lunedì 16 luglio 2018
venerdì 6 luglio 2018
INSUFFICIENTE SU CONTRASTO A PRECARIETA' E LICENZIAMENTI....
«Del tutto insufficiente su contrasto a precarietà e licenziamenti, negativa l'abolizione dello split payment. Su delocalizzazioni si fa quello che proponiamo da anni».
Le misure sul lavoro contenute nel decreto "Dignità" non smantellano il Jobs Act. L'aumento del numero di mensilità che un lavoratore può ricevere come indennizzo per un licenziamento ingiusto è certamente migliorativo della situazione esistente, ma è assai diverso dal diritto ad essere reintegrato nel proprio posto di lavoro come prevedeva l'articolo 18.
Né il
ripristino delle causali nei contratti a termine, limitato ai rinnovi dopo i 12
mesi, può essere risolutiva a fronte di contratti stipulati, in quasi l'80% dei
casi, per periodi di tempo assai inferiori. Il contrasto alla precarietà
richiede inoltre interventi coerenti su tutte le tipologie contrattuali, in
assenza dei quali si ha soltanto l'effetto "travaso" da una tipologia
all' altra: da questo punto di vista è assai preoccupante e inaccettabile la
previsione dell'accordo Lega-M5S di potenziare nuovamente i voucher.
Consideriamo
inoltre negativamente l'abolizione dello split payment (scissione dei
pagamenti, una forma di liquidazione IVA..), per quanto limitata ai
professionisti, perché evidente indice della volontà di indebolire il contrasto
all' evasione fiscale -come molti dei provvedimenti promessi dal governo e ad
oggi non realizzati.
Positivi
sono invece sia la stretta sulla pubblicità del gioco d'azzardo, sia le norme
sulle delocalizzazioni. Per il contrasto alle delocalizzazioni ci siamo battuti
negli ultimi vent'anni, presentando proposte di legge in Parlamento ed in molte
regioni, anche con raccolte di firme e iniziative a sostegno.
L'opposizione annunciata dal Pd in
nome della rivendicazione del Jobs Act, cioè da destra, è davvero Il segno di
una deriva liberista e anti popolare senza freni.
Servirebbe all' opposto il ripristino
delle causali per tutti i contratti come la reintroduzione del diritto alla
reintegra in caso di licenziamento illegittimo.
IL RAZZISMO DI GOVERNO IN NOME DELLA NAZIONE
Il razzismo
di governo in nome della nazione
Razzismi. Il
messaggio governativo razzista che passa è questo: se non sei italiano (o
austriaco, o ungherese o polacco ecc.), non hai diritto di vivere, anche se ti
vediamo morire
Da “IL MANIFESTO” - Alessandro Dal
Lago
La circolare
Salvini sulla “stretta” nel riconoscimento di permessi umanitari a donne, anche
incinte, e bambini è semplicemente razzista. Esattamente come la reclusione dei
bambini separati dalle famiglie nelle gabbie volute da Trump. Con la differenza
che, mentre negli Usa c’è una vivace opposizione, nell’opinione pubblica, nei
media e nelle strade, qui da noi le critiche sono flebili, marginali e annegate
in un mare di opportunismi, attendismi e collaborazionismi.
Definire
qualcosa come «razzista» non è una metafora per «autoritario». Si deve
intendere in senso letterale. È caratteristica essenziale del razzismo avere
perseguito la distruzione di categorie specifiche di esseri umani in quanto
tali, per quello che erano, non per quello che erano supposti fare.
E, come
accadde storicamente in Germania, in nome di una realtà simbolicamente
pregnante, anche se immaginaria, das deutches Volk, la “nazione” tedesca. Non
vedo differenza di significato con Salvini: semmai di scala, per ora, e
ovviamente di epoca storica. Ma il significato è lo stesso: negare il diritto
minimo alla vita di esseri umani, indipendentemente dalle loro vicissitudini,
in nome della nazione (in Italia e come in gran parte dell’Europa orientale).
Lo stolido slogan «prima gli italiani» significa semplicemente questo. Se non
sei italiano (o austriaco, o ungherese o polacco ecc.), non hai diritto di
vivere, anche se ti vediamo morire.
Il diritto
alla protezione dei richiedenti asilo in pericolo di vita (donne incinte,
malati, bambini) era già elargito con assai parsimonia (uno su quattro),
esattamente come lo status di rifugiato. Ma nessuno, finora, aveva espresso in
modo così esplicito la subordinazione della vita dei non nazionali al mito
della nazione. Chiudendo i porti, criminalizzando le Ong – il cui aiuto
fondamentale ieri il Consiglio d’Europa ha invitato invece a sostenere – e
delegando il soccorso in mare alla criminale guardia costiera di Tripoli,
nonché allestendo nel sud della Libia, al confine con il Niger, «campi della
guardia di confine» italo-libica, questo governo, sulle tracce del precedente
Codice Minniti, ha gettato la premesse per nuove stragi e l’uso generalizzato
della tortura. Ma, ripeto, respingere donne, bambini e malati è qualcosa di
più, è superare un limite, simbolico, politico e umano.
Qui emerge
un problema politico enorme. Questo non è solo un governo di destra, che
tutt’al più getta nelle fauci del suo elettorato qualche offa simbolica o
promesse che non manterrà (flat tax, «reddito di cittadinanza», abolizione dei
vitalizi ecc.).
È certamente
un governo eletto democraticamente (ma in condizioni inedite di comunicazione
politica, manipolatorie e sorrette da un vasto consenso), che chiama la
maggioranza del “popolo” a scaricare frustrazioni sociali e odio sui marginali,
gli altri, i “non nazionali” e “non cittadini” (soprattutto migranti e poi
disturbatori, ladruncoli, carcerati e così via). Un governo che scatena,
direttamente o no, la violenza diffusa contro gli stranieri (le aggressioni si
moltiplicano), mentre evoca l’inesistente invasione dei migranti.
Rischiamo di
stare a guardare, con illusione, opportunismo, cecità una deriva che va verso
l’impensabile. E che in primo luogo chiama in causa i grillini e i loro flebili
distinguo. Ma chi ha capito chi è Salvini e che cosa vuole dovrebbe uscire dal
letargo.
Espressioni
come disobbedienza civile e rifiuto di leggi ingiuste e omicide oggi non sono
fuori luogo. Questo vale per poliziotti, marinai, funzionari, amministratori di
qualsiasi rango ministri compresi e, speriamo, per chi ha il compito di
vegliare, nei fatti e non con generiche parole, sul rispetto della
Costituzione.
ERRI DE LUCA: «SALVINI FA IL GUAPPO CON I DEBOLI MA MINNITI GLI HA APERTO LA STRADA»
Erri De Luca: «Salvini fa il guappo con i deboli ma Minniti gli ha
aperto la strada»
Vestiti di
rosso. «Il ministro dell’interno fa propaganda elettorale. Ma il suo
predecessore, eliminando il secondo grado di appello per i richiedenti asilo, è
stato più efficace»
Da “IL MANIFESTO” - Rachele Gonnelli
Arriva il
secondo atto di Salvini dopo la chiusura dei porti alle ong: è una circolare ai
prefetti e alle commissioni territoriali per restringere e sveltire i criteri
di ammissibilità alla protezione internazionale. A conti fatti (cfr Cronache di
Ordinario razzismo) si tratta di 40 mila rifugiati e 136mila domande ancora
pendenti. Numeri davvero piccoli.
Erri De Luca, ma allora qual è il
vero obiettivo di questi provvedimenti di Salvini?
Il vero
obiettivo è che se ne parli, perché si sta anticipando la campagna elettorale
che seguirà lo scioglimento delle Camere, dopo il dissolvimento di un governo
accozzaglia. Usano i ministeri per strumento di amplificazione della
propaganda. È stato più efficace il ministro degli Interni di prima, con la
eliminazione del secondo grado di appello per i richiedenti asilo che subivano
in primo grado un rigetto. È stato più efficace in Libia dove aveva
interlocutori degni di lui nella fazione che abbiamo foraggiato. L’ha avviata
quello, la campagna di calunnia e diffamazione dei salvatori di naufraghi, con
tanto di inchieste giudiziarie al seguito poi cadute nel nulla. Questo ministro
attuale approfitta largamente dell’operato precedente. Di suo aggiunge la
beceraggine del guappo di cartone, quello che fa il forte coi più deboli.
Pare che si voglia negare che il
passaggio nei centri di detenzione in Libia costituisca una condizione per
chiedere aiuto come soggetto vulnerabile. Solo le condizioni del paese
d’origine e di partenza contano. Ma si sa che in Libia i centri di detenzione
si ingrossano al diminuire delle partenze, che le donne sono sistematicamente
stuprate, gli uomini schiavizzati e torturati. Un tentativo di rimozione?
La negazione
delle ragioni inesorabili di chi scappa dalla Libia sono falsificate, negate,
omesse. La grancassa della posizione di rendita di parlare dal trespolo di
governo aumenta il volume della voce del pappagallo di turno. Negare le
evidenze è lo stadio finale dell’ubriaco che nega di esserlo mentre barcolla.
Credono che negare elimini la realtà. L’Unione europea comunque ha ribadito che
navi battenti bandiera della Ue non possono prestarsi a riportare in Libia i
naufraghi eventualmente recuperati. Questi 21 anni di ostacolo alle migrazioni,
facendo data da Pasqua ‘97 con l’affondamento del battello albanese Kater i
Rades nel Canale di Otranto, questi 21 anni di ostacoli ai flussi migratori
dimostrano che nessuna barriera serve. Il danno ricade su una società che si
abitua all’infamia degli annegamenti, all’ ingigantimento falso del fenomeno
degli arrivi, che sono più transiti che permanenze, insomma intorbidisce la
propria umanità. Il danno dell’odio ricade sul sistema nervoso di chi lo prova.
Una delle poche iniziative di
opposizione al cinismo dilagante e alle politiche di Salvini e dell’Europa
contro i migranti è quella, pur minimale, di sabato prossimo lanciata da
Libera, Anpi, Arci e Legambiente: un invito a indossare una maglietta rossa
come segno distintivo, per riconoscersi. Pensa che aderirà? Ha senso?
Non costa
nulla infilare una maglia, che anche con una scritta sopra, resta muta. Ci
vogliono azioni che costino qualcosa a chi decide di battersi contro la
disumanità programmata e sbandierata. Non è ora di moderare i termini. Comunque
stasera sono in una trasmissione televisiva con una camicia rossa. Hanno senso
tutto i gesti individuali e collettivi che facciano argine, che blocchino le
porte girevoli e gli ingressi come facevano gli scioperi operai.
La rivista Rolling Stones dedica la
copertina a un attacco a Salvini e raccoglie adesioni di registi, attori,
cantanti, anchor della tv. Salvini li tratta da radical chic e dice che così
raddoppierà la sua forza perchè non rappresentano pensionati, studenti e operai
e sono multimiliardari, però è la sua Lega che deve risarcire lo Stato per 49
milioni di euro. Eppure è lui a bucare lo schermo della comunicazione, cosa c’è
di sbagliato in ciò che fanno i giornali?
Da noi la
figura dell’intellettuale preferisce il distacco e la prudenza. Gli
intellettuali degli anni ‘70 che prendevano posizione sul Vietnam, sulle stragi
di Stato, erano coinvolti da una gioventù politica travolgente. Dopo
quell’epoca sono rimasti pochi, Franca Rame e Dario Fo hanno fatto supplenza
generale di una categoria assente. Oggi Roberto Saviano spende tutto il suo
credito per pronunciare a voce alta le ragioni di molti. Ricordo che su 1200
titolari di cattedre chiamati a giurare fedeltà al fascismo solo 12 rifiutarono
e persero l’incarico. È ancora quella la percentuale, uno su mille. Gli organi
di informazione sono servizievoli, assecondano l’imbonitore in carica, gli
amplificano la voce. Anche questa domanda in questo momento sta riportando le
dichiarazioni e le ragioni di disprezzo di un guappo di rione che si piglia
l’applauso dei sondaggi a ogni sputo in faccia che rivolge dritto in faccia
alle telecamere. Il suo partito è losco e compromesso con la corruzione quanto
gli altri e la sua difesa dovrà farla in tribunale.
giovedì 5 luglio 2018
AL PORTO DI BARCELLONA LA PROACTIVA OPEN ARMS CON 60 NAUFRAGHI - DA IL MANIFESTO
Al porto di Barcellona la Proactiva Open Arms con 60
naufraghi
Migranti. Il
fondatore di Open Arms Camps: «Non so se il ministro Toninelli può dormire la
notte»
Anche la statua di Cristoforo Colombo, che indica il
mare dal porto di Barcellona, ha accolto, a modo suo, i 60 naufraghi portati in
salvo da Proactiva Open Arms: con al braccio uno dei giubbotti di salvataggio
arancioni della ong spagnola. L’amministrazione cittadina si è coordinata con
il governo catalano e con quello spagnolo per allestire il dispositivo che ha
accolto i migranti arrivati in porto verso le 11 di ieri mattina.
A terra era pronta un’equipe formata da medici,
traduttori, avvocati per accogliere i 50 uomini, 5 donne e 5 minori (tre non
accompagnati). Assieme al gruppo, viaggiava una missione di osservazione del
Parlamento europeo: gli eurodeputati spagnoli Miguel Urbán (Podemos, nel
partito della Sinistra europeo), Ana Miranda (nazionalisti galiziani del BNG,
nei Verdi) e Javi López (socialista), più l’italiana Eleonora Forenza (Rifondazione – Potere
al popolo, anche lei nella Sinistra).
LA SINDACA ADA COLAU ha tenuto una conferenza stampa con un delegato del
governo catalano e una delegata del governo spagnolo, i 4 eurodeputati e Òscar
Camps, il bagnino fondatore di Proactiva Open Arms. Le parole e la
testimonianza di Camps sono state le più dure, pur mostrando gratitudine per
l’accoglienza. «È difficile scendere da una nave umanitaria che salva vite alla
quale è stato negato l’accesso da due paesi dell’Ue», ha detto subito.
«QUANDO TI MINACCIANO i libici, ti dicono ti andartene a casa tua, quando un
ministro di un governo guida una schiera di fascisti che ti insultano sulle
reti sociali, è molto dura prendere decisioni complicate come ha fatto il
capitano della nave», ha aggiunto. Per poi scandire: «Nel mare non ci sono migranti: ci sono naviganti e ci sono naufraghi.
E noi salviamo i naufraghi». Camps ha un messaggio molto chiaro anche per il ministro
dei trasporti Toninelli: «Gli vorrei ricordare che bisogna rispettare le leggi
marittime. E a volte bisogna disobbedire gli ordini che non sono legali. Non so
se lui può dormire la notte, ma so che molte guardie costiere italiane no».
HA DEFINITO LA GUARDIA costiera libica a cui il governo italiano avrebbe
voluto affidare i naufraghi «un gruppo armato senza alcuna intenzione di
salvare vite» a cui l’Europa paga 500 milioni di euro «per detenere la gente
con la forza».
Commosso, Camps ha ricordato che in questi giorni di
navigazione sono morte 200 persone perché il governo di Malta non lascia uscire
le navi di salvataggio delle ong sequestrate e il governo italiano non le
lascia entrare. «Quel giorno non è che ne abbiamo salvate 60; ne abbiamo lasciate
morire 140». Ha paragonato il governo italiano al buttafuori di una discoteca
che decidono arbitrariamente chi entra e chi no.
«GRAZIE AL GOVERNO SPAGNOLO: ma era suo dovere accettarci, così come avrebbero
dovuto fare Italia e Malta». E ha concluso dicendo di essere molto triste
perché «stavamo quasi per salvare centinaia di vite, che sembra importino solo
a un gruppo di bagnini con la maglietta grigia [di Open Arms, ndr] e a 50mila
donanti. Ma la responsabilità ce l’abbiamo tutti». La sindaca Colau, soddisfatta di essere riuscita a trasformare
Barcellona in un porto sicuro: «è in crisi la credibilità del progetto
democratico europeo» perché non ci sono altre opzioni a essere «una
democrazia impegnata nei diritti umani» o che porta avanti «una politica della
morte e della crudeltà».
E HA RICORDATO che,
lontani dai riflettori mediatici, nelle ultime due settimane nella capitale
catalana sono arrivati in autobus dalla frontiera sud della Spagna 660 persone.
Per questo vuole che si destinino alle città i fondi europei per l’asilo e che
si cambi l’ingiusta legge per l’immigrazione per permettere alle persone di
poter cercare un lavoro.
L’eurodeputata Forenza
ha detto di provare «vergogna» per le «politiche di morte» del suo paese.
Secondo lei, anche Salvini dovrebbe salire su una di queste navi: «gli sarebbe
molto più difficile parlare di pacchia, crociera e porti chiusi dopo averli
guardati negli occhi e aver ascoltato le loro storie». E ha concluso: «Mi
auguro che gli italiani combattano il protocollo di salvataggio di questo
governo e di quello precedente, e che sappiano dire: Not in My Name. Sono
crimini contro l’umanità».
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