Sinistra. L’unità, la lista, il partito
di Paolo Ciofi
Dov’è la sinistra? Dopo il referendum del 4 dicembre dell’anno passato, che
con il clamoroso rovescio dello statista di Rignano e del suo tentativo di
arronzare l’impianto costituzionale sugli interessi dominanti del capitale
finanziario ha terremotato l’intero sistema politico, oggi la domanda continua
a rimbalzare qua e là senza trovare un preciso ubi consistam. Tuttavia,
nonostante la confusione delle lingue e anche dei simboli, a sinistra del
partito di Matteo Renzi si sono venute delineando due tendenze sufficientemente
chiare.
Una, rappresentata da Articolo uno-Mdp, che intende dare forma a un nuovo
partito con l’obiettivo di ricostruire il centrosinistra coinvolgendo in
posizione di leader l’ex sindaco di Milano e il suo Campo progressista: come ha
sostenuto Pier Luigi Bersani, «si tratta di rivitalizzare il centrosinistra
promuovendo un soggetto politico progressista e popolare». L’altra, impersonata
da Anna Falcone e Tomaso Montanari, che dopo il successo nel referendum si
propone di dare vita a «una sola lista a sinistra, capace di portare in
Parlamento un popolo che vuole finalmente attuare il progetto della
Costituzione». Nel mezzo, diverse sigle e formazioni, tra cui Sinistra
italiana, piuttosto incerta sulla via da seguire, e Rifondazione comunista, da
tempo priva di rappresentanza parlamentare, orientata verso la seconda opzione.
In questo quadro, qual è la posta in gioco? Solo il governo, o qualcosa di
molto più rilevante e decisivo, vale a dire lo stesso ordinamento democratico
della Repubblica fondata sul lavoro? E non per responsabilità dei migranti, ma
perché una parte crescente della classe dominante, compreso Renzi, intende
scardinare il patto costituzionale tra gli italiani. Se di questo si tratta,
come appare evidente per mille segni, allora il problema non è rivitalizzare il
centrosinistra, ma lottare per una radicale svolta politica e sociale. Giuliano
Pisapia, chiuso in un mondo politicista che non esce da schemi del passato,
appare lontano mille miglia dalla portata reale della posta in gioco. D’altra
parte, però, la stessa prospettiva indicata da Bersani è tutt’altro che
convincente e adeguata alla fase.
Che senso ha oggi riproporre il centrosinistra, se è dubbio che esista un
centro ed è certo che non esiste la sinistra? Il problema da cui dipende tutto
il resto, compreso il governo, è costruire la sinistra che non c’è. Non una
sinistra del capitale, ma una sinistra che affondi le radici nel vasto e complesso
mondo del lavoro, segnato da forme di sfruttamento primitive e violente, dal
precariato crescente e in pari tempo da una rivoluzione scientifica e digitale
in perenne movimento. Una sinistra popolare e di massa, di lotta e di governo,
in quanto si proponga di far assurgere le lavoratrici e i lavoratori, tutti
coloro i quali per vivere devono lavorare, al rango di classe dirigente come la
Costituzione prevede.
O si raccoglie la forte spinta alla partecipazione democratica che si è
espressa il 4 dicembre 2016 seppure con motivazioni diverse, dandole una
limpida risposta politica sul terreno dell’attuazione della Costituzione, o
siamo condannati a un’ulteriore regressione sociale e civile, a un avvenire
ancora più incerto e oscuro. Altre strade non ce ne sono. Ed è proprio su
questo terreno che la sinistra può riscoprire le sue ragioni storiche,
assumendo i principi costituzionali per rifondare se stessa.
«Intorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale». Perciò «togliere
lavoro alla gente o sfruttare la gente con lavoro indegno o malpagato, è
anticostituzionale». Lo dice papa Francesco. Bersani, invece, non arriva a dire
con chiarezza che occorre il completo ripristino dell’articolo 18 dello Statuto
dei diritti dei lavoratori: facciamo 17 e mezzo, continua a dichiarare. Ma non
è credibile intestare al proprio partito virtuale l’articolo 1 della
Costituzione se poi non si combatte con coerenza per l’uguaglianza sostanziale
- la vera innovazione rivoluzionaria della nostra Carta (art.3) - e per la tutela
del lavoro «in tutte le sue forme ed applicazioni» (art.35).
La linea Bersani-Pisapia, ammesso che riesca a emergere e consolidarsi,
appare inadeguata e perdente proprio perché, invece di raccogliere la spinta
all’unità e alla partecipazione che si è espressa nel referendum, tende a
depotenziarla. E a impastoiarla dentro uno schema leaderistico, come è già
avvenuto in altre circostanze nel passato. Nella sostanza, una linea subalterna
e divisiva, che non è in grado di rispondere alle motivazioni profonde dello
stato di insoddisfazione, di malessere e di rifiuto della politica diffuso
nella società.
Il movimento Per la democrazia e l’uguaglianza promosso da Falcone e
Montanari si propone invece di costruire una sola lista a sinistra con
l’obiettivo di attuare la Costituzione facendo leva sulla spinta unitaria e
partecipativa del referendum. La proposta di rivitalizzare il centrosinistra
inevitabilmente divide e guarda al passato. Al contrario, la proposta di
attuare la Costituzione unisce e guarda al futuro. Certamente è l’unica vera
novità di questa stagione politica, e non di poco conto. Già solo per questo
dovrebbe essere considerata con maggiore curiosità e attenzione. Per la prima
volta, infatti, durante i lunghi anni della cosiddetta seconda repubblica viene
posto in modo chiaro, in una competizione elettorale, il tema dell’attuazione
della Costituzione, non della sua cancellazione o revisione.
Finalmente, la Costituzione antifascista viene assunta per quello che è: un
progetto originale di nuova società, da attuare in Italia e da diffondere in
Europa, che fondando la repubblica sul lavoro, ridefinisce i principi di
democrazia, di uguaglianza e libertà con l’obiettivo di aprire la strada a una
civiltà più avanzata. Un progetto straordinariamente attuale. Certamente
idoneo, oggi, a farci uscire dalla crisi di un ordinamento economico imperniato
sullo sfruttamento della persona umana e sulla distruzione dell’ambiente, e
lacerato da contraddizioni insanabili di cui le migrazioni sono la
manifestazione più evidente e drammatica. Finalmente, si è scoperto che abbiamo
nelle mani una bussola per orientare il cammino verso un reale cambiamento.
La proposta di Montanari e Falcone, tuttavia, non è di facile attuazione,
perché richiede anche a sinistra del Pd un taglio netto rispetto al passato.
Rimuovendo vecchie pratiche gruppettistiche e deleterie abitudini
leaderistiche. Compiendo una vera e propria rivoluzione copernicana nella
pratica della politica: prima i programmi e poi gli schieramenti. Costruendo
gruppi dirigenti centrali e periferici che padroneggino pienamente la cultura
creativa e modernamente rivoluzionaria della nostra Carta. Ma proprio perciò
tutti quelli che apprezzano la proposta - persone, partiti, movimenti - non
possono stare alla finestra, in attesa degli eventi. Devono prendere
l’iniziativa, coordinarsi per mettere in campo iniziative comuni, aprire spazi
nella società, fare proposte per la definizione di un programma concreto e
incisivo, muovendo dalla condizione umana spesso insostenibile su cui crescono
orientamenti autoritari e fascistici.
Il programma non può ridursi all’assemblaggio di buone intenzioni. Deve
essere un progetto coerente di cambiamento con l’indicazione di obiettivi
concreti per cui vale la pena di impegnarsi e lottare, e per la cui
realizzazione occorre saper organizzare il conflitto nella società. Per questo
la lista unitaria non basta. È solo un passaggio necessario, utile se porterà
alla costruzione di una libera associazione di donne e di uomini, ossia di un
partito, che assuma la Costituzione come tavola dei valori e si mobiliti con
coerenza e determinazione per attuarne i principi e i diritti.
Una Repubblica democratica fondata sul lavoro in cui i lavoratori sono
esclusi dalle decisioni politiche e non hanno alcun peso nella determinazione
del proprio destino non può reggere a lungo. E l’attuazione della Costituzione
resterà un bel sogno di anime belle se non si combatte tenacemente, anche sul
terreno culturale, per mettere in campo una formazione politica in grado di organizzare
e rappresentare il mondo del lavoro. È la priorità di questa fase. E i tempi
non sono lunghi.
Fonte: paolociofi.it
Nessun commento:
Posta un commento