Una sparata post-elettorale, ma
pericolosa. Chiudere i porti?.
Una
manovra disperata e diversiva. Tutti sanno che l’Italia non otterrà granché
dall'Europa, salvo la solidarietà verbale di Juncker e Merkel
La chiusura
dei porti alle navi delle Ong straniere, ventilata dal governo, è una bolla
d’aria, una sparata, ma è anche una minaccia grave e politicamente pericolosa.
Mi spiego. La Convenzione internazionale sul salvataggio in mare (1979,
sottoscritta dall’Italia) «obbliga gli stati ad assicurare assistenza a
chiunque in situazione di pericolo in mare, senza riguardo alla nazionalità e
allo status delle persone… e a trasportarle in un luogo in cui sia assicurata
la loro incolumità» (place of safety). Se l’Italia non consentisse
l’attracco delle navi straniere si renderebbe responsabile sia della violazione
del trattato in questione, sia di discriminazione verso le navi straniere,
nonché di una grave lesione dei diritti umani. E anche delle eventuali vittime provocate
dal blocco.
D’altronde,
si sa che Malta (430.000 abitanti) non vuole più migranti, e nemmeno la
Tunisia, che ha un sesto degli abitanti dell’Italia. E quindi che potrebbero
fare le navi delle Ong? Andare in Grecia o magari riportare i migranti in
Libia, con il rischio di farsi sparare dalla guardia costiera libica,
addestrata e armata dall’Italia? Nulla di tutto ciò, ovviamente. L’on Di Maio,
che ha proposto tra i primi la chiusura dei porti non è tenuto a conoscere la
legge internazionale – d’altronde è lo stesso che pensava che Pinochet fosse
venezuelano. Ma Gentiloni e Minniti, o i loro consiglieri, devono avere un’idea
del diritto internazionale, e quindi perché hanno tirato fuori la minaccia?
La
spiegazione a me sembra esclusivamente politica, anzi post-elettorale,
esattamente come le grida di Salvini e i gridolini di Di Maio. Il Pd ha preso
una batosta alle amministrative e ora cerca di rifarsi un’immagine di durezza
per contrastare la destra e il M5S che cavalcano le paranoie anti-migranti, anti-islamici
e anti-tutto. Ma c’è di più e di peggio, ed è il rapporto tra Italia ed Europa.
L’ascesa di
Trump e le sue intemperanze hanno per un po’ cementato l’immagine che l’Europa
vuol dare di se stessa. Ma già si avvertono le prime crepe (come la convergenza
Macron-Trump sulla Siria). E poi, il salvataggio delle banche venete ha
risvegliato i mastini tedeschi della finanza. Il debito pubblico italiano non
si schioda. E l’Italia, con l’asse Macron-Merkel, è tornata a contare in Europa
esattamente come prima, cioè come il due di picche. Lo dimostra l’assoluta
indifferenza dei paesi dell’est europeo davanti alla minaccia di una procedura
d’infrazione per il rifiuto di accogliere i migranti. Non solo: il governo è
debole, sempre sull’orlo della crisi, il Pd è in difficoltà, la legge
elettorale di là da venire e il futuro politico confuso come non mai.
Ecco allora
la minaccia di chiusura dei porti che sta esattamente a metà tra la
disperazione e una manovra diversiva. Tutti sanno che l’Italia non otterrà alcunché,
salvo la solidarietà verbale di Juncker e Merkel, che non costa nulla. E già
Macron ha dichiarato che non vuole nuovi migranti. Al limite, l’Italia metterà
sul piatto dei suoi difficili rapporti con i potenti vicini i costi
dell’accoglienza. Ma c’è da dubitare che i padroni d’Europa si si faranno
commuovere davvero (dopotutto la sola Germania ha accolto un milione di persone
dal 2015).
Ma c’è
un’altra verità, la più sgradevole per il governo. Minniti aveva negoziato con
l’inesistente governo Serraj e i vari capobanda libici il controllo dei
migranti, per affidarli alle loro mani notoriamente caritatevoli. Con ciò non
solo ha legittimato i libici, accusati da ogni parte di violare i diritti degli
stranieri, ma si è consegnato nelle mani di gente che non ha alcun interesse a
bloccare i flussi, per non perdere il pingue contributo – in denaro e armi –
del governo italiano. Un ministro risoluto ed efficiente, davvero.
In tutta
questa vicenda le vere vittime sono i migranti, vessati dagli sbirri di mezza
Africa, a rischio di morte in mare e additati all’odio degli italiani da
Salvini, Grillo e compagnia. Avere la capacità di discutere con l’Europa un
piano di accoglienza e integrazione dei migranti, questa sì sarebbe una prova
di lungimiranza. Ma è inutile aspettarsela da un governo così.
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