Smuraglia (ANPI) agli indecisi: “Se vincerà il Sì sarà
un disastro per l’intero sistema istituzionale, con lo stravolgimento della
volontà dei Costituenti”
Cara elettrice e caro elettore, io spero vivamente che
tu abbia letto attentamente la legge di riforma del Senato; per parte mia ho la
coscienza a posto per averla illustrata e spiegata, nei suoi contenuti
essenziali, in tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, in tutti i luoghi che
le mie forze mi hanno consentito di raggiungere. A questo punto, posso solo
riassumere: bisogna bocciare questa riforma perché crea un soggetto
“mostruoso”, un Senato non più eletto dai cittadini, occupato da Senatori
eletti (non si sa bene come) dai Consiglieri regionali che manterranno la loro
funzione originaria di Consigliere o di Sindaco e dunque svolgeranno il
fondamentale lavoro legislativo part time (cioè, in modo impossibile); che sarà
“a porte scorrevoli” perché non avrà una durata precisa come la Camera, ma
vedrà i Senatori decadere all’atto del venir meno, per qualsiasi motivo,
dell’organismo da cui sono stati eletti; che avrà troppe funzioni per la sua
stessa composizione e troppo poche per essere una vera Camera (che, in teoria,
dovrebbe essere “alta”); che insomma, non potrà funzionare. E se ciò avverrà,
come è certo, non si potrà fare con la sola Camera, ma bisognerà rimettere mano
alla riforma costituzionale, con tutto l’iter previsto dalla legge.
Un Senato che costerà meno (poco meno, non più di 50
milioni, come dice la Ragioneria dello Stato), ma che conterà poco o nulla, non
funzionerà da “contropotere” come vuole la Costituzione; tuttavia i suoi
componenti godranno della “immunità” come gli altri (veri) parlamentari, senza
alcuna valida giustificazione. Un Senato che non sarà la Camera delle Regioni,
perché non è questo il modello del Senato delle autonomie (vedi Germania,
Austria, etc.) non essendo dotato di alcuna reale rappresentatività del
territorio e degli enti territoriali.
Insomma, con un colpo solo (tenendo conto della legge
elettorale tuttora vigente) finiremo per avere una Camera che fa tutto ed ha
tutti i poteri, dominata dal partito che ha vinto le elezioni ed ha avuto il
vistoso premio di maggioranza, e dal suo stesso “Capo” (il cui nome deve essere
preventivamente indicato da chi si candida a governare).
Questo, in estrema sintesi, ciò che ci viene prospettato e che si realizzerà se vincerà il SI’, con conseguente disastro per l’intero sistema istituzionale, con totale stravolgimento di quella che fu la volontà della Costituente.
Ma del merito, come avrai notato, se n’è parlato ben
poco (salvo che da parte nostra), essendosi preferito dal Governo e dal Partito
di maggioranza ricorrere piuttosto ad altri “argomenti”, ai quali i cittadini –
secondo il pensiero, appunto, di chi ha promosso queste riforme – dovrebbero
essere più sensibili.
Vale dunque la pena di riflettere un momento proprio
su questi temi maggiormente “sensibili”:
- la riduzione dei parlamentari – se ce ne fosse
realmente bisogno, l’operazione logica sarebbe quella di ridurre
proporzionalmente i Deputati e i Senatori. Se si eliminassero duecento Deputati
e cento Senatori, la proporzione ci sarebbe e il “risparmio” sarebbe maggiore,
visto che si eliminerebbero trecento parlamentari anziché duecento come proposto.
Ma nessuno ha chiarito perché deve essere penalizzato solo il Senato.
- la diminuzione dei costi della politica
– si tratta di un appello al peggior populismo ed al peggior tipo di
antipolitica. In realtà, i “risparmi” sarebbero modestissimi, mentre è pacifico
che la cattiva politica ci costa non tanto in termini economici, quanto in
termini etico-politici. Costano assai di più la corruzione, il trasformismo, le
collusioni con la criminalità organizzata, gli abusi di potere, i conflitti di
interesse, tutti i mali di questa politica, che devono essere corretti in ben
altro modo, rendendoci conto che la politica è il sale della democrazia, ma per
esserlo deve essere contrassegnata da eticità, rispetto dell’interesse pubblico
e dei cittadini, promozione (vera) della partecipazione.
- gli effetti della vittoria del SI’ –
secondo i fautori della riforma sarebbero soprattutto la stabilità e la
governabilità; ma nessuno dei due può costituire un mito. Entrambi dipendono
dalla “buona politica”, dal rispetto dei princìpi e dei valori costituzionali,
dall’esistenza di partiti che lavorino non per sé, ma per il bene comune. In
ogni caso, la governabilità e la stabilità non possono essere realizzati a
danno dei diritti dei cittadini e, in particolare, del loro diritto alla
rappresentanza e alla partecipazione.
- gli effetti economici – se vince il SI’
ci promettono una vita migliore. Ma quale? L’Italia continua ad essere il
fanalino di coda, in Europa, per quanto riguarda la ripresa, lo sviluppo, la
ricerca e l’innovazione. Non si è intravisto e non si intravede un piano, un
programma di rilancio del Paese, per lo sviluppo dell’occupazione, per il
rilancio delle imprese, per il miglioramento delle condizioni di vita, per la
messa in sicurezza del territorio. Si continuerebbe semplicemente a dire che
gli investimenti non ci sono per colpa del costo del lavoro, quando è a tutti
noto che non si investe per timore di una lenta ed obsoleta burocrazia e di una
prepotente criminalità organizzata.
Ma, vi obbietteranno, se vince il NO sarà un disastro,
per l’economia, per la stabilità, per il “salto nel buio” che ne deriverà
immediatamente.
Cominciamo da quest’ultimo.
- Il salto nel buio – perché? Se vince il NO,
non si fa una brutta e dannosa riforma e si va avanti. Non si bloccano le
riforme per sempre, perché se c’è qualche cosa da modificare e se c’è la
volontà politica, lo si può sempre fare, cercando di trovare soluzioni che
uniscano e non siano divisive come queste. L’Italia resta la stessa, con tutti
suoi problemi da risolvere. Il Governo, di per sé, resta in carica, perché
l’esito di un referendum non obbliga mai nessuno a ritirarsi. Lo dice, talvolta
il nostro Premier; ma è qualcosa che sa di minaccia, o, peggio, di ricatto. In
ogni caso, chi decide è il Presidente della Repubblica, cui spetta dare
l’incarico, se occorre; e spetta al Parlamento, dove ogni governo sopravvive
fin che ha la fiducia. Dunque, non c’è nessun salto nel buio, neppure se Renzi
facesse le bizze e si rifiutasse di fare un “governicchio” (chissà perché). La
decisione spetterebbe sempre –come già detto – al Presidente, persona
notoriamente affidabile e sensata; ed eventualmente, in seguito, al Parlamento.
- Lo scenario economico – Si prefigurano
disastri a non finire, Borse che crollano, Banche che falliscono, l’economia a
rotoli. Tutte panzane, grosse come case. E dovrebbe farvi avvertiti proprio il
fatto che siano i “poteri forti” a prospettare simili catastrofi, solo per
indurvi a votare a favore della riforma. In realtà, loro sperano che le cose
vadano avanti così, anche con l’attuale stagnazione; il nostro interesse di
cittadini va invece in direzione contraria: vogliamo solo che si esca dalla
stagnazione, che i giovani non siano più costretti a cercare lavoro all’estero,
che ci siano meno disuguaglianze e più giustizia sociale. È questo che
paventano J.P. Morgan e gli altri? Peggio per loro, perché se vince il NO, non
accadrà null’altro se non che ci metteremo al lavoro, tutti, con maggior
determinazione e speranza, per attuare il dettato della Costituzione, per
rilanciare ed avviare il Paese alla rinascita. È questo il nostro interesse ed
è logico che contrasti con quello di chi vuole dominare il mondo con le regole
del mercato, della libera concorrenza e dell’economia.
Il referendum, con tutto questo, non c’entra in nessun
modo. D’altronde, non a caso, si sono moltiplicate, nell’ultimo periodo, le
voci – anche all’estero – che si esprimono in senso contrario (per tutti, basta
leggere l’Economist, oltre ad un bell’articolo apparso perfino sulle colonne
del Financial Times, che si esprime in senso nettamente diverso, rispetto alla
linea del giornale e sostiene che la vittoria del No non cambierebbe nulla.
- La perdita di ciò che si ha – Vi sono alcuni,
specialmente anziani, che temono di perdere – in caso di vittoria del NO – quel
poco di cui dispongono. Una singolare preoccupazione da parte di chi ha tutto
da temere, invece, dalle politiche che si fondano sulle mance, sui regali
temporanei, senza garantire nulla di concreto né agli anziani, né ai giovani.
Ancora una volta, il NO non c’entra nulla con tutto questo e l’invito che
rivolgo è quello di non farsi travolgere da argomenti interessati a tutt’altro,
pretestuosi e in buona parte, falsi.
Ho lasciato per ultimo il riferimento agli innamorati
del fare. Ne sento non pochi, in giro, predicare che bisogna “fare”, non
bisogna essere conservatori, e così via. Si può rispondere con facilità: “fare”
è positivo solo se è “far bene”; Il fare a tutti i costi e comunque non è di
per sé un vantaggio. Ma soprattutto questo vale quando si tratta di mettere
mano alla Costituzione. La Carta costituzionale è il nostro bene più prezioso,
la “tavola” che ci consente di convivere civilmente, di aspirare al progresso,
di colmare le disuguaglianze, di rendere effettivi i diritti.
Ad essa bisogna avvicinarsi con rispetto ed
attenzione, non con l’impazienza di portare a casa un “trofeo” che – oltretutto
– sarebbe dannoso proprio per il funzionamento democratico delle nostre istituzioni.
Una recente vicenda dovrebbe essere ammonitrice. Il
Governo si è molto gloriato di aver fatto la riforma della Pubblica
Amministrazione. Di per sé una buona cosa, se fatta bene; ma ora la Corte
costituzionale l’ha bocciata perché non rispetta i princìpi fondamentali della
Carta costituzionale. È questo il “fare” che non serve e che è solo apparenza.
Dunque, a chi vuol “fare” a tutti i costi ed a qualunque prezzo, è giusto
rispondere, ancora una volta, di NO!
Un caro saluto a tutte e a tutti, nella speranza che
riflettiate a lungo prima di mettere il vostro segno sulla scheda, rendendovi
conto che state compiendo un atto importante per il presente ed il futuro
vostro e delle vostre famiglie, ma soprattutto dei giovani.
Carlo Smuraglia, presidente Associazione Nazionale
Partigiani d’Italia
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