Cibo, vestiti e dignità: quelle “brigate” tra i terremotati
di Davide
Falcioni
Portano
aiuti alle vittime del sisma. E, allo stesso tempo, li aiutano a organizzarsi
in comitati di cittadinanza locali. Per andare oltre l’emergenza, attraverso il
mutualismo
Elena vive a
Uscerno, un pugno di case lungo la strada di montagna che collega Ascoli Piceno
ai Monti Sibillini. Un bar-alimentari-ristorante-tabaccheria, una macelleria e
poco altro. Elena ha un marito, tre bambini piccoli e nonostante le tre scosse
di terremoto che hanno sconvolto questi posti, ha deciso che da qui non se ne
andrà: la sua casa è inagibile e per mesi si è arrangiata in una vecchia
roulotte, ma c’è la legna da tagliare nei boschi, ci sono le patate nei campi e
i progetti futuri che non possono essere abbandonati. Soprattutto, c’è lo
stretto legame con una terra magica e meravigliosa.
Quando
bussano alla sua porta Elena apre con il solito sorriso: sono i volontari delle
Brigate di Solidarietà Attiva, hanno
scatoloni colmi di beni di cibo, vestiti e coperte, e per questa famiglia sono
uno dei pochi punti di riferimento.
Per lei, e
per centinaia di altre persone che hanno rifiutato la proposta della Protezione
Civile di fare i bagagli e andare negli hotel sulla costa adriatica, le BSA sono un sostegno concreto alla loro
resistenza tenace. Sanno, Elena e molti altri, che molti di quelli che sono
stati costretti ad andarsene qui rischiano di non tornare più, perché se
abbandoni il tuo lavoro, trasferisci i tuoi figli in altre scuole e trovi
un’altra casa non è facile, poi, mantenere i legami con i luoghi d’origine.
Le Brigate
di Solidarietà Attiva sostengono le fasce più deboli tra i cittadini
terremotati. Dopo i terremoti del 24 agosto, 26 e 30 ottobre e 18 gennaio sono
presenti in tutto il cratere, con due “campi base” ad Amatrice e Norcia e altri
due poli logistici a Colli del Tronto e Fermo. “Abbiamo potuto verificare –
dicono – in questi cinque mesi, come il terremoto non sia stato che un
acceleratore della crisi. Per questo sosteniamo le fasce più deboli con
staffette di consegna aiuti a domicilio e spacci popolari, cioè punti di
approvvigionamento beni gratuiti. Per questo, anche, abbiamo organizzato
sportelli informativi, affinché i cittadini possano ottenere informazioni sui
decreti del governo e i loro diritti, che spesso ignorano del tutto”.
C’è chi le
ha definite la “Caritas Rossa”. Sbagliato: le Brigate Di Solidarietà Attiva
puntano, attraverso pratiche di mutualismo e solidarietà, ad alimentare e
sostenere i piccoli comitati di lotta che – a cinque mesi dalla prima scossa –
sono sorti un po’ ovunque.
A riflettori
spenti, e mentre i mezzi d’informazione sembrano aver smobilitato, i problemi
sono molti e importanti. neve terremoto
C’è infatti
chi ha trovato nel terremoto nuove occasioni per speculare, come quei
proprietari di case che hanno raddoppiato o triplicato gli affitti con
l’obiettivo di accaparrarsi l’intero contributo di autonoma sistemazione
fornito dal governo alle famiglie terremotate. E soprattutto c’è il “non fatto”
del governo, con i container che sono ancora un miraggio e le case di legno che
forse arriveranno solo a partire dall’estate. In questo quadro, poi, ci sono le
economie di sussistenza di montagna: piccoli produttori agricoli e allevatori
costretti a svendere o veder morire di freddo i loro capi di bestiame. Da
queste parti, si dice, dei terremotati si ricorda solo il terremoto.
Quello che
si respira nei luoghi distrutti dal terremoto è una sensazione di rabbia e
incredulità: poco è stato fatto dal 24 agosto per sostenere chi non ha voluto
andarsene. Qualche settimana fa è anche spuntata una delibera della Regione
Marche che minacciava di denuncia i cittadini che avessero installato i
container davanti alle loro vecchie case inagibili. Deturpano il paesaggio, per
i dirigenti del settore urbanistica, gli stessi che però hanno benedetto di
buon grado il capannone industriale che Diego Della Valle aprirà ad Arquata Del
Tronto su una superficie di migliaia di metri quadri. Quello stabilimento,
costruito a cavallo tra due parchi naturali (Sibillini e Monti della Laga) lì
sembra non deturpare nulla.
Le Brigate
di Solidarietà Attiva tentano di convogliare quella rabbia in conflitto e
autoorganizzazione.
Dal 25
agosto sono stati centinaia i volontari, per lo più attivisti politici, che
hanno dato una mano: quintali di beni consegnati, spacci popolari e decine di
roulotte donate in anticipo persino rispetto alla Protezione Civile.
Accanto a
ciò, un progetto di filiera antisismica che sostiene i piccoli e piccolissimi
produttori agricoli, distribuendo i loro prodotti in tutta Italia e contribuendo
così a mantenere gli agricoltori sul posto.
La finalità
delle BSA però è un’altra: «Cerchiamo di stimolare partecipazione attiva dei
soggetti colpiti dal trauma, coinvolgendoli nelle pratiche di gestione
dell’emergenza, per ripristinare una coscienza collettiva che permetta, invece
che subire le decisioni, di appropriarsi di un percorso di autodeterminazione e
di autorganizzazione sul territorio. Se dove ha operato una BSA la gente poi si
organizza e rielabora opinioni proprie sul terremoto, sulla ricostruzione e
anche sull’approccio con le istituzioni locali e nazionali, allora il nostro
intervento ha un senso. Se dove abbiamo operato non nasce nulla, abbiamo magari
assistito benissimo la popolazione, ma tecnicamente, per quanto ci riguarda, è come
aver fallito perché non si è prodotta su quel territorio la possibilità di un
percorso che continui».
A quasi
cinque mesi dalla prima scossa, quella del 24 agosto, i volontari e le
volontarie delle Brigate di Solidarietà Attiva sono ancora nel cratere, senza
nessuna intenzione di andarsene nonostante la neve e i nuovi terremoti. La loro
presenza è oggi un riferimento per centinaia di persone, molte delle quali
sarebbero altrimenti completamente sole.
fonte: L’Espresso - la pagina facebook delle Brigate di
Solidarietà Attiva
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