SALUTE E REDDITO PER TUTTE/I, NO ALLO
STRAPOTERE DI CONFINDUSTRIA. DIAMO VOCE A CHI NON HA VOCE
Documento conclusivo del Comitato
Politico Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, 16/17 maggio 2020.
Il decreto
c.d. Rilancio e lo scontro politico che lo ha preceduto confermano il quadro
analitico e le preoccupazioni che il nostro partito ha espresso nei documenti
(Prima la salute non il profitto e Fase 2) e negli ordini del giorno approvati
nelle scorse settimane dalla Direzione Nazionale che il Comitato Politico
Nazionale fa propri con la piattaforma delineata di proposte per affrontare la
crisi. Questo quadro di proposte e analisi è arricchito dalla piattaforma
programmatica elaborata dal Partito della Sinistra Europea.
La decisione
da parte del governo di avviare la cosiddetta fase 2 nonostante il contagio sia
ancora in atto – come d’altronde in altri paesi – è assai indicativa
dell’egemonia capitalistica sulle nostre società e in particolare sulla politica.
Nessuna
emergenza di per sé induce automaticamente cambiamenti positivi senza conflitto
sociale e lotta politica adeguata. La pandemia, l’impreparazione con cui è
stata affrontata e la stessa gestione di questa emergenza sanitaria
rappresentano una chiara prova del fallimento del modello economico e sociale
neoliberista.
Le politiche
di austerità, con i tagli e la privatizzazione della sanità e lo strapotere del
padronato che ha impedito una chiusura efficace delle attività non essenziali,
hanno prodotto una strage evitabile.
La realtà
drammatica che si è determinata apre uno spazio ed evidenzia la necessità di
una sinistra anticapitalista ed antiliberista che porti avanti un’offensiva
sociale e culturale, contrastando l’egemonia del “pensiero unico” e di un
capitalismo predatorio e socialmente irresponsabile.
La crisi
provocata dalla pandemia costringe i governi di tutto il mondo ad un aumento
fortissimo della spesa pubblica, ma questa non costituisce di per sé un reale
cambiamento delle coordinate di fondo delle politiche dominanti da un
trentennio.
Le
dichiarazioni di Mario Draghi dimostrano che in una fase come questa è
interesse in primo luogo del capitale che gli stati si facciano carico di un
gigantesco intervento pubblico per salvare l’economia.
Ma non basta
l’aumento della spesa pubblica se non cambiano gli indirizzi di fondo.
Il decreto
Rilancio, come le precedenti misure assunte dal governo, appare inadeguato ed
evidentemente condizionato dalla subalternità dell’intero quadro politico a Confindustria.
Trionfa
ancora una volta la riproposizione della centralità della grande impresa, verso
la quale si ritiene dovuto un “assistenzialismo” senza condizionalità che
invece si nega ai soggetti più deboli ed indigenti.
Il segno
evidente più forte è nella sfrontata decisione di estendere a tutte le aziende
– anche quelle che non sono state colpite dalla crisi – il taglio dell’Irap
mentre si nega l’estensione del reddito di cittadinanza a chi ne ha bisogno, si
stanziano cifre irrisorie per l’emergenza affitti e si giunge a far sparire nel nulla il “premio” di mille
euro che per settimane era stato annunciato per gli operatori sanitari (una
discutibile monetizzazione di un rischio che non avrebbe cancellato le
responsabilità di aver lasciato infermieri e medici senza DPI nella prima fase
della pandemia).
La notizia
che una multinazionale come FCA, che ha spostato la sede legale all’estero per
eludere il fisco in Italia, chiede che lo Stato faccia da garante presso le
banche evidenzia quanto fossero fondate le nostre critiche ai provvedimenti
assunti dal governo e anche dall’UE.
Al segno
impresso sul decreto si aggiunge la vittoria da parte del fronte padronale sul
piano dell’accelerazione della riapertura pur in assenza di misure adeguate per
la prevenzione del contagio e la tutela della salute di lavoratrici e
lavoratori.
Invece di
favorire grandi imprese – che distribuiscono dividendi a manager e azionisti
mentre chiedono a Stato e banche di finanziare investimenti – bisogna sostenere soprattutto piccole e medie
imprese e lavoratori autonomi.
Il sostegno
finanziario per le grandi imprese dovrebbe essere condizionato alla
salvaguardia dei posti di lavoro, alla stabilizzazione del precariato, ad una
ridefinizione della produzione con obiettivi determinati dal pubblico, alla
riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
Va
rilanciato il ruolo del pubblico in tutti i settori: sistema creditizio,
produzioni strategiche, ricerca e servizi.
Abbiamo
bisogno di un modello economico incentrato sul benessere pubblico e non
sull’immenso accumulo di capitali da parte di pochi.
Invece di
finanziamenti a pioggia ci sarebbe bisogno di un piano di riconversione
ambientale e sociale per l’economia che garantisse una piena e buona
occupazione e proteggesse i diritti di tutte/i, a cominciare dalla parità di
genere.
Il profitto
capitalistico, nelle vesti più neutrali e naturalizzate della necessità
economica del paese, è risultato più forte del rispetto del diritto alla salute
sancito dalla Costituzione.
Per questo
denunciamo con forza e indignazione l’irresponsabilità di chi, dopo la strage
causata dalla subalternità agli industriali, continua su una strada che può
risultare assai pericolosa in termini di vite umane.
La stessa “regolarizzazione” dei
migranti è stata pensata a partire del punto di vista delle imprese, decidendo di regolarizzare
temporaneamente una parte minimale delle braccia – operanti solo in alcune
categorie ad alto sfruttamento - e non
le persone, di negare l’accesso a tutte/i al servizio sanitario nazionale e di
mantenere i/le migranti sotto il ricatto del permesso di soggiorno legato ad un
contratto di lavoro.
Il fatto che
il governo raccoglie consenso nel paese perché dà l’impressione di un impegno
serio non implica una rinuncia al dovere della critica.
L’opinione
pubblica democratica e di sinistra tende a stringersi intorno ad un governo
centrista; permane anche se appannata la forza di una destra razzista e
xenofoba e si sentono drammaticamente le conseguenze dell’assenza di una
sinistra autonoma in parlamento, in gran parte delle istituzioni locali e nei
media.
Siamo
convinti che arroccarsi in difesa del “meno peggio”, come propongono settori
della sinistra, dei movimenti e dell’intellettualità produca passivizzazione e
non contribuisca neanche a contrastare la forza della destra e la sua
narrazione che trova continuo alimento nel crescere del malcontento sociale.
Basti solo
pensare al sud dove la situazione economica e sociale era drammatica con tassi
di disoccupazione altissimi già prima del Covid-19 ed ora si corre il rischio
concreto che il “welfare mafioso” si faccia spazio senza l’introduzione di un
reddito per tutte/i.
La logica
dell’ingoiare il rospo è stata da sempre funzionale poi all’affermarsi delle
peggiori destre.
Proprio la
drammaticità della crisi sanitaria, sociale e economica impone che si
costruisca un’opposizione sociale e politica a partire da campagne e contenuti
programmatici concreti.
C’è bisogno
di una risposta da parte di una sinistra autonoma dal governo anche per
difendere la democrazia e il livello di civiltà del confronto nel nostro paese.
La debolezza
nostra e di tutta la sinistra anticapitalista ed antiliberista impone la
necessità di un salto di qualità.
Non possiamo
lasciare l’opposizione alla destra e ad un padronato che pratica con grande
determinazione il conflitto e il proprio punto di vista di classe dominante.
Si sta
preparando uno scenario in cui il costo della crisi ricadrà sulle classi
popolari, sul lavoro dipendente ed autonomo, sulle piccole imprese.
Per affrontare la crisi bisogna fare
il contrario di quel che propone Confindustria e lavorare per il cambiamento
attraverso la costruzione di un movimento politico e sociale per l’alternativa.
Nella fase 2
è fondamentale costruire le condizioni – con le proposte e con adeguate forme
di mobilitazione – per far emergere un punto di vista di sinistra,
anticapitalista ed antiliberista, ambientalista e femminista, costituzionale e
democratico.
Alla
prepotenza di Confindustria va contrapposta una mobilitazione e una piattaforma
che metta al centro i diritti delle classi lavoratrici e della maggioranza
sociale del paese.
La critica
del modello sociale neoliberista può diventare di massa se partiamo dalla
concretezza dei problemi e delle proposte.
L’impegno
incondizionato per la pace e il disarmo è uno degli elementi essenziali della
politica di sinistra.
Senza pace, non c’è futuro per
l’umanità.
La crisi del
Covid19 ha esplicitato un ulteriore salto del clima da “guerra fredda” promosso
dagli USA, che superano ogni record di spese militari, e che la Nato impone
anche al nostro paese.
La lotta per
il disarmo e il taglio delle spese militari oggi può incontrare consenso di
massa e va portata avanti insieme a quella per il multilateralismo e la
cooperazione tra i popoli.
Per questo
l’impegno di questi mesi del nostro partito in termini di inchiesta, denuncia,
elaborazione, informazione, relazione e pratiche di lotta e mutualistiche va
proseguito e approfondito.
Va
proseguita anche a livello europeo – con i partiti del Gue/NGL e della Sinistra Europea – la costruzione di una risposta
alle scelte della Commissione e della governance neoliberista che ha visto
nella piattaforma condivisa dalla SE un primo risultato positivo.
Il rilancio
dell’iniziativa del partito – incluso il
lavoro organizzativo dal tesseramento alla campagna per il 2×1000 (codice L19)
– non ha un orizzonte autoreferenziale ma va visto come contributo alla
costruzione di uno schieramento popolare di lotta, cambiamento e alternativa.
In questi
mesi abbiamo dimostrato concretamente – segnalando le autentiche priorità
sanitarie e sociali – l’utilità di un partito comunista che non rinuncia al
punto di vista critico e di classe pur cosciente della propria inadeguatezza e
della necessità di determinare un salto di qualità e un progetto che riunifichi
tutte le sinistre di alternativa.
Il lavoro di
Rifondazione Comunista in questi mesi è servito a far emergere quello che stava
accadendo realmente nella società, dai luoghi di lavoro alle case di riposo.
Rifondazione
Comunista è uno strumento di autodifesa delle classi popolari ed una risorsa a
disposizione di chi a sinistra non si rassegna e non ha smesso di indignarsi.
La stessa campagna per il 2×1000 dobbiamo perseguirla con questo approccio,
quando chiediamo di scegliere la “sinistra di classe” intendiamo dire
innanzitutto che Rifondazione Comunista è uno strumento per dare voce ai senza
voce a partire dalle classi lavoratrici.
Se si rafforza Rifondazione Comunista
si rafforza la sinistra.
Anche nelle
elezioni amministrative e regionali dobbiamo lavorare a liste e/o coalizioni di
alternativa ai poli politici esistenti, con grande impegno unitario verso la
sinistra sociale e politica, i movimenti e l’associazionismo.
Il Comitato
Politico Nazionale impegna tutto il partito al massimo sforzo nelle campagne
per il tesseramento e per l’ampliamento dei sostegni attraverso il 2×1000, per
una sottoscrizione straordinaria, rivolta anche a simpatizzanti, atta a
potenziare le attività del nostro partito.
Il Comitato
Politico nazionale impegna il partito nella prosecuzione e nel rilancio delle
campagne avviate e indicate dalla Direzione:
A - campagna
per un reddito di quarantena per tutte/i e per l’estensione del reddito di
cittadinanza promossa da Bin Italia;
B - petizione
“usare i soldi della Bce” e opposizione al MES; la Banca centrale europea
dovrebbe garantire le enormi risorse necessarie per affrontare l’emergenza
sociale, economica e sanitaria ed il meccanismo europeo di stabilità dovrebbe
essere abolito;
C - rilancio
sanità pubblica, a partire dagli investimenti in strutture, strumentazioni e
dispositivi di protezione, collocando le produzioni in mani pubbliche, e da un
piano di assunzioni di personale stabile, partendo dalla stabilizzazione di
quelli arruolati in questi mesi, per arrivare ad avere organici di livello
“europeo”, con la fine del numero chiuso nelle facoltà di medicina;
D - giustizia
fiscale: campagna per patrimoniale e tassazione progressiva, fine dei paradisi
fiscali all’interno e all’esterno dell’UE, tassa su GAFAM (Google, Apple,
Facebook, Amazon, Microsoft) e NATU (Netflix, Airbnb, Tesla, Uber), niente
aiuti alle imprese che hanno sede legale all’estero;
E - vigilanza
dal basso a difesa della salute e della sicurezza nei trasporti e sui luoghi di
lavoro;
F - no allo
scippo delle risorse per il sud, superamento del patto di stabilità e risorse
per i comuni;
G - campagna
contro il regionalismo differenziato, sostegno e promozione dei “comitati
contro ogni forma di autonomia differenziata“, commissariamento sanità regione
Lombardia;
H - piattaforma
sociale (piano per il lavoro per riconversione ecologica e welfare, salario
minimo orario, riduzione orario di lavoro a parità di salario, lotta a
precarietà ed esternalizzazioni);
I - regolarizzazione
delle/dei migranti, a partire dal sostegno allo sciopero del 21 maggio e delle
mobilitazioni che seguiranno, proponendo un provvedimento generalizzato che
garantisca almeno un anno di soggiorno per ricerca occupazione, l’iscrizione
anagrafica e quella al SSN;
L - risorse
per la scuola pubblica statale, riduzione drastica alunne/i per classe,
adeguamento e messa a norma spazi, copertura posti di lavoro docenti e ATA;
M - taglio
drastico alle spese militari e stop alle grandi opere inutili, a partire dal
Tav in Val di Susa;
N - finanziamento
adeguato del fondo per contributo all’affitto, blocco degli sfratti per morosità incolpevole fino a
giugno 2021, piano straordinario casa con recupero del patrimonio pubblico
dismesso e inutilizzato compatibile con la residenza e sua assegnazione
all’edilizia popolare;
O - campagna
per la riduzione della detenzione carceraria nell’esecuzione penale, per la
umanizzazione delle pene, contro l’espansione continua delle incriminazioni
penali e contro il processo penale da remoto;
P - solidarietà
con i popoli curdo e palestinese, con Cuba e Venezuela contro il blocco e le
aggressioni USA e denuncia del ruolo della Nato.
Il Comitato
Politico Nazionale impegna segreteria, direzione e dipartimenti a proseguire
nel costruire – a partire dai contenuti – momenti di confronto e convergenza,
campagne, iniziative e scadenze di mobilitazione unitaria con soggettività
politiche, sociali, sindacali, culturali, associative.
Se con la Fase 2 si torna a lavorare
si deve poter tornare a esercitare i diritti democratici sanciti dalla
Costituzione.
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