di Paolo
Ferrero - Segretario nazionale di Rifondazione comunista – Sinistra europea
L’incontro
tra Obama e Renzi è un grande evento scenografico con due precise valenze
politiche.
La prima è
l’appoggio di Obama e dell’establishment statunitense alla manomissione della
Costituzione. L’armamentario evocativo dello spot è “la speranza contro la
paura”, che caratterizza da un po’ di tempo la pubblicità della “multinazionale
del centro sinistra” contro la “multinazionale del centro destra”. E così due
belle coppiette di simpatici amiconi si incaricano di dare un volto umano a
quello che non è altro che una plateale
ingerenza statunitense negli affari interni di un altro Stato. Ingerenza
ovviamente ricercata e coltivata dal portaordini Renzi. Lo stesso messaggio, un
po’ burocratico e “novecentesco” dell’ambasciatore statunitense in Italia viene
rafforzato e abbellito con i fiori del giardino della Casa bianca che fa da
sfondo alle passeggiate delle due first ladies: non hanno vergogna di recitare
per uno spot pubblicitario stile “Mulino bianco”, l’importante è
conquistare il consenso degli indecisi
per sfasciare una delle migliori costituzioni del pianeta. Su questo tutte le
classi dominanti del pianeta sono unite ma certo lo sponsor di Obama è più
efficace di quello della Merkel.
L’altro
messaggio che arriva da Washington è il No all’austerità che Obama e Renzi
pronunciano all’unisono. Questo messaggio, già dato più volte, segna il vero
scontro dentro le classi dominanti ed in particolare all’interno dell’Europa
tra la Merkel e i paesi che la sostengono e i paesi del Sud Europa, appoggiati
dagli Usa. Il punto di conflitto è molte semplice. Dopo la crisi del 2008, le
politiche di austerità hanno avuto la funzione di scardinare il welfare europeo
e in quella fase tutti concordavano su queste ricette. Dopo questa azione di
sfondamento di cui Monti è stato l’esponente massimo, le opinioni relative
all’austerità si son andate divaricando all’interno del fronte liberista europeo
e mondiale. La Germania ha continuato a pestare sull’austerità sia per ragioni
di tornaconto nazionale che per ragioni ideologiche. Infatti il gruppo
dirigente tedesco è compattamente ordoliberista – cioè portatore di una visione
del mondo classista e reazionaria – e ritiene che la riduzione del ruolo dello
stato a soggetto tra gli altri all’interno del mercato debba essere portato
alle ultime conseguenze.
Al contrario
gli Usa e i presidenti di alcuni Stati europei hanno cominciato a mettere in
discussione l’austerità perché una volta ottenuta la sconfitta del movimento
operaio sul welfare non ritengono necessario continuare a stringere i cordoni
della borsa, determinando stagnazione economica e crescita delle destre
populiste.
Vi è quindi
una contraddizione vera dentro le classi dominanti. Da un lato Obama, Renzi e
Hollande vogliono lasciarsi alle spalle l’austerity utilizzando le risorse
liberate per “comprarsi” la manomissione della Costituzione, la distruzione del
diritto del lavoro attraverso l’approvazione dei vari Jobs Act, la creazione di
un sistema di welfare privatizzato e aziendalizzato che corporativizzi
ulteriormente la società. Dall’altra la Merkel che fa gli interessi della
borghesia tedesca e ritiene che il bastone dell’austerity debba continuare ad
essere usato a pieno regime. Draghi, sicuramente più vicino ai primi che ai
tedeschi, rappresenta uno snodo fondamentale della stabilità capitalistica,
salvaguarda il sistema finanziario pompando liquidità al fine di determinare un
sistema di “socialismo per soli banchieri”, a cui i soldi non devono mancare.
Il punto che
a me preme sottolineare è che tutte queste differenze sulla gestione
dell’austerità non producono però alcuna differenza sul tema fondamentale del
neoliberismo, cioè della distruzione dei diritti del lavoro, del welfare, delle
regole costituzionali nate dalla lotta al nazifascismo. La differenza tra Obama
e la Merkel non è tra sinistra e destra, ma tra una gestione egemonica fatta in
nome della stabilità del sistema capitalistico e una gestione ottusa fatta in
nome degli interessi tedeschi e delle ideologie delle sue classi dominanti.
Evitiamo
quindi di farci prendere in giro facendoci arruolare nell’armata americana
contro l’armata tedesca. Solo la sconfitta delle politiche neoliberiste, cioè
della completa sottomissione della sfera pubblica agli interessi delle grandi
imprese e delle banche, potrà farci uscire dal disastro in cui è costretta a
vivere la nostra gente. Non viviamo nel 1943: Obama e Merkel sono le due facce
della stessa medaglia, quella neoliberista che deve essere sconfitta con un
sonoro No nel referendum.
Ps.
Ovviamente la contropartita pagata da Renzi è il pieno coinvolgimento
dell’esercito italiano nella guerra in Iraq e in Libia, ma questo non entra
nello spot del mulino bianco…
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