mercoledì 24 giugno 2020

APPELLO PER IL REFERENDUM, NO ALLA GRANDE MENZOGNA



Appello per il referendum, No alla grande menzogna

Il 20 e 21settembre saremo chiamati a votare sul referendum costituzionale sul taglio del Parlamento, meno 36,5%, riducendo da 630 a 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 quello dei senatori.
Il progetto politico che ha portato al taglio della rappresentanza parlamentare senza ascoltare alternative e critiche è rapidamente invecchiato, esso si risolve in un attacco al ruolo della rappresentanza parlamentare proprio quando ne andrebbe rilanciato il ruolo di rappresentanza e unificazione dell’Italia.
Di fronte al disastro umano, economico, occupazionale e sociale provocato dalla pandemia e alla gravità dei problemi che il popolo italiano si trova ad affrontare in questo momento storico, risalta la vacuità di una politica che, anziché affrontare i problemi reali, ha cavalcato il disagio sociale per costruirsi un consenso fondato sulle illusioni dell’antipolitica.
Negli ultimi anni la competizione politica si è svolta sul filo delle illusioni, sublimando sentimenti di rancore legati al crescente disagio sociale. Si è creata l’illusione che il disagio sociale sia frutto dei privilegi della casta, che dimezzare le pensioni dei parlamentari sia stato un grande successo popolare, che la nostra vita si possa migliorare discriminando gli immigrati o altre categorie di soggetti deboli, che il disagio politico che nasce dal vuoto della rappresentanza sia colpa delle istituzioni politiche rappresentative, che quindi devono essere ridimensionate, a cominciare dal Parlamento.
La riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari è il frutto più significativo di questa politica di diseducazione di massa.
Tagliare il numero dei parlamentari non è solo una questione di numeri o di costi. Si tratta di una riforma destinata ad incidere sulle modalità di organizzazione della rappresentanza attraverso la quale si esprime e si realizza il principio fondamentale della Repubblica secondo cui la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e che attribuisce al parlamento un ruolo centrale nel nostro sistema democratico.
Il percorso di questa riforma costituzionale è stato alimentato dalla grande menzogna, che riducendo il numero dei parlamentari si punisce la casta, mentre, al contrario, si puniscono i cittadini che vedranno diminuita la possibilità di eleggere un “proprio” rappresentante, si darà un potere sempre maggiore a chi non ne risponde direttamente agli elettori, proseguendo nella separazione tra cittadini e rappresentanti.
Minando il rapporto fra cittadini e parlamentari, si incide sulla rappresentanza, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, aumenta di conseguenza la distanza fra rappresentato e rappresentante e viene ulteriormente sacrificato il pluralismo, abbassando il grado di potenziale identificazione del rappresentato con il rappresentante. Il taglio dei parlamentari sommato alle norme elettorali in vigore apre una ferita nella capacità di rappresentare i cittadini, i territori, le posizioni politiche esistenti nel paese, creando per di più squilibri tra le aree territoriali a parità di popolazione.
Ciò è tanto più grave alla luce della legge elettorale vigente caratterizzata da una forte quota maggioritaria (3/8 dei seggi) con liste bloccate nel proporzionale e voto obbligatoriamente congiunto tra candidato uninominale e lista collegata con l’effetto di comprimere notevolmente la possibilità dell’elettore di scegliere i propri rappresentanti. Il nostro Paese deve affrontare delle grandi sfide di cambiamento per risollevarsi dal disastro provocato dalla pandemia, ma per farlo bisogna sconfiggere l’attitudine della politica a vendere illusioni e a creare falsi miti.
Per questo è importante respingere la mutilazione della rappresentanza che ci viene proposta con il taglio dei parlamentari oggetto del referendum.
La crisi della rappresentanza politica non si può curare riducendo il numero dei rappresentanti ma facendo sì che gli elettori possano tornare a scegliere direttamente i propri rappresentanti di modo che il Parlamento ritorni ad essere il motore della democrazia.
Nel breve tempo che ci separa dalla celebrazione del referendum, grande è la responsabilità dei mezzi di comunicazione che hanno il dovere civico di attivare un dibattito pubblico trasparente che fornisca ai cittadini le informazioni essenziali per far sì che il voto sia frutto di una scelta libera e consapevole.
Mobilitiamoci tutti per respingere questo ulteriore sfregio alla nostra democrazia costituzionale.
***Pietro Adami, Adista, Francesco Baicchi, Mons. Luigi Bettazzi, Sandra Bonsanti, Mauro Beschi, Maria Agostina Cabiddu, Antonio Caputo, don Luigi Ciotti, Elettra Deiana, don Pierluigi Di Piazza, Anna Falcone, Carlo Di Marco, Domenico Gallo, Alfiero Grandi, Alfonso Gianni, Raniero La Valle, Silvia Manderino, Tomaso Montanari, Francesco Pallante, Livio Pepino, Antonio Pileggi, Franco Russo, Giovanni Russo Spena, Giuseppe Salmè, Antonia Sani, don Alessandro Santoro, padre Alberto Simoni, Armando Spataro, Nadia Urbinati, Massimo Villone, padre Alex Zanotelli, Rina Zardetto ed altri…..
Per adesioni inviare una mail a adesione.nograndemenzogna@gmail.com




Referendum sulla riduzione dei parlamentari:
l'ANPI è per il NO
Il testo del documento del Comitato nazionale ANPI che illustra le ragioni della scelta. "Una legge improvvisata e opportunistica. L'ANPI non aderirà ai Comitati del NO e realizzerà iniziative in autonomia"
La legge che verrà sottoposta al voto, col referendum del 29 marzo, non corrisponde, in realtà, ad alcuna necessità concreta e rappresenta semplicemente una manifestazione di quella antipolitica che si fa circolare nel Paese creando un grave discredito verso le istituzioni fondamentali della Repubblica. Questa riduzione del numero dei parlamentari - frutto di improvvisazione e opportunismo - non corrisponde ad alcuna esigenza reale, anzi investe negativamente il tema della rappresentanza, incidendo sulla stessa struttura istituzionale delineata nell'art. 1 della Costituzione, ponendo seri problemi per una composizione del Parlamento che sia veramente rappresentativa di tutte le esigenze e di tutte le realtà del Paese, e mettendo, insomma, a repentaglio, la funzionalità e la centralità del Parlamento stesso. Questa diminuzione del numero di parlamentari renderà precario e macchinoso il funzionamento delle Commissioni e degli altri organi delle Camere. Per di più occorrerà riscrivere immediatamente la legge elettorale al fine di garantire in Parlamento la presenza, a rischio con tale riforma, di tante forze politiche, e rivedere i criteri di partecipazione alla elezione del Presidente della Repubblica da parte dei grandi elettori delle Regioni. La stessa riduzione di spesa è ridicola, posta a fronte di tante altre spese che le istituzioni sopportano inutilmente e che da anni vengono segnalate con diversi progetti da esperti, le cui indicazioni non vengono mai raccolte. Insomma, una legge - quella sottoposta a referendum - che non riduce le spese se non in modo “simbolico” ed incide negativamente su un esercizio della sovranità popolare che sia davvero fondato sulla rappresentanza. Il giudizio, dunque, non può che essere assolutamente negativo sotto ogni profilo. Anche, e soprattutto perché peggiorerebbero i problemi reali delle istituzioni e in particolare del Parlamento, che dovrebbe essere organo centrale di tutta l'attività politica e istituzionale ed invece, di fatto, è esposto da anni ad una sostanziale emarginazione. Ciò che occorre, semmai, è ricondurre il Parlamento a quel ruolo centrale per le istituzioni e la politica che la Costituzione gli assegna, come luogo di confronto e di elaborazione, anziché ricorrere - come accade continuamente - all'abuso dei decreti legge e del voto di fiducia. La politica deve tornare ad essere quella pensata dall'art. 49 della Costituzione, che assegna ai partiti il compito di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Un concorso che si realizza solo se avviene in Parlamento, attraverso la progettazione e l'elaborazione delle misure occorrenti per rafforzare la democrazia, non solo nelle sue forme esteriori, ma anche e soprattutto nei suoi contenuti. Per tutte queste ragioni, l'ANPI dà il NO come indicazione di voto e ritiene nel contempo che non basti l'espressione di un voto negativo, ma occorra promuovere nel Paese un'ampia riflessione sul ruolo del Parlamento e della politica, in stretta aderenza ai princìpi costituzionali. Realizzerà, dunque, in piena autonomia e senza aderire ad alcun Comitato esterno, iniziative culturali e politiche.
IL COMITATO NAZIONALE ANPI
 

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