Il razzismo
di governo in nome della nazione
Razzismi. Il
messaggio governativo razzista che passa è questo: se non sei italiano (o
austriaco, o ungherese o polacco ecc.), non hai diritto di vivere, anche se ti
vediamo morire
Da “IL MANIFESTO” - Alessandro Dal
Lago
La circolare
Salvini sulla “stretta” nel riconoscimento di permessi umanitari a donne, anche
incinte, e bambini è semplicemente razzista. Esattamente come la reclusione dei
bambini separati dalle famiglie nelle gabbie volute da Trump. Con la differenza
che, mentre negli Usa c’è una vivace opposizione, nell’opinione pubblica, nei
media e nelle strade, qui da noi le critiche sono flebili, marginali e annegate
in un mare di opportunismi, attendismi e collaborazionismi.
Definire
qualcosa come «razzista» non è una metafora per «autoritario». Si deve
intendere in senso letterale. È caratteristica essenziale del razzismo avere
perseguito la distruzione di categorie specifiche di esseri umani in quanto
tali, per quello che erano, non per quello che erano supposti fare.
E, come
accadde storicamente in Germania, in nome di una realtà simbolicamente
pregnante, anche se immaginaria, das deutches Volk, la “nazione” tedesca. Non
vedo differenza di significato con Salvini: semmai di scala, per ora, e
ovviamente di epoca storica. Ma il significato è lo stesso: negare il diritto
minimo alla vita di esseri umani, indipendentemente dalle loro vicissitudini,
in nome della nazione (in Italia e come in gran parte dell’Europa orientale).
Lo stolido slogan «prima gli italiani» significa semplicemente questo. Se non
sei italiano (o austriaco, o ungherese o polacco ecc.), non hai diritto di
vivere, anche se ti vediamo morire.
Il diritto
alla protezione dei richiedenti asilo in pericolo di vita (donne incinte,
malati, bambini) era già elargito con assai parsimonia (uno su quattro),
esattamente come lo status di rifugiato. Ma nessuno, finora, aveva espresso in
modo così esplicito la subordinazione della vita dei non nazionali al mito
della nazione. Chiudendo i porti, criminalizzando le Ong – il cui aiuto
fondamentale ieri il Consiglio d’Europa ha invitato invece a sostenere – e
delegando il soccorso in mare alla criminale guardia costiera di Tripoli,
nonché allestendo nel sud della Libia, al confine con il Niger, «campi della
guardia di confine» italo-libica, questo governo, sulle tracce del precedente
Codice Minniti, ha gettato la premesse per nuove stragi e l’uso generalizzato
della tortura. Ma, ripeto, respingere donne, bambini e malati è qualcosa di
più, è superare un limite, simbolico, politico e umano.
Qui emerge
un problema politico enorme. Questo non è solo un governo di destra, che
tutt’al più getta nelle fauci del suo elettorato qualche offa simbolica o
promesse che non manterrà (flat tax, «reddito di cittadinanza», abolizione dei
vitalizi ecc.).
È certamente
un governo eletto democraticamente (ma in condizioni inedite di comunicazione
politica, manipolatorie e sorrette da un vasto consenso), che chiama la
maggioranza del “popolo” a scaricare frustrazioni sociali e odio sui marginali,
gli altri, i “non nazionali” e “non cittadini” (soprattutto migranti e poi
disturbatori, ladruncoli, carcerati e così via). Un governo che scatena,
direttamente o no, la violenza diffusa contro gli stranieri (le aggressioni si
moltiplicano), mentre evoca l’inesistente invasione dei migranti.
Rischiamo di
stare a guardare, con illusione, opportunismo, cecità una deriva che va verso
l’impensabile. E che in primo luogo chiama in causa i grillini e i loro flebili
distinguo. Ma chi ha capito chi è Salvini e che cosa vuole dovrebbe uscire dal
letargo.
Espressioni
come disobbedienza civile e rifiuto di leggi ingiuste e omicide oggi non sono
fuori luogo. Questo vale per poliziotti, marinai, funzionari, amministratori di
qualsiasi rango ministri compresi e, speriamo, per chi ha il compito di
vegliare, nei fatti e non con generiche parole, sul rispetto della
Costituzione.
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