1 MAGGIO PER IL LAVORO E LA DIGNITA'
A PIOLTELLO PRESSO LA SALA BONOUA CENTRO CIVICO VIA LEONCAVALLO 36
PORTIAMO LA PACE NELLE PIAZZE DEL PRIMO MAGGIO
«La decisione del governo di inviare gli aerei militari per bombardare la Libia, sostenuta anche dal Presidente della Repubblica, costituisce una palese violazione della Costituzione italiana», ricorda il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero lanciando la proposta di partecipare alle manifestazioni del Primo Maggio con la bandiera della pace, «caratterizzandole come manifestazioni per i diritti dei lavoratori e contro la guerra». Un'idea in linea con l'appello del coordinamento 2 aprile che ieri ha lanciato un altro appello:
«Mettiamo in campo tutte le possibili iniziative di denuncia e solidarietà per il cessate il fuoco».«Non c'è niente di umanitario nelle bombe italiane in Libia, c'è solo la difesa di interessi strategici, economici, energetici» ripete l'appello all'indomani degli annunci governativi sulla partecipazione dell'Italia ai bombardamenti e del sostanziale via libera del Quirinale al «naturale prolungamento della missione». Gli ingredienti della questione sono tutti velenosi: dalle stragi compiute da Gheddafi con armi vendute da Roma al disimpegno nei confronti delle transizioni democratiche in Tunisia ed Egitto, dal silenzio per le stragi in Siria alla complicità con l'occupazione israeliana in Palestina e l'assedio a Gaza. Fino al respingimento dei profughi e all'assenza di politiche di accoglienza.
Se è vero che ci sono già dodici paesi che bombardano la Libia, che senso ha che lo faccia anche l'Italia? Qual è il valore militare aggiunto di questa decisione? E poi: bombardare chi? Bombardare cosa? Di quali obiettivi mirati stiamo parlando?
«40 giorni di bombardamenti non hanno impedito l'assedio e il massacro di Misurata - dice da Perugia, Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace - quanto tempo deve passare ancora prima di cambiare strategia? Dov'è finita la coerenza con la risoluzione dell'Onu 1973 che al primo punto chiede a tutti di operare per "raggiungere l'immediato cessate il fuoco e la fine di tutte le violenze e gli attacchi contro i civili"? Perché si continua a parlare solo di guerra?Invece di partecipare ai bombardamenti, l'Italia dovrebbe mettere in campo una grande iniziativa diplomatica per fermare la strage di civili, puntare a una tregua che consenta di portare aiuto immediato alla popolazione di Misurata e poi raggiungere il cessate il fuoco. Perché non si è ancora attivata la missione europea Eufor Libia?». Anche per la Fiom si tratta di una scelta sciagurata: «Nel condannare il carattere dispotico e autoritario del regime Gheddafi, rimaniamo convinti - dice Maurizio Landini - che la difesa dei diritti umani e il sostegno a chi si batte per la democrazia si realizzano fermando la violenza e favorendo il negoziato».
«Fin dall'inizio abbiamo avuto chiaro l'obiettivo della missione
umanitaria - dice Piero Maestri, coordinatore nazionale di Sinistra critica - fermare ogni possibile dinamica rivoluzionaria, mettere sotto tutela la politica libica, garantire il proseguimento del controllo occidentale sulle risorse libiche e dei paesi del Mediterraneo».
«La decisione del governo di inviare gli aerei militari per bombardare la Libia, sostenuta anche dal Presidente della Repubblica, costituisce una palese violazione della Costituzione italiana», ricorda il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero lanciando la proposta di partecipare alle manifestazioni del Primo Maggio con la bandiera della pace, «caratterizzandole come manifestazioni per i diritti dei lavoratori e contro la guerra». Un'idea in linea con l'appello del coordinamento 2 aprile che ieri ha lanciato un altro appello:
«Mettiamo in campo tutte le possibili iniziative di denuncia e solidarietà per il cessate il fuoco».«Non c'è niente di umanitario nelle bombe italiane in Libia, c'è solo la difesa di interessi strategici, economici, energetici» ripete l'appello all'indomani degli annunci governativi sulla partecipazione dell'Italia ai bombardamenti e del sostanziale via libera del Quirinale al «naturale prolungamento della missione». Gli ingredienti della questione sono tutti velenosi: dalle stragi compiute da Gheddafi con armi vendute da Roma al disimpegno nei confronti delle transizioni democratiche in Tunisia ed Egitto, dal silenzio per le stragi in Siria alla complicità con l'occupazione israeliana in Palestina e l'assedio a Gaza. Fino al respingimento dei profughi e all'assenza di politiche di accoglienza.
Se è vero che ci sono già dodici paesi che bombardano la Libia, che senso ha che lo faccia anche l'Italia? Qual è il valore militare aggiunto di questa decisione? E poi: bombardare chi? Bombardare cosa? Di quali obiettivi mirati stiamo parlando?
«40 giorni di bombardamenti non hanno impedito l'assedio e il massacro di Misurata - dice da Perugia, Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace - quanto tempo deve passare ancora prima di cambiare strategia? Dov'è finita la coerenza con la risoluzione dell'Onu 1973 che al primo punto chiede a tutti di operare per "raggiungere l'immediato cessate il fuoco e la fine di tutte le violenze e gli attacchi contro i civili"? Perché si continua a parlare solo di guerra?Invece di partecipare ai bombardamenti, l'Italia dovrebbe mettere in campo una grande iniziativa diplomatica per fermare la strage di civili, puntare a una tregua che consenta di portare aiuto immediato alla popolazione di Misurata e poi raggiungere il cessate il fuoco. Perché non si è ancora attivata la missione europea Eufor Libia?». Anche per la Fiom si tratta di una scelta sciagurata: «Nel condannare il carattere dispotico e autoritario del regime Gheddafi, rimaniamo convinti - dice Maurizio Landini - che la difesa dei diritti umani e il sostegno a chi si batte per la democrazia si realizzano fermando la violenza e favorendo il negoziato».
«Fin dall'inizio abbiamo avuto chiaro l'obiettivo della missione
umanitaria - dice Piero Maestri, coordinatore nazionale di Sinistra critica - fermare ogni possibile dinamica rivoluzionaria, mettere sotto tutela la politica libica, garantire il proseguimento del controllo occidentale sulle risorse libiche e dei paesi del Mediterraneo».
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