venerdì 30 novembre 2012

PRC VIMODRONE IN PIAZZA IL 2 DICEMBRE X REFERENDUM

La raccolta firme dei REFERENDUM … CONTINUA!!!

LIBERTA’ DI LICENZIAMENTO?

FINE DEL CONTRATTO NAZIONALE?

IN PENSIONE A 70 ANNI?

RETRIBUZIONI D’ORO PER I PARLAMENTARI?

NO, GRAZIE!

FIRMA PER:

• RIPRISTINARE L’ARTICOLO 18 DELLE STATUTO DEI LAVORATORI

• ABROGARE L’ARTICOLO 8 PER DIFENDERE IL CONTRATTO NAZIONALE

• ABROGARE LA CONTRORIFORMA DELLE PENSIONI FORNERO-MONTI

• ELIMINARE LA DIARIA DEI PARLAMENTARI

DOMENICA 2 DICEMBRE 2012 DALLE ORE 10.00 ALLE ORE 12.00 IN PIAZZA UNITA’ D’ITALIA (fronte chiesa), il PRC di Vimodrone allestirà banchetti…

FIRMA ANCHE TU… E’ UNA GIUSTA CAUSA…

PRC VIMODRONE
rifodrone.blogspot.com
Facebook: Prc Vimo



SINISTRA ORNAMENTALE O QUARTO POLO.




SINISTRA ORNAMENTALE O QUARTO POLO.
di Giovanni Russo Spena, Dino Greco

Lo stupefacente battage mediatico che ha preceduto, accompagnato e seguito le primarie del centrosinistra, indicate con molta generosità come aria pura, anzi purissima, nel cielo torbido della politica, ha persuaso molti commentatori, taluni di pensiero fine, che proprio lì, in quell'area politica dall'incerto profilo sociale, risiedano le chance residue della democrazia minacciata di dissolvimento; e che in quei 3 milioni accorsi alle urne per scegliere (o credendo di scegliere) il conducator del futuro governo "progressista" si trovi la massa critica a supporto di un progetto riformatore.

Asor Rosa, ad esempio, ne è totalmente convinto, al punto di assegnare alla coalizione a trazione Democrat il compito (e l'intenzione) di battere il «nemico alle porte», cioè quel Monti che in un anno di esercizio del potere ha distrutto le pensioni, raso al suolo il diritto del lavoro e messo fuori legge la Costituzione, inserendo nella Carta medesima il pareggio di bilancio e, per sovrappiù, il fiscal compact.

Tutto il ragionamento di Asor Rosa si regge sull'equivoco, invero clamoroso, che il Pd abbia subito - e non condiviso - la svolta mercatista e monetarista pretesa dalla Bce. Questa credenza, non si sa bene da cosa suffragata, resiste persino alle chiarissime parole scritte nella Lettera di intenti dei democratici e dei progressisti, la cornice programmatica che vincola i partner del centrosinistra: osservanza dei patti internazionali sottoscritti dall'Italia, liberalizzazioni e alleanza di legislatura con il centro liberale. Insomma: la sostanziale continuità con la svolta liberista che ha reso l'Italia succube del capitalismo finanziario e che sta precipitando il paese in una recessione senza via di scampo non è in alcun modo in discussione.

Bene, l'esito delle primarie non fa che rafforzare questa evidenza. Matteo Renzi incassa il 36 per cento dei consensi, ipotecando una deriva centrista che già scorre forte nelle stesse file del suo segretario. Mentre Vendola coglie un risultato che, a meno di una fuga dal principio di realtà, lo consegna ad un ruolo, diciamo così, ornamentale. La presunta alleanza Bersani-Vendola ha dunque la consistenza di una bolla di sapone destinata a scoppiare al primo impatto con la politica reale, con le concrete opzioni economiche e sociali manifestamente collocate sulla scia del governo in carica.

Se ne è accorto, alla buon'ora, anche Claudio Tito (la Repubblica di martedì) che ha scoperto come il Pd «abbia cambiato pelle e non sia più lo stesso partito che eravamo abituati a conoscere e a descrivere». In verità, di metamorfosi in metamorfosi, la «fuga nell'opposto» di una parte degli epigoni del Pci, ben oltre ogni revisione socialdemocratica, è datata nel tempo ed ora raggiunge il suo epilogo estremo.

Se oggi - come suggerisce Asor Rosa - anche quanto di vitale rimane della sinistra e del conflitto sociale dei nostri giorni si rassegnasse a portare acqua a quel mulino, la crisi della democrazia e la definitiva abdicazione ad un progetto di trasformazione dei rapporti sociali sarebbero cosa fatta.

Lavoriamo invece, sin da queste ore, perché possa decollare quel quarto polo (e quella lista che lo incarni elettoralmente) senza il quale l'omologazione al pensiero e alla politica dominanti non avrebbero più alcun argine.

Il Manifesto - 29.11.12











giovedì 29 novembre 2012

DUE LAVORATRICI SUL TETTO DELL'OSPEDALE SAN RAFFAELE


Questo volantino, che informa sulla lotta delle lavoratrici e dei lavoratori dell'ospedale San Raffaele, vuole essere un atto di solidarietà nei loro confronti. Lo firmano donne, preoccupate anche dal fatto che l'80 per cento dei dipendenti a rischio è di sesso femminile.


I FATTI

Prima di esporre brevemente i fatti, si ricorda che:

il San Raffaele riceve dalla Regione Lombardia finanziamenti che sfiorano i 400 milioni all'anno e rappresentano oltre il 90 per cento delle sue entrate; la gestione dell'ospedale da parte di Don Verzè, si è rivelata fallimentare e truffaldina.

Quindi ancora una volta molti soldi pubblici per interessi privati, spesso tutt'altro che puliti.

Della vicenda del San Raffaele si cerca oggi di far pagare il prezzo a lavoratrici e lavoratori. La nuova proprietà dell'ospedale, padron Rotelli il 31 ottobre ha avviato le procedure per 244 licenziamenti su 3014 dipendenti. A questo numero vanno aggiunti i contratti a tempo determinato e le dimissioni volontarie, per altri 180 posti di lavoro che si sono persi in pochi mesi.

Oltre ai licenziamenti si prepara il passaggio del contratto del personale dalla sanità pubblica a quella privata, con il conseguente peggioramento delle condizioni lavorative e retributive. Per esempio, il primo mese di congedo parentale non verrebbe più retribuito al 100 per cento.

Questo disegno, che porterebbe anche al peggioramento dell’assistenza sanitaria di qualità, incontra una resistenza straordinaria: un presidio permanente anche notturno, iniziative verso i pazienti e la cittadinanza, volantinaggi, blocchi di strade, cortei, fino alla protesta sul tetto.

Le donne hanno un ruolo da protagoniste, anche se talvolta hanno dovuto affrontare discussioni in famiglia. E non hanno solo difeso il proprio posto e le condizioni di lavoro, ma hanno reagito agli atteggiamenti maschilisti della direzione adesso oggetto di querela da parte di una lavoratrice offesa.

LA RICHIESTA

La loro vertenza non può restare isolata perché è una lotta per il lavoro, per la dignità di donne e di uomini, per una sanità di qualità per tutti/e oggi messa in discussione anche dai provvedimenti governativi.

Alle donne e a coloro che hanno a cuore le sorti del lavoro e dello Stato sociale, si chiede di rendere il più possibile note le ragioni della lotta delle/dei dipendenti del San Raffaele.

Anita, Danila, Donatella, Emanuela, Lidia, Maria Grazia, Maria Pia, Nadia, Nicoletta, Rosa e altre

L'ALTERNATIVA DELLE LISTE ARANCIONI


L'ALTERNATIVA DELLE LISTE ARANCIONI

di Livio Pepino, Andrea Morniroli


Passati i giorni del trionfalismo occorre tornare a ragionare. Le indicazioni provenienti dal primo turno delle primarie del Partito democratico sono, a dir poco, articolate e non c'è da stare allegri.

Primo. Cominciamo dai dati generali: hanno votato al primo turno 3.110.709 cittadini, mentre nelle primarie dell'Unione del 2005 avevano votato in 4.311.149 e, in quelle per la segreteria del Pd, 3.517.000 nel 2007 e 3.102.709 nel 2009. C'è stata, dunque, una lieve ripresa dal 2009 ma un netto calo rispetto alle consultazioni precedenti (un milione e 400 mila voti in meno rispetto a sette anni fa). I titoli giornalistici sull'affluenza-record (avvalorati dall'incauta comunicazione iniziale che i votanti avevano superato i quattro milioni) vanno dunque ridimensionati.

Certo, tre milioni di votanti sono un bel numero, ma il trend dell'allontanamento dalla politica, lungi dall'essere smentito, è confermato (a meno che si vogliano sostituire i numeri con i soliti argomenti sulla incomparabilità dei dati e quant'altro...).

Secondo. Nel dibattito precedente e successivo al voto si sono ulteriormente esaltate le derive leaderistiche e sono spariti i programmi, sostituiti dalla evocazione di categorie del tutto soggettive e scivolose, se non accompagnate da riferimenti concreti, come il "nuovo" e il "vecchio", il "rinnovamento" e la "conservazione". Lo dimostra il fatto che la rincorsa ad accaparrarsi le spoglie di Vendola sta avvenendo sulla base del maggior appeal dei candidati residui, entrambi totalmente interni - nei comportamenti concreti al di là delle sfumature verbali - all'agenda Monti.

Terzo. In ogni caso, e per quanto qui maggiormente interessa, il 15 per cento o poco più di consensi a Vendola (superiore di un punto percentuale a quello ottenuto da Bertinotti nel 2005, nel confronto con Prodi, ma inferiore in termini assoluti di quasi 150.000 voti: 485.689 a fronte di 631.592) sancisce, anche quantitativamente, la totale irrilevanza delle posizioni di Sel nel futuro del centrosinistra. Una irrilevanza non occultata dagli attuali corteggiamenti in vista del ballottaggio e già insita nell'impegno, sottoscritto all'inizio del percorso, «a sostenere (comunque) il centrosinistra e il candidato scelto dalle primarie alle prossime elezioni politiche».

Che fare in questo contesto per chi ha a cuore una reale alternativa al governo Monti e al montismo? Noi crediamo che ci sia un punto di partenza irrinunciabile. Smetterla una volta per tutte con i pasticci, i non detti, i compromessi al ribasso, i tatticismi a ogni costo, i "voti utili", il perseguimento del meno peggio... È questa politica che ci ha portati al disastro attuale anche della sinistra. Diciamolo chiaro una volta per tutte. Il discrimine non sono le parole ma i fatti. Chi crede che il governo Monti sia stato la salvezza del paese e che non ci fosse una possibilità diversa di affrontare la crisi (nonostante le conseguenze recessive e l'ulteriore diffuso impoverimento delle fasce più povere), che i diktat dell'Europa delle banche (e con essi il cosiddetto patto fiscale, la modifica costituzionale sul pareggio di bilancio e la riduzione delle tutele del lavoro) siano un boccone amaro ma inevitabile, che il futuro del paese stia nelle grandi opere è giusto e coerente che stia con il centro sinistra rappresentato dalle primarie. Chi non ci crede, e pensa, al contrario, che la rinegoziazione delle politiche economiche europee (in un nuovo asse tra i paesi mediterranei), una diversa politica fiscale e di contrasto della corruzione, il ritiro da tutte le operazioni di guerra e l'abbattimento delle spese militari, la definitiva rinuncia alle grandi opere, la previsione di un tetto massimo per i compensi pubblici e privati e l'azzeramento delle indennità aggiuntive della retribuzione per ogni titolare di funzioni pubbliche consentano di finanziare un diversa via di uscita dalla crisi (fondata sulla riconversione di ampi settori dell'economia, su migliaia di piccole opere di immediata utilità collettiva, su un piano di riassetto del territorio nazionale e dei suoi usi e via seguitando) deve stare da un'altra parte. Una via di mezzo non esiste: non per settarismo o per intolleranza, ma per rispetto delle posizioni di ciascuno e soprattutto dei cittadini chiamati a scegliere (e il cui riavvicinamento alle istituzioni non si incentiva con le parole ma solo con un diverso modo di fare politica sui territori e nei luoghi della rappresentanza).

Certo - lo sappiamo bene - tutto questo non è una bacchetta magica e non è ancora la soluzione dei problemi. Ma è la condizione per provare, almeno, a risolverli. In una prospettiva lunga e complessa che è, peraltro, la sola possibile e utile. A questa prospettiva abbiamo voluto dare un contributo con la campagna "Cambiare si può". Sabato, all'assemblea nazionale di Roma, cominceremo a costruire la casa comune di chi ci crede e vuole percorrerla: sul territorio e nelle istituzioni, nei tempi brevi e in quelli più lunghi.

Il Manifesto - 29.11.12

lunedì 26 novembre 2012

MATTEO PRENCIPE NUOVO SEGRETARIO PROVINCIALE PRC

PRC Milano: Matteo Prencipe è il nuovo Segretario provinciale


Milano, 26 novembre 2012. Sabato 24 domenica 25 novembre si è svolto il Congresso Straordinario della Federazione Provinciale milanese del Partito della Rifondazione Comunista. Al termine dei lavori il Comitato Politico Federale ha eletto Segretario Provinciale della Federazione di Milano Matteo Prencipe.
Su proposta del nuovo segretario è stata eletta la segreteria composta da:

Matteo Prencipe: Segretario Provinciale e coordinamento cittadino

Dario Ballardini: (Tesoriere, Beni Comuni, Politiche acquisti consapevoli (Gas-Gap), Politiche per l’ambiente, Sviluppo partito Sociale-Associazionismo)

Nadia Rosa: (Lavoro e sindacato/Diritto alla Casa/Sanità/Lavoro Precario-Autonomo/Diritti Migranti)

Giacomo Feltrin: Coordinatore Provinciale/Enti Locali/Politiche per trasporti e infrastrutture/Politiche del Territorio e Urbanistica)

Nicoletta Bigatti:(Politiche per la scuola, Politiche giovanili, Politiche culturali, Formazione di Partito)

Al Segretario Provinciale e alla nuova segreteria il compito di realizzare gli indirizzi politici del congresso e affrontare l’imminente stagione elettorale, che assegnano da sempre alla città di Milano e alla sua provincia un ruolo importante per l’affermazione della sinistra.

Matteo Prencipe, 54 anni, libero professionista nel campo della comunicazione e relazioni pubbliche, già Coordinatore Provinciale e responsabile Enti Locali del PRC milanese ha dichiarato:

“Le militanti e i militanti di Rifondazione Comunista, hanno rinnovato il proprio gruppo dirigente dopo un congresso partecipato e ricco di contenuti. A loro va mio ringraziamento per la grande passione dimostrata. Ci metteremo subito al lavoro per portare il nostro contributo alla città di Milano amministrata da Giuliano Pisapia e così per le imminenti elezioni regionali. La grande fiducia che viene accordata a me e al giovane gruppo dirigente della segreteria, è un onore ma anche un compito impegnativo, che assolveremo con il contributo delle tante intelligenze ed esperienze che il nostro partito dispone a Milano e nei territori della provincia.

sabato 24 novembre 2012

ACQUA, MAY DAY!!! IL GOVERNO MONTI VUOLE AVVELENARLA.

ACQUA, MAY DAY!!!
IL GOVERNO MONTI LA VUOLE AVVELENARE.

Ed ora il Governo Monti vuole avvelenare l’acqua. Gira, infatti, per le segrete stanze, uno schema di decreto interministeriale che consentirebbe di erogare come potabile acqua inquinata da sostanze tossiche e cancerogene come cianobatteri e relative microcistine. La situazione è piuttosto seria e il presidente della Commissione europea si è visto recapitare una richiesta di interrogazione urgente da parte dell’europarlamentare Niccolò Rinaldi. Tra la documentazione presentata ci sono alcune osservazioni dell’Associazione italiana medici per l’ambiente – Isde (International Society of Doctors for the Environment ). L’Isde sostiene infatti che lo schema di decreto, se approvato, consentirebbe in Italia l’erogazione per consumo umano di acqua contaminata o comunque pericolosa per la salute, in contrasto con le norme europee e italiane, con le evidenze scientifiche e col principio di precauzione. Come si legge nel testo dell’interrogazione, “la modifica proposta è in palese contrasto con le evidenze scientifiche in quanto è acclarata la potenzialità tossica dei cianobatteri e le azioni epigenetiche, genotossiche ed oncogene dei vari tipi di microcistine da essi prodotti”. Di conseguenza, “l’approvazione di questo decreto comporterebbe un rischio documentato e concreto per la salute umana”.

Questi i requisiti tecnici dello schema di decreto interministeriale che propone l’introduzione di alcune modifiche al Decreto Legislativo 31/2001 relativamente ai requisiti di potabilità: notification number 2012/0534/I – C50A, title “Schema di decreto interministeriale per l’introduzione, nell’allegato I, parte B, del decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 31, del parametro “Microcistina-LR” e relativo valore di parametro”.

NO ALL'ACCORDO SULLA PRODUTTIVITA'

L’accordo sulla produttività è grave come la demolizione dell’articolo 18, produce il far west, è la legge del più forte. Il governo e i partiti che lo sostengono, in primis il Pd, sono responsabili di questo scempio: tolgono i diritti ai lavoratori e non mettono nessuna regola contro gli speculatori.





Da “il manifesto” - Mirco Viola - 23.11.2012

L'ACCORDO SEPARATO, RIFIUTATO DALLA CGIL MA SOTTOSCRITTO DAGLI ALTRI SINDACATI,SULLA PRODUTTIVITÀ CANCELLA LE TUTELE SU AUMENTI, ORARI, MANSIONI E VIDEOSORVEGLIANZA. RISCHIANO DI NON AVERE INCREMENTI DI STIPENDIO TUTTI I LAVORATORI CHE NON FIRMANO ACCORDI AZIENDALI. IL SINDACATO POTRÀ DARE L'OK ALL'AUMENTO DELL'ORARIO SETTIMANALE E AL DEMANSIONAMENTO.

All'indomani della firma separata sul patto per la produttività è il momento di un'analisi più attenta, e sono dolori. Il baricentro della contrattazione, e in particolare su questioni delicate come gli aumenti salariali, gli orari, le mansioni e la videosorveglianza, si sposta dal contratto nazionale (e dalle tutele garantite dalle leggi) alla contrattazione aziendale. Indebolendo, necessariamente, quanto già conquistato fino a oggi collettivamente (spesso sarà una crisi a decidere per nuovi accordi) e non garantendo tutti coloro che, tra l'altro, non riusciranno mai a fare una contrattazione aziendale. Intanto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha giudicato l'accordo «un fatto importante», e subito dopo si è augurato «che non manchi il contributo della Cgil».

In particolare, per quanto riguarda i salari, si prevede che il contratto nazionale possa perdere gli automatismi previsti fino a oggi, che in qualche modo tendevano a garantire il potere di acquisto agganciando gli aumenti all'inflazione: gli incrementi verranno legati alla produttività, contrattata nel secondo livello.

Il tutto sarà sostenuto da una politica di sgravi concessa dal governo: l'esecutivo dovrebbe decidere entro il 15 gennaio la platea dei lavoratori che avranno diritto alla detassazione (al momento è prevista per chi ha un massimo di 30 mila euro di reddito ma i sindacati chiedono che il tetto sia elevato a 40 mila euro), il tetto della retribuzione per il quale sarà previsto il vantaggio fiscale (al momento 2.500 euro ma i sindacati chiedono sia innalzato) e i criteri con i quali il vantaggio sarà assegnato (ovvero quale sia da considerare salario di produttività). Con la tassazione al 10% il lavoratore che dovesse avere un'aliquota del 27% avrebbe un vantaggio di 170 euro per ogni 1.000 euro erogati come salario di produttività.

Gravissimo quanto deciso in merito a orari, mansioni e videosorveglianza, perché è previsto che nei contratti aziendali e territoriali si possa derogare non solo al livello nazionale ma anche rispetto alla legge. E, quel che è più grave, le parti hanno chiesto al Parlamento che queste materie si sottraggano alla tutela legale per metterle tutte in mano alla contrattazione.

Oggi la legge prevede che l'orario sia di 40 ore settimanali e di 8 al giorno con un massimo di 48 ore settimanali compresi gli straordinari. La contrattazione potrebbe prevedere, nel caso di affidamento della materia da parte della legge, criteri di maggiore flessibilità a fronte di specifiche situazioni. Si potrebbe naturalmente prevedere che questa flessibilità sia perlomeno remunerata.

Quanto alle mansioni, l'articolo 2103 del codice civile stabilisce che il lavoratore «deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito». La contrattazione potrebbe regolare la materia in modo differente anche se l'accordo parla di «equivalenza delle mansioni e integrazione delle competenze»: insomma di fatto si potrà prevedere il demansionamento dei lavoratori.

Infine, il controllo a distanza: attualmente è vietato dallo Statuto dei lavoratori. L'accordo prevede «l'affidamento alla contrattazione collettiva delle modalità attraverso cui rendere compatibile l'impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, per facilitare l'attivazione di strumenti informatici ordinari, indispensabili per lo svolgimento delle attività lavorative». Un'altra picconata allo Statuto, dopo lo stravolgimento dell'articolo 18.

La segretaria Cgil Susanna Camusso aveva già spiegato la sera della firma separata le ragioni del no: la tutela del contratto nazionale e di aumenti che garantiscano a tutti un reale potere di acquisto; la difesa di diritti fondamentali legati a orari, mansioni, videosorveglianza; nuove regole di rappresentanza che garantiscano anche chi non firma gli accordi, e in particolare la richiesta esplicita a Federmeccanica di riprendere a contrattare con la Fiom, oggi esclusa.

Dall'altro lato, secondo Raffaele Bonanni (Cisl) «i lavoratori pagheranno 3 volte meno tasse». Per il leader del Pd Pierluigi Bersani l'accordo centra «l'obiettivo di estendere la contrattazione decentrata», ma poi invita il governo a «continuare la discussione» per «ricomporre l'unità sindacale».

BANCHIERI IMBROGLIONI


BANCHIERI IMBROGLIONI

di Ignacio Ramonet


I nuovi padroni del mondo sono gli speculatori di borsa, che non hanno alcun interesse per il bene comune. Da quando è scoppiata la crisi nessunoè riuscito a mettere loro la museruola. Per quanto tempo le democrazie resisteranno a questa impunità?

A quei cittadini che ancora lo ignoravano, la crisi sta dimostrando che i mercati finanziari sono i protagonisti principali della attuale situazione economica in Europa. Essi rappresentano un cambiamento fondamentale: il potere è passato dai politici agli speculatori di borsa e a una coorte di banchieri imbroglioni.

Ogni giorno, i mercati muovono somme colossali. Ad esempio, quasi 7 miliardi di euro, solo in debiti degli stati della zona euro, secondo la Banca centrale europea. La decisione collettiva quotidiana di questi mercati può rovesciare i governi, dettare politiche e sottomettere popoli.

Il dramma è anche che questi nuovi "padroni del mondo" non hanno alcun interesse per il bene comune. La solidarietà non è il loro problema. Meno ancora la preservazione dello stato sociale. La unica razionalità che li spinge è l'avidità. Gli speculatori e banchieri, guidati dall'avidità, arrivano a comportarsi come mafie, con la mentalità di uccelli rapaci. E con una impunità quasi totale.

Da quando, nel 2008, è scoppiata la crisi - in gran parte causato da loro - nessuna riforma seria ha potuto regolamentare i mercati o mettere la museruola ai banchieri. E nonostante tutte le critiche contro la "irrazionalità del sistema", il comportamento di molti attori finanziari continua ad essere cinico.

È evidente che le banche svolgono un ruolo chiave nel sistema economico. E che le loro attività tradizionali - stimolare il risparmio, dare credito alle famiglie, finanziare le imprese, dare impulso al commercio - sono costruttive. Ma dalla generalizzazione, negli anni ottanta, del modello della "banca universale", che aggiunse ogni sorta di attività speculativa e di investimento, i rischi per i risparmiatori si sono moltiplicati, così come la frode, l'inganno e gli scandali.

Ricordiamo, per esempio, uno dei più vergognosi, la cui protagonista fu la potente banca d'affari statunitense Goldman Sachs, che domina oggi l'universo finanziario. Nel 2001 aiutò la Grecia a truccare i suoi conti affinché Atene soddisfacesse i requisiti e potesse entrare nell'euro, la moneta unica europea. Ma, in meno di sette anni, la frode è stata scoperta e la realtà è esplosa come una bomba. Conseguenza: quasi un continente impantanato nella crisi del debito; un paese, la Grecia, saccheggiato e in ginocchio; recessione, licenziamenti massicci, perdita di potere d'acquisto per i lavoratori; ristrutturazioni e tagli alle prestazioni sociali; piani di aggiustamento e miseria.

Quali sanzioni hanno subito gli autori di un così nefasto inganno? Mario Draghi, ex vicepresidente di Goldman Sachs Europa, quindi consapevole della frode, è stato nominato presidente della Banca centrale europea (Bce), e Goldman Sachs ha guadagnato, per aver truccato i conti, 600 milioni di euro. Confermando così un principio: in materia di grandi truffe organizzate dalle banche, l'impunità è la regola.

Lo possono confermare le migliaia di risparmiatori spagnoli che hanno acquistato azioni di Bankia ai tempi in cui questo istituto entrò in Borsa. Si sapeva che non aveva alcuna credibilità e il valore delle sue azioni, secondo le agenzie di rating, già era a un passo dal titolo spazzatura.

I risparmiatori diedero fiducia a Rodrigo Rato, allora presidente di Bankia ed ex direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), che non esitò a dire, il 2 maggio 2012 (cinque giorni prima di dimettersi sotto la pressione dei mercati e poco prima che lo Stato dovesse iniettare nella banca 23 miliardi e mezzo di euro per evitare il fallimento): «Siamo in una situazione di grande robustezza dal punto di vista della solvibilità e anche dal punto di vista della liquidità».

È vero che, meno di un anno prima, nel luglio 2011, Bankia aveva apparentemente superato gli "stress test" condotti dall'Autorità bancaria europea (Eba) sui 91 maggiori istituti finanziari europei. Bankia avevano ottenuto un Core Tier I Capital (capitale di massima resistenza) del 5,4%, a fronte di un minimo richiesto del 5% in una situazione di massimo stress. Il che dà un'idea della incompetenza e inettitudine della Eba, organismo europeo incaricato di garantire la solidità delle nostre banche...

Altre persone che possono testimoniare sull'avventurismo dei banchieri sono le vittime, in Spagna, dello "scandalo delle azioni privilegiate". Una frode che colpisce più di 700 mila risparmiatori che hanno perso i loro soldi. Si fece loro credere di aver acquistato qualcosa di simile a un deposito vincolato... Ma le azioni privilegiate sono un tipo di prodotto finanziario che non è coperto dal fondo di garanzia delle banche. Che non sono obbligate - se non hanno liquidità - a rimborsare il capitale iniziale né gli interessi maturati.

Questa truffa ha anche rivelato che i risparmiatori spagnoli vittime di frodi bancarie non possono contare sulla protezione della Banca di Spagna o della Comisión Nacional del Mercado de Valores (Cnmv) . Né, ovviamente, su quella del governo, che continua ad aiutare in maniera massiccia le banche mentre la sua politica di tagli e austerità punisce i cittadini in modo permanente. Per aiutare il sistema bancario spagnolo, Mariano Rajoy ha sollecitato dall'Unione europea un credito fino a 100 miliardi di euro. Nel frattempo, le banche spagnole continuano a favorire la fuga in massa dei capitali. Si stima che, fino allo scorso settembre, 220 miliardi di euro erano fuggiti dalla Spagna ufficialmente... una somma superiore al doppio del credito chiesto in Europa per salvare il sistema bancario spagnolo.

Ma gli scandali non finiscono qui. Potremmo ricordare che, negli ultimi mesi, le frodi bancarie sono continuate. La banca Hsbc è stata accusata di riciclare il denarodella droga e dei narcotrafficanti messicani. La banca JP Morgan si è lanciata in speculazioni spericolate, assumendosi rischi senza precedenti, che hanno causato perdite di 7,5 miliardi di euro, rovinando decine di suoi clienti. La stessa cosa è successa a Knight Capital, che ha perso oltre 323 milioni di euro in una notte a causa di un errore in un software di speculazione automatica attraverso computer.

Ma lo scandalo più irritante, a scala globale, è quello del Libor. Di cosa si tratta? La British Bankers Association propone ogni giorno una tasso interbancario denominato "London Interbank Offered Rate" o Libor per il suo acronimo in inglese. Il calcolo di questo tale tasso è realizzato dall'agenzia Reuters che, ogni giorno, chiede a sedici grandi banche a quale tasso di interesse stanno ottenendo credito. E stabilisce una media. Dato che Libor è il tasso al quale le principali banche si prestano denaro tra di loro, il Libor diventa un punto di riferimento fondamentale per l'intero sistema finanziario globale. In particolare serve per determinare, ad esempio, i tassi dei mutui per le famiglie. Nell'area dell'euro, l'equivalente del Libor si chiama Euribor e viene calcolato in base all'attività di una sessantina di grandi banche. Nel mondo, il Libor influisce su circa 350 miliardi di euro di crediti... Qualsiasi variazione, anche di lieve entità, di questo tasso può avere un impatto colossale.

In cosa è consistita la frode? Diverse banche (di quelle che servono da riferimento per stabilire il Libor) si sono consultate tra loro e hanno deciso di mentire sui loro tassi, in modo da manipolare il Libor e tutti i contratti derivati, ossia i prestiti a famiglie e imprese. E questo per anni.

Le inchieste hanno dimostrato che una decina di grandi banche internazionali - Barclays, Citigroup, JP Morgan Chase, Bank of America, Deutsche Bank, Hsbc, Credit Suisse, Ubs (Union de Banques Suisses), Société Générale, Crédit Agricole, Royal Bank of Scotland - si sono organizzate per manipolare il Libor.

Questo scandalo enorme dimostra che la criminalità è nel cuore stesso della finanza internazionale. E che, probabilmente, milioni di famiglie hanno pagato i loro mutui a tassi irregolari. Molti hanno dovuto abbandonare le loro case. Altri ne sono stati cacciati perché non potevano pagare un debito artificialmente manipolato. Ancora una volta, le autorità incaricate di vigilare sul buon funzionamento dei mercati hanno chiuso un occhio. Nessuno è stato punito, a parte quattro disgraziati. Tutte le banche coinvolte sono ancora facendo affari.

Per quanto tempo le democrazie possono resistere a una tale impunità? Nel 1932, negli Stati uniti, Ferdinand Pecora, un figlio di immigrati italiani che arrivò all'incarico di procuratore di New York, fu scelto dal presidente Herbert Hoover per indagare sulla responsabilità delle banche nelle cause della crisi del 1929. Il suo rapporto fu impressionante. Pecora propose il termine "bankster" per qualificare i "banchieri gangster". Sulla base di quel rapporto, il presidente Franklin D. Roosevelt decise di proteggere i cittadini dai rischi della speculazione. Sanzionò tutte le banche imponendo il "Glass-Steagall Act" e stabilendo (durò fino al 1999) un'incompatibilità tra due tipi di attività: le banche di deposito e le banche d'investimento. Quale governo europeo della zona euro prenderà una tale decisione?

il manifesto 24.11.2012

lunedì 19 novembre 2012

IL PRC VIMO SULL'OSPEDALE SAN RAFFAELE



IL P.R.C. VIMO CON LE/I LAVORATRICI/ORI DELL’OSPEDALE SAN RAFFAELE PER LA DIFESADEI POSTI DI LAVORO E IL MANTENIMENTO DEI BUONI LIVELLI DI CURA E ASSISTENZA


Il circolo di Vimodrone del Partito della Rifondazione Comunista esprime solidarieta' e appoggio alla lotta delle/i lavoratrici/ori dell'Ospedale San Raffaele, minacciati da 244 licenziamenti e dall'annullamento di tutti gli accordi economici e normativi vigenti compreso il passaggio (fortemente peggiorativo) al contratto di lavoro della sanità privata.

A pochi mesi dal suo insediamento, la nuova proprietà del San Raffaele (Sig. Rotelli) ha deciso di scaricare sui lavoratori i costi dei tagli alla Sanità previsti da Monti - Formigoni, così come i costi per l'acquisto dell'Ospedale, mettendo sul lastrico intere famiglie che si ritrovano gettate nella precarietà, senza alcun futuro e senza alcuna certezza circa le loro prospettive.

Tale progetto inoltre minaccia di avere pesanti ripercussioni sulla cura e sull'assistenza dei pazienti, poichè è dubbio che gli standard di qualità fin'ora assicurati potranno essere mantenuti.

Ma alla luce del caso san Raffaele come di altri casi in Lombardia, appare infine evidente la necessità di superare il modello Formigoniano di sanità privatizzata in Lombardia.

Questo modello, ha significato lo spostamento di risorse e soldi pubblici a soggetti privati, i quali, oltre a generare i casi di malaffare che conosciamo, TOGLIE DALLE MANI PUBBLICHE UN BENE COMUNE COME LA SALUTE che viene così sottoposto alle logiche del profitto a tutti i costi compresa la cancellazione dei posti di lavoro.

Il Circolo del P.R.C. di Vimodrone invita quindi tutte/i le/i vimodronesi e l’utenza dell'ospedale a sostenere i lavoratori in lotta , per salvare i posti di lavoro, mantenendo così l'eccellenza delle cure e dell'assistenza.

PRC VIMODRONE

giovedì 15 novembre 2012

VIMODRONE – OSPEDALE SAN RAFFAELE - C.C. APERTO




VIMODRONE – OSPEDALE SAN RAFFAELE - CONSIGLIO COMUNALE APERTO - LUNEDI 19 NOVEMBRE 2012 – ORE 21 SU CRISI HSR E SUE RICADUTE OCCUPAZIONALI

La situazione dell'Ospedale San Raffaele e il problema legato agli esuberi di personale approda nell'aula del consiglio comunale di Vimodrone. Il Sindaco Antonio Brescianini, in qualità anche di Presidente del consiglio, ha convocato una seduta dell'aula straordinaria e aperta agli interventi dal pubblico.
 
Il Consiglio comunale è convocato per lunedì 19 novembre 2012, alle ore 21.00 presso l’auditorium di via Piave, 60.

"A questa iniziativa - ha dichiarato il sindaco -  fortemente voluta dall'Amministrazione comunale in quanto tra i pazienti e i lavoratori dell’Ospedale San Raffaele vi sono molti cittadini del nostro territorio, sono state invitate la Direzione dell’Ospedale, le rappresentanze sindacali unitarie dei lavoratori, l’Amministrazione comunale di Milano e Segrate e l’Assessore regionale alla Sanità, Dott. Mario
Melazzini".


RICEVIAMO MAIL E PUBBLICHIAMO…


Buongiorno, nel ringraziarVi per la cortese diffusione sul Vostro blog, Vi invio per Vs opportuna conoscenza ed eventuale commento e/o pubblicazione sul Vostro blog.

Grazie
Domenico Cilione

----Messaggio originale----

Da: domenico

Data: 14-nov-2012 17.03

A: sindaco, protocollo, entilocali.pref_milano

Ogg: Ospedale San Raffaele di Milano-Consiglio Comunale aperto del 19.11.2012 ore 21.00

Al Signor Sindaco del Comune di Vimodrone

p.c. Al Presidente del Consiglio Comunale e a tutti i Consiglieri del Comune di Vimodrone

Oggetto: Convocazione Consiglio Comunale del 19.11.2012

Situazione Ospedale San Raffaele e ricadute occupazionali

Milano 14, Novembre 2012


Gentili Signori,

sono il marito di una dipendente e sono impossibilitato a partecipare alla seduta odierna ma ci tenevo a ringraziare in particolare il Sindaco per la sensibilità dimostrata nei confronti della vertenza dei lavoratori dell'Ospedale San Raffaele di Milano .

Sono sempre stato e sono orgoglioso di poter raccontare che mia moglie lavori al San Raffaele, una struttura che non è per quanto mi riguarda proprietà privata ma proprietà di questo Paese Italia e quindi di tutti gli Italiani che la godono e la stimano per le professionalità che vi lavorano e che vi hanno sempre lavorato. Una professionalità che ha fatto in modo che il prestigio dell'Ospedale varcasse i confini nazionali rendendo lustro anche al Vostro Comune così come quello di Segrate.

Mi ha inoltre riempito e mi riempie d'orgoglio, essere il marito di una lavoratrice insignita della Benemerenza civica dell'Ambrogino d'Oro nel 2011 da parte del Comune di Milano, per quella motivazione che è stata riservata e che mi preme ricordare , oggi a tutti Voi . "Questo prestigioso attestato di benemerenza cittadina onora e gratifica ciascun lavoratore e tende a stemperare l'amarezza e la delusione nate dalla lettura di tutte le notizie di cronaca che hanno visto come obiettivo la Fondazione San Raffaele in tempi recenti. Si tratta di un riconoscimento importantissimo che va doverosamente a chi si impegna ogni giorno con dedizione e abnegazione. A chi si è speso per mantenere alto il valore dell'istituzione, a quanti hanno continuato a riconoscersi con fierezza nei principi fondanti del San Raffaele proseguendo il lavoro eccellente e quotidiano nell'assistenza clinico-sanitaria, nella ricerca scientifica e nella didattica, nonostante la bufera mediatica. L'Ambrogino è sicuramente uno sprone ulteriore a rinnovare l'impegno perché il San Raffaele continui a essere, e sia ogni giorno di più, quel bene prezioso conosciuto come un patrimonio unico non solo del nostro Paese "

Ebbene Signori, quel bene prezioso oggi rischia di perdersi , non solo per l'attacco ai livelli occupazionali e ai diritti, ma anche per gli interessi dell'utenza e la qualità dei servizi e dell'assistenza erogabile che ne deriverebbe

Noi, facciamo appello a Voi tutti affinchè vi sia un intervento urgente e deciso a sostegno della vertenza dei lavoratori e delle lavoratrici del San Raffaele , nelle forme più incisive che riterrete opportune , richiamando la proprietà alla responsabilità sociale dell'impresa , fin ai livelli Istituzionali più alti, affinchè si proceda anche con gli atti necessari ad acquisire la struttura quale patrimonio pubblico.

Questa non è solo una vertenza occupazionale ed una battaglia per i diritti calpestati sia dei dipendenti che degli utenti ma è soprattutto , una vertenza che mira a salvaguardare un patrimonio di professionalità ed una qualità dell'assistenza erogabile inestimabile che appartiene anche al Comune di Vimodrone e di Segrate e all'intero paese.

Quella benemerenza civica appartiene anche a Voi ma soprattutto è deve essere , anche per Voi Istituzione -Comune di Vimodrone, uno sprone ulteriore a rinnovare l'impegno perché il San Raffaele continui a essere, e sia ogni giorno di più, quel bene prezioso conosciuto come un patrimonio unico non solo del nostro Paese.

Grazie a Voi

Domenico Cilione

 
 
E' INIZIATA UNA LUNGA LOTTA

CONVERSAZIONI SU PENSIONI, ECONOMIA E LAVORO

15 NOV 2012 CAMERA DEL LAVORO MILANO 

martedì 13 novembre 2012

14 NOVEMBRE 2012 - SCIOPERO GENERALE EUROPEO


ASSEMBLEA A MILANO
LIBERARE LA LOMBARDIA
UNIRA LA SINISTRA


sabato 10 novembre 2012

L’APPELLO “CAMBIARE SI PUO’! PER UNA PRESENZA ALTERNATIVA ALLE ELEZIONI 2013”

L’APPELLO “CAMBIARE SI PUO’! PER UNA PRESENZA ALTERNATIVA ALLE ELEZIONI 2013”

Il sistema sta andando in pezzi.
Le differenze economiche e sociali crescono, le disonestà individuali o di gruppi sono diventate corruzione del sistema, la distanza tra stato e società e tra organi rappresentativi e cittadini non è mai stata così elevata. La possibilità di contare e di decidere sulla propria vita e sul proprio futuro è quotidianamente frustrata da decisioni verticistiche e incontrollabili. Così lo stesso desiderio di partecipazione politica si affievolisce, riducendosi a esplosioni di rabbia, alla fuga dal voto o all’adesione a proposte populiste (egualmente presenti dentro e fuori le forze politiche tradizionali). Prevale l’idea che non ci sia più nulla da fare perché ogni scelta è obbligata e «imposta dall'Europa» (cioè dai mercati). Il modello sociale europeo è cancellato dalle compatibilità economico-finanziarie in una concezione dell’economia che non lascia spazio alla politica.

Questa posizione è stata da tempo abbracciata dal Partito democratico e si è tradotta nell’appoggio senza se e senza ma al governo Monti, nel concorso all’approvazione del cosiddetto patto fiscale e della modifica costituzionale sul pareggio di bilancio, nel contributo alla riduzione delle tutele del lavoro, nel sostegno alle grandi opere, nel frequente aggiramento dell’esito referendario in favore dell’acqua pubblica. È una prospettiva nella quale si è inserito, da ultimo, il gruppo dirigente di Sel con la scelta di partecipare alle primarie, in una alleanza che ne sancisce la subalternità al Partito democratico (a prescindere dallo stesso esito delle primarie). Dall’altra parte c’è la posizione del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, che, pur partendo da una condivisibile critica radicale di questa classe politica e di questi partiti, non offre risposte sul piano della democrazia costituzionale e di una diversa uscita dalla crisi in atto.

A fronte di ciò non è più possibile stare a guardare o limitarsi alla critica.

L’attuale pensiero unico e il conseguente orizzonte politico sono modificabili. Esiste un'alternativa forte, sobria e convincente alla politica liberista che, in tutta Europa, sta distruggendo il tessuto sociale senza dare soluzione a una crisi che non accenna a diminuire nonostante le rassicurazioni di facciata.

È un’alternativa che si fonda sulle promesse di civiltà contenute nella nostra Carta fondamentale: la Costituzione stabilisce che tutti i cittadini hanno diritto al lavoro e, in quanto lavoratori, a una retribuzione sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa: noi vogliamo che questi principi siano attuati e posti a base delle politiche economiche e sociali. È un’alternativa che esprime una cultura politica nuova, che si prende cura degli altri e rifiuta il leaderismo, che parla il linguaggio della vita della persone e non quello degli apparati, che include nelle discussioni e decisioni pubbliche la cittadinanza attiva. Un’alternativa capace di fare emergere, con l’impegno collettivo, una nuova rappresentanza politica preparata, capace, disinteressata al tornaconto personale e realmente al servizio della comunità. Un’alternativa in grado di produrre antidoti a quel sistema clientelare che ha generato corruzione e inquinamento mafioso e di trasformare lo stato rendendolo trasparente, de-centralizzato ed efficiente. Un’alternativa, quindi, che guarda a un mondo diverso, in cui si rispetti l’ambiente, siano valorizzati i beni comuni, si pratichi l’accoglienza, si assicuri a tutte e tutti la possibilità di una vita degna di essere vissuta anche se si è vecchi, malati o senza lavoro o se si è arrivati nel nostro paese per viverci e lavorare. Non è un’illusione, ma il compito di una politica lungimirante: il welfare, lungi dall’essere un lusso dei periodi di prosperità, è la strada che ha portato alla soluzione delle grandi crisi economiche del secolo scorso. E non c’è solo una prospettiva di tempi lunghi. Ci sono azioni positive da realizzare e scelte sbagliate da contrastare. Subito.

L’elenco è semplice e riguarda sia gli interventi indispensabili che le modalità per recuperare le risorse necessarie. Da un lato, la rinegoziazione delle normative europee che impongono politiche economiche recessive; un progetto di riconversione di ampi settori dell’economia in grado di rilanciare rapidamente l’occupazione con migliaia di piccole opere di evidente e immediata utilità collettiva; un piano di riassetto del territorio nazionale e dei suoi usi mirante a garantire la sicurezza dei cittadini e la riduzione del consumo di suoli agricoli; un’imposizione fiscale equa ed efficace (estesa ai patrimoni e alle rendite finanziarie nonché alle proprietà ecclesiastiche); il potenziamento degli interventi a sostegno delle fasce più deboli e dei presidi dello stato sociale; il ripristino delle tutele fondamentali del lavoro e dei lavoratori; la sperimentazione di modalità di creazione diretta di occupazione, anche in ambito locale, affiancata dall’introduzione di un reddito di cittadinanza; l’attuazione di forme di sostegno e promozione delle esperienze di economie di cooperazione e solidarietà; l'investimento a favore della scuola e dell'università pubblica, a sostegno della formazione, della cultura, della ricerca e dell’innovazione; il rispetto pieno e immediato dei referendum 2011 sui beni comuni e contro la vendita ai privati dei servizi pubblici locali; un’effettiva riforma del sistema dell’informazione e del conflitto di interessi; il pieno riconoscimento dei diritti civili degli individui e delle coppie a prescindere dal genere e l’accesso alla cittadinanza per tutti i nati in Italia.

Dall’altro: una reale azione di contrasto dell’evasione fiscale e della corruzione; il ritiro da tutte le operazioni di guerra e l’abbattimento delle spese militari; la definitiva rinuncia alle grandi opere (a cominciare dalla linea Tav Torino-Lione e dal ponte sullo Stretto); l’abrogazione delle leggi ad personam (che sanciscono la disuguaglianza anche formale tra i cittadini); la previsione di un tetto massimo per i compensi pubblici e privati e l’azzeramento delle indennità aggiuntive della retribuzione per ogni titolare di funzioni pubbliche.

I fatti richiedono un’iniziativa politica nuova e intransigente, per non restare muti di fronte a opzioni che non ci corrispondono.

Un’iniziativa politica nuova e non la raccolta dei cocci di esperienze fallite, dei vecchi ceti politici, delle sigle di partito, della protesta populista. Un’iniziativa che porti alla costituzione di un polo alternativo agli attuali schieramenti, con uno sbocco immediato anche a livello elettorale. Un’iniziativa che parta dalle centinaia di migliaia di persone che nell’ultimo decennio si sono mobilitate in mille occasioni, dalla pace ai referendum, e che aggreghi movimenti, associazioni, singoli, amministratori di piccole e grandi città, lavoratrici e lavoratori, precari, disoccupati, studenti, insegnanti, intellettuali, pensionati, migranti in un progetto di rinnovamento delle modalità della rappresentanza che veda, tra l’altro, una effettiva parità dei sessi.

È un’operazione complicata ma necessaria, che deve essere messa in campo subito. Negli ultimi giorni si sono susseguiti numerosi appelli in questo senso. È tempo di unire passione, intelligenze, capacità ed entusiasmo per costruire una proposta elettorale coerente con questa prospettiva, in cui non ci siano ospiti e ospitanti, leader e gregari ma un popolo interessato a praticare e promuovere cambiamento.

È questo il senso della campagna “CAMBIARE SI PUÒ! NOI CI SIAMO”, nella quale abbiamo deciso di impegnarci con l’obiettivo di presentare alle elezioni politiche del 2013 una lista di cittadinanza politica, radicalmente democratica, alternativa al governo Monti, alle politiche liberiste che lo caratterizzano e alle forze che lo sostengono.

Noi ci siamo e pensiamo che molte e molti vogliano costruire con noi questo percorso.

Per questo ti chiediamo di esserci e di mandare la tua adesione a: aderisco@cambiaresipuo.net Ma le firme non bastano.

Serve che tutti noi, che aderiamo a questa campagna, ci incontriamo in una assemblea pubblica, che proponiamo per il 1° dicembre.


PROMOTORI

Luciano Gallino (professore sociologia, Università di Torino) - Livio Pepino (magistrato, responsabile Edizioni Gruppo Abele) - Marco Revelli (professore di scienza della politica, Università del Piemonte orientale) - don Marcello Cozzi (vicepresidente nazionale Libera) - Antonio Di Luca (operaio, Fiom, Pomigliano) - Chiara Sasso (scrittrice, Coordinamento Rete dei Comuni Solidali) - Vittorio Agnoletto (medico) Andrea Aimar (Officine corsare, Torino) - Caterina Avanza (Ethicando) Andrea Bagni (insegnante, redazione École, Firenze) - Piero Basso (dirigente di azienda) - Bengasi Battisti (sindaco Comune Corchiano, coordinatore nazionale enti locali per l'Acqua bene comune) - Oliviero Beha (giornalista e scrittore) - Lorenzo Bicchi (ferroviere, delegato sindacale, Firenze) - Cinzia Bottene (No Dal Molin, consigliera Comune di Vicenza) - Antonio Bruno (consigliere Comune di Genova) - Massimo Carlotto (scrittore) - Emilio Chiaberto (sindaco di Villar Focchiardo, Val Susa) - Ivan Cicconi (esperto di infrastrutture e appalti pubblici, Bologna) - Nicolella Clizia (consigliera Comune di Genova) - Ylenia da Valle (biologa, Università di Pisa) - Maurizio Del Bufalo (coordinatore di Cinema e Diritti, Napoli) - Donatella Della Porta (professore scienze politiche e sociologia, Istituto Universitario Europeo, Firenze) - Mariangela Delogu (delegata Rsu La Rinascente) - Gianna De Masi (assessore Comune di Rivalta) - Francesca Fornario (autrice satirica, videomaker, giornalista di Pubblico) - Flavia Fortunati (Libera, Perugia) - Dario Fracchia (sindaco di Sant’Ambrogio, Val Susa) - don Andrea Gallo (Comunità San Benedetto al Porto Genova) - Piero Gilardi (artista) - Paul Ginsborg (professore di storia contemporanea, Università di Firenze) - Haidi Giuliani (già insegnante) - Lorenzo Guadagnucci (giornalista, Comitato verità e giustizia per Genova) - Sabina Guzzanti (artista) - Sergio Labate (ricercatore Università di Macerata) - Roberto Lamacchia (avvocato, presidente Associazione italiana Giuristi democratici) - Enrico Lauricella (visual designer, Prato) - Chiara Lesmo (assessore alle politiche sociali Comune di Novate) - Domenico Lucano (sindaco di Riace) - Alberto Lucarelli (professore, assessore Comune Napoli e coautore quesiti referendari sull’acqua) - don Aniello Manganiello (già parroco di Scampia) - Rino Marceca (vice presidente Comunità montana Valle di Susa e val Sangone) - Teresa Masciopinto (responsabile culturale area sud Banca Etica) - Ugo Mattei (professore di diritto civile, Università di Torino, coautore quesiti referendari sull’acqua) - Sandro Medici (giornalista, presidente del X Municipio di Roma) - Emilio Molinari (presidente Comitato italiano per un Contratto mondiale sull'acqua) - Andrea Mormiroli (referente area Tratta e marginalità sociale, cooperativa Dedalus, Napoli) - Guido Ortona (professore di politica economica, Università del Piemonte orientale) - Moni Ovadia (artista) - Giovanni Palombarini (magistrato, pubblicista) - Rosangela Paparella (insegnante e attivista politiche di genere, Bari) - Tonino Perna (professore di sociologia economica, Università di Messina) - Riccardo Petrella (professore Università cattolica di Lovanio, fondatore Comitato Mondiale dell'Acqua) - Nicoletta Pirotta (presidente Iniziativa femminista europea) - Michele Pistone (delegato Rsu STM, Catania) - Matteo Pucciarelli (giornalista di Repubblica) - Leana Quilici (assessore Comune di Capannori) - Roberta Roberti (insegnante, Parma) - Marco Rovelli (scrittore e musicista) - Luca Sappino (giornalista di Pubblico) - Giuseppe Sergi (professore storia medievale, Università di Torino) - Giacomo Sferlazzo (cantautore, Askavusa, Lampedusa) - Lorenzo Signori (presidio di San Pietro di Rosà,Vicenza) - Paolo Sollier (allenatore di calcio e scrittore, già calciatore) - Gianmaria Testa (musicista e cantautore) - Gianni Tognoni (medico, segretario del Tribunale permanente dei popoli) - Francesco Vallerani (professore di geografia, Università Ca’ Foscari, Venezia) - Guido Viale (economista, giornalista e studioso di tematiche ambientali, Milano) - Laura Vigni (consigliere Comune di Siena) - Attilio Wanderlingh (giornalista, editore, Caffè letterario Intra Moenia, Napoli) - Alfredo Zuppiroli (primario cardiologo, Firenze)






FIRENZE – MOVIMENTI IN CERCA DI UNITA’



FIRENZE – MOVIMENTI IN CERCA DI UNITA’

di Chiara Ricci


«Ormai anche dal fornaio si discute dell'Europa che ha salvato le banche ma che taglia i fondi per la sanità, l'assistenza, la scuola e i servizi pubblici. Ma la discussione si ferma lì, a un punto morto. Perché nessuno conosce le proposte di politiche alternative. Quando dici che esistono, che sono realistiche e c'è chi le fa, ti rispondono che forse è così ma non se ne parla». Non è uno sfogo quello di Anna davanti al banchetto del manifesto, nella grande piazza di una Fortezza da Basso più affollata e vivace rispetto a ieri. Piuttosto una fotografia.

Che ritrae il distacco fra ciò di cui si parla in questa quattro giorni - riconquista di una effettiva democrazia, diritti e dignità del lavoro da preservare, difesa del modello sociale europeo - e una società in grandissima parte impaurita. Anche di pensare possibile un domani diverso e migliore.

Certo, l'incontro della rete degli economisti su un'altra politica economica per il vecchio continente, organizzato per l'intera durata della quattro giorni da Lunaria-Sbilanciamoci!, Another road for Europe, Euromemorandum e Economistes Atterrés, può apparire fra addetti ai lavori. Ma una delle sue declinazioni pratiche, il «Manifesto degli economisti sgomenti, per capire e superare la crisi», di agevole lettura, potrebbe pure avviare riflessioni collettive. Quelle che negli altri paesi europei, a giudicare dalla visibile presenza a Firenze 10+10 di attivisti soprattutto giovani, sono già dato di fatto. Con il denominatore comune di una richiesta di unità nelle lotte, una cui prima ricaduta sarà rappresentata dallo «sciopero mediterraneo» del 14 novembre. Una richiesta rimarcata in ogni occasione alla Fortezza da Basso, di fronte a taccuini e microfoni dei media (pochi) interessati a raccontare gli sviluppi di una azione comune contro le politiche della troika Ue-Bce-Fmi, e dei governi nazionali che più o meno dichiaratamente le sostengono.

All'ennesima notizia choc come il «no» di cinque paesi Ue al fondo di solidarietà per le popolazioni emiliane colpite dal terremoto, la reazione dei due portavoce di Firenze10+10 è stata immediata: «La scelta di cinque governi guidati da Germania e Gran Bretagna di negare il fondo di solidarietà all'Italia - segnalano Jason Nardi e Tommaso Fattori - dice che nell'Europa dell'austerità il 'debito' e gli interessi degli speculatori finanziari vengono prima delle persone. In questi anni per salvare le banche Europa e Stati Uniti hanno speso oltre 4.700 miliardi di denaro pubblico, mentre adesso si negano i fondi all'Emilia Romagna». Ma ci sono anche altre notizie. Che fanno meno rumore ma spiegano anche loro quanto sta accadendo «qui e ora». Una la raccontano gli studenti universitari di Siena, aderenti a Link e alla Rete della Conoscenza, arrivati alla Fortezza per unirsi ai seminari paralleli in corso al Dipartimento di matematica, organizzati dal Collettivo di Scienze e dagli Studenti di Sinistra fiorentini. «Noi stiamo discutendo da tempo alcuni temi di Firenze 10+10 - raccontano Antonella, Alessandra, Rosa e Giuseppe - sia dentro che fuori l'università. Ma abbiamo dovuto fare un appello perché alla facoltà di economia siano discusse anche le teorie degli economisti 'eterodossi', come ad esempio gli 'sgomenti' francesi, oltre ad italiani come Brancaccio e il gruppo di Sbilanciamoci . Una parte dei docenti ci ha appoggiato, e l'abbiamo apprezzato. Ma tutto questo è indicativo: fa paura anche solo chiedere di approfondire gli studi di economisti che fanno analisi diverse da quelle ortodosse. E stiamo parlando di una università».

Negli incontri del giorno, che hanno visto impegnati fra i tanti Luciana Castellina e Alfonso Gianni, Maurizio Landini e Vittorio Agnoletto, Giorgio Cremaschi e Luca Casarini, il tema di una necessaria «riconquista democratica» delle strutture continentali si è affacciato a più riprese. «Nel nostro seminario abbiamo discusso del fatto che non è rinviabile un processo popolare verso un parlamento europeo con effettivo potere legislativo - spiega Roberto Musacchio di Altramente - e con gruppi politici che non siano espressioni nazionali ma continentali a tutti gli effetti». Mentre dall'incontro «Fondare una nuova Europa», con Paolo Ferrero, il segretario comunista francese Laurent, Franco Russo di Transform, Gianni Rinaldini e l'ungherese Georgy Karoly, è stato puntualizzato che, per recuperare veri spazi di democrazia, alla convergenza delle lotte vanno accompagnate altre azioni. «Disdire i trattati europei non è estremismo - ha sottolineato Ferrero - se le politiche che ne derivano mettono in pericolo, come sta accadendo, la democrazia». Di qui l'obbligo di allineare la mission della Bce a quelle delle altre banche centrali del pianeta, come primo passo di contrasto al dominio finanziario dei cosiddetti «mercati».

Da “il manifesto” 10 novembre 2012
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