venerdì 27 dicembre 2019
giovedì 19 dicembre 2019
MA QUALE GOVERNO DEL CAMBIAMENTO!
ACERBO (PRC): «QUESTO GOVERNO NON
FERMA LA DESTRA. IL PD CANTA BELLA CIAO MA È NEOLIBERISTA»
di Daniela
Preziosi
Il
segretario di Rifondazione comunista. Il lancio della campagna sociale: Salvini
passa per difensore del popolo, si è costruito questa credibilità con quota 100
che è poco ma meglio di niente. Ci vuole una svolta percepibile da milioni di
persone
«La Francia
dimostra che alle controriforme si può dire no. In Italia si discute di
eliminare quota 100, invece i francesi difendono il diritto di andare in
pensione entro i 62 anni e con sistema retributivo. Ecco: facciamo come in
Francia, chiediamo l’abolizione della legge Fornero». Rifondazione comunista,
di cui Maurizio Acerbo è segretario, ha lanciato la sua ‘campagna sociale’ in
contemporanea con lo sciopero generale francese. Perché, spiega, «intendiamo
portare nelle strade, dai mercati alle periferie, dalle fabbriche ai luoghi
della formazione, un programma di cambiamento reale».
Nella
convocazione dite: non si ferma la destra se non si mettono al centro i bisogni
e i diritti di lavoratrici e lavoratori.Il governo non sta fermando la destra?
Per nulla. Salvini
passa per difensore del popolo. Si è costruito questa credibilità con quota 100
che è poco ma meglio di niente dopo anni di misure antipopolari. Ci vuole una
svolta percepibile da milioni di persone.
Allora
perché ne avete caldeggiato la nascita?
Non siamo
per il tanto peggio tanto meglio e difendiamo la Costituzione. Abbiamo
richiamato M5S e Pd alle loro responsabilità verso il paese. Ma abbiamo sempre
detto che non basta un governo, serve una politica diversa da quella che il Pd
portato avanti da quando è nato.
Quello
attuale non è «il governo più a sinistra della storia della Repubblica» come
qualcuno lo definisce?
Neanche
lontanamente. Erano più a sinistra i democristiani pungolati dal Pci e dalle
lotte. Mi accontenterei di un governo che facesse propri metà dei 10 punti che
tante personalità della sinistra avevano proposto in un appello sul Manifesto.
Nessuno è stato fatto proprio dal governo. Per non parlare delle proposte di
Landini e della Carta dei diritti su cui la Cgil ha raccolto milioni di firme.
Erano più “a
sinistra” quelli a cui ha partecipato il Prc?
Neanche.
Nella seconda repubblica tutti i governi hanno portato avanti un programma
neoliberista e antipopolare. E col bipolarismo abbiamo avuto alternanza tra
coalizioni che condividevano imperativi di fondo. Noi abbiamo tentato di
frenare e ridurre i danni. Ma eravamo troppo deboli.
Con Pap e
Pcl a Roma avete tenuto un’assemblea «delle sinistre di opposizione». È un
nuovo percorso elettorale?
Lavoriamo
sempre per unire la sinistra antiliberista e anticapitalista. Preferirei avere
qualcosa di simile a Unidos Podemos anche in Italia invece che l’attuale
frantumazione che suscita passività e impotenza. Ma siamo stati invitati a
un’assemblea incentrata sulla costruzione dell’opposizione sociale e politica
al governo e all’ultradestra. Per noi bisogna ragionare su come rilanciare un
ciclo di movimento e lotte. Proponiamo una svolta generale: un piano per il
lavoro incentrato su un vero Green New Deal, una politica fiscale progressiva,
salario minimo orario, abrogazione Jobs Act. Rilancio sanità e scuola pubblica.
Sono le idee di Sanders, Corbyn e della Sinistra Europea. Il Pd strumentalizza
Bella Ciao e poi resta imprigionato in un impianto neoliberista. Finché quella
che la tv e la stampa chiamano «sinistra» ha il volto della Fornero nessuno se
la può prendere con il popolo ignorante.
Facciamo come la Francia
di Paolo
Ferrero
Come nel
maggio del 1968, la Francia indica la strada giusta su cui incamminarsi per
uscire dallo schifo in cui viviamo.
In Francia
giovedì è cominciato uno sciopero generale contro la “riforma” delle pensioni
che vuole introdurre in Francia una sorta di legge Fornero. Lo sciopero
proclamato da molte sigle sindacali, a partire dalla CGT ha avuto adesioni
altissime e continua oggi, domani, dopodomani… Ai cortei dei lavoratori e delle
lavoratrici dipendenti hanno però partecipato anche i gilet gialli. Ai
lavoratori dipendenti si sono cioè uniti molti di quegli artigiani,
commercianti, lavoratori autonomi, disoccupati, marginalizzati dai tagli del
welfare, che in questi mesi hanno dato vita alle lotte dei gilet gialli.
La lotta in
Francia è diventata cioè una vera e propria coalizione sociale del popolo
francese unito contro le politiche liberiste del governo Macron e del
padronato. Il popolo ha alzato la testa e di fronte al governo e ai padroni
dice chiaramente che la crisi non la deve pagare e che devono pagare i ricchi e
le banche.
La
situazione francese è di un popolo arrabbiato ma non disperato, di un popolo
che prende il futuro nelle proprie mani e senza delegarlo a nessuno lotta per
cambiare la storia e la propria vita. Qualcuno sa dire chi è il leader del
movimento francese? No perché i leader sono le centinaia di migliaia di persone
che hanno organizzato le lotte.
Parallelamente,
cosa succede in Italia? Succede che dilaga la sfiducia, il senso di impotenza e
la guerra tra i poveri. Più la gente si sente impotente e più si genuflette
verso i potenti e se la prende con i poveracci. Mentre in Francia i poveracci e
i meno poveri si alleano per lottare contro i ricchi, in Italia la lega Nord
propaganda la guerra dei meno poveri contro i più poveri. Mentre in Francia la
gente si prende le sue responsabilità e scende in piazza, duramente, per
contrastare le politiche del governo, in Italia assistiamo ad una continua
ricerca dell’uomo della provvidenza, che ci salvi e ci faccia il miracolo. In
Francia il popolo prende il suo destino nelle sue mani.
In Italia il
destino viene affidato miracolisticamente all’ultimo deficiente pompato dai
media. Negli ultimi vent’anni di uomini della provvidenza ne sono circolati
parecchi e tutti prima o poi finiscono nella pattumiera della storia, da
Berlusconi a Monti passando per Grillo. Il problema è che il meccanismo
continua a ripetersi all’infinito – adesso con Salvini – in un meccanismo che
invece di misurarsi con i problemi reali si affida ai miracoli del prescelto di
turno.
Per questo
la Francia ci indica la strada: perché l’unica via per uscire dal pantano
italiano è quella di fare come in Francia. Invece che continuare a piangersi
addosso occorre prendersela con i ricchi, i banchieri e il governo costruendo
un movimento di massa, di cittadini protagonisti. Invece della guerra tra i
poveri bisogna fare la guerra ai ricchi e se i ricchi non ci vogliono sentire,
la rivolta è la strada da percorrere per cambiare le cose.
martedì 17 dicembre 2019
LA SINISTRA EUROPEA ELEGGE A MALAGA BIERBAUM PRESIDENTE E FERRERO VICE
La
Sinistra europea elegge a Malaga Bierbaum presidente e Ferrero vice
Si
è concluso a Malaga in Spagna il
congresso del Partito della Sinistra Europea che riunisce decine di partiti
comunisti, rossoverdi, della sinistra radicale di tutto il continente.
Eletto
presidente il tedesco Heinz Bierbaum della Linke,
già sindacalista della IG Metal, che succede a Gregor Gisy.
Confermato
tra i vicepresidenti Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista, unico partito
italiano membro effettivo della Sinistra Europea.
Dichiarazione
di Paolo Ferrero: "Un congresso positivo che nella sua conclusione
unitaria sulla politica e sul gruppo dirigente pone le condizioni per costruire
una unità tra tutte le forze della sinistra di alternativa presenti in Europa.
Contro le destre razziste e il centro liberista é infatti necessario avanzare una
proposta di alternativa che possa portare nuovamente i popoli europei a
guardare al futuro con speranza. Per quanto mi riguarda nel mio ruolo di
vicepresidente mi occuperò di cultura e cioè di organizzare le forze intellettuali
a livello europeo per dare idee e progetti all'alternativa".
venerdì 13 dicembre 2019
50 ANNI - 12 DICEMBRE A MILANO - CONCENTRAMENTO PIAZZA CAVOUR ORE 18.30
CORTEO 12 DICEMBRE – 50 ANNI DA
PIAZZA FONTANA
noi
conosciamo la verità, no a celebrazioni rituali
la lotta per
una vera giustizia sociale deve continuare,
non c’è
futuro senza memoria, ieri come oggi
giustizia
sociale e giustizia globale!
Milano sarà
attraversata da un corteo cittadino che toccherà i luoghi che hanno segnato con
questa tragica storia la nostra città.
Partirà da Piazza Cavour a pochi
passi dalla Questura e terminerà in Piazza Fontana.
MEMORIA E
ATTUALITÀ PERCHÉ IL BOATO DI QUELLA
DEFLAGRAZIONE
NON SI È ANCORA SPENTO
MEMORIA Per
contrastare l’oblio e le vergognose ambiguità nel tentativo di una rimozione
storica che offuschi responsabilità, connivenze, coperture; per ribadire
l’unica verità: è stata una strage di
Stato, eseguita dai gruppi fascisti in combutta con pezzi importanti dei
partiti di governo, con la regia, il supporto e la protezione dei servizi
segreti italiani e americani, che Pinelli è stato assassinato e Valpreda
imprigionato innocente.
Certo, la
bomba non ha vinto, grazie alla forte e cosciente mobilitazione popolare che ha
impedito la programmata deriva reazionaria, ma la volontà di contenere e di
contrastare in ogni modo le conquiste sociali e la piena attuazione della Carta
Costituzionale non è mai venuta meno.
Addirittura,
dopo gli anni della “strategia della tensione”, i cambiamenti epocali in campo
tecnologico e la grande ristrutturazione economica e finanziaria a livello
globale sono serviti ad approfondire ulteriormente le diseguaglianze planetarie
e, nei paesi più ricchi, a consentire al padronato di recuperare
abbondantemente la parte di potere e di ricchezza messa pesantemente in
discussione negli anni delle grandi conquiste dei lavoratori.
ATTUALITÀ Le
strutture dello Stato hanno accompagnato questo processo attraverso
l’emanazione di leggi che hanno contribuito in maniera determinante allo
smantellamento dei diritti dei lavoratori, all’allargamento delle ingiustizie,
alla marginalizzazione delle povertà e alla discriminazione delle diversità;
fino agli ultimi famigerati “decreti sicurezza”. Se non intervenendo
direttamente in maniera pesantemente repressiva e antidemocratica come successo
a Genova ben 32 anni dopo Piazza Fontana.
Allora si
seminarono bombe per diffondere paura e disorientamento, per imporre un rigido
controllo sociale a garanzia del potere; oggi la paura e l’incertezza per un
futuro degno sono parte stessa della condizione sociale dei più, segnata dalla
totale precarietà, dalla povertà diffusa e dalla palese ingiustizia subita.
L’emergenza
climatica e l’esodo forzato di milioni di persone, insieme alle guerre sempre
più diffuse e alla perdita quotidiana dei diritti fondamentali sono oggi l’eco
sordo di quella deflagrazione.
Come negli
anni ’60/’70 studenti, operai, femministe e movimenti sociali lottavano per la
giustizia sociale, oggi un tutto il mondo, dalla Rojava all’America Latina, il
rifiuto del sistema neoliberista e della chiusura degli spazi di partecipazione
acquista sempre più forza. Giustizia ambientale, giustizia di genere, giustizia
economica sono le rivendicazioni di un’unica voce che chiede un mondo libero e
degno.
In questo
contesto di grave disgregazione sociale, la reiterata protervia nella negazione
della verità a 50 anni dalla strage di Stato e dall’assassinio di Giuseppe
Pinelli, ci allarma molto perché dimostra che la profonda faglia
antidemocratica ereditata dal fascismo non si è ancora completamente chiusa e
il pericolo di nuove derive reazionarie non è scongiurato.
Aderiscono:
Milano
Antifascista Antirazzista Meticcia e Solidale
Memoria
Antifascista
Centro
Sociale Cantiere
Csoa
Lambretta
Zam
POQ –
Partigiani in Ogni Quartiere
ANPI ATM
Milano
Rete della
Conoscenza
Partito
della Rifondazione Comunista Fed. di Milano
Partito
Comunista Italiano
Sinistra
Anticapitalista
Partito
Comunista dei Lavoratori
Sinistra
Italiana
Fronte
Popolare
Possibile
Milano
Brianza
Antifascista Antirazzista Antisessista
Marxpedia
CCL-Coordinamento
Comunista Lombardia,
Slai Cobas
Provinciale Milano
APS EL
Pueblo
Comitato
‘Non Dimenticarmi’
Zona 3 per
la Costituzione
Potere al
Popolo Provincia Milano
Centro
Culturale Concetto Marchesi
Circolo
Legambiente Zanna Bianca
Milano in
Comune Municipio 5
Associazione
per non dimenticare Varalli e Zibecchi
Ass. Naz. di
amicizia Italia – Cuba
Collettivo
Kasciavìt
ANPI di
Assago
Associazione
Culturale Punto Rosso
Amici e
compagni di Luca Rossi
Federazione
Anarchica – Milano
Ateneo
Libertario – Milano
CUB –
Confederazione Unitaria di Base
Coordinamento
Staffette Podistiche per Bologna
Circolo
Proletari Comunisti
ANPI di
Cassine (Alessandria)
Fuori Luogo
LUME –
Laboratorio Universitario MEtropolitano
Non Una Di
Meno – Milano
DA "IL MANIFESTO" - MAURIZIO ACERBO PRC - PER IL CENTENARIO DEL PCI, GAZZARRA DELLA DESTRA
Per il centenario del Pci, gazzarra della destra
MAURIZIO ACERBO SEGRETARIO PRC – da “IL
MANIFESTO” del 12-12-2019
La polemica
della destra contro lo stanziamento di 400mila euro in due anni per le
commemorazioni del centenario della fondazione del Partito Comunista d’Italia,
poi Pci sono qualunquiste nell’argomentazione – lo spreco di denaro pubblico –
e fasciste nelle motivazioni.
Salvini e
Meloni gridano vergogna e i giornali della destra fanno da amplificatori di una
polemica becera che cerca il consenso di quelli che vivono ancora oggi come un
lutto la Liberazione dal nazifascismo.
La polemica
contro il presunto spreco di denaro pubblico è del tutto strumentale.
Semmai si
dovrebbe considerare irrisoria la cifra stanziata rispetto all’importanza
dell’anniversario.
Faccio
presente che la sola Regione Abruzzo (governata dalla destra) ha stanziato e
speso nell’anno in corso 150.000 euro per celebrare l’anniversario della
cosiddetta «impresa di Fiume» di Gabriele D’Annunzio.
Il problema
per loro non è dunque la spesa di denaro pubblico ma il ruolo che i comunisti
hanno svolto nella storia italiana come principale componente del movimento
operaio e contadino, e soprattutto principale forza dell’antifascismo e della
Resistenza.
Erano
comunisti la stragrande maggioranza dei condannati dal Tribunale Speciale.
L’intellettuale
italiano del Novecento più studiato e citato nel mondo è Antonio Gramsci che
morì dopo una lunga detenzione nelle galere fasciste.
La
Costituzione della Repubblica Italiana reca in calce la firma del comunista
Umberto Terracini, fondatore con Bordiga e Gramsci del Pcd’I nel 1921, che
trascorse 14 anni in prigione.
E comunista
era il bracciante pugliese Giuseppe Di Vittorio, segretario generale della
Cgil.
L’anniversario
della fondazione del PCdI è quello del partito che ha pagato il più alto
contributo di sangue alla costruzione della democrazia italiana e che è stato
il più importante protagonista delle lotte sociali e democratiche della storia
repubblicana.
È un
anniversario che dovrebbero considerare come proprio tutti i democratici
italiani.
Gli stessi
(post)fascisti dovrebbero ricordare che fu il capo del Pci Palmiro Togliatti,
ministro della giustizia nel breve periodo di unità delle forze antifasciste
dopo la Liberazione, a consentire con l’amnistia ai loro nonni di reintegrarsi
nella vita del nostro paese.
Nella legge
di Bilancio 2018 (art 1 comma 334) sono stati stanziati per il sessantesimo
anno dalla scomparsa di Luigi Sturzo e il centenario della fondazione del
Partito popolare italiano 300.000 euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e
2020. 900.000 euro su cui la destra non ha fatto alcuna polemica.
Una cosa è
certa: ai fascioleghisti non piacciono le bandiere rosse. Le sardine ci
riflettano.
* segretario
nazionale Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
venerdì 6 dicembre 2019
lunedì 25 novembre 2019
IL CONGRESSO DEL PARTITO DELLA SINISTRA EUROPEA DAL 13 AL 15 DICEMBRE 2019.
Il Congresso del Partito della Sinistra Europea.
Paolo
Ferrero*
Dal 13 al 15
dicembre si terrà a Malaga il Congresso del Partito della Sinistra Europea.
Oggi il PGE
è una realtà consistente, presente in tutti i paesi che fanno parte dell’Unione
Europea. Il Congresso serve per fare un salto di qualità in più direzioni.
In primo
luogo è necessario che il congresso confermi la sintesi unitaria, tra le diverse
forze politiche, che sviluppi il terreno unitario fornito nel documento
congressuale. Non è cosa semplice coordinare decine di partiti diversi per
cultura politica e realtà nazionale, ma questa è la prima sfida del congresso,
ben impostata grazie ad un documento preparatorio unitario.
In secondo
luogo è necessario riuscire a costruire attorno a questa unità un maggior
lavoro politico comune. E’ del tutto evidente che ad oggi il PGE è in primo
luogo un coordinamento di realtà nazionali ma non agisce come vero e proprio
partito nello spazio europeo. Credo che questo sia possibile farlo innanzitutto
individuando campagne comuni che vengano fatte unitariamente sul livello
europeo. Pensiamo alla questione del salario, del welfare, della tassazione,
delle politiche ambientali e monetarie. Vi sono molti terreni che si prestano
ad una azione chiara e riconoscibile del partito europeo, al di là delle azioni
dei singoli partiti nazionali. Pensiamo solo alla vicenda del governo di Syriza
in Grecia. Al di là delle diverse valutazioni che possiamo dare dell’azione di
Syriza, è del tutto evidente che è mancata una azione coordinata di sostegno
nei diversi paesi europei e che il popolo greco è stato nei fatti lasciato solo.
Occorre su questo fare un salto di qualità.
In terzo
luogo occorre operare per l’unità di tutte le forze della sinistra di
alternativa. In questi anni sono maturate al di fuori del Partito della
Sinistra Europea varie esperienze politiche significative: da Podemos a France
Insumise al movimento di Varoufakis. Non è semplice riportare all’interno di
una sola organizzazione tutte queste esperienze. E’ però possibile e necessario
costruire una rete di relazioni stabili tra queste diverse esperienze in modo
da riuscire a costruire una sinergia tra queste diverse forze. E’ necessario dotare la sinistra di alternativa di una massa critica sufficiente ad
incarnare una credibile proposta di alternativa. Come esiste la famiglia
popolare, quella socialista, quella liberale o quella fascistoide, è necessario
dar vita ad una famiglia della sinistra antiliberista.
Questa
azione unitaria verso tutta la sinistra di alternativa si intreccia con il
quarto compito del partito della sinistra europea: la ricostruzione di una
credibile proposta di alternativa. E’ del tutto evidente che mentre nel primo
quinquennio della crisi nata nel 2007/8 sono state le forze della sinistra a
rappresentare la possibilità di una alternativa, negli ultimi anni sono state
le forze razziste e fascistoidi a farla da padrona. Non siamo stati capaci di dar vita ad una duratura e credibile ipotesi di alternativa su scala europea e
la gestione complessiva della vicenda greca non ci ha certo rafforzati. La
costruzione di questa non è quindi solo un fatto organizzativo – di unità
all’interno della sinistra europea e verso le altre forze di sinistra presenti
all’esterno – ma è un compito politico di prima grandezza. I movimenti delle
donne e sul cambio climatico forniscono un terreno su cui è possibile
riqualificare fino in fondo la nostra proposta in modo che sia chiaro che
l’alternativa in Europa come nel mondo non è tra socialiberisti e
fascioliberisti.
La
costruzione dell’alternativa richiede l’avvio di un dibattito culturale e
politico a livello europeo, cosa che oggi non accade se non in minima parte.
Transform si muove positivamente in questa direzione ed è necessario che
direttamente il partito della sinistra europea si ponga il problema di
diventare punto di riferimento del tessuto intellettuale di sinistra nel
continente e apra contemporaneamente uno spazio di dibattito politico
culturale. L’organizzazione di un tessuto culturale della sinistra di
alternativa è quindi un punto fondamentale su cui operare.
Da ultimo,
la costruzione di una prospettiva dell’alternativa chiede di unire le forze sociali
che in Europa si muovano su questo terreno. A tal fine il Forum Europeo deve
coinvolgere maggiormente il complesso delle forze sociali, in modo da dar vita
ad una sorta di Forum sociale europeo che diventi un appuntamento periodico e
significativo dei movimenti.
Da ultimo
occorre favorire anche forme di partecipazione e iscrizione diretta al partito
della sinistra europea al di là dei partiti che lo compongono. Le adesioni
individuali sono una strada che in Italia stimo praticando più che in altri paesi:
occorre proseguire e occorre trovare le forme attraverso cui valorizzare questa
adesione diretta al partito europeo, aumentandone dimensione ed articolazione
partecipativa.
Senza farla
più lunga, quelli sopra elencati mi paiono i punti fondamentali dell’agenda del
partito della sinistra europea al fine di essere in grado di porsi come
alternativa alle destre fascistoidi come al centrismo diversamente liberista di
chi oggi governa l’Unione Europea.
*Vicepresidente
Partito della Sinistra Europea
mercoledì 20 novembre 2019
ANCHE SU F35 NESSUNA SVOLTA: MAGGIORANZA M5S-PD-LEU CONFERMA PROGRAMMA
Anche su F35 nessuna svolta: maggioranza M5S-PD-LeU conferma
programma
Pubblicato
il 19 nov 2019
Spese
militari. F35, passa la mozione della maggioranza che approva il programma
di Luca Liverani da Avvenire
Voltafaccia
del M5s, da sempre contrario: «Le condizioni rispetto a 6 anni fa sono
cambiate». Anche il Pd rinuncia al dimezzamento della spesa chiesto nel 2014.
«Grande delusione» della campagna NOF35
Virata a
180° del Movimento 5 stelle sugli F35. La mozione della maggioranza approvata
ieri sera alla Camera registra un cambiamento radicale della storica posizione
dei grillini, ostinatamente contrari al costoso programma di acquisto di 90
cacciabombardieri Lockheed Martin. In retromarcia anche il Pd, che nel 2014
aveva sostenuto la mozione Scanu che chiedeva al governo di dimezzare
l’investimento per il costoso programma di velivoli. Peraltro mai attuata dai
governi dem. Duro il commento della Campagna “Taglia le ali alle armi”, che
esprime «grande delusione: la mozione della maggioranza non chiede il taglio o
la sospensione del programma, ma solo di “valutare le future fasi del programma
tenendo conto dei mutamenti del contesto geopolitico, delle nuove tecnologie,
dei costi che si profilano, degli impegni internazionali assunti dall’Italia,
delle esigenze di contenimento della spesa pubblica, della tutela e delle
opportunità dell’industria italiana del comparto difesa e dell’occupazione”».
La mozione
giallo-rossa era arrivata in risposta a quella presentata da parlamentari della
Lega e sottoscritta anche da forzisti che chiedeva «una conferma ed addirittura
una accelerazione degli acquisti dei caccia con capacità nucleare». Ma per la
Campagna (promossa da Sbilanciamoci, Rete della Pace e Rete Italiana per il
Disarmo) il testo della maggioranza è da bocciare perché «generico e senza
coraggio».
«Non prende
alcuna posizione su una questione così importante e dall’impatto rilevante sui
fondi pubblici e sulla spesa militare – affermano le organizzazioni – ma in questo
modo nella pratica avvalora la continuazione del Programma secondo i piani già
stabiliti». Molto severa la critica contro i grillini: «Siamo delusi in
particolare dal Movimento 5 Stelle, che nella scorsa Legislatura aveva chiesto
con forza lo stop complessivo del programma JSF». Critiche anche al Partito
Democratico che aveva «chiesto il dimezzamento della spesa» con la mozione
approvata nel 2014. La Campagna “Taglia le ali alle armi” invece «chiede la
cancellazione definitiva della partecipazione italiana al programma F35, un
inutile spreco di risorse».
Le organizzazioni pacifiste ricordano come l’Italia
abbia già «sottoscritto contratti per almeno 28 velivoli spendendo fino ad ora
una cifra di almeno 5 miliardi di euro (comprese le fasi iniziali di sviluppo).
Se il profilo di acquisizione dovesse essere confermato saranno ancora almeno 9
i miliardi di euro da spendere, che diventeranno almeno 50 complessivamente
lungo tutto il ciclo di vita del programma. Nonostante i recenti annunci
soddisfatti di Lockheed Martin (la capo-commessa del progetto) in direzione
opposta, i costi per singolo velivolo (in leggera discesa perché il Pentagono
sta volontariamente comprando più aerei) continuano a rimanere molto alti se si
considerano anche retrofit e completamento di tutte le parti. E lo stesso
Pentagono ha dovuto confermare
in questi giorni i numerosi problemi tecnici che mantengono bassissima
l’affidabilità della flotta. Tanto è vero che è stata posticipata di un anno
(ulteriore ritardo rispetto a tutti i programmi iniziali) la firma dei
contratti di produzione definitiva».
Il Movimento
5 stelle giustifica così la sua piroetta: «Le condizioni rispetto a 6 anni fa
sono cambiate. Ci troviamo in uno stato avanzato del programma, ma è necessario
avviare un dibattito franco sul tema, per evitare scelte sbagliate e
affrettate, lasciando sempre da parte gli approcci ideologici», sostiene ora il
pentastellato Luca Frusone, componente della commissione Difesa. «Temi come
quello degli F35 sono complicati. Noi abbiamo criticato il programma – ammette
Frusone – e di certo non rimpiangiamo quella scelta. Quello che oggi vogliamo
chiedere al governo – ha aggiunto – è di valutare seriamente, e con coscienza,
il prosieguo del programma, considerando tutte le possibilità. Come un buon
padre di famiglia – dice il deputato grillino – tenendo a mente l’interesse
dell’Italia». «Una revisione del programma F35 è doverosa anche da parte
dell’Italia – afferma il senatore 5s Gianluca Ferrara - come ha ribadito più
volte Luigi Di Maio e confermato lo stesso Conte. Il M5s 5 Stelle ha sempre
criticato questo programma militare quando era all’opposizione, e continua a
farlo oggi che sta al governo». Si dice soddisfatto anche Erasmo Palazzotto di
Leu: «È necessaria una riflessione seria sul ruolo che l’Italia deve avere
nello scacchiere internazionale in questa fase storica, il nostro Paese si
dovrebbe fare promotore di una politica di riduzione degli armamenti. Con
questo voto – sostiene il deputato – il Governo ha tutti gli strumenti per riaprire
il negoziato e tornare all’obiettivo del dimezzamento del budget già approvato
dal Parlamento italiano nel 2014. Adesso è arrivato il momento di farlo».
«Gli F35 non
servono a difendere il Paese o per le cosiddette missioni di pace, ma solo ad
aumentare gli affari dell’industria militare e, in caso, ad essere usati per
azioni d’attacco e di guerra», commenta Giulio Marcon, portavoce di
Sbilanciamoci! «Soldi buttati – dice – che potrebbero essere usati contro il
dissesto idrogeologico o mettere in sicurezza le scuole». «Il Parlamento dia al
Paese un segnale di responsabilità, aprendo gli occhi sulle emergenze e sulle
priorità che sono la difesa del territorio, gli investimenti per lo sviluppo
sostenibile, la ricerca, la produzione e l’occupazione, pulita», sottolinea
Sergio Bassoli della Segreteria di Rete della Pace. «Alcuni F35 destinati
all’Italia sono previsti con capacità nucleare – ricorda Francesco Vignarca,
coordinatore di Rete Disarmo - per poter trasportare e sganciare le testate
presenti a Ghedi (le B61 in rinnovamento) nell’ambito dei programmi di nuclear
sharing. Davvero l’Italia vuole basare la propria sicurezza sulla minaccia
d’uso di ordigni genocidi ed inumani?».
Contro la
produzione e l’acquisto degli F35 si pronuncia anche Pax Christi. Il
coordinatore nazionale, don Renato Sacco, in una lettera aperta al quotidiano
La Stampa, contesta l’editoriale del 10 novembre «Da Cameri a Candiolo. Sulle
strade dell’Italia che innova». «A Candiolo la ricerca oncologica è al servizio
della vita – dice Pax Christi – a Cameri la tecnologia degli F35 è a servizio
della morte. A Cameri si producono aerei per fare la guerra, caccia di attacco
e non di difesa, che possono trasportare anche bombe atomiche. Sul territorio
italiano di bombe atomiche statunitensi che ne sono già, e il prossimo anno
arriveranno anche le micidiali B61-12».
dal sito di
Avvenire, martedì 19 novembre 2019
lunedì 18 novembre 2019
DAL CANADA A TARANTO: TUTTI I CRIMINI AMBIENTALI DELLA MULTINAZIONALE CHE SCAPPA DALL’ILVA
Dal Canada a Taranto: tutti i crimini ambientali della
multinazionale che scappa dall’ILVA
di Elena Mazzoni* (responsabile ambiente
Rifondazione Comunista – Sinistra Europea)
Il 31
ottobre del 2018 lo stato italiano firma un contratto, con il gruppo
franco-indiano ArcelorMittal, per l’affitto e poi l’acquisto, nel 2021,
dell’ex-ILVA.
Nel novembre
del 2019 la ArcelorMittal annuncia che se ne andrà da Taranto. Senza lo scudo
penale, la clausola di “non punibilità” dei gestori dello stabilimento, per
eventuali danni ad ambiente e salute causati dall’attività nel periodo
necessario al completamente del piano ambientale, ovvero fino al 2023, che per
l’azienda rappresentava “la base del piano di risanamento”, stando alle parole
della amministratrice delegata di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, il
recesso del contratto è irrevocabile e con esso lo spegnimento degli altiforni
tramite la colatura della salamandra, la ghisa residua che resta nel fondo del
forno, procedura che rende poi necessari 6 mesi prima di riaccendere l’impianto
e che indebolisce la possibilità di trovare un nuovo acquirente.
Lo scontro
tra il governo e la proprietà della ArcelorMittal ora si gioca tra tavoli
politici ed aule di tribunale.
Ma chi è il
colosso franco-indiano che ha in mano le sorti di oltre 10.000 lavoratori
italiani?
Un gruppo
leader del settore siderurgico e minerario, che opera dall’automotive
all’edilizia, dagli elettrodomestici fino agli imballaggi ed ha siti
industriali in 18 paesi.
Un gruppo
sulla cui attività getta ombre un fitto numero di contenziosi ambientali e un
operato spesso fuori dalle regole.
È un filo
nero di processi penali quello che lega Taranto al Canada, gli USA al Sud
Africa, la Francia all’Ucraina*.
Nero, come i
puntini sulla mappa del gioco preferito dalle multinazionali: “inquina e
scappa”.
Sversamento
di cianuro ed ammoniaca in Indiana, lo dice l’EPA, agenzia federale per la
protezione dell’ambiente; inquinamento delle acque nella miniera del Fermont,
in Quebec, tra il 2011 e il 2013 e altri 39 capi di imputazione.
La
multinazionale è sotto processo per l’inquinamento della Mosella, in Francia,
per sversamento nelle acque del fiume di acido cloridrico, gestione irregolare
di rifiuti e funzionamento non autorizzato di un impianto.
In Sud
Africa è attivo un processo per inquinamento e danni alla popolazione Sebokeng,
Sharpeville e Boipatong, procedimenti che fanno assurgere la ArcelorMittal al
ruolo di più grande inquinatrice di aria nel paese.
Simile
situazione in Bosnia Erzegovina, con denunce delle associazioni ambientaliste
sullo stato dell’acciaieria di Zenica, e in Ucraina, dove è direttamente il
presidente Zelensky ad accusare la multinazionale di non tenere fede agli
impegni presi.
La lista dei
contenziosi di ArcelorMittal è lunga eppure, un anno fa, quando la compagnia si
è presentata alla gara per acquistare l’ILVA di Taranto, nonostante la sua
reputazione, l’offerta è stata giudicata la migliore.
Le promesse
di mettere in sicurezza l’impianto e i terreni dove sono depositati i minerali
di ferro sono parole al vento, lo stesso che sposta le nuvole di polvere rossa
sulla città dove si è costretti a scegliere se lavorare o morire.
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