento di Stato
di Alex Zanotelli Fonte: Pressenza

Quello che è avvenuto il 21 aprile alla Camera dei Deputati è un insulto alla democrazia. Quel giorno i rappresentanti del popolo italiano hanno rinnegato quello che 26 milioni di italiani avevano deciso nel Referendum del 12-13 giugno 2011 e cioè che l’acqua deve uscire dal mercato e che non si può fare profitto su questo bene.
I Deputati invece hanno deciso che il servizio idrico deve rientrare nel mercato, dato che è un bene di “interesse economico”, da cui ricavarne profitto. Per arrivare a questa decisione (beffa delle beffe!), i rappresentanti del popolo hanno dovuto snaturare la Legge d’Iniziativa Popolare (2007) che i Comitati dell’acqua erano finalmente riusciti a far discutere in Parlamento. Legge che solo lo scorso anno (con enorme sforzo dei comitati) era approdata alla Commissione Ambiente della Camera, dove aveva subito gravi modifiche, grazie agli interventi di Renzi-Madia. Il testo approvato alla Camera obbliga i Comuni a consegnare l’acqua ai privati. Ben 243 deputati (Partito Democratico e Destra) lo hanno votato, mentre 129 (Movimento Cinque Stelle e Sinistra Italiana) hanno votato contro. A nulla è valsa la rumorosa protesta in aula dei Pentastellati.
Ora il popolo italiano sa con chiarezza sia quali sono i partiti che vogliono privatizzare l’acqua, ma anche che il governo Renzi è tutto proteso a regalare l’acqua ai privati. “L’obiettivo del governo Renzi, afferma giustamente Riccardo Petrella, è il consolidamento di un sistema idrico europeo, basato su un gruppo di multiutilities su scala interregionale e internazionale, aperte alla concorrenza sui mercati europei e mondiali, di preferenza quotate in borsa, e attive in reti di partenariato pubblico-privato.” Sappiamo infatti che Renzi vuole affidare l’acqua a quattro multiutilities italiane: Iren, A2A,Hera e Acea. Infatti sta procedendo a passo spedito l’iter del decreto Madia (Testo unico sui servizi pubblici locali) che prevede l’obbligo di gestire i servizi a rete (acqua compresa) tramite società per azioni e reintroduce in tariffa “l’adeguatezza della rimunerazione del capitale investito.” (la dicitura che il Referendum aveva abrogato!).
Tutto questo è di una gravità estrema, non solo perché si fa beffe della democrazia, ma soprattutto perché è un attentato alla vita. E’ infatti Papa Francesco che parla dell’acqua come “diritto alla Vita “ (un termine usato in campo cattolico per l’aborto e l’eutanasia). L’acqua è Vita, è la Madre di tutta la Vita sul pianeta. Privatizzarla equivale a vendere la propria madre! Ed è una bestemmia!
Per cui mi appello a tutti in Italia, credenti e non, ma soprattutto alle comunità cristiane perché ci mobilitiamo facendo pressione sul Senato dove ora la legge sull’acqua è passata perché lo sgorbio fatto dai deputati venga modificato.
Inoltro il mio appello:
Al Presidente della Repubblica, perché ricordi ufficialmente al Parlamento di rispettare il Referendum;
Alla Corte Costituzionale, perché intervenga a far rispettare il voto del popolo italiano;
Alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), perché si pronunci, sulla scia dell’enciclica Laudato Sì, sulla gestione pubblica dell’acqua;
Ai parroci e ai sacerdoti, perché nelle omelie e nelle catechesi, sensibilizzino i fedeli sull’acqua come “diritto essenziale, fondamentale, universale” (Papa Francesco)
Ai Comuni e alle città, perché ritrovino la volontà politica di ripubblicizzare i servizi idrici come Napoli (Penso a città come Trento, Messina, Palermo, Reggio Emilia..).
Il problema della gestione dell’acqua è oggi fondamentale: è una questione di vita o di morte per noi, ma soprattutto per gli impoveriti del pianeta, per i quali, grazie al surriscaldamento del pianeta, l’acqua sarà sempre più scarsa. Se permetteremo alle multinazionali di mettere le mani sull’acqua, avremo milioni e milioni di morti di sete. Per questo la gestione dell’acqua deve essere pubblica, fuori dal mercato e senza profitto, come sta avvenendo a Napoli, unica grande città italiana ad aver obbedito al Referendum.
Diamoci tutti da fare perché vinca la Madre, perché vinca la Vita: l’Acqua.

giovedì 21 aprile 2016

lunedì 18 aprile 2016

REFERENDUM TRIVELLE... GRAZIE AI 4610 VOTANTI VIMODRONESI


VIMODRONE VOTANTI 4610 PARI AL 36,05%

SI   3.729   81,74%
NO    833   18,26%

BIANCHE  28
NULLE       20

GRAZIE AI 4.610 VIMODRONESI CHE SI SONO RECATI AI SEGGI PER VOTARE,

NONOSTANTE UNA VERGOGNOSA CAMPAGNA AD ASTENERSI ANCHE DA PARTE DI ALTE "CARICHE DELLO STATO".

A CHI HA VOTATO SI MA ANCHE A CHI NON VOTANDO SI,

HA VOLUTO ESPRIMERSI.

LIBERTA' E' PARTECIPAZIONE....

PRC DI VIMODRONE

 

domenica 10 aprile 2016

mercoledì 6 aprile 2016

MILANO IN COMUNE CON BASILIO RIZZO SINDACO

Lista “Milano in Comune”, una speranza per i diritti, la partecipazione e la giustizia sociale

05.04.2016 - Anna Polo - (Foto di Thomas Schmid)

Lunedì 4 aprile, Salone Di Vittorio della Camera del Lavoro di Milano pieno (con tanta gente rimasta in piedi) e due ore e mezzo di interventi brevi e incalzanti, culminati con il discorso di Basilio Rizzo, candidato sindaco, per la presentazione della lista “Milano in Comune”.
Parlano accademici, sindacalisti, avvocati, medici, insegnanti, rappresentanti di partiti e associazioni, concordi nel considerare Basilio Rizzo l’unico candidato in grado di impedire il ritorno dei poteri forti al governo della città. In molti condividono la delusione per le debolezze e l’incoerenza della giunta Pisapia, dopo tanto appassionato impegno messo nella campagna elettorale di cinque anni fa e tante speranze aperte da quella magica serata di festa in Piazza Duomo. E tutti individuano nella lista “Milano in Comune” e nel suo candidato sindaco la continuità con quello spirito e la possibilità di proseguire sulla via della giustizia sociale e della difesa dei beni comuni. Siamo qui per vincere, per dettare l’agenda politica dei prossimi anni, non per una pura operazione di testimonianza, dicono in molti, dunque non chiedeteci se appoggeremo Sala al ballottaggio, perché a combattere con la destra per il secondo turno vogliamo esserci noi.
E tanti individuano nei referendum che ci attendono (quello sulle trivelle in aprile e quello sulla Costituzione in autunno, oltre a quello sull’acqua di cinque anni fa, ormai da difendere) un filo rosso fondamentale per affermare la partecipazione dei cittadini in contrapposizione alla politica renziana, autoritaria e insofferente a chiunque osi “disturbare il manovratore”.

Tra i tanti intervenuti prima del discorso finale di Basilio Rizzo, tre si distinguono per la loro grande passione: Vittorio Agnoletto, Anita Sonego ed Emilio Molinari. Agnoletto delinea il cupo futuro che ci attenderebbe se Milano venisse governata con la stessa logica di Expo – corruzione, favori ai privati, lavoro precario, trionfo delle multinazionali. Un saccheggio che dobbiamo impedire. Siamo noi, dice, l’alternativa ai tre manager tutti uguali, espressione degli interessi contro cui Basilio Rizzo ha sempre lottato, siamo noi a offrire una  scelta a chi non vuole astenersi, ma nemmeno votare turandosi il naso.
Anita Sonego ripercorre l’esperienza di tramite tra le istituzioni e i cittadini fatta in questi anni; restando chiusi nel Consiglio Comunale si perde il contatto con le esigenze e le rivendicazioni di tutti quelli che difendono i diritti e il territorio. Ricorda l’appoggio ai lavoratori comunali, agli sfrattati, agli sgomberati, a chi ogni giovedì manifesta davanti a Palazzo Marino per denunciare i morti nel Mediterraneo, le mozioni contro il TTIP e gli F35. Ci siamo sempre schierati dalla parte degli ultimi, conclude e non ci rassegniamo a farci guidare da un manager scelto prima della Moratti e poi da Renzi.
A Milano con la candidatura di Sala e a livello nazionale vogliono riproporci una versione perfino peggiorata del degrado degli anni Ottanta e Novanta, di quella Tangentopoli che non è mai davvero finita, avverte Emilio Molinari. Vogliono umiliare i sindaci, far saltare i referendum e privatizzare i servizi pubblici locali, cancellando democrazia ed etica politica. E a chi critica Basilio Rizzo perché “viene dal passato” ricorda la straordinaria ondata di attivismo e di entusiasmo, soprattutto tra i giovani, suscitata da Jeremy Corbyn nel Regno Unito e da Bernie Sanders negli Stati Uniti, non certo due ragazzini. Sta arrivando il momento di personaggi etici e miti, che non urlano, non aggrediscono, ma si battono per i beni comuni e i diritti sociali.
Dopo la scelta, per alzata di mano, del simbolo della lista, la serata culmina con il lungo discorso di Basilio Rizzo, soddisfatto perché il suo ruolo di candidato sindaco gli permette di sviluppare un ragionamento senza il limite dei 4 minuti imposto agli altri. Inizia ringraziando chi ha condiviso con lui tante battaglie, molte sconfitte e poche vittorie. Ribadisce la ribellione a un candidato sindaco come Sala, scelto da pochi durante primarie che hanno amputato una parte dello schieramento che ha portato alla vittoria elettorale del 2011 e rappresentante di interessi e gruppi di potere opachi e insofferenti alla richiesta di rendere conto del loro operato. Come Molinari, vede il pericolo di un ritorno al consociativismo degli anni Ottanta e Novanta, assicurato dalla vittoria di Sala, ma anche di Parisi. Ma la giunta comunale non è un consiglio d’azienda, le persone non sono clienti, le loro vite non sono voci di bilancio! afferma tra gli applausi del pubblico.
Stiamo offrendo un punto di riferimento a gente assetata di partecipazione, buon governo e trasparenza, continua. E vogliamo partire dalla Costituzione, che ora si vuole stravolgere quando non è stata ancora del tutto applicata. A proposito di referendum e di sovranità popolare, sarebbe opportuno chiedere ai vari candidati sindaci come voteranno. E ancora, partecipazione dei cittadini, loro coinvolgimento nelle scelte fondamentali, spazi da dare, ma anche da negare, per esempio a manifestazioni di carattere nazista.
I Comuni devono avere il coraggio di scontrarsi con il potere centrale che in questi anni li ha affamati e costretti a vendere il patrimonio immobiliare e le aziende partecipate, aprendo la strada al taglio dei servizi e non sarà certo chi è stato scelto da Renzi a farlo. A proposito di macchina comunale, che vergogna considerare un successo la diminuzione dei dipendenti, con l’unica conseguenza di peggiorare i servizi! Molto più interessante stabilire un rapporto massimo di 1 a 10 tra gli stipendi più alti e quelli più bassi. E sempre a proposito di fondi, una proposta concreta, che si potrebbe realizzare subito: che il governo compri le nostre quote investite in Arexpo, 32 milioni di euro con cui si potrebbero ristrutturare 2.000 alloggi popolari.
Le elezioni di Milano hanno una valenza nazionale. Possono rompere lo schema che la politica di Renzi cerca di imporre agli enti locali e dare forza alla battaglia sulla Costituzione; per questo tutta l’Italia guarderà al loro risultato. Ci attendono due mesi di lavoro intensi e bellissimi, conclude tra gli applausi Basilio Rizzo. Due mesi scanditi da appuntamenti importanti come il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno. Non a caso, la nascita della Repubblica italiana, settant’anni fa, è stata possibile grazie a un referendum, in cui per la prima volta votavano anche le donne.
Grazie per le visite!
banda http://www.adelebox.it/