giovedì 19 dicembre 2019

MA QUALE GOVERNO DEL CAMBIAMENTO!





ACERBO (PRC): «QUESTO GOVERNO NON FERMA LA DESTRA. IL PD CANTA BELLA CIAO MA È NEOLIBERISTA»
di Daniela Preziosi
Il segretario di Rifondazione comunista. Il lancio della campagna sociale: Salvini passa per difensore del popolo, si è costruito questa credibilità con quota 100 che è poco ma meglio di niente. Ci vuole una svolta percepibile da milioni di persone

«La Francia dimostra che alle controriforme si può dire no. In Italia si discute di eliminare quota 100, invece i francesi difendono il diritto di andare in pensione entro i 62 anni e con sistema retributivo. Ecco: facciamo come in Francia, chiediamo l’abolizione della legge Fornero». Rifondazione comunista, di cui Maurizio Acerbo è segretario, ha lanciato la sua ‘campagna sociale’ in contemporanea con lo sciopero generale francese. Perché, spiega, «intendiamo portare nelle strade, dai mercati alle periferie, dalle fabbriche ai luoghi della formazione, un programma di cambiamento reale».
Nella convocazione dite: non si ferma la destra se non si mettono al centro i bisogni e i diritti di lavoratrici e lavoratori.Il governo non sta fermando la destra?
Per nulla. Salvini passa per difensore del popolo. Si è costruito questa credibilità con quota 100 che è poco ma meglio di niente dopo anni di misure antipopolari. Ci vuole una svolta percepibile da milioni di persone.
Allora perché ne avete caldeggiato la nascita?
Non siamo per il tanto peggio tanto meglio e difendiamo la Costituzione. Abbiamo richiamato M5S e Pd alle loro responsabilità verso il paese. Ma abbiamo sempre detto che non basta un governo, serve una politica diversa da quella che il Pd portato avanti da quando è nato.
Quello attuale non è «il governo più a sinistra della storia della Repubblica» come qualcuno lo definisce?
Neanche lontanamente. Erano più a sinistra i democristiani pungolati dal Pci e dalle lotte. Mi accontenterei di un governo che facesse propri metà dei 10 punti che tante personalità della sinistra avevano proposto in un appello sul Manifesto. Nessuno è stato fatto proprio dal governo. Per non parlare delle proposte di Landini e della Carta dei diritti su cui la Cgil ha raccolto milioni di firme.
Erano più “a sinistra” quelli a cui ha partecipato il Prc?
Neanche. Nella seconda repubblica tutti i governi hanno portato avanti un programma neoliberista e antipopolare. E col bipolarismo abbiamo avuto alternanza tra coalizioni che condividevano imperativi di fondo. Noi abbiamo tentato di frenare e ridurre i danni. Ma eravamo troppo deboli.
Con Pap e Pcl a Roma avete tenuto un’assemblea «delle sinistre di opposizione». È un nuovo percorso elettorale?
Lavoriamo sempre per unire la sinistra antiliberista e anticapitalista. Preferirei avere qualcosa di simile a Unidos Podemos anche in Italia invece che l’attuale frantumazione che suscita passività e impotenza. Ma siamo stati invitati a un’assemblea incentrata sulla costruzione dell’opposizione sociale e politica al governo e all’ultradestra. Per noi bisogna ragionare su come rilanciare un ciclo di movimento e lotte. Proponiamo una svolta generale: un piano per il lavoro incentrato su un vero Green New Deal, una politica fiscale progressiva, salario minimo orario, abrogazione Jobs Act. Rilancio sanità e scuola pubblica. Sono le idee di Sanders, Corbyn e della Sinistra Europea. Il Pd strumentalizza Bella Ciao e poi resta imprigionato in un impianto neoliberista. Finché quella che la tv e la stampa chiamano «sinistra» ha il volto della Fornero nessuno se la può prendere con il popolo ignorante.

il manifesto, 8 dicembre 2019

Facciamo come la Francia
di Paolo Ferrero
Come nel maggio del 1968, la Francia indica la strada giusta su cui incamminarsi per uscire dallo schifo in cui viviamo.
In Francia giovedì è cominciato uno sciopero generale contro la “riforma” delle pensioni che vuole introdurre in Francia una sorta di legge Fornero. Lo sciopero proclamato da molte sigle sindacali, a partire dalla CGT ha avuto adesioni altissime e continua oggi, domani, dopodomani… Ai cortei dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti hanno però partecipato anche i gilet gialli. Ai lavoratori dipendenti si sono cioè uniti molti di quegli artigiani, commercianti, lavoratori autonomi, disoccupati, marginalizzati dai tagli del welfare, che in questi mesi hanno dato vita alle lotte dei gilet gialli.
La lotta in Francia è diventata cioè una vera e propria coalizione sociale del popolo francese unito contro le politiche liberiste del governo Macron e del padronato. Il popolo ha alzato la testa e di fronte al governo e ai padroni dice chiaramente che la crisi non la deve pagare e che devono pagare i ricchi e le banche.
La situazione francese è di un popolo arrabbiato ma non disperato, di un popolo che prende il futuro nelle proprie mani e senza delegarlo a nessuno lotta per cambiare la storia e la propria vita. Qualcuno sa dire chi è il leader del movimento francese? No perché i leader sono le centinaia di migliaia di persone che hanno organizzato le lotte.
Parallelamente, cosa succede in Italia? Succede che dilaga la sfiducia, il senso di impotenza e la guerra tra i poveri. Più la gente si sente impotente e più si genuflette verso i potenti e se la prende con i poveracci. Mentre in Francia i poveracci e i meno poveri si alleano per lottare contro i ricchi, in Italia la lega Nord propaganda la guerra dei meno poveri contro i più poveri. Mentre in Francia la gente si prende le sue responsabilità e scende in piazza, duramente, per contrastare le politiche del governo, in Italia assistiamo ad una continua ricerca dell’uomo della provvidenza, che ci salvi e ci faccia il miracolo. In Francia il popolo prende il suo destino nelle sue mani.
In Italia il destino viene affidato miracolisticamente all’ultimo deficiente pompato dai media. Negli ultimi vent’anni di uomini della provvidenza ne sono circolati parecchi e tutti prima o poi finiscono nella pattumiera della storia, da Berlusconi a Monti passando per Grillo. Il problema è che il meccanismo continua a ripetersi all’infinito – adesso con Salvini – in un meccanismo che invece di misurarsi con i problemi reali si affida ai miracoli del prescelto di turno.
Per questo la Francia ci indica la strada: perché l’unica via per uscire dal pantano italiano è quella di fare come in Francia. Invece che continuare a piangersi addosso occorre prendersela con i ricchi, i banchieri e il governo costruendo un movimento di massa, di cittadini protagonisti. Invece della guerra tra i poveri bisogna fare la guerra ai ricchi e se i ricchi non ci vogliono sentire, la rivolta è la strada da percorrere per cambiare le cose.

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