Acerbo (Prc): «Tante assemblee per consegnarsi a
D’Alema e Bersani? Noi no»
Sinistre/Intervista. Il segretario comunista: abbiamo aderito al percorso
del Brancaccio perché in assemblea si dava regole e contenuti. Non si doveva
discutere il documento della lista unitaria prima con gli altri che con chi
aderisce. Gli ex Pd ci trattano come l'intendenza. Così si allontana anche chi
è stato all'opposizione quando loro sostenevano Monti
Maurizio Acerbo,
segretario del Partito della Rifondazione comunista - Daniela Preziosi - EDIZIONE DEL10.11.2017 - PUBBLICATO9.11.2017, 23:59
«Non c’era bisogno di chiamare migliaia di persone in
centinaia di assemblee per fare la lista di Bersani e D’Alema». Maurizio
Acerbo, segretario Prc, è al forum di Marsiglia promosso dalla Sinistra europea
con le sinistre latinoamericane. Da lì boccia il documento-base concordato Fra
Mdp, Sinistra italiana, Possibile e civici del Brancaccio. Il guaio è che
Rifondazione è una componente delle assemblee del Brancaccio. Non va bene il
metodo, spiega: «Le forze del vecchio centrosinistra concordano un documento
poi indicano un leader, Grasso. E invece le persone che in questi mesi hanno
partecipato alle assemblee sono l’intendenza, chiamata ad accettare? Avevamo
aderito al Brancaccio perché era un percorso all’interno del quale si
definivano programma e regole sulla base degli orientamenti proposti da Tomaso
Montanari. Il documento bisognava discuterlo anche con chi al Brancaccio
partecipa, prima che con chi no».
Non avevate dato mandato per il tavolo che si riuniva
nella sede di Mdp per la stesura del documento comune?
Sapevamo che erano stati chiesti incontri a Tomaso e
Anna, niente di male. Ma il luogo decisionale è l’assemblea. C’è un’altra cosa:
quelli che hanno perso la battaglia nel Pd dopo aver diretto per 25 anni il
centrosinistra hanno un progetto e aggregano forze. Ma il Brancaccio era una
cosa diversa: creare le condizioni dell’unità più larga possibile con un metodo
diverso e un programma di netta discontinuità con il passato.
L’assemblea è sovrana. E se nell’assemblea del 18
novembre, dove approvarete o no il testo, finirete in minoranza?
Sia chiaro: non siamo contrari a un processo unitario,
ma per una forza alternativa al Pd. Prima e dopo le elezioni. Se no qual era la
differenza con le posizioni di Giuliano Pisapia? Se ora il Brancaccio diventa
un’altra cosa ne prenderemo atto. Ma ho partecipato a una marea di iniziative,
c’è una grande unità su una piattaforma alternativa.
Il testo non lo è?
Non c’è neanche scritto che è finita la stagione del
centrosinistra.
Segretario, lei sa bene che loro dicono «mai con il
Pd».
Ma l’hanno scritto? No, e su tutti i giornali
discutono di come rifare il centrosinistra.
E comunque Falcone e Montanari sostengono di aver
vinto.
Non voglio polemizzare ma a me non sembra. E non credo
di aver letto il documento sbagliato: me l’hanno mandato loro. Ora rischiano di
spegnere l’entusiasmo con cui molti si erano attivati nelle assemblee.
Nel Prc siete tutti d’accordo?
Credo di sì, in direzione abbiamo votato a larghissima
maggioranza e gli astenuti e i contrari mi criticavano da sinistra. Ripeto:
siamo per una lista unitaria, ma su un programma radicale e credibile. Sui
punti che abbiamo condiviso con Tomaso e Anna.
Ma qui si fa proprio il punto di vista degli altri.
Non drammatizzo. All’assemblea del 18 ne discuteremo. Io so le cose dette e
scritte da Tomaso in questi mesi, andiamo avanti su quelle. Se consegniamo il
Brancaccio a Bersani e D’Alema sarà la fine di una speranza per molti.
L’obiettivo enunciato al Brancaccio era quello di rimotivare al voto le persone
di sinistra che si astengono o si rivolgono ai 5 stelle. Si perderanno anche i
voti di quelli che in questi anni hanno resistito all’opposizione mentre
Bersani e D’Alema sostenevano Monti e le riforme neoliberiste.
La sensazione è quella. Mdp costruisce un progetto, Si
e Possibile sono i satelliti e alla fine arriva il Brancaccio.
Non avete paura dell’isolamento?
Isolati lo siamo da un pezzo. Anche Bersani dovrebbe
interrogarsi dei suoi scarsi consensi. In Italia la sinistra non esiste
nonostante una crisi sociale enorme. C’è un partito, M5S, che incarna la
protesta popolare anche di tanti elettori di sinistra. Si può rientrare in
parlamento, o restarci. Ma se non si restituisce credibilità alla sinistra, se
ogni tanto non si è fedeli a quello che si dice, si farà poca strada. Nel
documento non c’è scritto che bisogna abolire la riforma Fornero.
Sì. Mdp limita l’analisi agli anni di Renzi e non fa
fino in fondo i conti con i venticinque anni che hanno portato a Renzi e di cui
loro sono stati protagonisti. Non possiamo fare la lista di quelli del governo
Monti contro Renzi. Non c’è nemmeno la cancellazione del pareggio di bilancio
dalla Costituzione. Ma di cosa abbiamo parlato in decine di assemblee?
Lei il 7 novembre era a Mosca a festeggiare la
Rivoluzione con i partiti comunisti di tutto il mondo. È quella la compagnia
che preferisce?
A Mosca non c’erano solo partiti comunisti. La nostra
compagnia è plurale: Podemos, Mélenchon, Syriza. È questo tipo di sinistra che
vogliamo fare. Siamo stati così aperti che non abbiamo posto un veto su Mdp che
in Europa siede con i socialdemocratici. In nome dell’emergenza di costruire
una sinistra italiana siamo aperti massimo di unità possibile. Ma da questo
alla lista di Bersani e D’Alema ce ne corre.
Continueremo il percorso delle assemblee, ho fiducia
che lì la maggior parte sia d’accordo con noi. Lista di sinistra, programma di
netta rottura a cui diano il loro contributo anche quelli che hanno ricoperto
ruoli di governo: non candidandosi. Come alcuni avevano annunciato durante il
referendum.
Parla del vostro ex segretario Ferrero, ex ministro di
Prodi?
Ferrero è totalmente d’accordo sul fatto che nessun ex
ministro sia candidato. La lista deve parlare del futuro non essere inchiodata
agli errori del passato. D’Alema aveva detto che dopo il referendum sarebbe
tornato a occuparsi di politica estera.
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