martedì 20 luglio 2010

IL 20 DI NUOVO IN PIAZZA ALIMONDA





IL 20





DI NUOVO





IN PIAZZA





ALIMONDA






di Haidi Giuliani






Il prossimo 20 Luglio a Genova arriva dopo un 30 Giugno ricordato con convinzione. Ricordato e manifestato da una sinistra plurale, non solo da quella piccola parte che in tutti gli anni scorsi, rifiutando la stanca commemorazione ufficiale, ha continuato a denunciare il pericolo della presenza di un fascismo strisciante nella nostra società, perfino nelle nostre istituzioni. Che cosa unisce le giornate del ’60 a quelle del 2001? Ne parlavamo alcuni giorni or sono a Palermo, dove cinquanta anni fa il governo Tambroni fece tre vittime, dopo i cinque morti di Reggio Emilia e uno di Catania. A Genova non fecero vittime: i lavoratori scesero in piazza in gran numero, tanto che i fascisti del Msi dovettero rinunciare al loro congresso e le violenze delle forze dell’ordine furono respinte. Anche quest’anno la presenza pacifica e determinata di numerosi cittadini e cittadine ha impedito una provocazione della destra che voleva tenere nello stesso giorno un incontro polemico nello storico albergo Bristol, dove il Cln decise l’insurrezione.
Ragionavamo a Palermo sul carattere essenzialmente operaio del movimento del ’60, ben diverso da quello studentesco e intellettuale che sarebbe seguito otto anni dopo, sull’onda che proveniva da Stati Uniti e Francia, e che pure anticipò l’autunno caldo di lotte sindacali del ’69. Il Pci, partito operaio, allora non comprese ed anzi in alcuni casi si mobilitò contro chi pretendeva “la fantasia al potere”. Nel ’60 l’esperienza di che cosa fosse il fascismo, di quali danni avesse provocato, di quanti dolori e lutti e tragedie fosse responsabile, era ben viva. Poi ci siamo “riconciliati”, senza giustizia e con molte omissioni e falsità. Nel 2001 a Genova si è incontrato un movimento ancora diverso, forse ingenuo o smemorato, sicuramente generoso e vario; univa le due grandi “anime” del nostro Paese, quella comunista e quella cristiana, univa molti popoli, non chiedeva per sé ma per altri, per quel Sud del Mondo da sempre sfruttato, assetato, affamato, avvelenato. Per questo motivo fu represso. Con grande violenza. La repressione non si è limitata a quelle giornate, con le manganellate, i gas Cs, la caccia all’uomo, gli arresti arbitrari, false molotov, veri colpi di pistola, torture nella scuola e nella caserma, come è stato sentenziato dal tribunale. E’ proseguita, complice la disinformazione di gran parte delle testate giornalistiche e servizi televisivi. Mentre Carlo non ha ancora avuto diritto ad un processo; mentre i dirigenti della polizia, riconosciuti responsabili e condannati in secondo grado, non vengono allontanati dai loro alti incarichi; mentre nessuno dei carabinieri che hanno devastato e saccheggiato le nostre vite è mai stato neppure indagato nonostante filmati e testimonianze dimostrino la gravità dei comportamenti; mentre avviene tutto questo si continuano a perseguire in due diversi procedimenti a Genova dieci manifestanti (condannati in secondo grado a pene da dieci a quindici anni per “devastazione e saccheggio”) e in Calabria tredici (tutti assolti in primo grado). Martedì 20, mentre noi saremo in piazza Alimonda, si terrà un presidio davanti al Tribunale di Catanzaro che dovrà emettere la sentenza. Da un lato abbiamo agenti che risultano impunibili (o trattati con i guanti, come nel caso di Federico Aldrovandi: tre anni e qualcosa a testa per aver ammazzato un ragazzo), dall’altra una giustizia che persegue severamente cittadini rei, al massimo, di aver danneggiato cose. Da un lato qualsiasi pubblico ufficiale può ritenersi “offeso” e arrestare, dall’altro un semplice cittadino può perdere ogni diritto, compreso quello alla vita, nel buio di una strada, in una cella, un sottoscala di Questura e perfino di Tribunale. Carlo è stato la prima vittima di una nuova repressione. Per questo è giusto lottare per la denuncia e la memoria di quanto è successo e continua ad accadere. Sabato prossimo ascolteremo le testimonianze su alcune delle vittime di ieri e di oggi, senza dimenticare chi muore nei luoghi di detenzione. E domenica ascolteremo chi lavora, nelle associazioni e in comunità, dalla parte delle vittime.
Si può leggere tutto in hyperlink “http://www.piazzacarlogiuliani.org”. Il pomeriggio del 20, naturalmente, resisteremo ancora una volta tutte e tutti in piazza Alimonda.
















Cara Liberazione, con questa lettera voglio esprimerti la mia solidarietà e quella della Fiom alla tua campagna di sottoscrizione straordinaria



Maurizio Landini - Segretario generale Fiom-Cgil

Cara Liberazione, con questa lettera voglio esprimerti la mia solidarietà e quella della Fiom alla tua campagna di sottoscrizione straordinaria. In questi mesi, la crisi industriale ed occupazionale che ha colpito il nostro Paese è stata pesantissima. Lo sappiamo bene, lo sanno bene gli operai, lo sa (forse molto meno bene) l'opinione pubblica. Già perché solo in alcuni casi la maggior parte dei mass media se ne sono occupati. Il silenzio caduto su cosa stava e sta ancora succedendo nel mondo del lavoro è assordante. Proprio per questo, dall'estate scorsa molti lavoratori che stavano perdendo il posto di lavoro hanno dato vita a forme di protesta esasperata, per rompere questo silenzio, per non sentirsi isolati, abbandonati. E così le proteste sui tetti, sulle gru, gli scioperi della fame e via dicendo. Il ruolo del sindacato, il ruolo che la Fiom ha svolto in questa fase così critica, è stato proprio quello di rompere l'isolamento di chi sente messa in discussione la propria dignità e il proprio futuro, di dare loro fiducia e di fargli sentire che non sono soli nella loro lotta per mantenere il lavoro, i diritti e, ripeto, la loro dignità di persone. Altrettanto, il ruolo dell'informazione dovrebbe essere quello di raccontare queste battaglie, di dire a tutti quelli che si trovano nella stessa situazione, che c'è qualcuno pronto a battersi al loro fianco. E di dire, a chi in quella situazione non si trova, che succedono altre cose in questo Paese oltre i fatti privati del premier o i mondiali di calcio. E, magari, ricucire quel senso di solidarietà che sta diventando merce rara. E' paradossale che i lavoratori siano costretti a forme di protesta esasperate per avere l'attenzione dai mass media.Liberazione è una di quelle poche testate che l'ha sempre fatto, ha sempre dato voce ai lavoratori e alle lavoratrici di questo Paese che stanno combattendo per salvare non solo il posto di lavoro, ma il futuro produttivo dell'Italia. Ha dato voce anche alle proteste "meno note" di Pomigliano o di Telecom, sforzandosi di mantenere l'attenzione dei suoi lettori sempre viva sulle varie vertenze.Siamo un Paese che attraversa una crisi democratica profonda, a partire dal mondo del lavoro dove il governo sta operando per scardinare i diritti e imbavagliare i lavoratori, fino al bavaglio ad un'informazione già poco libera e autonoma. In questo contesto, ancora di più che in una fase "normale", non possiamo permetterci di perdere Liberazione e le altre voci libere e fuori dal coro. La democrazia di questo Paese non se lo può permettere, il mondo del lavoro non se lo può permettere.


Nessun commento:

Grazie per le visite!
banda http://www.adelebox.it/