domenica 30 aprile 2017

BUON 1° MAGGIO 2017 A TUTTE/I PER IL LAVORO E LA COSTITUZIONE



Il 1° MAGGIO milanese sarà caratterizzato come sempre da una pluralità di iniziative e manifestazioni.
1° MAGGIO mattina
1 Maggio Manifestazione CGIL-CISL-UIL ore 9.00 “Lavoro le nostre radici, il nostro futuro” Corteo Partenza da Porta Venezia e terminerà in P.zza della Scala.
1° MAGGIO pomeriggio
MayDay_2017_orgoglio della classe precaria!
ore 15.00 P.zza XXIV Maggio - Porta Ticinese organizzato dall’area dei centri sociali/Milano in Movimento
1° Maggio di lotta internazionalista
ore 15.00 Corteo da P.le Loreto organizzato da Si Cobas Lavoratori Autorganizzati
Buon 1° Maggio!

venerdì 28 aprile 2017

IO STO CON QUESTI PESCATORI DI UOMINI di Erri De Luca da "IL FATTO QUOTIDIANO"

Io sto con questi pescatori di uomini
di Erri De Luca
Alle 6 di mattina a 18 miglia dalla costa libica Pietro Catania, capitano della nave salvataggio Prudence di Medici Senza Frontiere, mi fa vedere sulla carta nautica tre gommoni segnalati in partenza nella notte dalle spiagge di Sabrata. Alle 6 di mattina hanno raggiunto le 8 miglia di distanza. Inizio il turno di avvistamento al binocolo. Il radar di bordo non basta a segnalare un’imbarcazione bassa, fatta di gomma e di corpi umani. Sull’altro bordo di prua Matthias Kennes, responsabile di Msf, sorveglia il rimanente pezzo di orizzonte. Si vedono le luci della costa, l’alba è limpida. Passano le ore inutilmente.
Veniamo a sapere che i gommoni sono stati intercettati dalle motovedette libiche e costrette al rientro. Avevano raggiunto le 15 miglia, perciò fuori dal limite territoriale delle 12, che sono in terra 22 km. Potevano lasciarli stare. Sono già condannati a morte se fanno naufragio entro il limite, dove non possiamo intervenire. Li riportano a terra per chiuderli di nuovo in qualche gabbia: non tutti. Uno dei gommoni trainati si rovescia. Affogano in novantasette. Quando si tratta di vite umane, le devo scrivere con le lettere e non con le cifre. Ventisette invece sono ammesse alla lotteria della salvezza. A bordo della Prudence era tutto pronto. Restiamo con i pugni chiusi, senza poterli aprire per raccogliere. Guardo il mare stasera: disteso, pareggiato a tappeto. Non si può affondare senza onde. Bestemmia al mare è affogare quando è calmo, quando non esiste alcuna forza di natura avversa, tranne la nostra. Siamo coi pugni chiusi. Non soffro il maldimare, ho imparato da bambino a stare in equilibrio sulle onde. Non soffro il maldimare, ma stasera soffro il male, il dolore del mare, la sua pena d’inghiottire da fermo i naviganti. È creatura vivente il mare che i Latini chiamarono con affetto Nostrum, perché nessuno potesse dire: è mio. La nave in cui mi trovo vuole risparmiare al Mediterraneo altre fosse comuni. Rimaniamo al largo un giorno e un’altra notte di veglia.
Questo è oggi il trasporto delle vite sul Mediterraneo, da una parte crociere in girotondo, dall’altra parte zattere alla deriva, affidate all’arbitrio di chi intasca quattrini sia dai trafficanti che dall’Unione europea. Una pacchia per loro: perché dovrebbero rinunciare a uno dei contribuenti? Un naufragio qua e là, l’arresto di qualche gommone a casaccio, così per fingere di rispettare gli accordi. Gli accordi prevedono i naufragi? Non sia mai detto. Gli accordi ammettono effetti collaterali, colpa degli irriducibili che vogliono viaggiare per forza. Proprio così, per forza: vengono prelevati di notte dai recinti, a scaglioni di centocinquanta è costretti a salire sul gommone. Costretti: parecchi vorrebbero ritirarsi di fronte al buio e al rischio assurdo. Non possono. Chi resiste, sale sotto spinta di armi. Uno di questi, recuperato in un salvataggio precedente, aveva un proiettile nella gamba. I trafficanti li incalzano, poi affidano bussola a timone a uno del carico. Gli scafisti non ci sono più. Una delle unità veloci calate dalla Prudence per avvicinamento ai gommoni, chiede a quello che regge la barra del fuoribordo di spegnere il motore. Risponde che non lo sa fare. Gli scafisti hanno messo in moto e lui sa solo reggere la barra. L’unità veloce è costretta all’abbordaggio. Lionel, operativo di Msf, si fa tenere per i piedi e dalla prua si lancia sul motore fuoribordo del gommone per spegnerlo. Gli scafisti non esistono più.
Nel porto di Augusta in Sicilia, dove salgo a bordo della Prudence, c’è un campo di primo internamento per chi sbarca da navi soccorso. A fianco, grandi gru caricano rottami di ferro dentro stive dirette a fonderie in Asia. Viaggiano con documenti in regola pure i chiodi arrugginiti. Gli esseri umani del campo vicino sono invece carico fuorilegge in attesa di respingimento. Le ultime procedure introdotte dal nuovo malgoverno cancellano il diritto di appello del richiedente asilo, in caso di primo rigetto della sua domanda. Tolgono il diritto di appello: a chi ha perso tutto quello che poteva già perdere. Si scrivono e si approvano da noi leggi d’inciviltà feroce. Qualche svaporato nostrano dice che i gommoni partono perché ci sono le navi di soccorso al largo.
Sono venti anni che partono zattere a motore imbottite di umanità spaesata. La prima fu affondata nella Pasqua del ‘97 da una nave militare italiana che aveva l’ordine d’imporre un abusivo blocco navale in acque internazionali. Veniva dall’Albania, il suo nome era Kater i Rades. Lo Stato italiano se la cavò con dei risarcimenti alle famiglie dei circa novanta annegati.
Sono venti anni che viaggiano sul Mediterraneo zattere a motore senza alcun soccorso. Ora che finalmente esiste una comunità internazionale di pronto intervento in mare, sarebbe colpa sua se partono i gommoni. Come dire che esistono le malattie per colpa delle medicine. Se i delfini venissero in aiuto dei dispersi in mare, questi svaporati li accuserebbero di complicità coi trafficanti. In verità la loro fandonia intende accusare i soccorritori d’interrompere il regolare svolgimento del naufragio. Perché siamo e dobbiamo rimanere contemporanei incalliti del più lungo e massiccio affogamento in mare della storia umana.
Il giorno seguente all’alba torniamo a scrutare l’orizzonte dietro le lenti dei binocoli. Sappiamo che sono partiti di notte da Sabrata. Il mio compagno di cabina, Firas, di origini siriane, legge su FB messaggi in arabo dove si scambiano queste notizie. Localizziamo il primo gommone, stracarico, gli uomini stanno a cavallo dei tubolari, a prua è mezzo sgonfio. Si cala l’unità veloce che per prima cosa distribuisce giubbotti di salvataggio. Spesso la vista del soccorso produce una pericolosa agitazione a bordo del gommone.
Il mare è quello piatto di ieri. Firas a prua col megafono mantiene la calma spiegando le manovre seguenti. Quando tutti hanno indossato il giubbotto, la Prudence si accosta e aggancia il gommone alla sua fiancata. Da una scaletta di corda salgono a bordo uno per volta, aiutati da braccia robuste. Alcuni non si reggono in piedi per la posizione forzata tenuta sul gommone per molte ore. Salgono donne incinte e due bambini. A ognuno viene dato subito uno zainetto con una tuta, barrette caloriche, succhi di frutta, acqua, un asciugamano. La squadra medica fa a ognuno una prima visita. Tre container sul ponte sono attrezzati a unità ospedaliera, divisa in rianimazione, pronto soccorso, isolamento per casi infettivi e una piccola sala parto. Se ne occupa Stefano Geniere Nigra, giovane medico torinese.
A bordo della Prudence non si usa il termine di profughi, migranti e titoli affini. Sono chiamati ospiti. Ricevono la più urgente ospitalità, quella data a chi arriva dal deserto. Mi affaccio sul gommone svuotato, il fondo è tenuto insieme da un tavolato sconnesso. Ha portato centoventinove persone, con un motorino fuoribordo di 40 cavalli. Dalle sei di mattina fino a sera si raggiungono altri tre gommoni sparsi fuori delle 12 miglia, più un trasbordo da una nave soccorso più piccola che era a limite di carico. A sera si trovano sistemati seicentoquarantanove ospiti. La Prudence può contenerne mille, è la più grande unità della zona. La sera si fa rotta su Reggio Calabria, destinazione assegnata dal comando di Roma. Gli ospiti finalmente al sicuro, nutriti, riscaldati, iniziano preghiere, canti e ballano insieme, popoli di terre diverse e lontane tra loro. Sono a bordo, diretti in Italia. È la sola parte del viaggio che non costa loro nulla. È il solo dono, l’unico passaggio gratis venuto loro incontro. È anche il migliore trasporto. Qui sul mare è successo il sottosopra dell’economia: il peggiore trasporto è costato loro carissimo, il migliore invece niente.
Esultano per liberazione. Ho con me il passaporto. Nessuno di loro ha un documento né un bagaglio. Il loro esilio li ha privati del nome, l’identità è che sono vivi e basta. I loro figli, i loro nipoti vorranno sapere, ritrovare le impossibili piste attraversate, l’epica leggendaria che oggi è un trafiletto in cronaca, in caso di strage. “Ennesimo” è l’aggettivo osceno che accompagna il titolo, accanto al neutrale sostantivo di naufragio. Ennesimo: il cronista è stanco di dover tenere il conto, alzare il sopracciglio per l’ennesima volta. Sulle rive del lago Kinneret, chiamato Tiberiade dai conquistatori venuti da Roma, il giovane fondatore del cristianesimo cercò i primi compagni. Erano di mestiere pescatori. Al giovane piacevano le metafore. Secondo Matteo (4,19) disse : “Venite con me, vi farò pescatori di uomini”. Eccomi in un tempo e su una nave che applica alla lettera l’impulsiva metafora. Sto con persone che si sono messe a pescare uomini, donne, bambini. Il Mediterraneo è un lago Kinneret salato e più grande.
Chi sono questi pescatori? Per coincidenza con la vicenda precedente, a bordo sono tredici, ma senza un Iscariota in squadra. Quattro di personale medico, tre organizzatori tecnici, tre interpreti e mediatori culturali, una psicologa, una responsabile delle comunicazioni e in più il coordinatore. Ognuno ha esperienza di interventi con Msf in varie aree del mondo. Hanno scelto la professione del soccorso, ma per farla non è sufficiente la competenza. Serve una catapulta interiore pronta al lancio dove si grida aiuto. Hanno passaporti di molte nazioni, ma il loro titolo è: senza frontiere. Qui nelle acque internazionali sono nel loro ambiente. Quando la loro presenza è indispensabile, non valgono i confini. Perciò disturbano spesso la condotta dei governi coinvolti. Hanno scelto di non prendere fondi dall’ Unione Europea. Perciò non piacciono alla sua agenzia Frontex, che si occupa di frontiere nel Mediterraneo e non sopporta l’impegno di organismi indipendenti, anche se salvano vite che senza di loro andrebbero perdute.
Domenica mattina di Pasqua la Prudence è in vista del porto di Reggio Calabria. Troveremo sul molo in un giorno di festa solenne il dispositivo necessario alla sbarco? Il dubbio si dilegua all’imbocco del porto: primi si vedono per numero e colore di magliette azzurre i giovani volontari cattolici che cantano cori di benvenuti. Poi il personale medico al completo, i funzionari di polizia del servizio immigrazione, i molti autobus per il trasporto degli sbarcati nelle varie destinazioni. A ognuno che scende lungo la passerella, i volontari danno un opuscolo in varie lingue che informa su diritti e procedure, a conferma di quanto già spiegato a bordo. Scendo e ricevo addirittura il saluto del sindaco venuto al molo con alcuni assessori. Non riesco a credere: è domenica di Pasqua, ma sono tutti pronti a funzionare con efficienza, cordialità, rispetto. A Reggio Calabria, mi dicono, è prassi da due anni. Matthias Kennes mi conferma che anche nel porto di Palermo hanno un simile spirito di servizio negli sbarchi. Gli uomini e le donne scendono separatamente. Una di loro si volta intorno smarrita. Una funzionaria di polizia fa chiedere a un’interprete cosa stia cercando. Si tratta del marito. La funzionaria lo va a cercare, lo trova e si assicura che la coppia viaggi insieme. Si può fare: tenere insieme procedure e senso di umanità solidale. Grazie Reggio.
Il mattino dopo si è di nuovo in mare dopo un rifornimento accelerato. Si va a velocità sostenuta, c’è urgenza in zona. Sono partiti molti gommoni e sul posto la nave Phoenix del Moas è già carica, con intorno nove gommoni, cioè mille persone senza acqua nè giubbotti salvataggio. Sono tenuti insieme con qualche corda. Abbiamo davanti almeno trenta ore di navigazione e mare grosso che ci rallenta. Non potremo arrivare in tempo. Uno dei gommoni cede e nessuno può farci niente. Questo può spiegare che i trafficanti lanciano gommoni al largo senza nessun calcolo circa la presenza di soccorsi. La loro unica condizione è che il mare sia calmo, non per motivi umanitari, ma perché centocinquanta persone spinte da un motore di 40 cavalli non riescono a prendere il largo se il mare appena increspa. A bordo della Prudence queste partenze vengono chiamate lanci, perché scagliati da un lanciatore che rimane a riva.
L’intensità dei lanci di aprile è dovuta alla nostra fornitura di motovedette nuove alla Guardia Costiera libica, che entreranno in servizio a maggio. I trafficanti nell’incertezza affrettano tutti i lanci consentiti dalle condizioni meteo. Il capitano Pietro Catania e il suo equipaggio sono coinvolti anima e corpo in queste operazioni, perché sono gente di mare. Non badano a turni né a orari, fanno tutt’uno con la gioventù di Msf. In rotta da Reggio Calabria la nave incontra maltempo. Veniamo a sapere che è rimasto un gommone, in attesa fuori delle 12 miglia. Siamo i meno lontani ma comunque arriveremo troppo tardi. Allora da Lampedusa, che sta parecchio più a sud di noi, la Guardia Costiera manda due motovedette veloci, che arrivano molto prima e salvano centoquarantatre persone caricandole a bordo. Ci corrono incontro e le trasferiscono da noi. I due equipaggi sono partiti così in fretta da Lampedusa, da non avere caricato neanche il cibo per loro. Sono digiuni, i marinai della Prudence li riforniscono per il loro viaggio di ritorno.
Salgono centoquarantatre persone intirizzite, una donna all’ottavo mese di gravidanza. I loro occhi hanno perduto espressione di domanda, di preghiera, di messa a fuoco. Stanno ancora fissando l’orizzonte vuoto. “Lo senti dall’odore, da quanto tempo stanno in acqua” mi dice Cristian Paluccio, comandante in seconda. Lo sento forte anch’io, è tannino, materia da conciatore di pelle, un sudore di cuoio. Ricevuto lo zainetto di primo ristoro si mettono in fila per la doccia. Si tolgono di dosso il fradicio di naufraghi. Dopo il getto di acqua dolce, per loro anche più dolce, riprendono espressione i loro occhi. Cercano i volti, cominciano a chiedere notizie, a capire chi li accoglie al sicuro. Affiorano i canti, i ritmi e il contagioso ballo. Non ho uso di tatuaggi, la mia superficie riporta solo i segni degli anni. Ma gli avvenimenti del mondo che mi hanno coinvolto fisicamente, mi hanno inciso tatuaggi dalla parte interna della pelle. Abito dentro la mia, posso percepirli e li distinguo. Ho disegni scritti sul lato che non scolorisce.
Le due settimane a bordo mi hanno impresso un tatuaggio nuovo: una scala di corda che pesca nel vuoto. Dal suo ultimo gradino ho visto spuntare una per una le facce di chi risaliva dal bordo di un abisso. Stipati in una zattera, scalavano i gradini della loro salvezza. Quelle centinaia di facce: non ho la virtù di poterle trattenere. Ho avuto l’assurdo privilegio di averle viste. Di loro mi resta la scala di corda che hanno scalato seminudi e scalzi su pioli di legno. Pratico alpinismo e credo di sapere di preciso cosa sia il verbo scalare. Invece non lo sapevo. Ho imparato in mare a bordo di una nave quello che nessuna cima raggiunta mi ha insegnato prima. Perciò sotto pelle si è impresso il tatuaggio di una scala di corda coi pioli di legno.
Articolo pubblicato su il Fatto quotidiano, 26 aprile 2017


lunedì 24 aprile 2017

mercoledì 12 aprile 2017

PRC: TRUMP È UN PERICOLO PER L’UMANITÀ, DOMANI PRESIDIO A ROMA CONTRO LA GUERRA

Prc: Trump è un pericolo per l’umanità, domani presidio a Roma contro la guerra

L’attacco di Trump alla Siria è stato un atto di terrorismo in violazione del diritto internazionale. E’ vergognoso che il governo italiano l’abbia giustificato. Anche le minacce alla Corea del Nord sono fuori da qualsiasi legittimità se non quella della prepotenza di chi sa di essere militarmente di gran lunga il più forte e armato. Trump è un pericolo per l’umanità e non si può assistere passivamente all’escalation delle sue iniziative e alla sottomissione con cui le Trumptruppen della politica e dell’informazione si accodano con argomenti ridicoli. Soltanto chi è in malafede può presentare il  presidente del Ku Klux Klan come difensore dei valori della liberaldemocrazia e dei diritti umani. Domani mercoledi 12 aprile alle 17 parteciperemo al sit in contro la guerra in Piazza Barberini a Roma. E’ necessario rilanciare un movimento per la pace e contro la guerra in Italia e in Europa.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale PRC- SE






venerdì 7 aprile 2017

No all’intervento USA in Siria. Quello di Trump è terrorismo internazionale

No all’intervento USA in Siria. Quello di Trump è terrorismo internazionale

di Maurizio Acerbo*
Non essendo bastati i tagliagole dell’Isis e di Al Qaeida arruolati in tutto il mondo ora Trump e Erdogan intervengono direttamente con le loro armi. Le atrocità dello Stato islamico, la cui avanzata i russi hanno fermato, da tempo sono scomparse dalla scena mediatica per ridare fiato alla narrazione sulla ferocia di Assad che giustifica l’intervento contro il diritto internazionale nel territorio di uno stato sovrano.
L’uso dei corpi dei bambini asfissiati dal gas ammucchiati per le foto serve a Trump per legittimare l’aggressione. Non so chi abbia usato il gas, non sono esperto di cose militari e non so districarmi tra gli assassini. So che Assad ha a disposizione l’aviazione russa e sta vincendo sul terreno. Perché fare un autogol del genere? Qualcosa non quadra ma non voglio avventurarmi in congetture. Sul campo operano potenze che certo non sono nuove all’uso del terrore. Certo non sono Trump e Erdogan dei campioni di democrazia dietro le cui insegne marciare. Non sono certo gli integralisti islamici armati dall’occidente e dai suoi alleati sauditi e turchi i combattenti per la libertà. Non facciamoci arruolare. Non beviamoci le balle di chi ha seminato morte e distruzione dall’Iraq alla Libia. Opponiamoci alla guerra senza se e senza ma. Invece di destabilizzare e alimentare una guerra senza fine sosteniamo le forze come i curdi in Turchia e Siria che si battono per pace, giustizia sociale, tolleranza, democrazia. Accogliamo i profughi che fuggono dalla guerra come i nostri padri furono accolti quando fuggivano dalle città bombardate. E’ chiarissimo fin dall’inizio che i settori americani più imperialisti e i loro alleati non hanno lavorato per favorire una transizione democratica e una pacificazione ma per rovesciare un regime, dissolvere uno stato sovrano, trasformarlo in un altro ‘stato fallito’ come son definiti con linguaggio cinico Libia, Somalia, Iraq ecc.
Qualsiasi giudizio sul regime di Assad non giustifica la guerra per procura in atto da anni in Siria.
E’ da notarsi che come già accaduto con Libia e Iraq gli americani a parole combattono islamismo ma bombardano e colpiscono regimi che avevano tanti difetti ma certo non erano certo nemici dell’integralismo.
I missili di Trump non sono al servizio della democrazia e dei diritti umani, l’attacco americano è un atto di terrorismo internazionale. Informazione e politica europee e italiane non si allineino a un presidente americano fascistoide. Riprendiamo il ruolo di pace e mediazione che ci spetta nel Mediterraneo e in Medio Oriente.

* segretario nazionale Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

martedì 4 aprile 2017

INTERVISTA DEL MANIFESTO AD ACERBO SEGRETARIO NAZIONALE PRC

Acerbo: “Dal ‘no’ sociale al ‘sì’ politico per la sinistra alternativa”, intervista su Il manifesto
ilmanifesto.it - di Riccardo Chiari -
Rifondazione comunista. Il nuovo segretario del Prc: “Dai referendum è emersa una ricchezza dentro il paese che merita di più di una lista elettorale all’ultimo minuto”. La richiesta a partiti e movimenti alternativi al neoliberismo di Pd e Forza Italia: “Dobbiamo andare oltre gli steccati, per una sinistra che voglia vincere e governare”.
Maurizio Acerbo, nei tuoi primi interventi da segretario del Prc hai citato le osservazioni fatte da un ospite, molto applaudito, come il costituzionalista Gaetano Azzariti. Come mai?
Il professor Azzariti ha detto due cose: che, da non iscritto, ha lavorato con noi in più di un’occasione; e che occorre trasformare in un ‘sì’ politico il ‘no’ sociale emerso nel paese, dai referendum sui beni comuni a quello costituzionale. In ogni città si sono attivate migliaia di persone che si sono ritrovate in un cammino comune di alternativa al neoliberismo, e quindi anche al Pd. Allora non vedo perché tutte queste persone non possano condividere un movimento popolare, con i partiti di sinistra ma anche con chi si mobilita in difesa dell’ambiente, dei diritti e delle tutele del lavoro, della democrazia. Anche con chi non si dice di sinistra perché nauseato dell’uso che negli ultimi anni si è fatto del termine. Sabato sarò a Barcellona, per l’assemblea costituente di un soggetto unitario con le proposte che noi avanziamo in Italia.
Hai parlato con toni elogiativi anche di Luigi De Magistris.
Credo sia positiva l’esperienza di Napoli di tenere insieme realtà variegate ma che condividono una posizione di chiara alternativa al Pd, di rottura con la ‘politica politicante’, e di radicalità dei programmi. La sinistra non può essere scambiata con la casta: abbiamo regalato questa parola a Grillo quando era di Marx nei suoi scritti sulla Comune di Parigi, e di Gramsci quando parlava della casta governativa al servizio dei grandi industriali. Abbiamo bisogno anche della esperienza napoletana per una sinistra che voglia vincere e governare, Così come abbiamo bisogno delle forze sociali che si stanno opponendo alle politiche ‘marchionnesche’. La Fiom è fondamentale. E’ positivo anche il cammino della Cgil, che ha avviato un confronto serrato con il governo. E il sindacalismo extraconfederale, con cui abbiamo lavorato insieme per il ‘no Renzi day’.
Non è troppa carne al fuoco? Paolo Ferrero ha segnalato come la sinistra, comunista e non, abbia perso gran parte della sua credibilità anche per proprie colpe.
“Abbiamo fatto errori politici gravi, anche di comportamenti: mi padre si fidava di Nenni e Di Vittorio perché non li considerava della casta, ma uomini che avevano messo in gioco la vita per i principi per cui lottavano. Oggi non dobbiamo inventarci nuovo marketing, è la sinistra, e chi vuole rappresentarla, che deve tornare a fare il suo mestiere”.
Altro tema delicato, viste le cautele, e le difficoltà, nella costruzione di una sinistra unitaria e di alternativa.
C’è una ricchezza dentro il paese che merita di più di una semplice lista elettorale all’ultimo minuto. Ma questo non riguarda solo la rappresentanza istituzionale. Se nel dibattito pubblico non c’è un punto di vista di sinistra quando lo scivolamento a destra del Pd è slittato al piano sociale, basta pensare al decreto Minniti-Orlando, questa debolezza è un problema di tutti. Quindici anni fa a Roma, per contestare il vertice Ue e la sue politiche, ci sarebbero state 100mila persone. Insieme, non con due manifestazioni nobilissime ma poco partecipate. Dobbiamo andare oltre gli steccati. Quando lo facciamo, vedi i referendum, l’effetto moltiplicatore c’è, superando la contrapposizione fra politico e sociale, riconquistando visibilità, e senza continuare a spaccare il capello in quattro. Perché dobbiamo ambire ad essere lo strumento con cui la maggioranza del paese difende i propri diritti, i servizi, la qualità della vita.
Eppure, al congresso, l’intervento di Nicola Fratoianni a molti non è piaciuto.

A me sì, anche se credo che Sinistra italiana debba avere il coraggio di un ulteriore passo avanti. Così come i movimenti, come De Magistris. Come i tanti che su lavoro, welfare, Europa e temi ambientali hanno maturato una visione comune. alternativa allo stato delle cose. Al neoliberismo di Pd e Forza Italia. Alle destre razziste. Anche al M5S, perché il caso di Paolo Berdini è cartina di tornasole. L’esperienza dell’Altra Europa nel 2014 è stata miracolosa, e ha riportato tanti a impegnarsi. Poi si è arenata per i problemi interni di Sel. Ma ora non possiamo perdere un’altra occasione.

lunedì 3 aprile 2017

MAURIZIO ACERBO ELETTO NUOVO SEGRETARIO NAZIONALE DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA

SINISTRA – RIFONDAZIONE COMUNISTA ELEGGE MAURIZIO ACERBO NUOVO SEGRETARIO NAZIONALE
Il Comitato politico nazionale di Rifondazione Comunista, al termine del X congresso nazionale del partito, che si è concluso oggi, domenica 2 aprile, a Spoleto, ha eletto Maurizio Acerbo come nuovo segretario nazionale del PRC.
Pescarese, classe 1965, Maurizio Acerbo è stato deputato, consigliere regionale in Abruzzo e comunale a Pescara, componente della segreteria nazionale di Rifondazione Comunista, ed è da sempre attivo nei movimenti e nelle lotte sociali e ambientaliste.
Paolo Ferrero – segretario uscente di Rifondazione Comunista, vice presidente del Partito della Sinistra Europea – ha dichiarato:

“Dopo aver fatto per nove anni il segretario di Rifondazione Comunista sono molto felice di poter passare il testimone a Maurizio Acerbo che con il suo entusiasmo, la sua intelligenza e la sua passione saprà dare un contributo decisivo allo sviluppo del partito, alla costruzione di una sinistra unitaria, al rilancio della lotta per l’alternativa.”



LA RIVOLUZIONE DI RIFONDAZIONE COMUNISTA CONTINUA
La relazione di Paolo Ferrero al X Congresso nazionale di Rifondazione Comunista è lunga e tocca tutti i punti politici più dirimenti che una sinistra di alternativa si deve...

La relazione di Paolo Ferrero al X Congresso nazionale di Rifondazione Comunista è lunga e tocca tutti i punti politici più dirimenti che una sinistra di alternativa si deve porre oggi per ritrovare un suo spazio nel contesto sociale sempre più smarrito e sempre più in balia delle destre economiche, liberiste e – aggettivo che Ferrero non considera negativamente – populiste.
Non parte da lontano Ferrero, ma rievoca la necessità di ispirarsi ad una pratica comunista che non sia altisonante, generatrice di proclami, feticista del passato, ma che semmai sia conscia della propria storia e che sappia prendere da questa i tratti migliori: cominciando da quella Rivoluzione russa che è stato il primo tentativo, che si è radicato nel tempo, delle masse popolari e proletarie di sovvertire un ordine che “una settimana prima magari nessuno poteva pensare fosse possibile capovolgere“.
Tutto, dunque, diventa possibile quando si aprono dei varchi, quando si gettano sul terreno nuove ispirazioni, quando si prova, si sperimenta. Ed è per questo che Rifondazione Comunista coniuga in questo suo X Congresso il minuto di silenzio per Fidel Castro con il “socialismo o barbarie” di Rosa Luxemburg passando per l’esperienza delle Brigate di Solidarietà attiva che si sono date da fare in tanti luoghi d’Italia in cui la terra è franata, dove vi sono state alluvioni devastanti e devastanti terremoti.
Del resto, la sede del congresso è nell’epicentro geologico e nel cuore politico di una Italia che tocca con mano il disastro: Spoleto, bella, verde, ricca, culturalmente una capitale, è a due passi da ogni piccolo centro distrutto da un sisma ininterrotto.
Sono le macerie materiali ma anche morali di un Paese che mette davanti a tutto il profitto perché governato da forze liberiste e perché il sistema dominante impone questo ai governi.
Noi non siamo tra quelli che pensano che il futuro si costruisca governando un po’ meglio di quanto hanno fatto altre coalizioni, di destra, di centrosinistra. Noi, come comunisti, pensiamo che il compito primo che abbiamo è costruire la politica sociale, quella che quotidianamente si adopera, come le “casematte” di Gramsci, per deviare il corso degli eventi ma senza punti di rottura che arrivino dal potere istituzionale.“.
E’ il senso del passaggio sull’Europa, tra l’altro, dove Ferrero fa un po’ di storia politica italiana quando cita la Rifondazione Comunista che ruppe col governo Prodi che aveva affossato le 35 ore: “Se allora ci avessero ascoltato, oggi non avremmo l’Europa della Merkel e di Renzi da un lato e della Le Pen e di Salvini dall’altro. Avremmo l’Europa di Jospin, non quella di Schroeder che ha aperto la strada alla cristallizzazione moderna del liberismo continentale.”.
Per cui, l’Europa va riformata ma non dal punto di vista del mercato: “non serve a nulla – dice il quasi ex segretario di Rifondazione Comunista – distruggere l’Unione europea. Occorre lavorare per costruire le dinamiche popolari che costringano le istituzioni di Bruxelles a fare i conti con una forza costituente sul piano sociale e politico per una trasformazione dell’attuale regime liberista in una Europa dei popoli, della solidarietà e del lavoro.”.
Parallelamente a questo percorso transalpino, ma unitario, Paolo Ferrero traccia le linee di politica interna riprendendo passaggi del Documento 1 “Socialismo XXI, per un nuovo umanesimo” che ha prevalso nei congressi dei circoli con il 71,5% dei voti. “Anche in Italia ci troviamo davanti alla necessità impellente di costruire un terzo polo che, nella sua proposta, sia una alternativa alle forze liberiste e a quelle xenofobe, razziste e neofasciste.
Nella vita si può sbagliare una volta, due volte, ma non si può ricadere nello stesso errore più volte: bisogna imparare dalle esperienze fatte e quindi io vorrei, lasciando oggi la guida di Rifondazione Comunista, che il prossimo segretario o segretaria non si trovasse davanti ad una situazione di mera composizione di liste elettorali prive di un senso dato da una intenzione che si concretizzi in un progetto di lungo respiro.
Il modello a cui penso è quello catalano, dove a nessuna forza viene chiesto di sciogliersi e dove, dentro al contenitore politico, ogni testa è un voto e non ci sono assemblaggi di ceto politico.“.
Un terzo polo che noi spesso abbiamo chiamato “quarto polo”, conteggiando come terzo quello grillino. Ma poco cambia. Un terzo polo dove stare da comunisti, intendendo per comunismo sempre la necessità del binomio che dà il nome al Partito: “della Rifondazione Comunista”. La “rifondazione comunista è” per Ferrero “un processo che non si è affatto concluso. Per questo, lo dico ai compagni che invocano l’unità comunista, ogni altro tentativo di costruzione di una forza comunista fuori dall’elaborazione della ‘rifondazione’, che è innovazione senza deperimento di valori originari, quindi attualizzazione del comunismo, finisce con l’essere ritualmente una proposizione di feticismi, di ancoraggi celebrativi legati al passato.”.
L’ultima osservazione è sulle prossime elezioni amministrative comunali. Ferrero riafferma un concetto che condividiamo con assolutezza: “Per costruire una alternativa seria devi essere ovunque alternativo: dunque Rifondazione Comunista se vuole essere alternativa non può fare alleanze con il PD. In nessun luogo. In nessun modo. Altrimenti viene meno la base stessa del progetto di costruzione di una alterità, viene meno l’autonomia, viene meno il senso stesso del Partito.“.

La platea dei 400 delegati applaude il segretario. Lo applaude Citto Maselli (nella foto, a sinistra accanto a Pippo Civati), il maestro, il regista che è sempre stato dalla parte dei più deboli e che è sempre con noi, da iscritto e militante. Lo fanno anche coloro che gli sono stati contrari in questo congresso, che si sono schierati contro l’ipotesi di una costruzione di quel terzo polo della sinistra di alternativa di cui c’è davvero impellente bisogno.
E gli interventi degli invitati sono lì a dimostrarlo. Almeno nelle volontà espresse dalla tribuna. Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana chiede di individuare insieme le proposte attorno alle quali costruire il soggetto unitario, cominciando dalla riduzione drastica dell’orario di lavoro a parità di salario e da quanto affermato da Ferrero sull’Europa: cambiarla senza smembrarla.
Anche Pippo Civati di Possibile si schiera per la costruzione del terzo polo, ricordando il cammino comune già percorso con Rifondazione comunista in questi anni, dopo la prima delle scissioni “da sinistra” che hanno interessato il PD.
E la prima giornata del X Congresso nazionale di Rifondazione Comunista si chiude così, con la votazione delle commissioni e l’appuntamento al primo dei due giorni di dibattito con al centro il titolo stesso dell’assise che diventa programma politico: “C’è bisogno di rivoluzione”.
MARCO SFERINI – da LA SINISTRA QUOTIDIANA - 1° aprile 2017 - foto di Massimo Lombardi e Rosa Rinaldi

Grazie per le visite!
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