lunedì 6 maggio 2013

FUORI DAL BIPOLARISMO COSTRUIRE L'OPPOSIZIONE DI SINISTRA AL GOVERNO LETTA - ALFANO


Ferrero: «Costruire, fuori dal bipolarismo, l'opposizione al governo Letta»
Il segretario del Prc apre la direzione nazionale del partito

Serve un fronte di opposizione al governo Letta. Va costruito quasi da capo dentro un contesto che fornisce sia elementi di opportunità, sia elementi di difficoltà. Rifondazione dovrà inteloquire con più soggetti possibili, a partire della Fiom senza la quale (e tantomeno contro) non è possibile alcuna riaggregazione. Paolo Ferrero inizia la sua relazione in direzione nazionale anticipando il senso del dispositivo finale proposto al voto ossia dei compiti per l'immediato e il medio periodo. Infatti la domanda di cambiamento esplosa col dato elettorale è stata disattesa e il quadro politico ha dato vita ad un esecutivo restauratore. Se è andata nel peggiore dei modi, per il segretario del Prc, è stato per l'incapacità del Pd di aprire al M5s e anche per la chiusura dei cinquestelle che hanno deciso di non adoperare quella forza per forzare il quadro politico e continuare l'accumulo di forze su un'idea di separatezza da ogni altra forma della politica.
Il govero Letta, secondo la lettura di Ferrero, è la vittoria dell'«asse del Capitale», un asse atlantico, più che populista, legato alla Bce e alla grande finanza che coinvolge settori di Pd e di centrodestra. E' un governo che ha la stessa linea politica del suo predecessore sconfitto dalle elezioni ma che potrà mettere mano allo stravolgimento della parte seconda della Costituzione grazie alla Convenzione guidata da Violante che sfornerà modifiche che le Camere potranno solo ratificare. Solo Berlusconi ha il potere di staccarne la spina. Dunque è un governo destinato, a parere di Ferrero, a durare abbastanza da completare la Seconda repubblica con la distruzione dei partiti, il presidenzialismo, la fine del welfare soppiantato dalla sussidiarietà. Tutti elementi di ulteriore americanizzazione della politica. L'esempio che fa, l'abolizione del finanziamento ai partiti, è il modello Ilva con Pd e Pdl che si dividono i soldi di Riva.
In questo senso, l'opposizione “responsabile", l'opposizione “punto per punto" non potrà acquisire alcuna efficacia perché rinuncia a priori a mettere in discussione l'impianto bipolare del quadro politico.
Sul versante sociale, deve ancora essere registrato l'esito delle politiche economiche e finanziarie di Monti. Significa che il peggio deve ancora venire. Il Def, in discussione al Parlamento, non prevede elementi di miglioramento prima del 2017.
La rinuncia da parte di Grillo della gestione politica della piazza indignata per la conferma di Napolitano al Quirinale (poteva condurre un assalto a Palazzo oppure accorgersi che la politica è fatta anche da alleanze e compagni di strada oppure, appunto, rinunciare) dimostra che il M5s, per il modo con cui ha costruito il consenso, non è in grado di fare politica e nemmeno di reggere il rapporto di massa. Da questo punto di vista, perciò, rappresenta un fenomeno di passivizzazione. C'è dunque un buco tra il consenso elettorale e la direzione politica dell'indignazione. L'antidoto, secondo la relazione, è la costruzione di una soggettività di massa fatta da corpi di uomini e donne e da contenuti di classe. Ma il Pd è tenuto in vita solo dalla legge elettorale perché il suo progetto, il progetto di Bersani, è fallito. Le sue minoranze interne - si legga quanti pezzi di “sinistra" figurino nella lista dei sottosegretari - hanno accettato le regole del gioco trasferendo la contesa sul congresso a venire. E poi c'è Sel su cui Ferrero si sofferma con particolare franchezza: quel progetto affronta «la migliore sconfitta che gli poteva capitare». Perché da un lato registra una sconfitta strategica ma dall'altro può riconfigurarsi come l'unica sinistra visibile. Se dunque Vendola non ha la minima intenzione di aprirsi a sinistra, tuttavia la percezione di massa sarà che Sel è un baluardo a sinistra nella totale internità allo schema bipolare, con l'accettazione della svolta semipresidenziale.
In altre parole ha incassato un cospicuo premio di maggioranza e ora si appresta a incamerare il premio di minoranza, dalla visibilità fino alle presidenze di commissione.
E' la Fiom, secondo Paolo Ferrero, il principale punto di tenuta perché il padronato non è stato in grado di espellerla dalla media impresa e l'accordo sulla rappresentanza è un lieve miglioramento, per alcuni aspetti, della democrazia sindacale (visto che almeno i lavoratori potranno votare). I progetti di aggregazione che non la vedano tra gli interlocutori sono votati a restare minoritari.
Il compito per l'immediato sta tutto nella costruzione di una rete di opposizione sociale al governo “da" sinistra (Ferrero specifica: non ancora “di" sinistra). Si va dall'adesione alla contro-convenzione lanciata da Rodotà alle iniziative nei territori - anche invitanto i parlamentari M5s - per la costruzione del corteo Fiom del 18 maggio. Altrimenti resta solo la rappresentazione teatrale della politica nella disperazione individuale.
Sebbene i tentativi che osserva in giro gli appaiano minoritari e in concorrenza tra loro, Ferrero ritiene che vadano rafforzati tutti gli elementi di interlocuzione, senza cercare scorciatoie, fuori dal centrosinistra, per una sinistra di alternativa. Oltre a cercare una relazione con l'assemblea dell'11 a Bologna per la costruzione di un nuovo soggetto anticapitalista e libertario (la direzione Prc ha scritto una lettera ai promotori), Ferrero incontrerà Barca, Rodotà e Alba nei prossimi giorni nella consapevolezza che non ci sono precipitazioni previste a breve termine. Ferrero esorta a non assecondare un senso di attesa.
Da parte sua Rifondazione dovrà essere il motore della costruzione della sinistra di alternativa, senza settarismi, senza cedere alla possibilità di prendere parte a un progetto che sia subalterno oltre che minoritario. Per certi versi Rifondazione è una mela che si cerca di spaccare (chi ne pretende lo scioglimento come condizione per andare verso il centrosinistra, e chi ne vorrebbe l'azzeramento in nome di un nuovo partito), insiste nella conclusione della relazione. Il Prc è da rifare, c'è un lavoro organizzativo in corso, e dovrà essere il conduttore di una narrazione non retrò, di una tessitura unitaria per provare a rientrare in un gioco da cui il risultato elettorale l'ha marginalizzata. C'è da ricostruire il senso di sé, è un lavoro duro ma nessuno si sente il curatore fallimentare.

Da LIBERAZIONE on line – di Checchino Antonini



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