martedì 5 aprile 2011

IL RICATTO ITALIANO





IL RICATTO ITALIANO


di Alessandro Dal Lago - su il manifesto del 05/04/2011


In qualsiasi paese normale, un ministro come Maroni si sarebbe dimesso, dopo l'incredibile spettacolo di Lampedusa, per non parlare di Manduria e altre tendopoli. Ma non è uno spettacolo. Quella a cui stiamo assistendo è una tragedia a cui il nostro governo sta rispondendo con la consueta miscela di brutalità e giochetti diplomatici, con la corsa a Tunisi - dove ieri è stato «respinto» - per imporre il ricatto soldi contro migranti. E ancora, dichiarazioni a vanvera, disorganizzazione e velleitarismi. Lasciare per giorni e giorni migliaia di esseri umani all'addiaccio, senza cibo e servizi igienici, salvo lamentarsi dell'Europa, della Francia o del destino cinico e baro, è inqualificabile.



La Tunisia ha accolto centocinquantamila profughi dalla Libia in modo infinitamente più civile. E parliamo di un piccolo paese che sta vivendo una difficile transizione politica e una crisi economia e sociale senza precedenti. Se, invece di trentamila o giù di lì, i migranti verso l'Italia fossero cinquantamila, non cambierebbe nulla.



Dalla settima o ottava potenza economica del mondo ci si aspetterebbe ben altra risposta. Soprattutto, dopo che lo stesso Maroni aveva sparato l'incredibile cifra di cinquecentomila. Si ha proprio l'impressione che il piagnisteo sull'Europa che ci abbandona sia una cortina fumogena per giustificare a priori inadempienze, confusione e soprattutto il fallimento di una politica di lungo periodo sull'immigrazione. E tutto questo con una forza politica di maggioranza, la Lega, che spara truci bordate per tener buono il proprio elettorato. Ma il problema è più grave e profondo.



È l'intera classe politica, al governo e anche all'opposizione, che non sa che pesci pigliare. Basti citare un'intervista a Rutelli, in cui l'ex sindaco anti-Rom la mette sui «trafficanti di uomini», come se i responsabili degli sbarchi fossero gli scafisti, e non i conflitti sociali, economici e militari che stanno travagliando Maghreb e Mashrek. Ben pochi ascoltano le voci dei migranti: «vogliamo la libertà», «là non possiamo più vivere»... e poi «in Italia ci trattano come cani» e così via. I nostri politici, bolliti da decenni di fallimenti, non sospettano nemmeno che questi sono esseri umani, i quali, in primo luogo, devono essere riconosciuti come tali e trattati di conseguenza. E quindi ospitati e ascoltati. E provvisti di permessi di soggiorno, circolazione e transito.



Solo allora, a partire dai loro bisogni, materiali e civili, ci si può appellare al resto del mondo. Senza però evadere dalle proprie responsabilità.Ripetiamolo: trentamila o cinquantamila migranti sono un problema che qualsiasi paese delle nostre dimensioni deve essere in grado di affrontare. Ma nulla fa pensare che sia così. Sulla scia di se stesso, ma anche di Pisanu e Amato, Berlusconi non sa fa altro che offrire un po' di milioni alla Tunisia, mentre da noi si rafforza il filo spinato intorno alle tendopoli e si mandano i poliziotti a cavallo a dar la caccia ai migranti che scappano.



Mai come oggi l'abisso che separa la politica italiana dall'umanità è apparso così profondo. E allora ricordiamo che le mance ai dittatori di turno non sono servite a niente. E che con quei soldi, per non parlare delle spese sostenute per tenere in volo i Tornado (senza avere nemmeno il coraggio di dire che partecipano alla guerra), si potrebbe offrire una speranza, una via di scampo, una possibilità a questi ragazzi che fuggono dalla fame e dalla guerra. Ma siamo governati da Bossi e Berlusconi, come forse un giorno da Rutelli e Montezemolo. In attesa di qualcosa di meglio, non possiamo che augurare a quei ragazzi, e agli altri che li seguiranno, di farcela, quale che sia la loro destinazione.

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