lunedì 24 dicembre 2018
venerdì 21 dicembre 2018
giovedì 20 dicembre 2018
PER UNA COALIZIONE POPOLARE, DOCUMENTO APPROVATO DALLA DIREZIONE NAZIONALE DEL PRC-S.E. IL 16/12/2018
Per una
coalizione popolare, documento approvato dalla Direzione Nazionale del PRC-S.E.
il 16/12/2018
Il movimento
in Francia dei Gilet gialli contro Macron come le proteste in Ungheria contro
la “legge sulla schiavitù” di Orban evidenziano che una medesima propensione
neoliberista accomuna governi “europeisti” e “sovranisti”. L’ atteggiamento dei
governi che Salvini indica come alleati a sostegno della Commissione Europea
contro la timida manovra del governo italiano conferma che l’impianto di fondo
delle politiche economiche di queste forze non è differente quanto appare nella
propaganda che le destre usano per legittimarsi come “populiste” e
antiestablishment. La tragicomica contrapposizione tra i proclami guerreschi di
Salvini e Di Maio e la Commissione Europea si è tradotta con una retromarcia e
un sempre più evidente atteggiamento dei partiti del governo gialloverde a
rassicurare sia l’UE che la borghesia dei prenditori italiani.
Confermiamo
il nostro rifiuto dei diktat della Commissione e dei parametri fissati nei
trattati e nel fiscal compact e riteniamo gravissimo che l’opposizione
parlamentare sia riuscita a fare peggio del governo in questa vicenda
schierandosi a sostegno delle richieste di Junker e Moscovici.
La nostra critica
della manovra è di segno opposto a quella che hanno ossessivamente ripetuto
media, Confindustria, PD e centrodestra. Questa è una manovra che come con i
precedenti governi prevede anche per il triennio 2018-2020 un avanzo primario e
investimenti assolutamente insufficienti. Ribadiamo che il rispetto dei folli
vincoli di bilancio europei contrasta con gli obiettivi che la Costituzione
assegnava alla Repubblica prima di essere manomessa con l’introduzione del
pareggio durante il governo Monti. Ma questo quadro di crescente impoverimento,
elevata disoccupazione, crisi dello stato sociale, declino del paese viene
aggravato dalla scelta di questo governo di continuare – come i precedenti – a
non perseguire una politica fiscale progressiva come imporrebbe il dettato
costituzionale e a non introdurre la patrimoniale. E il governo sta dimostrando
anche sul piano del taglio alle spese militari e del no alle grandi opere che
il “cambiamento” annunciato si rivela sempre più inconsistente. La miseria
politica e morale dei “sovranisti” gialloverdi si è evidenziata con la mancata
firma del Global Compact e con il voto a favore del Jepta, il trattato di
libero scambio col Giappone nel parlamento europeo. Perseguitare gli immigrati
è più facile che dire no agli interessi capitalistici.
Purtroppo se
i partiti di centrodestra e centrosinistra che hanno occupato in posizione
egemone lo spazio del governo negli ultimi 25 anni sono in crisi perché
responsabili in tutta Europa – e soprattutto nei paesi del sud del continente –
delle politiche che hanno impoverito le classi popolari e precarizzato il
lavoro e l’esistenza, la crescita della Lega e di altre forze di destra
razzista dimostra che la logica degli immigrati come capro espiatorio funziona
in termini di costruzione del consenso soprattutto se basta poco per
accreditarsi come difensori degli interessi popolari. Il governo non abolisce
la legge Fornero, come promesso in anni di campagna elettorale, ma i risicati
“quota 100” e “reddito di cittadinanza” non per tutte/i diventano bandiere da
sventolare rispetto a un’opposizione classista e antipopolare che parla con la
lingua di Confindustria. Dai temi
economici alla tav abbiamo visto saldarsi un’opposizione di sistema che vede
insieme i partiti neoliberisti, la stampa, il mondo delle imprese e che a
Torino si è ritrovata in piazza insieme alla Lega.
L’unica
opposizione effettivamente alternativa rispetto a questo governo e soprattutto
alle politiche della Lega di Salvini è
quella che si è espressa nelle mobilitazioni e nei movimenti contro il razzismo
e il decreto “sicurezza”, solidale con i migranti e con chi si impegna
nell’accoglienza e nel soccorso, delle donne contro il ddl Pillon, dei
territori contro le grandi opere dal Tap
alla Tav. Da Riace a Lodi, dalla grande manifestazione antirazzista del 10
novembre allo straordinario corteo di “Non una di meno” alla manifestazione no
tav dell’8 dicembre in questo autunno una parte del paese ha dimostrato di non
accettare l’offensiva di destra di cui Salvini è protagonista con la complicità
del M5S. E’ per lo sviluppo, l’autonomia e l’allargamento di questa resistenza
che dobbiamo lavorare.
Il partito
nei prossimi mesi dovrà proseguire l’ impegno sul terreno sociale con campagne
su pensioni, lavoro, sanità, diritti, scuola evidenziando come non sia
l’immigrazione ma lo strapotere del capitale e politiche a favore dei più
ricchi che hanno prodotto l’impoverimento di sempre più larghe fasce della
popolazione, l’elevata disoccupazione, la precarizzazione del lavoro. L’esempio
francese dimostra che solo la ripresa del conflitto sociale costituisce
un’alternativa al rancore indirizzato verso i più deboli e i più poveri.
In questi
mesi il nostro partito ha dato il suo contributo e siamo stati in prima fila
anche nella mobilitazione contro il risorgere del neofascismo, come testimonia
l’approvazione da parte del parlamento europeo della risoluzione presentata
dalla nostra compagna Eleonora Forenza. Ma non riteniamo praticabile alcuna
logica di riproposizione del vecchio centrosinistra in chiave anti-Salvini e
antiM5S, soprattutto se viene proposta da un PD che ha cinicamente consegnato
le chiavi del governo alla Lega.
Se
l’affermarsi in forme diverse di una destra sempre più fascistoide in tutto il
mondo (Trump, Salvini, Orbán, Le Pen o Bolsonaro) è effetto della crisi
prodotta dalle politiche neoliberiste dobbiamo lavorare per un’alternativa
chiara rispetto a quelle politiche. E per questo si conferma la necessità di
una collocazione in alternativa al PD e a quel che rimane di un centrosinistra
che rimane anche dopo dimissioni di Renzi incapace di rimettersi in discussione
sul piano programmatico e privo di personalità che incarnino una credibile
rottura col passato.
In vista
delle elezioni europee e del prossimo turno di elezioni amministrative e
regionali proponiamo la costruzione in Italia di uno schieramento di sinistra e
popolare alternativo a tutti i poli esistenti.
Da mesi ci
confrontiamo con altre componenti della sinistra politica e sociale
anticapitalista, antiliberista, ambientalista, civica indicando la necessità di
creare un polo popolare, aperto e unitario ma netto sul piano programmatico e
del profilo politico di rottura che veda unite le soggettività politiche,
sociali e civiche che si battono per l’attuazione della Costituzione, che in
questi anni hanno resistito e difeso diritti e beni comuni e che lavorano per
costruire un’alternativa a questo governo e a un’opposizione delegittimata
anche in vista di eventuali elezioni politiche anticipate.
L’appello
lanciato da Luigi De Magistris e l’assemblea di Roma del 1 dicembre vanno nella
direzione che auspicavamo da tempo senza nasconderci che vi sono elementi di
cultura politica e di storia che ci differenziano ma anche un comune impegno
che ci ha visto condividere non solo fin dall’inizio l’esperienza napoletana ma
anche collocati sulle stesse posizioni nelle vicende degli ultimi anni.
Continuiamo
quindi a lavorare per una coalizione sociale e politica che ci veda uniti sul
terreno elettorale con Dema, Sinistra Italiana, Diem, L’Altra Europa, “Potere
al popolo”, Pci, Cobas, Sinistra Anticapitalista, Partito del Sud, le tante
liste civiche di sinistra e tutte le realtà politiche, sociali, culturali e
sindacali che sentono l’urgenza di costruire un’alternativa sul piano europeo
ed anche nazionale. La forza della proposta dipenderà dalla capacità di
coinvolgere la parte del paese che in questi mesi è andata mobilitandosi e un
diffuso tessuto di attivismo, se diventa un movimento popolare e non una mera
sommatoria di sigle. Una lista unitaria non può che essere collocata sul piano
europeo in alternativa tanto a nazionalisti e razzisti quanto ai trattati UE e
alla governance neoliberista. Anche per queste ragioni riteniamo necessaria la
collocazione del nostro progetto nel GUE/NGL, in alternativa a Partito Socialista Europeo e SD che sono
stati pilastri della grande coalizione e dell’austerità.
Non partiamo
dall’anno zero: il lavoro svolto dal GUE e dalla nostra parlamentare in questa
legislatura – dentro e fuori il Parlamento Europeo – sono a disposizione del
nostro progetto, bene comune da valorizzare e a cui dare continuità nella
costruzione della listaLavoriamo dunque in Europa e in Italia alla massima
confluenza politica e programmatica fra le forze politiche e sociali che si
riferiscono al GUE/NGL (Sinistra Europea, dichiarazione di Lisbona, partiti
comunisti) e anche verso nuovi progetti antiliberisti che possono ritrovarsi in
quello spazio politico come Diem25.
Non
pratichiamo il settarismo e riteniamo l’unità – nelle lotte come nel momento
elettorale – un dovere. Ma diventa efficace solo se si sostanzia in un progetto
politico coerente, comprensibile, credibile che tenti di porsi in connessione
con milioni di persone. Svilupperemo ogni possibile iniziativa nei confronti
ditutte le soggettività antiliberiste e anticapitaliste coinvolgibili per
determinare la più ampia e collegiale partecipazione alla proposta di
coalizione popolare.
La Direzione
nazionale dà mandato alla segreteria di proseguire nelle prossime settimane, in
stretto rapporto con l’insieme del partito, nel lavoro di confronto con la proposta lanciata da De
Magistris. Occorre definire in tempi
brevi il piano programmatico, delle
regole condivise, del profilo politico, del simbolo, della collocazione
alternativa ai “socialisti europei”, dell’accesso autonomo del PRC al 2×1000,
per agire concretamente i primi passi della proposta in vista delle elezioni
europee.
martedì 18 dicembre 2018
lunedì 17 dicembre 2018
lunedì 10 dicembre 2018
12 DICEMBRE 2018 - CORTEO P.ZA S. BABILA ORE 18.30 - NOI NON DIMENTICHIAMO
Non
dimentichiamo le stragi di ieri e quelle di oggi
Pubblicato
il 14 dic 2018
Non ha
dimenticato, Milano, il pomeriggio del 12 dicembre 1969. Non ha dimenticato i
suoi morti, ucciso da una bomba fascista con la completa dello Stato, non ha
scordato l’assassino di Giuseppe Pinelli assassinato nei locali della Questura
di Milano.
Giovani e
anziani, nonostante l’orario e il freddo, erano in piazza ieri a ricordare la
strage di Stato e quei morti che non hanno ancora avuto giustizia. A Giovanni
Arnoldi, Giulio China,Eugenio Corsini, Pietro Dendena, Carlo Gaiani, Calogero
Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Luigi Meloni, Vittorio Mocchi,
Gerolamo Papetti, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia,
Carlo Silva, Attilio Valè e a Giuseppe Pinelli, è andato il nostro pensiero.
Alle loro famiglie i nostro rispettoso silenzio. Ieri il presidente della
Camera Roberto Fico ha chiesto scusa per i tanti depistaggi e per la mancata
vicinanza dello Stato in questi anni.
Noi, con
coerenza abbiamo voltato le spalle perché accanto alle scuse per i morti di eri
vorremmo le scuse anche per le migliaia di vittime che contiamo nel
Mediterraneo, a quelli che vengono ammazzati nei lager in Libia. Stragi di
Stato anche quelle, quotidiane e giustificate dal Governo del quale Fico
rappresenta il volto umano. Ben poco di umano però hanno le leggi approvate
fino ad oggi, che colpiscono là fasce più deboli, che ledono i diritti sociali
e individuali, che indeboliscono lavoratrici e lavoratori.
Noi abbiamo
deciso da tempo da che parte stare: da quella di chi non si fa irretire dalle
buone parole che nascondono pessime azioni. Abbiamo attraversato il centro di
Milano fianco a fianco ai giovani, ai movimenti e alle associazioni che
ricordano il passato senza retorica ma con lo sguardo ben fisso al presente. Al
nostro posto. Come sempre
Segreteria PRC
– Milano
lunedì 3 dicembre 2018
SABATO 8 DICEMBRE CORTEO NO TAV
Torino –
Ezio Locatelli (Prc-Se): Confindustria non la dia a bere. Quella del Tav in
Valsusa non è crescita ma speculazione
Mistificatorio
e anche un po’ ridicolo. Parlare della Tav Torino Lione come di un investimento
per la crescita e lo sviluppo del Paese è come parlare dei cavoli a merenda.
Questo è quanto fatto dalle dodici associazioni imprenditoriali che si sono
ritrovate oggi a Torino. Fa niente se l’opera oltre che inutile, distruttiva ha
costi enormi. L’importante è farla e chi se ne frega, in questo caso, del
debito pubblico! Il motivo di fondo lo spiega bene un rappresentante di una
delle associazioni imprenditoriali presenti: “non solo gli appalti e i
subappalti del cantiere ma le stesse opere di compensazione possono essere
un’occasione di crescita per le imprese”.
Più chiari di così non si poteva essere. L’opera s’ha da fare non perché utile, necessaria – c’è già una linea ferroviaria veloce, peraltro sottoutilizzata – ma perché doppiamente conveniente per i costruttori, le imprese, i faccendieri chiamati alla realizzazione dell’opera e, al tempo stesso, alla realizzazione delle opere compensative per i danni causati.
Più chiari di così non si poteva essere. L’opera s’ha da fare non perché utile, necessaria – c’è già una linea ferroviaria veloce, peraltro sottoutilizzata – ma perché doppiamente conveniente per i costruttori, le imprese, i faccendieri chiamati alla realizzazione dell’opera e, al tempo stesso, alla realizzazione delle opere compensative per i danni causati.
E’ indecente
che in un Paese che ha intere aree terremotate, in dissesto idrogeologico,
privo di collegamenti decenti, di servizi primari, privo di politiche
industriali si continui a pensare la crescita in termini di opere speculative,
di profitti privati, di cementificazione del territorio, di riduzione dei
diritti del lavoro – un modello obsoleto – e non sulla base di investimenti in
attività ambientalmente e socialmente utili, di produzione di beni collettivi.
Signori
della Confindustria smettetela di presentarvi come gli assertori della politica
del fare. Come Rifondazione Comunista parteciperemo alla manifestazione No Tav
dell’8 dicembre non solo per ribadire la nostra ferma opposizione a un’opera
inutile e dannosa ma per chiedere un cambio radicale delle scelte politiche ed
economiche, scelte che mettano finalmente al centro l’interesse pubblico e non
quello dell’affarismo privato.
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