giovedì 10 marzo 2011
Scuola e Costituzione: tutti in piazza il 12
Scuola e Costituzione:
Tutti in piazza il 12
«Se non ora quando?». Non li ha uniti l’idea sul dopo-Berlusconi, li coagula ora quella di manifestare in difesa della Costituzione, della scuola pubblica, dell’Unità d’Italia. L’opposizione ci sarà tutta in piazza il 12 marzo, a Roma e in altre città, dai finiani fino alla sinistra, passando per Pd, dipietristi e anche rutelliani. Manca solo l’Udc, che valuterà il dafarsi.
Magari non avranno trovato una posizione comune su cosa fare in caso di caduta del governo Berlusconi, tra chi tira per il ritorno alle urne vagheggiando “sante alleanze”, chi non le contempla e chi immagina solo governi di transizione. Ma, visto che tanto il governo almeno numericamente non appare in bilico (anzi), l’accordo si trova sull’idea di scendere in piazza. E così il 12 marzo, data di mobilitazione lanciata in primis dagli insegnanti dopo gli ultimi attacchi di Berlusconi alla scuola pubblica, diventa nel giro di qualche giorno l’appuntamento di tutte le opposizioni per manifestare lo sdegno per il governo. Lo schieramento di chi sfilerà a Roma (da piazza della Repubblica a piazza del Popolo) e in altre città è amplissimo. «Questa manifestazione ha mille padri e madri: ognuno è benvenuto, di qualsiasi schieramento», dice Giuseppe Giulietti di Articolo 21 nella conferenza stampa di presentazione alla Camera. Adesioni davvero bipartisan, dal finiano Fabio Granata a Bruno Tabacci dell’Api, passando per i piddini Bersani, Franceschini, Finocchiaro, Bindi; e poi Di Pietro, e ancora Vendola, Ferrero e la Federazione della Sinistra, Bonelli coi Verdi, la Cgil della Camusso. In termini di partecipazione dei partiti insomma, all’appello manca solo l’Udc, il che segnala una certa diversità di vedute (non sarebbe la prima) all’interno del terzo polo. E’ vero che, spiega il segretario Cesa, «la difesa della Costituzione è nel nostro dna, quindi domani (oggi per chi legge) ci riuniremo per decidere». Ma se i centristi decidessero di mobilitarsi pure loro, come fecero anni fa col Family Day, sarebbe assoluta novità.
Arci, “popolo viola”, Rete degli studenti e degli universitari: «Se non ora quando?», ripetono tutti mirando a un bis del 13 febbraio, giornata di protesta delle donne allarmate da “Rubygate” e dintorni. Stavolta l’allerta è scattato con gli attacchi alla scuola pubblica. Ma tra le motivazioni della mobilitazione si trova di tutto. «Non dobbiamo scindere la difesa della Costituzione dalla battaglia per la difesa della scuola pubblica», dice Sofia Sabatino della Rete degli Studenti. E poi la mossa di Pdl e Lega di chiedere alla Camera di schierarsi contro i giudici di Milano sollevando un conflitto di attribuzione sul processo Ruby che vede imputato il presidente del Consiglio. E ancora il nuovo regolamento proposto dalla maggioranza in cda Rai sull’alternanza tra conduttori tv di diversa estrazione, mina che rischia di sottrarre puntate a Michele Santoro e Gianni Floris. E infine un altro spunto è offerto dal monito dell’Antitrust, che «finalmente si è accorta del conflitto di interessi del premier - dice Giulietti - e ha contestato la norma del decreto milleproroghe che fa saltare il divieto di incrocio tra giornali e tv», con Mediaset che potrebbe così mettere le mani sulla carta stampata (Corriere della Sera?). Però ci sono anche i 150 anni dell’unità d’Italia. E quindi il 12 marzo diventa un’occasione per dare una risposta alle ansie secessioniste della Lega. «Vedete? Non ho nulla di viola addosso - fa notare Silvia Bartoleni del Popolo Viola - perchè d’ora in poi il nostro movimento si riconosce in tre colori: quelli della bandiera italiana». E così, addio tempi in cui in testa ai cortei c’era il bandierone della pace. Il 12 marzo il bandierone ci sarà, ma rigorosamente tricolore. Accolto poi l’invito della Bindi di esporre a finestre e balconi il vessillo bianco, rosso e verde il 17 marzo, giorno delle celebrazioni ufficiali dell’Unità. Decisioni che naturalmente spengono ogni eventuale tentazione dei movimenti più radicali (grossa parte della rete studentesca che ha dato vita alle manifestazioni anti-Gelmini prima di Natale) di scendere in piazza. Loro non ci saranno, non nel corteo ufficiale. Del resto, a molti a sinistra fa storcere il naso anche quel «senso dello Stato» evocato dal finiano Filippo Rossi, ex direttore del magazine di FareFuturo ormai chiuso, quale motivazione per manifestare.
Per il momento, a Roma si annuncia un corteo vivace, con flash mob lungo il percorso, la partecipazione di artisti del calibro di Neri Marcorè, Ottavia Piccolo, Monica Guerritore sul palco. Probabile star della giornata, Roberto Vecchioni, che ha tutte le caratteristiche al posto giusto per ricoprire il ruolo: è professore e ha appena vinto il festival di Sanremo con un brano che parla di lotte e speranze. Anche all’estero qualcuno manifesterà per l’Italia: annunciati sit-in davanti a Downing Street a Londra. A Brescia invece sono preoccupati. Spiega Sandra Bonsanti di Libertà e Giustizia che «non vogliono darci l’autorizzazione per manifestare in piazza della Loggia: tra le vittime della nota strage ci furono anche 5 insegnanti».
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