Regioni, Fca
e Pd, parla Paolo Ferrero: il regionalismo differenziato sara' un disastro
— Lunedì 18
febbraio 2019
Sta girando
l’Italia per presentare il suo ultimo libro - “Marx oltre i luoghi comuni”-
(ricavato al partito): l'ex segretario di Rifondazione Paolo Ferrero ieri era a
Cassino ed ha fatto visita alla nostra redazione centrale.
Ferrero è
nato a Pomaretto (Torino) nel 1960. Operaio e poi cassaintegrato Fiat, è stato
Ministro della Solidarietà sociale nel secondo governo Prodi e segretario nazionale
di Rifondazione comunista. Oggi è vicepresidente del Partito della Sinistra
europea.
A proposito
di solidarietà, qui - in provincia di Frosinone - viviamo sulla linea di
confine tra l’Italia ricca e quella disperata: cosa prevede possa accadere con
l’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna?
«Succede un
disastro e chi lo fa è un criminale. Perché le regioni più povere le
immiserisci ulteriormente e sono destinate a degradare ancor di più. E’
criminale perché il mondo ha già un mucchio di diseguaglianze e il fatto di
suddividere l’Italia vuol dire aumentare le disparità e crearne di nuove. Noi
stiamo discutendo di Salvini e del suo “aiutiamoli a casa loro”: ma qui questo
non vuol neanche aiutare gli italiani. Questo è un crimine organizzato, sono
lazzaroni. Non so più quali parole usare. In questa cosa c’è veramente
malafede, perché è chiaro che lucrano sulle paure ma sono i primi costruttori
di paura».
C’è un pezzo
di meridione che vota Carroccio ed è diventato classe politica col salvinismo.
Come lo spiega?
«Intanto
l’innamoramento per Salvini di una parte di destra meridionale, è avvenuto
prima che fosse chiara questa cosa dell’autonomia. La Lega di Bossi, ad
esempio, faceva comprendere con evidenza che si basava sull’elemento della
spaccatura dell’Italia e non è che pigliasse voti al Sud. Salvini, invece,
sembrava una destra estrema ma nazionale. Adesso, però, diventa palese che
racconta balle e resta segretario della Lega Nord, a favore del Nord ed usa il Sud contro gli
altri poveri, per cercare di avere più voti senza restituire niente. Quelli che
l’hanno eletto in Calabria e non raccoglieranno alcunché. Ci metteranno un po’
ad accorgersene. Ma lo capiranno».
Altro
capitolo incerto è quello di Fca, col piano industriale sospeso, il ricorso
continuo alla cassa integrazione, gli ex internali rimasti a casa. Cosa succede
nel dopo Marchionne? Ce lo spiega lei che è piemontese?
«E sono
anche un ex dipendente Fiat. Secondo me Siamo alle conseguenze del fatto che
alla Fiat nessun governo ha chiesto niente. Tutti osannavano Marchionne mentre
lui spostava la sede legale fuori dall’Italia ed anche il baricentro produttivo
negli Stati Uniti. Adesso l’Italia è un paese come gli altri senza grandi
costruttori, non ha niente di più. Questa è la situazione disastrosa. Avevamo
un’azienda aveva cuore e cervello qui e adesso non c’è più. Il governo dovrebbe
darsi da fare pesantemente nei confronti della Fiat. Altrimenti rischiamo che,
se decidono che spostano pezzi di produzione magari negli Usa, chiudono da un
giorno all’altro a Cassino e Pomigliano. Del resto la capacità produttiva
installata è maggiore di quel di cui hanno bisogno ed alla famiglia Agnelli
interessa solo che le arrivino i soldi. I nostri governanti, poi, hanno
l’ideologia della libertà di mercato come i predecessori. Se uno pensa che il
padrone di Fiat possa fare quel che vuole come un qualsiasi privato, non
abbiamo speranza. L’Italia produce un terzo delle auto che consuma: siamo
importatori netti ed è una follia per cui bisognerebbe che il governo si
ponesse il problema».
Lo chiedono
in tanti, anche dal nostro territorio...
«C’è però
una differenza tra noi ed il resto del mondo, dal Pd alla Lega. Gli altri
ritengono che l’impresa la gestisce e fa le scelte la proprietà. Invece bisogna
impedire questa cosa e mettere la mordacchia alle grandi imprese. E chiaro che
non mi riferisco alle Pmi, agli artigiani. Ma le grandi non possono fare i loro
comodi e prendere decisioni che non coincidono col bene del Paese. Ma questo
governo è totalmente liberista, non ha fatto nulla su tante questioni, come
sulla libertà di licenziamento».
Il reddito
di cittadinanza vi piace, però.
«Siamo a
favore del “reddito” ma le modalità con cui verrà erogato non ci convincono.
Dovrebbe costituire un diritto ma sembra che ti facciano un favore. Sta cosa
del “restar seduti sul divano” non ha senso. Lo Stato o ti dà il lavoro o ti dà
i soldi per campare. Se ci fossero tutti questi posti, oltretutto, non avrebbe
senso dare il “reddito”. Se ci sono tre occasioni a testa per ogni disoccupato
che senso ha pensare ad altro? Basta dare lavoro. Invece dà fastidio l’ideologia.
Penso ci sia un diritto al lavoro. Non ti fanno lavorare? Allora un reddito per
sostenerti ti spetta e non devi essere considerato con schifo perché lo
percepisci. In più questa roba che loro hanno annunciato non si regge su
nessuna legge stabile. Neanche i provvedimenti sulle pensioni. Sono robe per
due o tre anni ed i soldi ci sono solo per quest’anno. L’anno prossimo viene
molto da pensare che questo governo non ci sarà più. Sono tutte misure per
andare al voto delle europee. La Lega per prendere voti in più, l’M5S per
evitare il tracollo. Poi... chi s’è visto, s’è visto».
Veniamo al
suo libro sull’attualità del pensiero di Marx: colpisce la considerazione che
il capitalismo non c’entri più niente con l’umanità: non è esagerato davvero?
«Il capitalismo
è nato disumano: marchiando a fuoco i disoccupati, facendo lavorare i bambini,
grondando sangue. Ma quel capitalismo dell’inizio produceva una ricchezza
enorme. Quindi rappresentava sia la storia dello sfruttamento ma anche di uno
sviluppo economico, sociale e civile innegabile. Questa è la storia intimamente
contraddittoria del capitalismo. Questa ricchezza ha avuto una fase in cui
funzionava ma, poi, l’appropriazione privata del profitto è entrata in
contrasto col benessere potenzialmente prodotto. Questa frizione produce la
rovina di entrambe le classi in lotta: produce la barbarie. Siamo arrivati a
questo punto. La ricchezza non è mai stata così grande ma si presenta alla
massa come scarsità, mentre c’è la sovrapproduzione. Perché i ricchi son troppo
ricchi e la gente comune non arriva a fine mese. La tecnologia, che ci
consentirebbe di lavorare di meno e di vivere meglio tutti, non viene
utilizzata in questo senso. Invece qualcuno lavora fino a 70 anni come un pazzo
e milioni di giovani restano disoccupati. La stessa cosa sta avvenendo con lo
sfruttamento dell’ambiente ed il riscaldamento del pianeta che porterà ad avere
150 milioni di profughi dalle terre che saranno sommerse. I nazisti sono al 20%
con 5 milioni di immigrati, pensate cosa succederà con 150 milioni. Il
capitalismo s’è tramutato in sfruttamento dell’uomo e della natura. All’idea
sfruttamento-concorrenza va sostituito il binomio realizzazione
umana-cooperazione. Chi dice che non è
possibile perché sarebbe il regno dei cieli, noi rispondiamo che è
possibilissimo. Basta andare a prendere i soldi a chi ne ha troppi».
Lei ha detto
che il modello Sardegna con la lista unitaria di sinistra può essere un buon
auspicio anche per le vicende italiane. E’ così? O non ci sarà alternativa a
questa schiacciante supremazia gialloverde?
«La tendenza
in atto è come l’influenza. La gente è delusa, le ha provate tutte, è alla
ricerca miracolistica dell’uomo della provvidenza. L’M5S dopo un anno sta già
perdendo molto. La Lega è nella fase di crescita ma l’illusione nel miracolo
svanirà. Quanto alla sinistra, con De Magistris stiamo mettendo insieme la
sinistra italiana, Potere al Popolo, Prc. Spero si faccia una lista per le europee di sinistra
alternativa che diventi nazionale e abbia una ferma proposta politica. La cui
tesi sostanziale è: i soldi ci sono e bisogna prenderli a chi ne ha troppi e
non ai poveri».
Zingaretti
può ricucire qualche strappo tra voi ed il Pd?
«No. Come si
vede dal governo della Regione Lazio, si può tranquillamente concludere: sotto
il vestito niente».
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