Appello
per il referendum, No alla grande menzogna
Il 20 e
21settembre saremo chiamati a votare sul referendum costituzionale sul taglio
del Parlamento, meno 36,5%, riducendo da 630 a 400 il numero dei deputati e da
315 a 200 quello dei senatori.
Il progetto
politico che ha portato al taglio della rappresentanza parlamentare senza
ascoltare alternative e critiche è rapidamente invecchiato, esso si risolve in
un attacco al ruolo della rappresentanza parlamentare proprio quando ne
andrebbe rilanciato il ruolo di rappresentanza e unificazione dell’Italia.
Di fronte al
disastro umano, economico, occupazionale e sociale provocato dalla pandemia e
alla gravità dei problemi che il popolo italiano si trova ad affrontare in
questo momento storico, risalta la vacuità di una politica che, anziché
affrontare i problemi reali, ha cavalcato il disagio sociale per costruirsi un
consenso fondato sulle illusioni dell’antipolitica.
Negli ultimi
anni la competizione politica si è svolta sul filo delle illusioni, sublimando
sentimenti di rancore legati al crescente disagio sociale. Si è creata
l’illusione che il disagio sociale sia frutto dei privilegi della casta, che
dimezzare le pensioni dei parlamentari sia stato un grande successo popolare,
che la nostra vita si possa migliorare discriminando gli immigrati o altre
categorie di soggetti deboli, che il disagio politico che nasce dal vuoto della
rappresentanza sia colpa delle istituzioni politiche rappresentative, che
quindi devono essere ridimensionate, a cominciare dal Parlamento.
La riforma
costituzionale che riduce il numero dei parlamentari è il frutto più
significativo di questa politica di diseducazione di massa.
Tagliare il
numero dei parlamentari non è solo una questione di numeri o di costi. Si
tratta di una riforma destinata ad incidere sulle modalità di organizzazione
della rappresentanza attraverso la quale si esprime e si realizza il principio
fondamentale della Repubblica secondo cui la sovranità appartiene al popolo,
che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e che attribuisce
al parlamento un ruolo centrale nel nostro sistema democratico.
Il percorso
di questa riforma costituzionale è stato alimentato dalla grande menzogna, che
riducendo il numero dei parlamentari si punisce la casta, mentre, al contrario,
si puniscono i cittadini che vedranno diminuita la possibilità di eleggere un
“proprio” rappresentante, si darà un potere sempre maggiore a chi non ne risponde
direttamente agli elettori, proseguendo nella separazione tra cittadini e
rappresentanti.
Minando il
rapporto fra cittadini e parlamentari, si incide sulla rappresentanza, sia da
un punto di vista quantitativo che qualitativo, aumenta di conseguenza la
distanza fra rappresentato e rappresentante e viene ulteriormente sacrificato
il pluralismo, abbassando il grado di potenziale identificazione del
rappresentato con il rappresentante. Il taglio dei parlamentari sommato alle
norme elettorali in vigore apre una ferita nella capacità di rappresentare i
cittadini, i territori, le posizioni politiche esistenti nel paese, creando per
di più squilibri tra le aree territoriali a parità di popolazione.
Ciò è tanto
più grave alla luce della legge elettorale vigente caratterizzata da una forte
quota maggioritaria (3/8 dei seggi) con liste bloccate nel proporzionale e voto
obbligatoriamente congiunto tra candidato uninominale e lista collegata con
l’effetto di comprimere notevolmente la possibilità dell’elettore di scegliere
i propri rappresentanti. Il nostro Paese deve affrontare delle grandi sfide di
cambiamento per risollevarsi dal disastro provocato dalla pandemia, ma per
farlo bisogna sconfiggere l’attitudine della politica a vendere illusioni e a
creare falsi miti.
Per questo è
importante respingere la mutilazione della rappresentanza che ci viene proposta
con il taglio dei parlamentari oggetto del referendum.
La crisi
della rappresentanza politica non si può curare riducendo il numero dei
rappresentanti ma facendo sì che gli elettori possano tornare a scegliere
direttamente i propri rappresentanti di modo che il Parlamento ritorni ad
essere il motore della democrazia.
Nel breve
tempo che ci separa dalla celebrazione del referendum, grande è la
responsabilità dei mezzi di comunicazione che hanno il dovere civico di
attivare un dibattito pubblico trasparente che fornisca ai cittadini le
informazioni essenziali per far sì che il voto sia frutto di una scelta libera
e consapevole.
Mobilitiamoci
tutti per respingere questo ulteriore sfregio alla nostra democrazia
costituzionale.
***Pietro Adami, Adista, Francesco
Baicchi, Mons. Luigi Bettazzi, Sandra Bonsanti, Mauro Beschi, Maria Agostina
Cabiddu, Antonio Caputo, don Luigi Ciotti, Elettra Deiana, don Pierluigi Di
Piazza, Anna Falcone, Carlo Di Marco, Domenico Gallo, Alfiero Grandi, Alfonso
Gianni, Raniero La Valle, Silvia Manderino, Tomaso Montanari, Francesco
Pallante, Livio Pepino, Antonio Pileggi, Franco Russo, Giovanni Russo Spena,
Giuseppe Salmè, Antonia Sani, don Alessandro Santoro, padre Alberto Simoni,
Armando Spataro, Nadia Urbinati, Massimo Villone, padre Alex Zanotelli, Rina
Zardetto ed altri…..
Per adesioni
inviare una mail a adesione.nograndemenzogna@gmail.com
Referendum
sulla riduzione dei parlamentari:
l'ANPI
è per il NO
Il testo del documento
del Comitato nazionale ANPI che illustra le ragioni della scelta. "Una
legge improvvisata e opportunistica. L'ANPI non aderirà ai Comitati del NO e
realizzerà iniziative in autonomia"
La legge che verrà
sottoposta al voto, col referendum del 29 marzo, non corrisponde, in realtà, ad
alcuna necessità concreta e rappresenta semplicemente una manifestazione di
quella antipolitica che si fa circolare nel Paese creando un grave discredito
verso le istituzioni fondamentali della Repubblica. Questa riduzione del numero
dei parlamentari - frutto di improvvisazione e opportunismo - non corrisponde
ad alcuna esigenza reale, anzi investe negativamente il tema della
rappresentanza, incidendo sulla stessa struttura istituzionale delineata
nell'art. 1 della Costituzione, ponendo seri problemi per una composizione del
Parlamento che sia veramente rappresentativa di tutte le esigenze e di tutte le
realtà del Paese, e mettendo, insomma, a repentaglio, la funzionalità e la
centralità del Parlamento stesso. Questa diminuzione del numero di parlamentari
renderà precario e macchinoso il funzionamento delle Commissioni e degli altri
organi delle Camere. Per di più occorrerà riscrivere immediatamente la legge
elettorale al fine di garantire in Parlamento la presenza, a rischio con tale
riforma, di tante forze politiche, e rivedere i criteri di partecipazione alla
elezione del Presidente della Repubblica da parte dei grandi elettori delle
Regioni. La stessa riduzione di spesa è ridicola, posta a fronte di tante altre
spese che le istituzioni sopportano inutilmente e che da anni vengono segnalate
con diversi progetti da esperti, le cui indicazioni non vengono mai raccolte.
Insomma, una legge - quella sottoposta a referendum - che non riduce le spese
se non in modo “simbolico” ed incide negativamente su un esercizio della
sovranità popolare che sia davvero fondato sulla rappresentanza. Il giudizio,
dunque, non può che essere assolutamente negativo sotto ogni profilo. Anche, e
soprattutto perché peggiorerebbero i problemi reali delle istituzioni e in
particolare del Parlamento, che dovrebbe essere organo centrale di tutta
l'attività politica e istituzionale ed invece, di fatto, è esposto da anni ad
una sostanziale emarginazione. Ciò che occorre, semmai, è ricondurre il
Parlamento a quel ruolo centrale per le istituzioni e la politica che la
Costituzione gli assegna, come luogo di confronto e di elaborazione, anziché
ricorrere - come accade continuamente - all'abuso dei decreti legge e del voto
di fiducia. La politica deve tornare ad essere quella pensata dall'art. 49
della Costituzione, che assegna ai partiti il compito di “concorrere con metodo
democratico a determinare la politica nazionale”. Un concorso che si realizza
solo se avviene in Parlamento, attraverso la progettazione e l'elaborazione
delle misure occorrenti per rafforzare la democrazia, non solo nelle sue forme
esteriori, ma anche e soprattutto nei suoi contenuti. Per tutte queste ragioni,
l'ANPI dà il NO come indicazione di voto e ritiene nel contempo che non basti
l'espressione di un voto negativo, ma occorra promuovere nel Paese un'ampia
riflessione sul ruolo del Parlamento e della politica, in stretta aderenza ai
princìpi costituzionali. Realizzerà, dunque, in piena autonomia e senza aderire
ad alcun Comitato esterno, iniziative culturali e politiche.
IL COMITATO NAZIONALE
ANPI
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