sabato 30 aprile 2011

1 MAGGIO PER IL LAVORO E LA DIGNITA'



1 MAGGIO PER IL LAVORO E LA DIGNITA'

A PIOLTELLO PRESSO LA SALA BONOUA CENTRO CIVICO VIA LEONCAVALLO 36



PRIMO MAGGIO CON SERATA DANZANTE



PORTIAMO LA PACE NELLE PIAZZE DEL PRIMO MAGGIO
«La decisione del governo di inviare gli aerei militari per bombardare la Libia, sostenuta anche dal Presidente della Repubblica, costituisce una palese violazione della Costituzione italiana», ricorda il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero lanciando la proposta di partecipare alle manifestazioni del Primo Maggio con la bandiera della pace, «caratterizzandole come manifestazioni per i diritti dei lavoratori e contro la guerra». Un'idea in linea con l'appello del coordinamento 2 aprile che ieri ha lanciato un altro appello:
«Mettiamo in campo tutte le possibili iniziative di denuncia e solidarietà per il cessate il fuoco».«Non c'è niente di umanitario nelle bombe italiane in Libia, c'è solo la difesa di interessi strategici, economici, energetici» ripete l'appello all'indomani degli annunci governativi sulla partecipazione dell'Italia ai bombardamenti e del sostanziale via libera del Quirinale al «naturale prolungamento della missione». Gli ingredienti della questione sono tutti velenosi: dalle stragi compiute da Gheddafi con armi vendute da Roma al disimpegno nei confronti delle transizioni democratiche in Tunisia ed Egitto, dal silenzio per le stragi in Siria alla complicità con l'occupazione israeliana in Palestina e l'assedio a Gaza. Fino al respingimento dei profughi e all'assenza di politiche di accoglienza.
Se è vero che ci sono già dodici paesi che bombardano la Libia, che senso ha che lo faccia anche l'Italia? Qual è il valore militare aggiunto di questa decisione? E poi: bombardare chi? Bombardare cosa? Di quali obiettivi mirati stiamo parlando?
«40 giorni di bombardamenti non hanno impedito l'assedio e il massacro di Misurata - dice da Perugia, Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace - quanto tempo deve passare ancora prima di cambiare strategia? Dov'è finita la coerenza con la risoluzione dell'Onu 1973 che al primo punto chiede a tutti di operare per "raggiungere l'immediato cessate il fuoco e la fine di tutte le violenze e gli attacchi contro i civili"? Perché si continua a parlare solo di guerra?Invece di partecipare ai bombardamenti, l'Italia dovrebbe mettere in campo una grande iniziativa diplomatica per fermare la strage di civili, puntare a una tregua che consenta di portare aiuto immediato alla popolazione di Misurata e poi raggiungere il cessate il fuoco. Perché non si è ancora attivata la missione europea Eufor Libia?». Anche per la Fiom si tratta di una scelta sciagurata: «Nel condannare il carattere dispotico e autoritario del regime Gheddafi, rimaniamo convinti - dice Maurizio Landini - che la difesa dei diritti umani e il sostegno a chi si batte per la democrazia si realizzano fermando la violenza e favorendo il negoziato».
«Fin dall'inizio abbiamo avuto chiaro l'obiettivo della missione
umanitaria - dice Piero Maestri, coordinatore nazionale di Sinistra critica - fermare ogni possibile dinamica rivoluzionaria, mettere sotto tutela la politica libica, garantire il proseguimento del controllo occidentale sulle risorse libiche e dei paesi del Mediterraneo».

RESTIAMO UMANI E CONTINUIAMO A LOTTARE PER LA PACE


RESTIAMO UMANI E CONTINUIAMO A LOTTARE PER LA PACE



Fabio Amato

«Abbiamo iniziato a impilare cadaveri come ciocchi in una legnaia - racconta un anonimo ufficiale dei Marines al Washington Post - fino a quando loro (gli Alikozai, ndr) hanno detto "Cavolo, qui stiamo rimanendo in pochi"». A quel punto i capi tribù hanno accettato un nuovo accordo con il governo, ufficialmente in cambio di promesse di aiuti per la ricostruzione. «Questi non li convinci con i progetti e la buona volontà - dice un altro ufficiale al Post - devi arrivare davanti alla loro porta di casa con due compagnie di marines e iniziare ad ammazzare gente: è così che inizi a convincerli».
Questi brani, ripresi da un articolo di peacereporter, sono le testimonianze di ufficiali americani in Afghanistan su come si conquistano "cuori e menti" con le guerre umanitarie o le missioni cosiddette di pace. Vale la pena riportarle, proprio mentre il circo mediatico mondiale, compreso naturalmente quello italiano, bombarda letteralmente ognuno di noi, indipendentemente dalla propria volontà di saperne o meno, con le notizie riguardanti il matrimonio della casa reale inglese, a cui giustamente l'unica reazione possibile è quella del rigetto, oltre che di una sana e vigorosa ripresa del sentimento antimonarchico. Il nostro paese, nel frattempo, ha iniziato a bombardare la Libia. Con i complimenti della Nato, la benedizione di Napolitano e l'arrabbiatura di Bossi. Se l'opposizione parlamentare volesse davvero far cadere Berlusconi basterebbe decidere di votare contro, in Parlamento, alla missione di guerra in Libia. Se la Lega dovesse far retromarcia si svelerebbe il suo bluff, altrimenti si sancirebbe la crisi del governo Berlusconi, oltre ad evitare al nostro paese di partecipare senza una politica e al carro di Francia, Usa e Gran Bretagna ad una guerra che è contro la nostra Costituzione e il suo articolo 11, checché ne dica il Presidente della Repubblica. Nessuna appartenenza alla Nato o all'Onu ci obbliga a bombardare la Libia. Queste sono panzane belle e buone. Si lavori per una soluzione politica alla guerra civile, invece di prendervi parte contribuendo così al sicuro futuro caos o smembramento della Libia. Dopo più di un mese dall'inizio dei bombardamenti sulla Libia, è oramai evidente quanto la risoluzione Onu 1973 fosse solamente la foglia di fico che, con la scusa della no fly zone o della fantomatica e ipocrita protezione dei civili, ha invece avallato la guerra.
Giustamente domani, 1 Maggio, abbiamo chiesto di testimoniare con le bandiere della pace l'opposizione alla guerra. A questa guerra come alle altre ancora in corso. Per svelarne l'ipocrisia basta ricordare quanto accadde a Gaza con Piombo fuso. Quella guerra che ci è stata raccontata da Vittorio Arrigoni, senza che mai un talk show nostrano, anche di quelli che vorrebbero sembrare impegnati, gli abbia mai chiesto un'intervista, o parlato dei suoi libri e dei suoi racconti dall'inferno di Gaza. E alla Palestina, alla fine dell'embargo a Gaza e a Vittorio sono legate le altre mobilitazioni a cui parteciperemo a Maggio. Una è il convoglio "restiamo umani", che entrerà a Gaza dal valico di Rafah che l'Egitto, dopo 4 anni di chiusura, ha proprio ieri annunciato di riaprire. L'altra è la manifestazione nazionale del 14 Maggio a Roma in sostegno alla Freedom flottilla che partirà a fine mese per rompere l'assedio di Gaza via mare. Aderiamo alla manifestazione e partecipiamo in tanti, sosteniamo questa battaglia che era una delle tante in cui Vittorio Arrigoni era impegnato. E' il modo migliore per ricordarlo, per far sì che il suo esempio resti e motivi tanti altri a non essere indifferenti, a fregarsene delle nozze reali e dei loro scandalosi lussi e di guardare il mondo a partire dalla parte di chi è oppresso, scegliere di essere partigiani. Della pace e della giustizia. Restiamo umani, continuiamo a lottare.

venerdì 29 aprile 2011

DERIVE ED APPRODI







Derive & Approdi

Dino Greco

Manca, come è ovvio, il riscontro fattuale, ma non vi è ombra di dubbio che, semmai Berlusconi avesse calcato la terra nel ventennio nero, quella fascista sarebbe stata la sponda nella quale egli avrebbe naturalmente militato. Questa in fondo banale eppur tristissima considerazione merita tuttavia una particolare attenzione, giacché un tale Presidente del Consiglio governa da molti anni un Paese formalmente retto da una costituzione che è stata il frutto di una grande lotta di liberazione dall'occupazione nazista, trasformatasi in una vera e propria rivoluzione democratica e antifascista.
La distanza fra i valori resistenziali, poi trapassati nella Carta, e lo stato di cose presente è ormai diventata abissale. E da qualunque angolatura si guardi alle condizioni del Paese non se ne può che trarre una conclusione sconfortante. Ma, fra tutti i rovesciamenti di prospettiva, fra tutte le abiure e i tradimenti, ve n'è uno che è, più di qualunque altro, insopportabile. Parlo della guerra, bandita dal consesso delle nazioni all'indomani del secondo conflitto mondiale e ripudiata dall'articolo 11 della nostra Costituzione.
Ebbene, lunedì, il 25 aprile, il governo ha deciso di cessare i traccheggiamenti e passare al coinvolgimento pieno dell'Italia nella guerra di Libia, partecipando direttamente ai bombardamenti. Nella maggioranza la sola Lega fa la mossa di opporsi, avendo certezza che da questa posizione ricaverà solo vantaggi: quello di entrare in risonanza con la gran parte del popolo italiano senza peraltro mettere in discussione la tenuta del governo che nel Parlamento può sempre contare - ecco il punto - sui voti del Pd. Infatti, Anna Finocchiaro, toccando il culmine dell'ipocrisia, si è subito affrettata ad assicurare che «se verranno confermati i confini della "risoluzione 1973" dell'Onu i Democratici non faranno mancare il proprio assenso». E' noto che la discutibilissima risoluzione che autorizza l'abbattimento dei caccia di Gheddafi che dovessero sorvolare i cieli della Cirenaica altro non è che una foglia di fico, lì posta per coprire, come si è subito visto, un intervento di ben altre dimensioni e che la giustificazione addotta - la protezione della popolazione civile - si è rivelata una volgare bugia. Ma, con tutta probabilità, ad un voto delle camere neppure si arriverà (con vivo sollievo di quanti desiderano nascondere al più presto lo sporco sotto il tappeto) considerato che persino il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, giudica l'escalation bellica un «naturale sviluppo del conflitto».
In quello che sta accadendo non vi è in realtà nulla di "naturale". Se le pretese ragioni umanitarie, se la ripulsa dei regimi dittatoriali fossero movente credibile, la comunità internazionale dovrebbe scatenare interventi armati contro tutti i paesi che si macchiano di crimini contro il proprio popolo o che violano sistematicamente le risoluzioni delle Nazioni Unite. Ma questo non avviene, ovunque alleanze, interessi e profitti consiglino comportamenti diversi. Così la guerra è tornata ad essere un'opzione ordinaria, una cinica variante della politica, non più un tabù, un confine da non oltrepassare se non a prezzo di mutare sè stessi, di rinnegare quel senso dell'umanità così faticosamente riguadagnato dopo la mattanza della seconda guerra mondiale.
Una volta la sinistra, quella che provò per davvero a farsi tale, aveva compreso che quel punto era discriminante come nessun altro e ne aveva fatto il tratto identitario più limpido del proprio profilo politico. Ma da allora è passato molto tempo e quell'intelligenza delle cose si è persa. Insieme a molto altro. Pace autentica e lavoro degno sono stati per decenni i pilastri sui quali la sinistra ha costruito la propria forza, insegnando ai proletari che di lì passano riscatto sociale e democrazia. E rendendosi capace, per un tratto non breve di storia, di un linguaggio universale.
Lunedì, a Milano, le decine di migliaia di persone accorse in piazza per celebrare il sessantaseiesimo anniversario della Liberazione hanno lungamente contestato i rappresentanti del centrodestra. Ma i fischi non hanno risparmiato Luigi Bersani e il suo più che anemico Pd, dedito da tempo a commentare l'italica deriva, piuttosto che provare seriamente ad arginarla e combatterla.
La via della guerra, abbracciata con tanto stolida disinvoltura, non gli gioverà. Ci sono crinali che una volta discesi è difficile risalire.

domenica 24 aprile 2011

IL 12 e 13 giugno ai REFERENDUM VOTA 4 SI


IL 12 e 13 giugno ai REFERENDUM VOTA 4 SI





Acqua pubblica, ancora più di prima: tutti al voto


Sfidando ogni senso del ridicolo, il governo Berlusconi ha dichiarato la propria guerra senza quartiere ai referendum dei prossimi 12/13 giugno. Il tentativo, piuttosto maldestro, di “congelare” il rilancio del nucleare in Italia dimostra una verità inequivocabile: la maggioranza del Paese continua, ventiquattro anni dopo, ad essere profondamente antinucleare e vuole un’altra politica energetica per un’altra società.
Stupefacente la “nemesi” che sottende a questo gioco a rimpiattino: proprio il governo che, ad ogni difficoltà del premier, tenta di legittimarne gli atti e le dichiarazioni richiamandosi alla volontà popolare, quando quest’ultima può finalmente esprimersi la teme come il peggiore degli incubi. Non sappiamo come si pronuncerà la Corte di Cassazione in merito, ma da subito va rivendicato il diritto delle donne e degli uomini di tutto il paese a poter decidere sulla politica energetica, tema essenziale per la presente e per le future generazioni.
E con ancor più decisione va intensificata la campagna referendaria per i 2 Sì ai quesiti per la ripubblicizzazione dell’acqua. Perché è una battaglia portata avanti da uno straordinario movimento che in questi anni, attraverso la reticolarità e la diffusione in ogni territorio, ha costruito una nuova consapevolezza sull’acqua come bene comune e diritto umano universale e sulla necessità di sottrarne la gestione al mercato e al profitto dei privati.




Un movimento che ha costruito la più grande coalizione sociale degli ultimi decenni e che nella campagna di raccolta firme della scorsa primavera ha raccolto oltre 1,4 milioni di firme, senza grandi finanziamenti, senza forti sponsorizzazioni politiche e nel più totale silenzio dei mass media.
Un movimento che ha già ottenuto due vittorie: è riuscito ad imporre il tema dell’acqua e dei beni comuni nell’agenda politica del Paese, rompendo l’autistica separatezza con cui il Palazzo si è autoescluso dalla società, ed è riuscito a creare un precedente costituente, ovvero il fatto che, su ciò che a tutti appartiene, tutte e tutti devono poter decidere.
Ora si tratta di passare dall’indubitabile vittoria culturale ad un’altrettanto sonora vittoria politica: con la vittoria dei Sì ai due referendum sull’acqua, per la prima volta dopo decenni, le politiche liberiste possono essere sconfitte attraverso un voto democratico e popolare, invertendo la rotta e modificando, ben aldilà del tema specifico, i rapporti di forza politici e culturali in questo Paese.
E’ una battaglia decisiva, che il movimento per l’acqua e il comitato referendario possono vincere ricorrendo alla propria ricchezza più preziosa: la diffusione territoriale e la capacità di aver coinvolto in questa vera e propria battaglia di civiltà moltissime donne e uomini alla loro prima esperienza di attivismo, costruendo un grande anticorpo sociale per un’uscita dalla crisi alternativa alla consegna dell’intera vita delle persone alle leggi del mercato. Aprendo la strada alla ripubblicizzazione dell’acqua, ma anche alla ridefinizione di un nuovo modello di pubblico, fondato sulla partecipazione sociale.



Se il governo e i poteri forti trasversali, con la mossa sul nucleare (cui ci aspettiamo ne seguiranno altre sull’acqua) pensa di poter ancora una volta contare sulla passivizzazione e sull’assuefazione delle persone, è il momento di dimostrare l’esatto contrario con una partecipazione di massa al voto referendario.
Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia. E perché solo la partecipazione è libertà.

domenica 17 aprile 2011

CANTATA GRANDE PER UN’ALTRA MILANO


CANTATA GRANDE PER UN’ALTRA MILANO LUNEDI 18 APRILE ORE 18.30 - 24


IVAN DELLA MEA: CANTATA GRANDE PER UN’ALTRA MILANO 18 APRILE – ORE 18.30/24

MILANO – SALA DELLA PROVINCIA – VIA CORRIDONI 16


CON: PAOLO CIARCHI, LELLA COSTA, MONI OVADIA, ROCCO TANICA, FAMIGLIA ROSSI, BANDA DEGLI OTTONI, NANNI SVAMPA, ANTONIO MASTINO, IN BALIA DELLA MARIA, SANDRA BONINELLI, CLAUDIO CORMIO, PAOLO DELLA PORTA, FEDERICO SANESI, NEMA PROBLEMA, ANDREA LA BANCA, GUIDO BALDONI, ISABELLA CAGNARDI, GUIDO “GIUBBONSKI”, ELISABETTA VERGANI, MASSIMO DE VITA, MARIO ARCARI, ANNA NOGARA, PATRIZIO FARISELLI, STORMY SIX, RICKI GIANCO, VALLANZASKA, OTTAVIA PICCOLO, PAOLO ROSSI…

COORDINA

SILVANO PICCARDI

(candidato nella lista SINISTRA PER PISAPIA)

Interverranno:

Basilio RIZZO

(Capolista di SINISTRA PER PISAPIA) Giuliano PISAPIA

(Candidato Sindaco)


CON IVAN NEL CUORE E NELLA MENTE


CAMBIA MILANO – CAMBIA L’ITALIA


WWW.SINISTRAPERPISAPIA.IT

venerdì 15 aprile 2011

Ciao Vittorio!


Vittorio Arrigoni, giovane attivista per i diritti umani, repoter de "il manifesto", è stato barbaramente ucciso dai salafiti, un gruppo ostile ad Hamas. Noi lo salutiamo commossi e gli promettiamo che l'impegno per la pace e per i diritti dei palestinesi continuerà


Ciao Vittorio!


Video di ARRIGONI a SAVIANO - http://youtu.be/NBgI_QWgXaI


Tutti gli appuntamenti per ricordare Vittorio Vittorio Arrigoni è stato sequestrato nella Striscia di Gaza e poi brutalmente assassinato. Vittorio è un amico del popolo palestinese, ha rischiato quotidianamente la sua vita per essere vicino alle sofferenze degli uomini e delle donne di Gaza assediata. Vittorio è un amico della Freedom Flotilla, che fra poche settimane partirà per portare solidarietà e aiuti umanitari nella Striscia di Gaza assediata. Non è possibile parlarne al passato. Gli amici del popolo palestinese, gli amici di Gaza assediata vogliono CHIAREZZA SUL SUO ASSASSINIO , SUBITO! Qui tutti gli appuntamenti in Italia per ricordarlo Venerdì 15 aprile A Roma appuntamento alle 16.00 al Colosseo.A Milano appuntamento alle 16.00 a Piazza del DuomoA Genova presidio permanente dalle ore 10,00 in Via RomaA Brindisi appuntamento alle 16.00 a Piazza VittoriaA Rimini appuntamento alle 16.00 a Piazza CavourA Lecco appuntamento alle 16.00 a Piazza GaribaldiSi stanno organizzando manifestazioni anche a Napoli, Bari, Torino… Associazione Palestinesi in Italia – Forum Palestina – Freedom Flotilla Italia – Comunità Palestinese di Roma e del Lazio – Unione Sindacale di Base – Unione Democratica Arabo Palestinese – Comitato con la Palestina nel Cuore – Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila – Radio Città Aperta – Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos (Campi Bisenzio) – Comitato Palestina Bologna – Comitato di Solidarietà con il Popolo Palestinese di Torino -Gruppi di appoggio alla Palestina (Parma) – Collettivo Politico Fanon (Napoli) – Collettivo Autorganizzato Universitario di Napoli – Italia dei Valori – Partito dei Comunisti Italiani – Partito della Rifondazione Comunista – Rete dei Comunisti – Comitato Ricordare la Nakba (Torino) – C.S.O.A. Askatasuna (Torino) – Net Antagonista Torinese – C.S.O.A. Murazzi (Torino) – C.U.A. Torino – Area Antagonista Ska Officina (Napoli) – Coordinamento 2° Policlinico (Napoli) – Coordinamento di Solidarietà con la Palestina (Napoli)

martedì 12 aprile 2011

ITALIA - Mercoledì 13 aprile 2011 alle 16 Presidi davanti le sedi della Rai


A Milano mercoledì 13 aprile 2011 dalle ore 16 Presidio davanti la sede della Rai di Corso Sempione per protestare contro il bavaglio, contro l’oscuramento del PRC, per ripristinare il diritto di cronaca e i valori dell’articolo 21 della COSTITUZIONE ITALIANA.



LETTERA DI MASSIMO ROSSI ALLA RAI Illustre dott. Garimberti, Le comunichiamo che mercoledì 13 aprile dalle ore 16.00 la Federazione della Sinistra organizza davanti alle sedi RAI del territorio nazionale, presidi di protesta contro l’oscuramento che tutto il sistema informativo pubblico, dai telegiornali ai talk show, opera nei confronti di questa organizzazione.Del resto Le sarà facile verificare direttamente, accedendo ai dati, la nostra pressoché inesistenza nelle informazioni dei telegiornali come nella presenza nei “contenitori” di approfondimento o di confronto che prevedono la partecipazione di rappresentanti politici. In ragione di quanto sopra, e in qualità di portavoce della Federazione della Sinistra sono a chiederLe un incontro, unitamente ad una delegazione della nostra organizzazione composta da Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto, Cesare Salvi e Gianpaolo Patta. Incontro che le chiederemmo possa avvenire più o meno contemporaneamente alla nostra iniziativa. Nel ringraziarLa per l’attenzione, e certi che vorrà accogliere la nostra richiesta, la salutiamo cordialmente.

Roma, 7 aprile 2011

Massimo Rossi – Portavoce Federazione della Sinistra

venerdì 8 aprile 2011

SABATO 9 APRILE I GIOVANI SI PRENDONO LA PIAZZA






SABATO 9 APRILE I GIOVANI SI PRENDONO LA PIAZZA di Roberto Ciccarelli

La Street Parade dei precari che hanno promosso la manifestazione «Il nostro tempo è adesso» partirà sabato 9 aprile alle 15 da Piazza della Repubblica a Roma, passerà per piazza Vittorio e arriverà al Colosseo. Alla stessa ora sono previsti altri cortei, presidi e manifestazioni in più di 30 città italiane, daNapoli a Bologna, da Bari a Pisa, da Firenze a Milano, oltre che a Bruxelles, in Spagna e aWashington. Tappa di avvicinamento allo sciopero generale del 6 maggio, il corteo vuole tornare a dare voce alle principali rivendicazioni ascoltate nelle piazze del movimento studentesco e universitario di quest’autunno: il diritto al futuro, garanzie e tutele nella vita e sul lavoro per le nuove generazioni che più di altre stanno pagando la crisi.Sono questi i primi passi di una rete promossa da quattordici associazioni che vanno dal comitato promotore della campagna Cgil «Giovani non più disposti a tutto» all’associazione nazionale degli archeologi, ci sono anche i dottorandi dell’Adi, i ricercatori precari del Cpu, operatori di call center, giovani imprenditori, avvocati e architetti, oltre a redattori, giornalisti precari e testate web che si occupano dei diritti degli stagisti. Il loro appello è stato sottoscritto negli ultimi giorni damigliaia di persone sul sito www.ilnostrotempoeadesso. it e dalle organizzazioni giovanili dei partiti di centro-sinistra (Idv, Pd, Sel e Fds). In una videolettera la segretaria Cgil Susanna Camusso ha comunicato il suo sostegno all’iniziativa, mentre è stata annunciata un’analoga iniziativa da parte del Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Come vuole il format usato nelle manifestazioni tematiche degli ultimi tempi, anche in questo caso è possibile guardare in rete i messaggi dei testimonial del mondo dello spettacolo e della cultura, dal premio Campiello Giovani Silvia Avallone al sociologo Luciano Gallino e Ascanio Celestini, David Riondino e Dario Vergassola, fino agli attori di Boris.Nella conferenza stampa organizzata ieri a Roma per presentare la manifestazione sono state snocciolate le cifre che hanno trasformato in poco più di due anni la «questione giovanile» in una vera e propria emergenza sociale intergenerazionale. I dati, soprattutto quelli che riguardano la disoccupazione, sono ormai di dominio pubblico. Ogni trimestre l’Istat conferma lo sconcertante primato che l’Italia detiene tra i paesiOcse: la media dei giovani disoccupati che hanno tra i 15 e i 24 anni si mantiene stabile poco sotto il 30 per cento. Quello che passa ancora oggi inosservato è la crescita del tasso di inattività al 71,6 per cento, una situazione che interessa di più gli uomini al Nord e le donne nelle regioni del Centro, mentre al sud il 32,9 per cento delle donne sono disoccupate.Osservando le statistiche che parlano di chi ha oggi almeno 34 anni si scopre che la nuova questione sociale affoga in una terra di mezzo che fino a pochi anni fa tutti, ma proprio tutti, stentavamo a riconoscere. Scarse opportunità professionali, lavori in nero sottopagati e discontinui, quindi senza contratto e contributi, tutti fattori che hanno colpito la generazione nata negli anni Settanta, quella che era stata destinata al culto della libera e intraprendente professionalità e oggi si trova fuori dal mercato del lavoro con l’unico sostegno dei risparmi accumulati dalle reti familiari (che hanno già bruciato il 60 per cento delle loro risorse). Per questo il lavoro irregolare in Italia coinvolge ormai 1,5 milioni di persone sotto i 34 anni, tutti iscritti alla gestione separata dell’Inps. Pochi di loro, per non dire nessuno, avrà diritto ad una pensione a causa della sporadicità dei versamenti.Se poi volessimo allargare lo sguardo oltre questa soglia di età, è quasi certo che i dati aumenterebbero fino a raddoppiare. Considerando il tasso di inattività fino a 64 anni, sembra che gli inattivi e coloro che hanno rinunciato alla ricerca di una nuova occupazione ha raggiunto il 37,8 per cento della forza lavoro attiva. Qualche tempo fa l’Istat cercò di dare un profilo a questa figura sociale della crisi, coniando una nuova categoria, quella degli «sfiduciati », 1,5 milioni di persone ai margini della vita attiva.Dall’iper-attivismo alla sfiducia, sembra essere questo il destino di almeno due generazioni alle quali è stato recentemente consigliato di riscoprire i «lavori umili». Non la pensano così i promotori del 9 aprile che tuttavia non nascondono che il sindacato «ha avuto molte difficoltà nel dare una risposta alla precarietà,ma noi ci impegneremo a spingerlo a prendere una posizione». Chiedono alla politica nazionale di cambiare la propria agenda, sempre ferma alle questioni giudiziarie del Presidente del Consiglio; vogliono l’aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo e riforme sociali che garantiscano il diritto ad un’equa retribuzione, allamaternità e alla continuità di reddito chemanca del tutto in Italia, unico paese nell’Unione Europea. Sullo sfondo resta la necessità del reddito di cittadinanza, la rivoluzione del Welfare e l’abolizione della legge 30, quella che ha introdotto le peggiori condizioni di lavoro dal Dopoguerra ad oggi. Non mancheranno occasioni per riprendere il filo del discorso.

martedì 5 aprile 2011

MASSIMO ROSSI PORTAVOCE NAZIONALE FEDERAZIONE DELLA SINISTRA




LA POLITICA INSORGENTE DEL “SIGNOR ROSSI”


Da “il manifesto”


Loris Campetti

Massimo Rossi si appassiona più al referendum per l’acqua pubblica che alla prossima tornata amministrativa perché pensa che la questione dei beni comuni sia «fondante» di un altro modello sociale, culturale, politico, di relazioni tra le persone. Viene da una storia «movimentista » sfociata, «senza degenerare in politicismo», in importanti esperienze amministrative. E’ stato per nove anni sindaco della «Porto Alegre » d’Italia, Grottammare, s’è inventato il bilancio partecipativo, sostenuto dalle liste di movimento e dalle forze di sinistra. Ha fatto il presidente della provincia di Ascoli, tutt’altro che rossa, vincendo al primo turno finché il Pd, nel 2009, non si è messo di traverso impugnando una politica opposta a quella che ha fatto vincere il centrosinistra 5 anni prima e ha presentato un candidato contrapposto che ha ottenuto il risultato straordinario di riconsegnare la provincia alla destra. Abbonato al manifesto, attivo in rete con Democrazia kilometro zero, appassionatamente contrario alla guerra – «ero a 300 chilometri dall’ambasciata cinese a Belgrado, rasa al suolo dalle bombe intelligenti della Nato e di D’Alema». Rossi insegna materie tecniche in un istituto professionale di Fermo, «una scuola di frontiera dove la metà degli studenti è fatta di immigrati e molti vengono da classi sociali deboli. Pensa che mentre noi siamo con l’acqua alla gola, la giunta regionale di centrosinistra delle Marche ha deciso di dare 600 mila euro a due scuole professionali cattoliche per fare corsi analoghi ai nostri». Ama il suo lavoro, se n’è distaccato solo per impegni amministrativi e dal 2009 ha ripreso la sua postazione. Ci racconta il suo nuovo impegno di portavoce della Federazione della Sinistra durante due ore buche dall’insegnamento. Che ci fa uno come te in un esperimento politico che tiene insieme i comunisti del Prc di Ferrero e del Pdci di Diliberto, Socialismo Duemila di Salvi e Lavoro e solidarietà di Patta? «Intanto queste quattro forze che lavorano insieme, e le tante soggettività che hanno scelto di stare nella Fds senza altre tessere di partito, sono la testimonianza che la Fds è qualcosa di diverso e di più dell’unità dei comunisti, a cui so che qualcuno pensa. Io credo invece che l’elemento da valorizzare sia il tentativo di invertire il processo di frammentazione a sinistra, pur nel riconoscimento delle diversità, guardando con interesse all’esperienza di Izquierda Unida e della Linke. E’ un’idea diversa, più ambiziosa del cartello elettorale: è la ricerca, dentro la crisi della forma partito, di nuove forme della politica ». Arrivato alla Fds dalle esperienze legate alla partecipazione e alla difesa dell’acqua pubblica e dei beni comuni, Rossi ha in mente concetti come la «democrazia insorgente» e riflette su come «mettere in rete la ribellione al pensiero unico». La sinistra che ha in mente somiglia più a esperienze come «Uniti contro la crisi» che all’unità dei comunisti. Questa è almeno l’impressione che resta dopo una lunga chiacchierata e un’antica frequentazione. Però le elezioni ci sono, e storicamente non sono il terreno in cui la sinistra dà il meglio di sé: «E’ uno scoglio difficile perché mette in moto dinamiche poco conformi all’esigenza di costruire un percorso comune propositivo, alternativo a quello dominante. Non dimentico che viviamo in una stagione segnata da Berlusconi e dal berlusconismo, perciò è fondamentale cercare il massimo di unità sul terreno della difesa della democrazia. Però non credo che ci siano le condizioni per un’esperienza nazionale di governo, diverso è nei territori dove sono possibili e auspicabili accordi sul merito, basati sulle esigenze reali». Come la mettete con Vendola e Sel? «In tutte le mie esperienze amministrative sono stato candidato anche di Sel e in molte realtà lavoriamo in sintonia. Bisogna ammettere però che hanno un’altra impostazione politica e un’idea diversa dalla nostra sul rapporto con il centrosinistra. Penso a Torino, alla Fiat, e mi chiedo come si faccia ad appoggiare Fassino. Ma penso anche a Napoli, a Salerno, penso a realtà marchigiane come San Benedetto dove dopo una campagna importante sul territorio Sel si è messa con il Pd che sostiene un’idea e una pratica opposta di uso e sfruttamento del territorio. Io credo all’unità per, non all’unità di, e temo il politicismo». Le vostre parole d’ordine nella campagna elettorale? «La priorità dei contenuti, mettendo al centro la costruzione di un diverso modello sociale; un nuovo rapporto eletticittadini basato sulla partecipazione, con gli eletti capaci di prescindere dall’appartenenza; la qualità delle relazioni, fuori da logiche di dominio e di egemonia in un movimento circolare capace di accogliere e valorizzare le differenze, a partire da quelle di genere». Due sabati fa Massimo Rossi era a Roma in piazza San Giovanni per l’acqua pubblica e sabato scorso era a piazza Navona, contro la guerra «senza se e senza ma», impugnando la Costituzione. «La guerra è sempre un pantano di sangue». Buon lavoro, Massimo Rossi.

IL RICATTO ITALIANO





IL RICATTO ITALIANO


di Alessandro Dal Lago - su il manifesto del 05/04/2011


In qualsiasi paese normale, un ministro come Maroni si sarebbe dimesso, dopo l'incredibile spettacolo di Lampedusa, per non parlare di Manduria e altre tendopoli. Ma non è uno spettacolo. Quella a cui stiamo assistendo è una tragedia a cui il nostro governo sta rispondendo con la consueta miscela di brutalità e giochetti diplomatici, con la corsa a Tunisi - dove ieri è stato «respinto» - per imporre il ricatto soldi contro migranti. E ancora, dichiarazioni a vanvera, disorganizzazione e velleitarismi. Lasciare per giorni e giorni migliaia di esseri umani all'addiaccio, senza cibo e servizi igienici, salvo lamentarsi dell'Europa, della Francia o del destino cinico e baro, è inqualificabile.



La Tunisia ha accolto centocinquantamila profughi dalla Libia in modo infinitamente più civile. E parliamo di un piccolo paese che sta vivendo una difficile transizione politica e una crisi economia e sociale senza precedenti. Se, invece di trentamila o giù di lì, i migranti verso l'Italia fossero cinquantamila, non cambierebbe nulla.



Dalla settima o ottava potenza economica del mondo ci si aspetterebbe ben altra risposta. Soprattutto, dopo che lo stesso Maroni aveva sparato l'incredibile cifra di cinquecentomila. Si ha proprio l'impressione che il piagnisteo sull'Europa che ci abbandona sia una cortina fumogena per giustificare a priori inadempienze, confusione e soprattutto il fallimento di una politica di lungo periodo sull'immigrazione. E tutto questo con una forza politica di maggioranza, la Lega, che spara truci bordate per tener buono il proprio elettorato. Ma il problema è più grave e profondo.



È l'intera classe politica, al governo e anche all'opposizione, che non sa che pesci pigliare. Basti citare un'intervista a Rutelli, in cui l'ex sindaco anti-Rom la mette sui «trafficanti di uomini», come se i responsabili degli sbarchi fossero gli scafisti, e non i conflitti sociali, economici e militari che stanno travagliando Maghreb e Mashrek. Ben pochi ascoltano le voci dei migranti: «vogliamo la libertà», «là non possiamo più vivere»... e poi «in Italia ci trattano come cani» e così via. I nostri politici, bolliti da decenni di fallimenti, non sospettano nemmeno che questi sono esseri umani, i quali, in primo luogo, devono essere riconosciuti come tali e trattati di conseguenza. E quindi ospitati e ascoltati. E provvisti di permessi di soggiorno, circolazione e transito.



Solo allora, a partire dai loro bisogni, materiali e civili, ci si può appellare al resto del mondo. Senza però evadere dalle proprie responsabilità.Ripetiamolo: trentamila o cinquantamila migranti sono un problema che qualsiasi paese delle nostre dimensioni deve essere in grado di affrontare. Ma nulla fa pensare che sia così. Sulla scia di se stesso, ma anche di Pisanu e Amato, Berlusconi non sa fa altro che offrire un po' di milioni alla Tunisia, mentre da noi si rafforza il filo spinato intorno alle tendopoli e si mandano i poliziotti a cavallo a dar la caccia ai migranti che scappano.



Mai come oggi l'abisso che separa la politica italiana dall'umanità è apparso così profondo. E allora ricordiamo che le mance ai dittatori di turno non sono servite a niente. E che con quei soldi, per non parlare delle spese sostenute per tenere in volo i Tornado (senza avere nemmeno il coraggio di dire che partecipano alla guerra), si potrebbe offrire una speranza, una via di scampo, una possibilità a questi ragazzi che fuggono dalla fame e dalla guerra. Ma siamo governati da Bossi e Berlusconi, come forse un giorno da Rutelli e Montezemolo. In attesa di qualcosa di meglio, non possiamo che augurare a quei ragazzi, e agli altri che li seguiranno, di farcela, quale che sia la loro destinazione.
Grazie per le visite!
banda http://www.adelebox.it/