LA SINISTRA RIPARTE DA SAN GIOVANNI
Da Liberazione del 29/11/2010
Un po' meno di una prova generale, un po' più di un semplice "pour parler". C'è tutta la sinistra in piazza, c'è tutto il centrosinistra in questa strana, enorme ma un po' silente manifestazione, che ha segnato l'ultimo sabato di novembre a Roma. C'è tutta la sinistra, ci sono i suoi leader. Che si parlano, si abbracciano, si salutano, per la gioia delle troupe televisive. Trovano anche il tempo per brevi incontri lontani dagli sguardi e dalle telecamere. Stringono le mani, salutano. I lavoratori di una fabbrica pontina, quelli della Funzione Pubblica di Roma ma soprattutto i pensionati - i più loquaci - li fermano, li incoraggiano. C'è un buon clima, insomma, solidale. C'è preoccupazione e anche un po' di ansia perché nessuno sembra avere la chiave giusta per capire quel che accadrà. Ma stanno insieme. Sfilano insieme, o quasi: una fila prima o una fila dopo. E allora qualcuno azzarda che la giornata di ieri potrebbe essere la premessa per una nuova stagione unitaria. Forse, lo dirà il tempo. Per ora c'è appunto quel «buon clima».
Ma le cose che dicono i leader della sinistra, non sono esattamente le stesse. Non rispondono allo stesso modo alle domande. A quelle dei cronisti e a quelle della piazza.Paolo Ferrero, il segretario del Prc, è sottobraccio ad Oliviero Diliberto, che da due settimane è portavoce della federazione della sinistra. Sono quasi alla testa del corteo che è partito da piazza Esedra. Sono immersi in un mare di bandiere della Cgil. Da dietro, si sentono gli slogan degli operai della Vynils: «Sciopero, sciopero generale». Si parte da qui. E comincia Ferrero: «Penso che la Cgil debba essere il punto di riferimento per l'iniziativa di studenti e lavoratori contro il governo, a partire dallo sciopero generale». Sciopero generale, dunque. E se non ora quando. «Sì, perché siamo nel pieno di una ripresa fortissima della mobilitazione sociale, operaia e studentesca. La Cgil deve svolgere un grande ruolo, che è quello di diventare ilpunto di riferimento di queste lotte. Ripeto: oggi deve lanciare lo sciopero generale». Contro il governo, naturalmente. Ma anche contro la Confindustria. «Che, esattamente come Berlusconi vorrebbe scaricare i costi della crisi tutti sugli strati più deboli». Più tardi, a manifestazione conclusa, Ferrero commenterà il «silenzio» della Camusso su questo argomento: «E' stato un errore».Di nuovo nel corteo. Si ragiona sul da fare nelle prossime settimane. Ma si ragiona anche sulla prospettiva. Un cronista chiede a Diliberto se la presenza in piazza di tutta l'opposizione (non c'è Di Pietro, fermato da altri impegni, ma ci sono tanti altri dirigenti dell'Idv) possa prefigurare anche uno schieramento elettorale. La risposta è secca, immediata: «Lo spero. Qui ci sono i lavoratori, gli studenti e con loro i partiti della sinistra. Bisogna ricostruire una larga unità per mandare a casa Berlusconi». E si potrebbe cominciare - dice sempre Diliberto - trasformando la manifestazione del piddì dell'11 dicembre in una manifestazione di tutta l'opposizione. Marco Ferrando, segretario del Pcl, una fila dietro, lo ascolta. Non è d'accordo ma dice che a lui interessa soprattutto la mobilitazione sociale: «Cominciamo oggi il lungo assedio che ci porterà al 14 dicembre». Il corteo arriva a piazza Vittorio, il cuore multietnico della capitale. Ed è qui che entra Nichi Vendola. Lo insegue un nugolo di cronisti. Gli chiedono di tutto. Dalla sortita di Frattini sulle improbabili manovre contro l'Italia (e lui risponde: «Sì, è vero, c'è un complotto contro l'Italia: l'autore è il centrodestra») alle primarie: «Possono essere una bella gara non per cannibalizzarci ma per stimolarci reciprocamente».
Il «serpentone» di persone e bandiere arriva all'angolo con via Filiberto. In questo punto i due cortei quasi si sfiorano. E in testa a quello partito dalla Piramide ci sono Bersani e Rosi Bindi. Sembrano a loro agio, anche loro stringono mani e salutano. Ma per loro le domande - pure in questo caso: dei cronisti e della gente - sono un po' più polemiche. Perché il loro partito non ha aderito alla manifestazione. Loro ci sono a titolo individuale. Bersani sulle prime usa la diplomazia, rispolverando una formula usata in circostanze analoghe: «Un partito non deve intervenire in questioni sindacali». Poi si accorge che è una frase inadeguata per una manifestazione che ha riempito San Giovanni e cambia registro: «Il piddì vuole essere presente ovunque si esprime la realtà del paese». Per questo è in piazza, per questo sostiene la protesta degli universitari sui tetti. «Voglio che il Pd e la politica riprendano contatto con la società», dice tenendo sottobraccio Guglielmo Epifani. Il segretario, insomma, fa capire che c'è e ci sarà anche ai prossimi appuntamenti.Ma resta il tema di un partito che non può scegliere di stare con la Cgil: glie lo impediscono le componenti interne vicine alla Cisl e alla Uil. Rosi Bindi s'inventa allora questa risposta: «No, non abbiamo consigli da dare al sindacato, ma possiamo manifestare la nostra preoccupazione per questo momentoe la necessità che chi rappresenta i lavoratori sia unito». Si continua a parlare, a discutere sotto il palco. Dalla piazza intanto si alza lo stesso slogan di prima: «Sciopero, sciopero generale».