«M5s ambigui, Leu corteggia il Pd.
I
nostri candidati? Combattenti dei territori»
La lista "Potere al
popolo!".
La portavoce Viola Carofalo: «Popolari ma non populisti,
uniamoci contro chi ci vuole divisi»
Daniela
Preziosi da “IL MANIFESTO”
«Superare il
3 per cento non è un problema». Sorriso. «La sfida vera è unire quello che il
potere vuole dividere, attivare un processo di mobilitazione che faccia
conoscere i milioni di italiani che si battono contro lo stesso sfruttamento».
Viola Carofalo, a capo della lista «Potere al popolo!» fa il suo primo ingresso
alla camera (nella sala stampa) smontando tutti i luoghi comuni da centro
sociale. È «un onore» presentare la lista a palazzo, la introduce Matteo
Giardiello, Viola è tutto un programma, «donna, meridionale e ricercatrice
precaria», di filosofia morale all’Orientale di Napoli. 37 anni, fornita di
eleganza e intelligenza ironica che già buca il video, siamo «popolari ma non
populisti», spiega così un linguaggio «semplice per arrivare a tutti» ma
contenuti che non si puntano «alla pancia del paese». E per spiegarsi parla di
carceri: no «al giustizialismo forcaiolo», «il carcere serve alla
riabilitazione, le pene alternative riducono la recidiva, la pena deve essere
giusta ma il detenuto non deve essere vessato, dall’inizio dell’anno abbiamo
già avuto troppi suicidi». È solo un esempio, ma è coraggioso di questi tempi.
A sinistra e non solo. La signora ha grazia e fegato e cultura: un vero delitto
che abbia deciso di non candidarsi nelle liste.
«Potere al
popolo!» nasce da un appello del centro sociale Ex Opg Je so’ pazz di Napoli ed
è una rete che riunisce 150 assemblee in giro per l’Italia, ciascuna ha scelto
«candidati espressione diretta dei territorio». «Nasciamo dal basso, da chi in
questi anni ha costruito una risposta sui territori alla crisi provando a
rispondere ai bisogni della maggioranza». Nel programma il diritto alla casa,
allo studio, alla salute, al lavoro stabile e svolto in sicurezza (Viola prende
parola ricordando Marco Santamaria, Giuseppe Settzu, Arrigo Barbieri, gli
operai della Lamina di Milano morti lunedì, e facendo gli auguri a Giancarlo
Barbieri, che lotta in ospedale), la difesa dei diritti dei migranti (alla
conferenza stampa ne parla Hanne Souleymane Amadou, rifugiato, che la sicurezza
di Montecitorio fa entrare un po’ in ritardo: «Pare ci sia Minniti
all’ingresso», scherza lei). Parla Carmela Petrone, cuoca di una rete di
solidarietà popolare (in parannanza, «è così che faccio politica»), Lina
Montanari, comitato Torbellamonaca, Federico Giglio, comitato lotte per la casa
San Basilio, Peppe, ex operaio senza fissa dimora, Stefania, ex operaia
Almaviva. «Il nostro programma è fatto anche di vertenze sociali», «i nostri
candidati sono combattenti sul territorio, petto in fuori e tutti alla lotta».
Nel parterre
c’è Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione comunista, Giovanni Russo
Spena, e l’ex segretario ed ex ministro Paolo Ferrero, che però non si candida.
Si candida Paolo Petrangeli, «sì, quello di Contessa» dice rassegnato alla
pigrizia del cronista. La lista è una mezza reunion del vecchio Prc: c’è anche
Franco Turigliatto, trozkista e leader di Sinistra anticapitalista, uno dei no
al Prodi II del 2008 e ormai fra gli sfascia-governi (di centrosinistra) per
antonomiasia. E pure il Pci (ex Pdci di Cossutta e poi di Diliberto, poi Pcdi)
oggi di Mauro Alboresi.
Il problema
delle alleanze non c’è: se andranno in parlamento non ne faranno. «Non ci sono
convergenze possibili. Che ora è? Non so a quest’ora Di Maio cosa pensa
sull’immigrazione. Non è chiaro sull’Europa e sul razzismo». Ce n’è anche per
Leu: «Faccio un appello al Pd, risponda a D’Alema, e mesi che chiama. Quella
fra D’Alema e il Pd è una coppia che non riesce a separarsi, certi amori sono
così». Avevano guardato con simpatia agli autoconvocati del Brancaccio, «ma la
sua evoluzione ha tradito gli scopi iniziali. Sono state prese decisioni tra
quattro mura, passando sulla testa di chi quel percorso lo aveva costruito».
Nessuna alleanza neanche alle regionali, «non siamo schizofrenici». Non si
presentano in Lombardia (ma Rifondazione lo farà), nelle altre regioni «ci
stiamo lavorando». Sull’Europa: «ci ispiriamo a Mèlénchon, i trattati sono
inaccettabili». Sull’euro nessuna scivolata: «Ne stiamo discutendo».
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