martedì 19 febbraio 2019

INTERVISTA A PAOLO FERRERO DE L'INCHIESTA



Regioni, Fca e Pd, parla Paolo Ferrero: il regionalismo differenziato sara' un disastro
— Lunedì 18 febbraio 2019
Sta girando l’Italia per presentare il suo ultimo libro - “Marx oltre i luoghi comuni”- (ricavato al partito): l'ex segretario di Rifondazione Paolo Ferrero ieri era a Cassino ed ha fatto visita alla nostra redazione centrale.
Ferrero è nato a Pomaretto (Torino) nel 1960. Operaio e poi cassaintegrato Fiat, è stato Ministro della Solidarietà sociale nel secondo governo Prodi e segretario nazionale di Rifondazione comunista. Oggi è vicepresidente del Partito della Sinistra europea.
A proposito di solidarietà, qui - in provincia di Frosinone - viviamo sulla linea di confine tra l’Italia ricca e quella disperata: cosa prevede possa accadere con l’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna?

«Succede un disastro e chi lo fa è un criminale. Perché le regioni più povere le immiserisci ulteriormente e sono destinate a degradare ancor di più. E’ criminale perché il mon­do ha già un mucchio di diseguaglianze e il fatto di suddividere l’Italia vuol dire aumentare le disparità e crearne di nuove. Noi stiamo discutendo di Salvini e del suo “aiutiamoli a casa loro”: ma qui questo non vuol neanche aiutare gli italiani. Questo è un crimine organizzato, sono lazzaroni. Non so più quali parole usare. In questa cosa c’è veramente malafede, perché è chiaro che lucrano sulle paure ma sono i primi costruttori di paura».

C’è un pezzo di meridione che vota Carroccio ed è diventato classe politica col salvinismo. Come lo spiega?

«Intanto l’innamoramento per Salvini di una parte di destra meridionale, è avvenuto prima che fosse chiara questa cosa dell’autonomia. La Lega di Bossi, ad esempio, faceva comprendere con evidenza che si basava sull’elemento della spaccatura dell’Italia e non è che pigliasse voti al Sud. Salvini, invece, sembrava una destra estrema ma nazionale. Adesso, però, diventa palese che racconta balle e resta segretario della Lega Nord, a  favore del Nord ed usa il Sud contro gli altri poveri, per cercare di avere più voti senza restituire niente. Quelli che l’hanno eletto in Calabria e non raccoglieranno alcunché. Ci metteranno un po’ ad accorgersene. Ma lo capiranno».

Altro capitolo incerto è quello di Fca, col piano industriale sospeso, il ricorso continuo alla cassa integrazione, gli ex internali rimasti a casa. Cosa succede nel dopo Marchionne? Ce lo spiega lei che è piemontese?

«E sono anche un ex dipendente Fiat. Secondo me Siamo alle conseguenze del fatto che alla Fiat nessun governo ha chiesto niente. Tutti osannavano Marchionne mentre lui spostava la sede legale fuori dall’Italia ed anche il baricentro produttivo negli Stati Uniti. Adesso l’Italia è un paese come gli altri senza grandi costruttori, non ha niente di più. Questa è la situazione disastrosa. Avevamo un’azienda aveva cuore e cervello qui e adesso non c’è più. Il governo dovrebbe darsi da fare pesantemente nei confronti della Fiat. Altrimenti rischiamo che, se decidono che spostano pezzi di produzione magari negli Usa, chiudono da un giorno all’altro a Cassino e Pomigliano. Del resto la capacità produttiva installata è maggiore di quel di cui hanno bisogno ed alla famiglia Agnelli interessa solo che le arrivino i soldi. I nostri governanti, poi, hanno l’ideologia della libertà di mercato come i predecessori. Se uno pensa che il padrone di Fiat possa fare quel che vuole come un qualsiasi privato, non abbiamo speranza. L’Italia produce un terzo delle auto che consuma: siamo importatori netti ed è una follia per cui bisognerebbe che il governo si ponesse il problema».

Lo chiedono in tanti, anche dal nostro territorio...

«C’è però una differenza tra noi ed il resto del mondo, dal Pd alla Lega. Gli altri ritengono che l’impresa la gestisce e fa le scelte la proprietà. Invece bisogna impedire questa cosa e mettere la mordacchia alle grandi imprese. E chiaro che non mi riferisco alle Pmi, agli artigiani. Ma le grandi non possono fare i loro comodi e prendere decisioni che non coincidono col bene del Paese. Ma questo governo è totalmente liberista, non ha fatto nulla su tante questioni, come sulla libertà di licenziamento».

Il reddito di cittadinanza vi piace, però.

«Siamo a favore del “reddito” ma le modalità con cui verrà erogato non ci convincono. Dovrebbe costituire un diritto ma sembra che ti facciano un favore. Sta cosa del “restar seduti sul divano” non ha senso. Lo Stato o ti dà il lavoro o ti dà i soldi per campare. Se ci fossero tutti questi posti, oltretutto, non avrebbe senso dare il “reddito”. Se ci sono tre occasioni a testa per ogni disoccupato che senso ha pensare ad altro? Basta dare lavoro. Invece dà fastidio l’ideologia. Penso ci sia un diritto al lavoro. Non ti fanno lavorare? Allora un reddito per sostenerti ti spetta e non devi essere considerato con schifo perché lo percepisci. In più questa roba che loro hanno annunciato non si regge su nessuna legge stabile. Neanche i provvedimenti sulle pensioni. Sono robe per due o tre anni ed i soldi ci sono solo per quest’anno. L’anno prossimo viene molto da pensare che questo governo non ci sarà più. Sono tutte misure per andare al voto delle europee. La Lega per prendere voti in più, l’M5S per evitare il tracollo. Poi... chi s’è visto, s’è visto».

Veniamo al suo libro sull’attualità del pensiero di Marx: colpisce la considerazione che il capitalismo non c’entri più niente con l’umanità: non è esagerato davvero?

«Il capitalismo è nato disumano: marchiando a fuoco i disoccupati, facendo lavorare i bambini, grondando sangue. Ma quel capitalismo dell’inizio produceva una ricchezza enorme. Quindi rappresentava sia la storia dello sfruttamento ma anche di uno sviluppo economico, sociale e civile innegabile. Questa è la storia intimamente contraddittoria del capitalismo. Questa ricchezza ha avuto una fase in cui funzionava ma, poi, l’appropriazione privata del profitto è entrata in contrasto col benessere potenzialmente prodotto. Questa frizione produce la rovina di entrambe le classi in lotta: produce la barbarie. Siamo arrivati a questo punto. La ricchezza non è mai stata così grande ma si presenta alla massa come scarsità, mentre c’è la sovrapproduzione. Perché i ricchi son troppo ricchi e la gente comune non arriva a fine mese. La tecnologia, che ci consentirebbe di lavorare di meno e di vivere meglio tutti, non viene utilizzata in questo senso. Invece qualcuno lavora fino a 70 anni come un pazzo e milioni di giovani restano disoccupati. La stessa cosa sta avvenendo con lo sfruttamento dell’ambiente ed il riscaldamento del pianeta che porterà ad avere 150 milioni di profughi dalle terre che saranno sommerse. I nazisti sono al 20% con 5 milioni di immigrati, pensate cosa succederà con 150 milioni. Il capitalismo s’è tramutato in sfruttamento dell’uomo e della natura. All’idea sfruttamento-concorrenza va sostituito il binomio realizzazione umana-cooperazione.  Chi dice che non è possibile perché sarebbe il regno dei cieli, noi rispondiamo che è possibilissimo. Basta andare a prendere i soldi a chi ne ha troppi».

Lei ha detto che il modello Sardegna con la lista unitaria di sinistra può essere un buon auspicio anche per le vicende italiane. E’ così? O non ci sarà alternativa a questa schiacciante supremazia gialloverde?

«La tendenza in atto è come l’influenza. La gente è delusa, le ha provate tutte, è alla ricerca miracolistica dell’uomo della provvidenza. L’M5S dopo un anno sta già perdendo molto. La Lega è nella fase di crescita ma l’illusione nel miracolo svanirà. Quanto alla sinistra, con De Magistris stia­mo mettendo insieme la sinistra italiana, Potere al Popolo, Prc. Spero si  faccia una lista per le europee di sinistra alternativa che diventi nazionale e abbia una ferma proposta politica. La cui tesi sostanziale è: i soldi ci sono e bisogna prenderli a chi ne ha troppi e non ai poveri».

Zingaretti può ricucire qualche strappo tra voi ed il Pd?

«No. Come si vede dal governo della Regione Lazio, si può tranquillamente concludere: sotto il vestito niente».

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