Fra tavoli e piazze, dove nasce la nuova
Sinistra?
di Tomaso
Montanari
Leggo sul Corriere della sera che: "Fra un paio di giorni, quando sarà rientrato dalla Palestina,
Roberto Speranza convocherà un tavolo con Sinistra Italiana, Pippo Civati e il
movimento di Anna Falcone e Tomaso Montanari". Mi sono sempre chiesto se
non esista una relazione tra il fatto che la Sinistra sia ridotta ad un
fantasma e il fatto che per materializzarla si usi un "tavolo". Ma di
certo ogni elettore di buon senso che legga una frase come quella trascritta
penserebbe di trovarsi di fronte a liturgie ermetiche e remote, e si allontanerebbe
ancora un po' dalla "politica politicata".
Il paradosso
di questi immaginari riti segreti è che essi nascondono, nel discorso
giornalistico, la realtà concreta di un percorso pubblico, invece
sistematicamente ignorato.
Qualcuno ha
forse letto sul Corriere (o anche altrove, per carità) che migliaia di persone
si stanno riunendo, in piazze e teatri di tutta Italia, per discutere di una
sinistra che ancora non c'è, ma che sta lentamente prendendo forma? È il
percorso partito il 18 giugno dal Teatro Brancaccio (che non è un movimento e
non è di qualcuno), e che continua a snodarsi per l'Italia: in tutto ottobre ci
saranno assemblee tematiche, e a novembre una grande assemblea romana che
restituirà al paese un progetto di inclusione, eguaglianza, giustizia sociale.
Un programma che suggerisca come si può attuare la Costituzione.
Chi partecipa
a questo percorso? Cittadini senza tessere, singoli membri di associazioni,
movimenti, sindacati (dall'Arci a Libera all'Anpi a Libertà e Giustizia alla
Cgil e via elencando...), cattolici e laici, e anche ex elettori del Pd e dei
Cinque stelle, o astenionisti impenitenti. E poi tanti iscritti (e dirigenti)
di Sinistra Italiana, Possibile, Rifondazione, Mdp, l'Altra Europa, Diem e
ancora altri partiti o movimenti.
Cosa unisce
questo mondo variopinto, che nessun tavolo potrebbe per fortuna contenere? Due
semplici cose: la consapevolezza che è necessario invertire drasticamente la
rotta del paese; e la volontà di farlo costruendo una nuova sinistra, dal
basso.
È di questo
che si discute, in quelle piazze e in quei teatri, intrecciando il discorso
sulle cose, al discorso sul metodo. Inevitabilmente: perché nessun modo vecchio
può far nascere una nuova politica capace di rinnovare l'Italia.
È, con ogni
evidenza, un percorso culturale e politico di lungo periodo. Ma tutti coloro
che partecipano hanno ben chiaro il fatto che non possiamo permetterci che nel
prossimo Parlamento tutto questo non sia rappresentato.
Si tratta
dunque di provare a costruire anche una lista. E perché ci sia una possibilità
di successo, ci vuole una lista unica a sinistra. Ma non una lista arcobaleno
fatta sommando sigle a un tavolo, bensì una lista aperta, insieme poltica e
civica: costruita un po' come quelle che si sono imposte in tante città
italiane. E cioè nelle piazze, nella trasparenza, nella partecipazione.
Come si fa,
in pratica? Per esempio con una grande assemblea nazionale, eletta (con un
sistema proporzionale: lo stesso che vogliamo per le elezioni politiche) da
tutti i cittadini (con tessera e senza tessera) che si riconoscano in questo
orizzonte comune. E affidando a questa assemblea tutte le decisioni: programma,
liste, nome, della lista, leadership (che io credo debba essere plurale). Senza
alcuna imposizione, senza alcuna scelta presa a priori. Tutto il contrario di
un tavolo (che infatti nessuno ha convocato, per giovedì o per altre date): il
dialogo con Roberto Speranza esiste fin da prima del 18 giugno e prosegue, come
quello con tutti i diversi attori di questo processo.
I nodi sono
tutti ben noti (in sintesi estrema: sinistra o centrosinistra; Pisapia leader
designato o elezione democratica di una leadership; modello coalizione con
primarie o modello lista civica dal basso), ed è altrettanto noto che se non si
sciolgono non è possibile fare una lista unitaria. Ed è per questo che il
dialogo continua, e continuerà: ma senza "tavoli",
"convocazioni" e altri riti del passato.
La domanda è
una sola. Alle prossime elezioni ci sarà la Destra, il Movimento 5 stelle
guidato da Di Maio, e il Pd di Renzi. Vogliamo o no che esista un quarto polo:
la Sinistra? Non un "centrosinistra" che denunci fin da quella
incomprensibile (quale sarebbe il centro?) etichetta una sua insufficienza,
prima culturale e poi politica: ma una Sinistra, anzi la Sinistra, unita e
determinata a cambiare il paese.
La risposta
di tutti coloro che partecipano al percorso iniziato al Brancaccio è un forte
sì. Forte come il no che ha bocciato la riforma costituzionale, riaprendo lo
spazio del conflitto sociale, unico motore possibile del cambiamento.
Dunque, chi
vuole capire se una nuova sinistra può nascere, deve andare nelle piazze, non
aspettare tavoli e convocazioni. Perché, in una nuova politica, il discorso
pubblico e il discorso privato sono identici. E perché questa nuova politica
non può che nascere dal basso, non dall'alto. Come ha scritto Emilio Lussu:
"La Costituzione è cosa morta, se non è animata dalla lotta. E anche
quando siamo stanchi e vicini alla sfiducia, non c'è altro su cui fare
affidamento. Rimettersi all'alto è capitolazione, sempre".
Fonte:
Huffington Post
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