ACERBO (PRC): «QUESTO GOVERNO NON
FERMA LA DESTRA. IL PD CANTA BELLA CIAO MA È NEOLIBERISTA»
di Daniela
Preziosi
Il
segretario di Rifondazione comunista. Il lancio della campagna sociale: Salvini
passa per difensore del popolo, si è costruito questa credibilità con quota 100
che è poco ma meglio di niente. Ci vuole una svolta percepibile da milioni di
persone
«La Francia
dimostra che alle controriforme si può dire no. In Italia si discute di
eliminare quota 100, invece i francesi difendono il diritto di andare in
pensione entro i 62 anni e con sistema retributivo. Ecco: facciamo come in
Francia, chiediamo l’abolizione della legge Fornero». Rifondazione comunista,
di cui Maurizio Acerbo è segretario, ha lanciato la sua ‘campagna sociale’ in
contemporanea con lo sciopero generale francese. Perché, spiega, «intendiamo
portare nelle strade, dai mercati alle periferie, dalle fabbriche ai luoghi
della formazione, un programma di cambiamento reale».
Nella
convocazione dite: non si ferma la destra se non si mettono al centro i bisogni
e i diritti di lavoratrici e lavoratori.Il governo non sta fermando la destra?
Per nulla. Salvini
passa per difensore del popolo. Si è costruito questa credibilità con quota 100
che è poco ma meglio di niente dopo anni di misure antipopolari. Ci vuole una
svolta percepibile da milioni di persone.
Allora
perché ne avete caldeggiato la nascita?
Non siamo
per il tanto peggio tanto meglio e difendiamo la Costituzione. Abbiamo
richiamato M5S e Pd alle loro responsabilità verso il paese. Ma abbiamo sempre
detto che non basta un governo, serve una politica diversa da quella che il Pd
portato avanti da quando è nato.
Quello
attuale non è «il governo più a sinistra della storia della Repubblica» come
qualcuno lo definisce?
Neanche
lontanamente. Erano più a sinistra i democristiani pungolati dal Pci e dalle
lotte. Mi accontenterei di un governo che facesse propri metà dei 10 punti che
tante personalità della sinistra avevano proposto in un appello sul Manifesto.
Nessuno è stato fatto proprio dal governo. Per non parlare delle proposte di
Landini e della Carta dei diritti su cui la Cgil ha raccolto milioni di firme.
Erano più “a
sinistra” quelli a cui ha partecipato il Prc?
Neanche.
Nella seconda repubblica tutti i governi hanno portato avanti un programma
neoliberista e antipopolare. E col bipolarismo abbiamo avuto alternanza tra
coalizioni che condividevano imperativi di fondo. Noi abbiamo tentato di
frenare e ridurre i danni. Ma eravamo troppo deboli.
Con Pap e
Pcl a Roma avete tenuto un’assemblea «delle sinistre di opposizione». È un
nuovo percorso elettorale?
Lavoriamo
sempre per unire la sinistra antiliberista e anticapitalista. Preferirei avere
qualcosa di simile a Unidos Podemos anche in Italia invece che l’attuale
frantumazione che suscita passività e impotenza. Ma siamo stati invitati a
un’assemblea incentrata sulla costruzione dell’opposizione sociale e politica
al governo e all’ultradestra. Per noi bisogna ragionare su come rilanciare un
ciclo di movimento e lotte. Proponiamo una svolta generale: un piano per il
lavoro incentrato su un vero Green New Deal, una politica fiscale progressiva,
salario minimo orario, abrogazione Jobs Act. Rilancio sanità e scuola pubblica.
Sono le idee di Sanders, Corbyn e della Sinistra Europea. Il Pd strumentalizza
Bella Ciao e poi resta imprigionato in un impianto neoliberista. Finché quella
che la tv e la stampa chiamano «sinistra» ha il volto della Fornero nessuno se
la può prendere con il popolo ignorante.
Facciamo come la Francia
di Paolo
Ferrero
Come nel
maggio del 1968, la Francia indica la strada giusta su cui incamminarsi per
uscire dallo schifo in cui viviamo.
In Francia
giovedì è cominciato uno sciopero generale contro la “riforma” delle pensioni
che vuole introdurre in Francia una sorta di legge Fornero. Lo sciopero
proclamato da molte sigle sindacali, a partire dalla CGT ha avuto adesioni
altissime e continua oggi, domani, dopodomani… Ai cortei dei lavoratori e delle
lavoratrici dipendenti hanno però partecipato anche i gilet gialli. Ai
lavoratori dipendenti si sono cioè uniti molti di quegli artigiani,
commercianti, lavoratori autonomi, disoccupati, marginalizzati dai tagli del
welfare, che in questi mesi hanno dato vita alle lotte dei gilet gialli.
La lotta in
Francia è diventata cioè una vera e propria coalizione sociale del popolo
francese unito contro le politiche liberiste del governo Macron e del
padronato. Il popolo ha alzato la testa e di fronte al governo e ai padroni
dice chiaramente che la crisi non la deve pagare e che devono pagare i ricchi e
le banche.
La
situazione francese è di un popolo arrabbiato ma non disperato, di un popolo
che prende il futuro nelle proprie mani e senza delegarlo a nessuno lotta per
cambiare la storia e la propria vita. Qualcuno sa dire chi è il leader del
movimento francese? No perché i leader sono le centinaia di migliaia di persone
che hanno organizzato le lotte.
Parallelamente,
cosa succede in Italia? Succede che dilaga la sfiducia, il senso di impotenza e
la guerra tra i poveri. Più la gente si sente impotente e più si genuflette
verso i potenti e se la prende con i poveracci. Mentre in Francia i poveracci e
i meno poveri si alleano per lottare contro i ricchi, in Italia la lega Nord
propaganda la guerra dei meno poveri contro i più poveri. Mentre in Francia la
gente si prende le sue responsabilità e scende in piazza, duramente, per
contrastare le politiche del governo, in Italia assistiamo ad una continua
ricerca dell’uomo della provvidenza, che ci salvi e ci faccia il miracolo. In
Francia il popolo prende il suo destino nelle sue mani.
In Italia il
destino viene affidato miracolisticamente all’ultimo deficiente pompato dai
media. Negli ultimi vent’anni di uomini della provvidenza ne sono circolati
parecchi e tutti prima o poi finiscono nella pattumiera della storia, da
Berlusconi a Monti passando per Grillo. Il problema è che il meccanismo
continua a ripetersi all’infinito – adesso con Salvini – in un meccanismo che
invece di misurarsi con i problemi reali si affida ai miracoli del prescelto di
turno.
Per questo
la Francia ci indica la strada: perché l’unica via per uscire dal pantano
italiano è quella di fare come in Francia. Invece che continuare a piangersi
addosso occorre prendersela con i ricchi, i banchieri e il governo costruendo
un movimento di massa, di cittadini protagonisti. Invece della guerra tra i
poveri bisogna fare la guerra ai ricchi e se i ricchi non ci vogliono sentire,
la rivolta è la strada da percorrere per cambiare le cose.
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