Da “IL MANIFESTO”
di Tomaso Montanari
Commenti. Se
l’emigrazione è così massiccia vuol dire che le minacce alla vita sono
insostenibili in gran parte del pianeta. Significa che la politica deve
cambiare. Anche a sinistra
L’articolo
10 della Costituzione prescrive che gli stranieri che non possono esercitare le
«libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana» hanno diritto ad
essere accolti nel nostro Paese, in quanto «persone» titolari, ai sensi del
nostro articolo 2 della Costituzione, di diritti inviolabili a prescindere
dalla loro nazionalità o Paese di provenienza.
Non è una
vaga, utopica aspirazione, ma il cuore del progetto della nostra Costituzione:
«La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo (non solo
dei cittadini italiani, nda), sia come singolo, sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
È per questo
che in Italia esiste un «diritto costituzionalmente garantito» all’asilo: non
si può decidere se applicare o meno questa norma, dobbiamo chiederne noi
l’attuazione, insieme a quella di tutti i principi che qualificano la nostra
democrazia, e che ad oggi restano in gran parte inattuati.
Eppure, in
queste drammatiche settimane estive, lo Stato italiano – attraverso il suo
governo, e segnatamente il suo ministro dell’Interno – non solo non ha attuato
questo principio fondamentale ma ha decisivamente scoraggiato le organizzazioni
non governative che soccorrevano in mare i migranti, e ha preso accordi con le
autorità di Paesi in cui non sono garantite le «libertà democratiche garantite
dalla Costituzione italiana», affinché i loro cittadini e i migranti che ne
attraversino i territori non possano fuggirne: cioè non possano aspirare, come
noi tutti, a una vita libera e dignitosa.
Siamo di
fronte a un grave tradimento della nostra Carta fondamentale e dei Trattati e
documenti internazionali che riconoscono e tutelano i diritti delle persone e
dei richiedenti asilo. Crediamo che di fronte alle masse che lasciano la
propria casa in cerca di diritti, di vita e di futuro la risposta
dell’Occidente non possa essere la chiusura e il tradimento dei principi su cui
si fondano le nostre democrazie.
Il fenomeno
migratorio non si fermerà di fronte al nostro egoismo. Anzi, rischierà di
degenerare in uno scontro di civiltà, già abilmente fomentato da chi coltiva la
guerra come forma di lucro e dominio sui popoli, a prezzo del sangue dei più
deboli e innocenti.
Non
possiamo, non dobbiamo, essere pedine di questo gioco al massacro. Abbiamo un
orizzonte diverso, che guarda al mondo come casa di tutti e alla
globalizzazione dei diritti, come fine dell’azione politica internazionale di
chi crede davvero nella democrazia e nell’universalità dei diritti
fondamentali.
Tutti i
Paesi più ricchi, a partire dall’Italia, devono garantire non solo
l’accoglienza promessa delle Carte, ma impegnarsi in una strategia condivisa a
livello sovranazionale che crei e garantisca ovunque le condizioni di
eguaglianza e giustizia sociale la cui assenza è la vera e prima causa della
grande migrazione in atto.
E anche
sulla natura e le dimensioni di questo fenomeno la Sinistra ha, innanzi tutto,
il dovere di dire la verità: le migrazioni sono processi fisiologici e costanti
in un mondo globalizzato, diventano massicce quando le minacce alla vita delle
persone diventano intollerabili, quando una parte del mondo vive in condizioni
disumane, o non vive affatto, e una piccola parte di privilegiati vive con le
risorse di tutti.
Ecco: questo
egoismo rischia di trasformarsi in un detonatore. Dobbiamo disinnescarlo. Anche
perché sui migranti si sta costruendo l’ennesima menzogna mediatica, che devia
l’attenzione dalle emergenze reali della politica, dalle cause reali dei nostri
problemi. Insomma: prima si è provato a dire che era colpa della Costituzione.
Sappiamo come è finita, il 4 dicembre scorso. Ma ora i mali del Paese, le
nostre vite precarie, il taglio orizzontale di diritti e futuro: tutto è colpa
dei migranti! Fumo negli occhi di una politica che non sa cambiare e non vuole
rimettere al centro le persone, ma spera di «neutralizzarle» mettendo poveri
contro poveri, disperati contro disperati. Non ci siamo cascati il 4 dicembre,
non ci cascheremo adesso.
Anche perché
la piccola parte di migranti che sbarca sulle nostre coste rappresenta solo
l’1% del flusso migratorio globale. Fra questi, solo una piccola parte aspira a
fermarsi in Italia: non sono un’invasione, né un’ondata oceanica. Non
rappresentano affatto una minaccia, semmai una grande opportunità: umana,
culturale e anche economica.
Il nostro
Paese, in drammatica crisi demografica, ha bisogno di nuovi italiani. Le nostre
antiche città aspettano nuovi cittadini. E la perfino timida legge sullo ius
soli in discussione in Parlamento è davvero il minimo che si possa fare per
costruire questa nuova Italia.
Ecco: stiamo
lavorando a un progetto condiviso che permetta a questo Paese di risollevarsi e
ripartire, in cui ci sia lavoro vero per tutti, non elemosine e precarietà per
pochi. Chi non si ponga in questa prospettiva, chi non ambisca a creare le
condizioni per un «Nuovo Inizio» democratico, sociale ed economico, non ha
capito qual è il compito fondamentale della politica che vogliono gli italiani.
Ancora una
volta: è di questi nodi cruciali che dobbiamo e vogliamo discutere, non della
sterile alchimia di sigle e leader.
Continuiamo
a credere nella formula che abbiamo proposto al Brancaccio il 18 giugno scorso:
ci vuole una sola lista a sinistra del Partito Democratico – un partito la cui
involuzione a destra è apparsa, proprio sui temi dell’immigrazione, palese.
Crediamo che
anche la situazione della Sicilia confermi questa lettura: mentre il Pd guarda
a destra, la sinistra cerca l’unità e la forza per proporre alternative
radicali allo stato delle cose.
Si apre un
autunno cruciale: proseguono le assemblee regionali, si moltiplicano quelle in
città di ogni dimensioni, si preparano quelle tematiche fissate per il fine
settimana a cavallo tra settembre e ottobre. Il loro formato è quello che
abbiamo sperimentato da giugno in poi: aperto a tutti (associazioni, partiti,
singoli cittadini) e senza dirigenze, egemonie o portavoce autonominati.
Decideremo
poi insieme, e democraticamente, in una grande assemblea nazionale che sarà
indetta alla fine del lavoro sul programma, il tipo di organizzazione che
vorremo darci.
Tutto questo
è importante: ma è solo un mezzo, uno strumento per metterci in grado di dare
il nostro contributo all’attuazione della Costituzione. Il primo traguardo da
cui ripartire per costruire un nuovo orizzonte di democrazia partecipata e di
cittadini liberi.
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