«Privatizzare non aiuta il Paese, il governo viola la Costituzione»
di Roberto Farneti
su Liberazione del 17/09/2011
Intervista ad Emilio Molinari del Forum italiano dei movimenti per l'acqua
Emilio Molinari, "Pierino" Sacconi ne ha combinata un'altra delle sue. Ora vuole rimettere in discussione l'esito dei referendum con cui gli italiani, appena tre mesi fa, hanno deciso che l'acqua deve rimanere in mani pubbliche. Il ministro del Lavoro si è rivolto a Enrico Letta del Pd auspicando «larghe intese» con l'opposizione su questo tema. Come a dire: "se siamo tutti d'accordo, allora si può fare". Ma davvero si può fare?
Ci proveranno. Penso però che nel Pd si aprirebbero contraddizioni non da poco e che quindi non sarà facile farlo. Violare la Costituzione e il pronunciamento di 27 milioni di cittadini sarebbe una vergogna non da poco per l'opposizione. Credo perciò che quella di Sacconi, al momento, sia poco più che una "boutade", una provocazione, che però dimostra con chi abbiamo a che fare. E cioè con gente che considera la democrazia un orpello di cui si può fare a meno. Quello che più mi preoccupa è che da due e mesi e mezzo il referendum - acclamato da molti politici, dopo la vittoria del Sì, come la grande novità degli ultimi trent'anni - sia finito nel silenzio più totale.
di Roberto Farneti
su Liberazione del 17/09/2011
Intervista ad Emilio Molinari del Forum italiano dei movimenti per l'acqua
Emilio Molinari, "Pierino" Sacconi ne ha combinata un'altra delle sue. Ora vuole rimettere in discussione l'esito dei referendum con cui gli italiani, appena tre mesi fa, hanno deciso che l'acqua deve rimanere in mani pubbliche. Il ministro del Lavoro si è rivolto a Enrico Letta del Pd auspicando «larghe intese» con l'opposizione su questo tema. Come a dire: "se siamo tutti d'accordo, allora si può fare". Ma davvero si può fare?
Ci proveranno. Penso però che nel Pd si aprirebbero contraddizioni non da poco e che quindi non sarà facile farlo. Violare la Costituzione e il pronunciamento di 27 milioni di cittadini sarebbe una vergogna non da poco per l'opposizione. Credo perciò che quella di Sacconi, al momento, sia poco più che una "boutade", una provocazione, che però dimostra con chi abbiamo a che fare. E cioè con gente che considera la democrazia un orpello di cui si può fare a meno. Quello che più mi preoccupa è che da due e mesi e mezzo il referendum - acclamato da molti politici, dopo la vittoria del Sì, come la grande novità degli ultimi trent'anni - sia finito nel silenzio più totale.
Di questo silenzio ne ha approfittato il governo per inserire nella manovra due articoli, il 4 e il 5, che liquidano il primo quesito del referendum, reintroducendo la privatizzazione dei servizi pubblici locali prevista dalla legge Ronchi, tranne che per l'acqua. E tuttavia la previsione di incentivi per i Comuni che privatizzano mette a rischio anche l'acqua. Perchè con i tagli previsti dalla manovra, molti sindaci saranno tentati dalla "mancetta" che gli offre il governo. Tutto ciò contraddice il risultato referendario, eppure il grosso delle forze politiche di opposizione è stato zitto, non c'è stata una reazione. Se togliamo alcune città - a Napoli, in Puglia - in cui c'è stato un riconoscimento del soggetto referendario, con l'apertura di un confronto con la gente su come realizzare localmente la ripubblicizzazione dell'acqua, quasi dappertutto gli stessi sindaci sono rimasti in silenzio.
Il problema è che dal referendum a oggi, come ha detto a un certo punto il ministro Tremonti, il mondo è cambiato. C'è stata l'accelerazione della crisi economica, la famigerata lettera della Bce, la manovra da 53 miliardi. Il governo considera le privatizzazioni un passaggio essenziale per rimettere il paese in carreggiata. Cosa rispondi? Privatizzare i servizi, costringere i cittadini a sborsare più soldi per prendere un autobus o per lavarsi, giova all'economia?
L'allarme crisi è reale ed è reso ancor più drammatico dal fatto che avviene in assenza di prospettive politiche alternative. La cura che si sta mettendo in piedi però non funzionerà, per il semplice motivo che segue la stessa ricetta che ha prodotto questa crisi. Privatizzare, svendere i beni comuni dello Stato, consegnare aziende come Enel ed Eni ai fondi sovrani della Cina, significa dare agli speculatori le risorse per continuare a speculare. Il Pil degli Stati Uniti è di 16mila miliardi di dollari, praticamente la cifra sborsata dalla Federal Reserve, senza neanche informare il Congresso, per salvare banche e imprese. Più o meno lo stesso ha fatto la Bce in Europa, sborsando 4mila miliardi. Invece basterebbe leggere il primo discorso di Franklin Delano Roosevelt da presidente degli Stati Uniti. Di fronte alla grande crisi del 1929, Roosevelt spiega cosa bisogna fare: isolamento degli speculatori; massiccio intervento del governo per far crescere l'occupazione: riduzione dell'orario di lavoro e aumento dei salari; tre miliardi di dollari per finanziare la riforestazione e la prevenzione dalle alluvioni e dalle frane. Non sembrano cose scritte per noi? Il vero problema è che ormai la politica è morta, comandano i mercati. Per inseguire la speculazione, sono state distrutte intere economie, dalla Grecia, al Portogallo, all'Irlanda. Lo stanno facendo con l'Italia. E tra un po' toccherà pure alla Francia.
Il 15 ottobre i movimenti torneranno in piazza per la giornata di mobilitazione europea promossa dagli indignados spagnoli. Cosa si può fare in Italia perché il patrimonio del referendum non vada disperso?
Non sarà facile, ma credo che dobbiamo rimontare la china impegnandoci tutti a riprendere un contatto con la gente. Il che vuol dire moltiplicare nei territori iniziative di discussione, di dibattito, di protesta. Dobbiamo ripartire dall'annullamento del referendum e dall'incostituzionalità di questa azione per affrontare il tema della crisi e dare di nuovo speranza ai cittadini. Vanno bene gli indignados, vanno bene anche questi appuntamenti, ma se c'è una cosa che insegna il movimento per l'acqua è che non è stato un movimento di scesa in piazza e basta. Il risultato referendario è il frutto di dieci anni di costante rapporto con la gente, di lavoro paziente parlando a tutti: dall'estrema sinistra alla Lega. Parteciperemo a tutte le iniziative di lotta, parleremo con il sindacato, proveremo a rimettere in piedi tutte le associazioni che hanno aderito. Con due obiettivi: far rispettare il referendum e trovare una proposta unificante - la patrimoniale piuttosto che la Tobin Tax - per recuperare le risorse che ci servono per rimettere a posto il paese, facendo pagare chi ha prodotto la crisi. E non le vittime.
Il problema è che dal referendum a oggi, come ha detto a un certo punto il ministro Tremonti, il mondo è cambiato. C'è stata l'accelerazione della crisi economica, la famigerata lettera della Bce, la manovra da 53 miliardi. Il governo considera le privatizzazioni un passaggio essenziale per rimettere il paese in carreggiata. Cosa rispondi? Privatizzare i servizi, costringere i cittadini a sborsare più soldi per prendere un autobus o per lavarsi, giova all'economia?
L'allarme crisi è reale ed è reso ancor più drammatico dal fatto che avviene in assenza di prospettive politiche alternative. La cura che si sta mettendo in piedi però non funzionerà, per il semplice motivo che segue la stessa ricetta che ha prodotto questa crisi. Privatizzare, svendere i beni comuni dello Stato, consegnare aziende come Enel ed Eni ai fondi sovrani della Cina, significa dare agli speculatori le risorse per continuare a speculare. Il Pil degli Stati Uniti è di 16mila miliardi di dollari, praticamente la cifra sborsata dalla Federal Reserve, senza neanche informare il Congresso, per salvare banche e imprese. Più o meno lo stesso ha fatto la Bce in Europa, sborsando 4mila miliardi. Invece basterebbe leggere il primo discorso di Franklin Delano Roosevelt da presidente degli Stati Uniti. Di fronte alla grande crisi del 1929, Roosevelt spiega cosa bisogna fare: isolamento degli speculatori; massiccio intervento del governo per far crescere l'occupazione: riduzione dell'orario di lavoro e aumento dei salari; tre miliardi di dollari per finanziare la riforestazione e la prevenzione dalle alluvioni e dalle frane. Non sembrano cose scritte per noi? Il vero problema è che ormai la politica è morta, comandano i mercati. Per inseguire la speculazione, sono state distrutte intere economie, dalla Grecia, al Portogallo, all'Irlanda. Lo stanno facendo con l'Italia. E tra un po' toccherà pure alla Francia.
Il 15 ottobre i movimenti torneranno in piazza per la giornata di mobilitazione europea promossa dagli indignados spagnoli. Cosa si può fare in Italia perché il patrimonio del referendum non vada disperso?
Non sarà facile, ma credo che dobbiamo rimontare la china impegnandoci tutti a riprendere un contatto con la gente. Il che vuol dire moltiplicare nei territori iniziative di discussione, di dibattito, di protesta. Dobbiamo ripartire dall'annullamento del referendum e dall'incostituzionalità di questa azione per affrontare il tema della crisi e dare di nuovo speranza ai cittadini. Vanno bene gli indignados, vanno bene anche questi appuntamenti, ma se c'è una cosa che insegna il movimento per l'acqua è che non è stato un movimento di scesa in piazza e basta. Il risultato referendario è il frutto di dieci anni di costante rapporto con la gente, di lavoro paziente parlando a tutti: dall'estrema sinistra alla Lega. Parteciperemo a tutte le iniziative di lotta, parleremo con il sindacato, proveremo a rimettere in piedi tutte le associazioni che hanno aderito. Con due obiettivi: far rispettare il referendum e trovare una proposta unificante - la patrimoniale piuttosto che la Tobin Tax - per recuperare le risorse che ci servono per rimettere a posto il paese, facendo pagare chi ha prodotto la crisi. E non le vittime.
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