venerdì 27 dicembre 2019

BUONE FESTE E BUON 2020


IMBRATTATA CON UNA SVASTICA LA TARGA DI TINA COSTA


giovedì 19 dicembre 2019

MA QUALE GOVERNO DEL CAMBIAMENTO!





ACERBO (PRC): «QUESTO GOVERNO NON FERMA LA DESTRA. IL PD CANTA BELLA CIAO MA È NEOLIBERISTA»
di Daniela Preziosi
Il segretario di Rifondazione comunista. Il lancio della campagna sociale: Salvini passa per difensore del popolo, si è costruito questa credibilità con quota 100 che è poco ma meglio di niente. Ci vuole una svolta percepibile da milioni di persone

«La Francia dimostra che alle controriforme si può dire no. In Italia si discute di eliminare quota 100, invece i francesi difendono il diritto di andare in pensione entro i 62 anni e con sistema retributivo. Ecco: facciamo come in Francia, chiediamo l’abolizione della legge Fornero». Rifondazione comunista, di cui Maurizio Acerbo è segretario, ha lanciato la sua ‘campagna sociale’ in contemporanea con lo sciopero generale francese. Perché, spiega, «intendiamo portare nelle strade, dai mercati alle periferie, dalle fabbriche ai luoghi della formazione, un programma di cambiamento reale».
Nella convocazione dite: non si ferma la destra se non si mettono al centro i bisogni e i diritti di lavoratrici e lavoratori.Il governo non sta fermando la destra?
Per nulla. Salvini passa per difensore del popolo. Si è costruito questa credibilità con quota 100 che è poco ma meglio di niente dopo anni di misure antipopolari. Ci vuole una svolta percepibile da milioni di persone.
Allora perché ne avete caldeggiato la nascita?
Non siamo per il tanto peggio tanto meglio e difendiamo la Costituzione. Abbiamo richiamato M5S e Pd alle loro responsabilità verso il paese. Ma abbiamo sempre detto che non basta un governo, serve una politica diversa da quella che il Pd portato avanti da quando è nato.
Quello attuale non è «il governo più a sinistra della storia della Repubblica» come qualcuno lo definisce?
Neanche lontanamente. Erano più a sinistra i democristiani pungolati dal Pci e dalle lotte. Mi accontenterei di un governo che facesse propri metà dei 10 punti che tante personalità della sinistra avevano proposto in un appello sul Manifesto. Nessuno è stato fatto proprio dal governo. Per non parlare delle proposte di Landini e della Carta dei diritti su cui la Cgil ha raccolto milioni di firme.
Erano più “a sinistra” quelli a cui ha partecipato il Prc?
Neanche. Nella seconda repubblica tutti i governi hanno portato avanti un programma neoliberista e antipopolare. E col bipolarismo abbiamo avuto alternanza tra coalizioni che condividevano imperativi di fondo. Noi abbiamo tentato di frenare e ridurre i danni. Ma eravamo troppo deboli.
Con Pap e Pcl a Roma avete tenuto un’assemblea «delle sinistre di opposizione». È un nuovo percorso elettorale?
Lavoriamo sempre per unire la sinistra antiliberista e anticapitalista. Preferirei avere qualcosa di simile a Unidos Podemos anche in Italia invece che l’attuale frantumazione che suscita passività e impotenza. Ma siamo stati invitati a un’assemblea incentrata sulla costruzione dell’opposizione sociale e politica al governo e all’ultradestra. Per noi bisogna ragionare su come rilanciare un ciclo di movimento e lotte. Proponiamo una svolta generale: un piano per il lavoro incentrato su un vero Green New Deal, una politica fiscale progressiva, salario minimo orario, abrogazione Jobs Act. Rilancio sanità e scuola pubblica. Sono le idee di Sanders, Corbyn e della Sinistra Europea. Il Pd strumentalizza Bella Ciao e poi resta imprigionato in un impianto neoliberista. Finché quella che la tv e la stampa chiamano «sinistra» ha il volto della Fornero nessuno se la può prendere con il popolo ignorante.

il manifesto, 8 dicembre 2019

Facciamo come la Francia
di Paolo Ferrero
Come nel maggio del 1968, la Francia indica la strada giusta su cui incamminarsi per uscire dallo schifo in cui viviamo.
In Francia giovedì è cominciato uno sciopero generale contro la “riforma” delle pensioni che vuole introdurre in Francia una sorta di legge Fornero. Lo sciopero proclamato da molte sigle sindacali, a partire dalla CGT ha avuto adesioni altissime e continua oggi, domani, dopodomani… Ai cortei dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti hanno però partecipato anche i gilet gialli. Ai lavoratori dipendenti si sono cioè uniti molti di quegli artigiani, commercianti, lavoratori autonomi, disoccupati, marginalizzati dai tagli del welfare, che in questi mesi hanno dato vita alle lotte dei gilet gialli.
La lotta in Francia è diventata cioè una vera e propria coalizione sociale del popolo francese unito contro le politiche liberiste del governo Macron e del padronato. Il popolo ha alzato la testa e di fronte al governo e ai padroni dice chiaramente che la crisi non la deve pagare e che devono pagare i ricchi e le banche.
La situazione francese è di un popolo arrabbiato ma non disperato, di un popolo che prende il futuro nelle proprie mani e senza delegarlo a nessuno lotta per cambiare la storia e la propria vita. Qualcuno sa dire chi è il leader del movimento francese? No perché i leader sono le centinaia di migliaia di persone che hanno organizzato le lotte.
Parallelamente, cosa succede in Italia? Succede che dilaga la sfiducia, il senso di impotenza e la guerra tra i poveri. Più la gente si sente impotente e più si genuflette verso i potenti e se la prende con i poveracci. Mentre in Francia i poveracci e i meno poveri si alleano per lottare contro i ricchi, in Italia la lega Nord propaganda la guerra dei meno poveri contro i più poveri. Mentre in Francia la gente si prende le sue responsabilità e scende in piazza, duramente, per contrastare le politiche del governo, in Italia assistiamo ad una continua ricerca dell’uomo della provvidenza, che ci salvi e ci faccia il miracolo. In Francia il popolo prende il suo destino nelle sue mani.
In Italia il destino viene affidato miracolisticamente all’ultimo deficiente pompato dai media. Negli ultimi vent’anni di uomini della provvidenza ne sono circolati parecchi e tutti prima o poi finiscono nella pattumiera della storia, da Berlusconi a Monti passando per Grillo. Il problema è che il meccanismo continua a ripetersi all’infinito – adesso con Salvini – in un meccanismo che invece di misurarsi con i problemi reali si affida ai miracoli del prescelto di turno.
Per questo la Francia ci indica la strada: perché l’unica via per uscire dal pantano italiano è quella di fare come in Francia. Invece che continuare a piangersi addosso occorre prendersela con i ricchi, i banchieri e il governo costruendo un movimento di massa, di cittadini protagonisti. Invece della guerra tra i poveri bisogna fare la guerra ai ricchi e se i ricchi non ci vogliono sentire, la rivolta è la strada da percorrere per cambiare le cose.

martedì 17 dicembre 2019

LA SINISTRA EUROPEA ELEGGE A MALAGA BIERBAUM PRESIDENTE E FERRERO VICE


La Sinistra europea elegge a Malaga Bierbaum presidente e Ferrero vice
Si è concluso a Malaga in Spagna il congresso del Partito della Sinistra Europea che riunisce decine di partiti comunisti, rossoverdi, della sinistra radicale di tutto il continente.
Eletto presidente il tedesco Heinz Bierbaum della Linke, già sindacalista della IG Metal, che succede a Gregor Gisy.
Confermato tra i vicepresidenti Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista, unico partito italiano membro effettivo della Sinistra Europea.
Dichiarazione di Paolo Ferrero: "Un congresso positivo che nella sua conclusione unitaria sulla politica e sul gruppo dirigente pone le condizioni per costruire una unità tra tutte le forze della sinistra di alternativa presenti in Europa. Contro le destre razziste e il centro liberista é infatti necessario avanzare una proposta di alternativa che possa portare nuovamente i popoli europei a guardare al futuro con speranza. Per quanto mi riguarda nel mio ruolo di vicepresidente mi occuperò di cultura e cioè di organizzare le forze intellettuali a livello europeo per dare idee e progetti all'alternativa".

venerdì 13 dicembre 2019

50 ANNI - 12 DICEMBRE A MILANO - CONCENTRAMENTO PIAZZA CAVOUR ORE 18.30


CORTEO 12 DICEMBRE – 50 ANNI DA PIAZZA FONTANA
50 anni dalla strage di Piazza Fontana
noi conosciamo la verità, no a celebrazioni rituali
la lotta per una vera giustizia sociale deve continuare,
non c’è futuro senza memoria, ieri come oggi
giustizia sociale e giustizia globale!
Milano sarà attraversata da un corteo cittadino che toccherà i luoghi che hanno segnato con questa tragica storia la nostra città.
Partirà da Piazza Cavour a pochi passi dalla Questura e terminerà in Piazza Fontana.
MEMORIA E ATTUALITÀ PERCHÉ IL BOATO DI QUELLA
DEFLAGRAZIONE NON SI È ANCORA SPENTO
MEMORIA Per contrastare l’oblio e le vergognose ambiguità nel tentativo di una rimozione storica che offuschi responsabilità, connivenze, coperture; per ribadire l’unica verità:  è stata una strage di Stato, eseguita dai gruppi fascisti in combutta con pezzi importanti dei partiti di governo, con la regia, il supporto e la protezione dei servizi segreti italiani e americani, che Pinelli è stato assassinato e Valpreda imprigionato innocente.
Certo, la bomba non ha vinto, grazie alla forte e cosciente mobilitazione popolare che ha impedito la programmata deriva reazionaria, ma la volontà di contenere e di contrastare in ogni modo le conquiste sociali e la piena attuazione della Carta Costituzionale non è mai venuta meno.
Addirittura, dopo gli anni della “strategia della tensione”, i cambiamenti epocali in campo tecnologico e la grande ristrutturazione economica e finanziaria a livello globale sono serviti ad approfondire ulteriormente le diseguaglianze planetarie e, nei paesi più ricchi, a consentire al padronato di recuperare abbondantemente la parte di potere e di ricchezza messa pesantemente in discussione negli anni delle grandi conquiste dei lavoratori.
ATTUALITÀ Le strutture dello Stato hanno accompagnato questo processo attraverso l’emanazione di leggi che hanno contribuito in maniera determinante allo smantellamento dei diritti dei lavoratori, all’allargamento delle ingiustizie, alla marginalizzazione delle povertà e alla discriminazione delle diversità; fino agli ultimi famigerati “decreti sicurezza”. Se non intervenendo direttamente in maniera pesantemente repressiva e antidemocratica come successo a Genova ben 32 anni dopo Piazza Fontana.
Allora si seminarono bombe per diffondere paura e disorientamento, per imporre un rigido controllo sociale a garanzia del potere; oggi la paura e l’incertezza per un futuro degno sono parte stessa della condizione sociale dei più, segnata dalla totale precarietà, dalla povertà diffusa e dalla palese ingiustizia subita.
L’emergenza climatica e l’esodo forzato di milioni di persone, insieme alle guerre sempre più diffuse e alla perdita quotidiana dei diritti fondamentali sono oggi l’eco sordo di quella deflagrazione.
Come negli anni ’60/’70 studenti, operai, femministe e movimenti sociali lottavano per la giustizia sociale, oggi un tutto il mondo, dalla Rojava all’America Latina, il rifiuto del sistema neoliberista e della chiusura degli spazi di partecipazione acquista sempre più forza. Giustizia ambientale, giustizia di genere, giustizia economica sono le rivendicazioni di un’unica voce che chiede un mondo libero e degno.
In questo contesto di grave disgregazione sociale, la reiterata protervia nella negazione della verità a 50 anni dalla strage di Stato e dall’assassinio di Giuseppe Pinelli, ci allarma molto perché dimostra che la profonda faglia antidemocratica ereditata dal fascismo non si è ancora completamente chiusa e il pericolo di nuove derive reazionarie non è scongiurato.
Aderiscono:
Milano Antifascista Antirazzista Meticcia e Solidale
Memoria Antifascista
Centro Sociale Cantiere
Csoa Lambretta
Zam
POQ – Partigiani in Ogni Quartiere
ANPI ATM Milano
Rete della Conoscenza
Partito della Rifondazione Comunista Fed. di Milano
Partito Comunista Italiano
Sinistra Anticapitalista
Partito Comunista dei Lavoratori
Sinistra Italiana
Fronte Popolare
Possibile Milano
Brianza Antifascista Antirazzista Antisessista
Marxpedia
CCL-Coordinamento Comunista Lombardia,
Slai Cobas Provinciale Milano
APS EL Pueblo
Comitato ‘Non Dimenticarmi’
Zona 3 per la Costituzione
Potere al Popolo Provincia Milano
Centro Culturale Concetto Marchesi
Circolo Legambiente Zanna Bianca
Milano in Comune Municipio 5
Associazione per non dimenticare Varalli e Zibecchi
Ass. Naz. di amicizia Italia – Cuba
Collettivo Kasciavìt
ANPI di Assago
Associazione Culturale Punto Rosso
Amici e compagni di Luca Rossi
Federazione Anarchica – Milano
Ateneo Libertario – Milano
CUB – Confederazione Unitaria di Base
Coordinamento Staffette Podistiche per Bologna
Circolo Proletari Comunisti
ANPI di Cassine (Alessandria)
Fuori Luogo
LUME – Laboratorio Universitario MEtropolitano
Non Una Di Meno – Milano

DA "IL MANIFESTO" - MAURIZIO ACERBO PRC - PER IL CENTENARIO DEL PCI, GAZZARRA DELLA DESTRA


Per il centenario del Pci, gazzarra della destra
MAURIZIO ACERBO SEGRETARIO PRC – da “IL MANIFESTO” del 12-12-2019
La polemica della destra contro lo stanziamento di 400mila euro in due anni per le commemorazioni del centenario della fondazione del Partito Comunista d’Italia, poi Pci sono qualunquiste nell’argomentazione – lo spreco di denaro pubblico – e fasciste nelle motivazioni.
Salvini e Meloni gridano vergogna e i giornali della destra fanno da amplificatori di una polemica becera che cerca il consenso di quelli che vivono ancora oggi come un lutto la Liberazione dal nazifascismo.
La polemica contro il presunto spreco di denaro pubblico è del tutto strumentale.
Semmai si dovrebbe considerare irrisoria la cifra stanziata rispetto all’importanza dell’anniversario.
Faccio presente che la sola Regione Abruzzo (governata dalla destra) ha stanziato e speso nell’anno in corso 150.000 euro per celebrare l’anniversario della cosiddetta «impresa di Fiume» di Gabriele D’Annunzio.
Il problema per loro non è dunque la spesa di denaro pubblico ma il ruolo che i comunisti hanno svolto nella storia italiana come principale componente del movimento operaio e contadino, e soprattutto principale forza dell’antifascismo e della Resistenza.
Erano comunisti la stragrande maggioranza dei condannati dal Tribunale Speciale.
L’intellettuale italiano del Novecento più studiato e citato nel mondo è Antonio Gramsci che morì dopo una lunga detenzione nelle galere fasciste.
La Costituzione della Repubblica Italiana reca in calce la firma del comunista Umberto Terracini, fondatore con Bordiga e Gramsci del Pcd’I nel 1921, che trascorse 14 anni in prigione.
E comunista era il bracciante pugliese Giuseppe Di Vittorio, segretario generale della Cgil.
L’anniversario della fondazione del PCdI è quello del partito che ha pagato il più alto contributo di sangue alla costruzione della democrazia italiana e che è stato il più importante protagonista delle lotte sociali e democratiche della storia repubblicana.
È un anniversario che dovrebbero considerare come proprio tutti i democratici italiani.
Gli stessi (post)fascisti dovrebbero ricordare che fu il capo del Pci Palmiro Togliatti, ministro della giustizia nel breve periodo di unità delle forze antifasciste dopo la Liberazione, a consentire con l’amnistia ai loro nonni di reintegrarsi nella vita del nostro paese.
Nella legge di Bilancio 2018 (art 1 comma 334) sono stati stanziati per il sessantesimo anno dalla scomparsa di Luigi Sturzo e il centenario della fondazione del Partito popolare italiano 300.000 euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020. 900.000 euro su cui la destra non ha fatto alcuna polemica.
Una cosa è certa: ai fascioleghisti non piacciono le bandiere rosse. Le sardine ci riflettano.
* segretario nazionale Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

lunedì 25 novembre 2019

IL CONGRESSO DEL PARTITO DELLA SINISTRA EUROPEA DAL 13 AL 15 DICEMBRE 2019.



Il Congresso del Partito della Sinistra Europea.
Paolo Ferrero*
Dal 13 al 15 dicembre si terrà a Malaga il Congresso del Partito della Sinistra Europea.
Oggi il PGE è una realtà consistente, presente in tutti i paesi che fanno parte dell’Unione Europea. Il Congresso serve per fare un salto di qualità in più direzioni.
In primo luogo è necessario che il congresso confermi la sintesi unitaria, tra le diverse forze politiche, che sviluppi il terreno unitario fornito nel documento congressuale. Non è cosa semplice coordinare decine di partiti diversi per cultura politica e realtà nazionale, ma questa è la prima sfida del congresso, ben impostata grazie ad un documento preparatorio unitario.
In secondo luogo è necessario riuscire a costruire attorno a questa unità un maggior lavoro politico comune. E’ del tutto evidente che ad oggi il PGE è in primo luogo un coordinamento di realtà nazionali ma non agisce come vero e proprio partito nello spazio europeo. Credo che questo sia possibile farlo innanzitutto individuando campagne comuni che vengano fatte unitariamente sul livello europeo. Pensiamo alla questione del salario, del welfare, della tassazione, delle politiche ambientali e monetarie. Vi sono molti terreni che si prestano ad una azione chiara e riconoscibile del partito europeo, al di là delle azioni dei singoli partiti nazionali. Pensiamo solo alla vicenda del governo di Syriza in Grecia. Al di là delle diverse valutazioni che possiamo dare dell’azione di Syriza, è del tutto evidente che è mancata una azione coordinata di sostegno nei diversi paesi europei e che il popolo greco è  stato nei fatti lasciato solo. Occorre su questo fare un salto di qualità.
In terzo luogo occorre operare per l’unità di tutte le forze della sinistra di alternativa. In questi anni sono maturate al di fuori del Partito della Sinistra Europea varie esperienze politiche significative: da Podemos a France Insumise al movimento di Varoufakis. Non è semplice riportare all’interno di una sola organizzazione tutte queste esperienze. E’ però possibile e necessario costruire una rete di relazioni stabili tra queste diverse esperienze in modo da riuscire a costruire una sinergia tra queste diverse forze. E’ necessario dotare la sinistra di alternativa di una massa critica sufficiente ad incarnare una credibile proposta di alternativa. Come esiste la famiglia popolare, quella socialista, quella liberale o quella fascistoide, è necessario dar vita ad una famiglia della sinistra antiliberista.
Questa azione unitaria verso tutta la sinistra di alternativa si intreccia con il quarto compito del partito della sinistra europea: la ricostruzione di una credibile proposta di alternativa. E’ del tutto evidente che mentre nel primo quinquennio della crisi nata nel 2007/8 sono state le forze della sinistra a rappresentare la possibilità di una alternativa, negli ultimi anni sono state le forze razziste e fascistoidi a farla da padrona. Non siamo stati capaci di dar vita ad una duratura e credibile ipotesi di alternativa su scala europea e la gestione complessiva della vicenda greca non ci ha certo rafforzati. La costruzione di questa non è quindi solo un fatto organizzativo – di unità all’interno della sinistra europea e verso le altre forze di sinistra presenti all’esterno – ma è un compito politico di prima grandezza. I movimenti delle donne e sul cambio climatico forniscono un terreno su cui è possibile riqualificare fino in fondo la nostra proposta in modo che sia chiaro che l’alternativa in Europa come nel mondo non è tra socialiberisti e fascioliberisti.
La costruzione dell’alternativa richiede l’avvio di un dibattito culturale e politico a livello europeo, cosa che oggi non accade se non in minima parte. Transform si muove positivamente in questa direzione ed è necessario che direttamente il partito della sinistra europea si ponga il problema di diventare punto di riferimento del tessuto intellettuale di sinistra nel continente e apra contemporaneamente uno spazio di dibattito politico culturale. L’organizzazione di un tessuto culturale della sinistra di alternativa è quindi un punto fondamentale su cui operare.
Da ultimo, la costruzione di una prospettiva dell’alternativa chiede di unire le forze sociali che in Europa si muovano su questo terreno. A tal fine il Forum Europeo deve coinvolgere maggiormente il complesso delle forze sociali, in modo da dar vita ad una sorta di Forum sociale europeo che diventi un appuntamento periodico e significativo dei movimenti.
Da ultimo occorre favorire anche forme di partecipazione e iscrizione diretta al partito della sinistra europea al di là dei partiti che lo compongono. Le adesioni individuali sono una strada che in Italia stimo praticando più che in altri paesi: occorre proseguire e occorre trovare le forme attraverso cui valorizzare questa adesione diretta al partito europeo, aumentandone dimensione ed articolazione partecipativa.
Senza farla più lunga, quelli sopra elencati mi paiono i punti fondamentali dell’agenda del partito della sinistra europea al fine di essere in grado di porsi come alternativa alle destre fascistoidi come al centrismo diversamente liberista di chi oggi governa l’Unione Europea.
*Vicepresidente Partito della Sinistra Europea


mercoledì 20 novembre 2019

ANCHE SU F35 NESSUNA SVOLTA: MAGGIORANZA M5S-PD-LEU CONFERMA PROGRAMMA

Anche su F35 nessuna svolta: maggioranza M5S-PD-LeU conferma programma
Pubblicato il 19 nov 2019
Spese militari. F35, passa la mozione della maggioranza che approva il programma
 di Luca Liverani da Avvenire
Voltafaccia del M5s, da sempre contrario: «Le condizioni rispetto a 6 anni fa sono cambiate». Anche il Pd rinuncia al dimezzamento della spesa chiesto nel 2014. «Grande delusione» della campagna NOF35
Virata a 180° del Movimento 5 stelle sugli F35. La mozione della maggioranza approvata ieri sera alla Camera registra un cambiamento radicale della storica posizione dei grillini, ostinatamente contrari al costoso programma di acquisto di 90 cacciabombardieri Lockheed Martin. In retromarcia anche il Pd, che nel 2014 aveva sostenuto la mozione Scanu che chiedeva al governo di dimezzare l’investimento per il costoso programma di velivoli. Peraltro mai attuata dai governi dem. Duro il commento della Campagna “Taglia le ali alle armi”, che esprime «grande delusione: la mozione della maggioranza non chiede il taglio o la sospensione del programma, ma solo di “valutare le future fasi del programma tenendo conto dei mutamenti del contesto geopolitico, delle nuove tecnologie, dei costi che si profilano, degli impegni internazionali assunti dall’Italia, delle esigenze di contenimento della spesa pubblica, della tutela e delle opportunità dell’industria italiana del comparto difesa e dell’occupazione”».
La mozione giallo-rossa era arrivata in risposta a quella presentata da parlamentari della Lega e sottoscritta anche da forzisti che chiedeva «una conferma ed addirittura una accelerazione degli acquisti dei caccia con capacità nucleare». Ma per la Campagna (promossa da Sbilanciamoci, Rete della Pace e Rete Italiana per il Disarmo) il testo della maggioranza è da bocciare perché «generico e senza coraggio».
«Non prende alcuna posizione su una questione così importante e dall’impatto rilevante sui fondi pubblici e sulla spesa militare – affermano le organizzazioni – ma in questo modo nella pratica avvalora la continuazione del Programma secondo i piani già stabiliti». Molto severa la critica contro i grillini: «Siamo delusi in particolare dal Movimento 5 Stelle, che nella scorsa Legislatura aveva chiesto con forza lo stop complessivo del programma JSF». Critiche anche al Partito Democratico che aveva «chiesto il dimezzamento della spesa» con la mozione approvata nel 2014. La Campagna “Taglia le ali alle armi” invece «chiede la cancellazione definitiva della partecipazione italiana al programma F35, un inutile spreco di risorse».
Le organizzazioni pacifiste ricordano come l’Italia abbia già «sottoscritto contratti per almeno 28 velivoli spendendo fino ad ora una cifra di almeno 5 miliardi di euro (comprese le fasi iniziali di sviluppo). Se il profilo di acquisizione dovesse essere confermato saranno ancora almeno 9 i miliardi di euro da spendere, che diventeranno almeno 50 complessivamente lungo tutto il ciclo di vita del programma. Nonostante i recenti annunci soddisfatti di Lockheed Martin (la capo-commessa del progetto) in direzione opposta, i costi per singolo velivolo (in leggera discesa perché il Pentagono sta volontariamente comprando più aerei) continuano a rimanere molto alti se si considerano anche retrofit e completamento di tutte le parti. E lo stesso Pentagono ha dovuto confermare in questi giorni i numerosi problemi tecnici che mantengono bassissima l’affidabilità della flotta. Tanto è vero che è stata posticipata di un anno (ulteriore ritardo rispetto a tutti i programmi iniziali) la firma dei contratti di produzione definitiva».

Il Movimento 5 stelle giustifica così la sua piroetta: «Le condizioni rispetto a 6 anni fa sono cambiate. Ci troviamo in uno stato avanzato del programma, ma è necessario avviare un dibattito franco sul tema, per evitare scelte sbagliate e affrettate, lasciando sempre da parte gli approcci ideologici», sostiene ora il pentastellato Luca Frusone, componente della commissione Difesa. «Temi come quello degli F35 sono complicati. Noi abbiamo criticato il programma – ammette Frusone – e di certo non rimpiangiamo quella scelta. Quello che oggi vogliamo chiedere al governo – ha aggiunto – è di valutare seriamente, e con coscienza, il prosieguo del programma, considerando tutte le possibilità. Come un buon padre di famiglia – dice il deputato grillino – tenendo a mente l’interesse dell’Italia». «Una revisione del programma F35 è doverosa anche da parte dell’Italia – afferma il senatore 5s Gianluca Ferrara - come ha ribadito più volte Luigi Di Maio e confermato lo stesso Conte. Il M5s 5 Stelle ha sempre criticato questo programma militare quando era all’opposizione, e continua a farlo oggi che sta al governo». Si dice soddisfatto anche Erasmo Palazzotto di Leu: «È necessaria una riflessione seria sul ruolo che l’Italia deve avere nello scacchiere internazionale in questa fase storica, il nostro Paese si dovrebbe fare promotore di una politica di riduzione degli armamenti. Con questo voto – sostiene il deputato – il Governo ha tutti gli strumenti per riaprire il negoziato e tornare all’obiettivo del dimezzamento del budget già approvato dal Parlamento italiano nel 2014. Adesso è arrivato il momento di farlo».
«Gli F35 non servono a difendere il Paese o per le cosiddette missioni di pace, ma solo ad aumentare gli affari dell’industria militare e, in caso, ad essere usati per azioni d’attacco e di guerra», commenta Giulio Marcon, portavoce di Sbilanciamoci! «Soldi buttati – dice – che potrebbero essere usati contro il dissesto idrogeologico o mettere in sicurezza le scuole». «Il Parlamento dia al Paese un segnale di responsabilità, aprendo gli occhi sulle emergenze e sulle priorità che sono la difesa del territorio, gli investimenti per lo sviluppo sostenibile, la ricerca, la produzione e l’occupazione, pulita», sottolinea Sergio Bassoli della Segreteria di Rete della Pace. «Alcuni F35 destinati all’Italia sono previsti con capacità nucleare – ricorda Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo - per poter trasportare e sganciare le testate presenti a Ghedi (le B61 in rinnovamento) nell’ambito dei programmi di nuclear sharing. Davvero l’Italia vuole basare la propria sicurezza sulla minaccia d’uso di ordigni genocidi ed inumani?».
Contro la produzione e l’acquisto degli F35 si pronuncia anche Pax Christi. Il coordinatore nazionale, don Renato Sacco, in una lettera aperta al quotidiano La Stampa, contesta l’editoriale del 10 novembre «Da Cameri a Candiolo. Sulle strade dell’Italia che innova». «A Candiolo la ricerca oncologica è al servizio della vita – dice Pax Christi – a Cameri la tecnologia degli F35 è a servizio della morte. A Cameri si producono aerei per fare la guerra, caccia di attacco e non di difesa, che possono trasportare anche bombe atomiche. Sul territorio italiano di bombe atomiche statunitensi che ne sono già, e il prossimo anno arriveranno anche le micidiali B61-12».
dal sito di Avvenire, martedì 19 novembre 2019

lunedì 18 novembre 2019

DAL CANADA A TARANTO: TUTTI I CRIMINI AMBIENTALI DELLA MULTINAZIONALE CHE SCAPPA DALL’ILVA


Dal Canada a Taranto: tutti i crimini ambientali della multinazionale che scappa dall’ILVA
di Elena Mazzoni* (responsabile ambiente Rifondazione Comunista – Sinistra Europea)
Il 31 ottobre del 2018 lo stato italiano firma un contratto, con il gruppo franco-indiano ArcelorMittal, per l’affitto e poi l’acquisto, nel 2021, dell’ex-ILVA.
Nel novembre del 2019 la ArcelorMittal annuncia che se ne andrà da Taranto. Senza lo scudo penale, la clausola di “non punibilità” dei gestori dello stabilimento, per eventuali danni ad ambiente e salute causati dall’attività nel periodo necessario al completamente del piano ambientale, ovvero fino al 2023, che per l’azienda rappresentava “la base del piano di risanamento”, stando alle parole della amministratrice delegata di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, il recesso del contratto è irrevocabile e con esso lo spegnimento degli altiforni tramite la colatura della salamandra, la ghisa residua che resta nel fondo del forno, procedura che rende poi necessari 6 mesi prima di riaccendere l’impianto e che indebolisce la possibilità di trovare un nuovo acquirente.
Lo scontro tra il governo e la proprietà della ArcelorMittal ora si gioca tra tavoli politici ed aule di tribunale.
Ma chi è il colosso franco-indiano che ha in mano le sorti di oltre 10.000 lavoratori italiani?
Un gruppo leader del settore siderurgico e minerario, che opera dall’automotive all’edilizia, dagli elettrodomestici fino agli imballaggi ed ha siti industriali in 18 paesi.
Un gruppo sulla cui attività getta ombre un fitto numero di contenziosi ambientali e un operato spesso fuori dalle regole.
È un filo nero di processi penali quello che lega Taranto al Canada, gli USA al Sud Africa, la Francia all’Ucraina*.
Nero, come i puntini sulla mappa del gioco preferito dalle multinazionali: “inquina e scappa”.
Sversamento di cianuro ed ammoniaca in Indiana, lo dice l’EPA, agenzia federale per la protezione dell’ambiente; inquinamento delle acque nella miniera del Fermont, in Quebec, tra il 2011 e il 2013 e altri 39 capi di imputazione.
La multinazionale è sotto processo per l’inquinamento della Mosella, in Francia, per sversamento nelle acque del fiume di acido cloridrico, gestione irregolare di rifiuti e funzionamento non autorizzato di un impianto.
In Sud Africa è attivo un processo per inquinamento e danni alla popolazione Sebokeng, Sharpeville e Boipatong, procedimenti che fanno assurgere la ArcelorMittal al ruolo di più grande inquinatrice di aria nel paese.
Simile situazione in Bosnia Erzegovina, con denunce delle associazioni ambientaliste sullo stato dell’acciaieria di Zenica, e in Ucraina, dove è direttamente il presidente Zelensky ad accusare la multinazionale di non tenere fede agli impegni presi.
La lista dei contenziosi di ArcelorMittal è lunga eppure, un anno fa, quando la compagnia si è presentata alla gara per acquistare l’ILVA di Taranto, nonostante la sua reputazione, l’offerta è stata giudicata la migliore.
Le promesse di mettere in sicurezza l’impianto e i terreni dove sono depositati i minerali di ferro sono parole al vento, lo stesso che sposta le nuvole di polvere rossa sulla città dove si è costretti a scegliere se lavorare o morire.
Elena Mazzoni - responsabile ambiente Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
Grazie per le visite!
banda http://www.adelebox.it/