11 febbraio
a Milano in piazza col popolo curdo contro tutti i fascismi
di Stefano Galieni*
Mancano
ormai pochissimi giorni alla manifestazione nazionale per la libertà del
Presidente Ocalan e di tutti i detenuti e le detenute politici, indetta da UIKI
(Ufficio Informazione Kurdistan in Italia) e Rete Kurdistan. Il corteo che si
terrà a Milano, l’11 febbraio, per permettere anche la partecipazione della
comunità curda presente nel vicino Canton Ticino, nasce per supportare la
manifestazione internazionale, con le stesse parole d’ordine che si terrà nelle
stesse ore a Strasburgo. Il corteo partirà alle ore 14 da Porta Venezia
/Palestro e alla fine, oltre l’avvocato di Ocalan parleranno esponenti della
comunità curda in Italia e in Turchia. Per le ulteriori informazioni di tipo
logistico, la cosa migliore da fare è cercare (per trovare uno dei tanti pullman
che parte alla volta del capoluogo lombardo, sul sito della Rete Kurdistan
nazionale o sui nodi locali. Altra opzione quella del sito dell’UIKI, ricco di
materiale informativo.
La scelta
della data ha un alto valore simbolico. In quei giorni, nel 1999, dopo un breve
periodo trascorso in Italia, nella speranza di ottenere in Europa asilo
politico e protezione dal regime turco, il Presidente del Partito dei
Lavoratori Kurdi (PKK) veniva convinto, per evitare frizioni diplomatiche ad
andare in Kenia ma all’aeroporto di Nairobi venne sequestrato dai servizi
segreti turchi e portato direttamente nell’isola carcere di Imrali, dove è
ancora detenuto. Al governo in Italia c’era allora Massimo D’Alema
Una vicenda
a cui l’Italia e soprattutto la sinistra di questo paese, non deve voltare le
spalle. All’epoca le modalità per la concessione del diritto d’asilo (non
esistevano le commissioni territoriali) erano ad appannaggio del lento
procedere dei magistrati. Ocalan non poteva essere rimandato in un paese dove vigeva
la pena di morte (che l’attuale dittatore/presidente Erdogan, vorrebbe
ripristinare), nessun paese europeo accettò di ospitare un “rifugiato così
scomodo” e Abdullah Ocalan ne pagò le conseguenze peggiori. Eppure nel
frattempo si era cementato nel nostro paese un legame stretto, politico ma
anche affettivo con la lotta del popolo curdo. Quando Ocalan era in Italia,
nell’ospedale militare del Celio, la piazza antistante divenne “Piazza
Kurdistan” piena giorno e notte tanto di rappresentanti della comunità venuti
da tutta Europa quanto da italiani che ne avevano compreso appieno la causa.
Diciotto anni dopo molte cose sono cambiate e in gran parte in peggio. La
Turchia di questi mesi è un carcere a cielo aperto con oltre 3 milioni e mezzo
di rifugiati dalla Siria, con un partito di governo AKP e un presidente Erdogan
che, dopo il fallito colpo di Stato del luglio scorso, pretende di divenire un
sultano del ventunesimo secolo, con la crescita esponenziale dei prigionieri
politici e gli attacchi perpetui soprattutto verso i villaggi a maggioranza
curda. Il contesto geo politico è quanto mai sfavorevole, con Russia e Usa che
ormai banchettano sulla spartizione della Siria e dell Iraq e per cui il
destino dei curdi divisi nei tre Stati è solo un effetto collaterale.
Molti di noi
hanno avuto il privilegio di conoscere intanto una evoluzione politica della
lotta curda, dalla ricerca dell’indipendenza e di uno Stato curdo si è passati
ad un progetto che farebbe saltare, se riuscisse a vincere, il disordine
precostituito nell’area. L’idea, nata in carcere dal lavoro intellettuale di
Ocalan ma poi cresciuto nella pratica comunitaria, tanto nel Kurdistan turco
che in quello siriano, di cui certamente è emblema la lotta nei cantoni del
Rojava, sta divenendo un esempio di come sia sempre più necessario guardare
oltre i propri confini per cercare esperienze di lotta rivoluzionaria in grado
di sovvertire il mondo e di far diventare pratica quotidiana il socialismo, la
democrazia partecipata, il superamento del patriarcato.
Per questo e
per mille altre ragioni che attendono alla nostra visione di società futura
sarà necessario essere in tante e tanti a Milano, come militanti di
Rifondazione Comunista, con le nostre bandiere e dietro al nostro striscione.
Gli organizzatori ci hanno, non appena si stava determinando la mobilitazione,
coinvolto e considerato compagni di lotta e saranno molte e molti coloro che
partiranno, anche da molte città lontane per partecipare. Chi non potrà per le
mille difficoltà anche economiche e logistiche, si è però già mosso per far
vivere questa manifestazione. Sono tante, da Bergamo a Torino a Firenze, Roma,
Grosseto, Bologna e chissà quante ce ne sfuggono, ad avere organizzato in
questi giorni, peraltro di fermento politico forte, iniziative di dibattito e
di discussione. Soprattutto di informazione rispetto ad un conflitto che viene
rimosso La sera che precede il corteo, sempre a Milano, presso la CAM Gabelle,
in Via San Marco 45, Il Prc, ha organizzato un incontro di carattere nazionale,
per poter discutere con chi in prima linea si va esponendo. Lo farà partendo da
tre punti di vista complementari: quello di Faysal Sariyldiz, deputato HDP,
quello dell’avvocata Barbara Spinelli che da anni difende gli oppositori kurdi
e che recentemente è stata cacciata dalla Turchia per la sua attività non
gradita al regime e quello del segretario nazionale del Prc Paolo Ferrero.
Organizziamo
questo incontro per aprire un dibattito che non si conclude certo con il corteo
nazionale ma che intende mantenere il profilo del nostro partito sui temi della
solidarietà internazionalista come sulla necessità di apprendere dalle lotte di
liberazione. L’iniziativa si svolge in collaborazione con la Rete Kurdistan di
cui Rifondazione Comunista si considera parte attiva e integrante. dall’informazione mainstream non casualmente.
L’UE ha infatti, nel marzo scorso, approvato un accordo con la Turchia, soldi,
tanti soldi, 6 mld di euro in cambio della chiusura di ogni via di accesso per
i richiedenti asilo verso l’Europa. Faranno loro il lavoro sporco, così come lo
si sta richiedendo oggi alla Libia e ai paesi dell’africa Sub Sahariana, grazie
al quale dovremmo poter vedere meno profughi giungere sulle nostre coste. A
quale prezzo di vite umane e di perdita di futuro del continente è lasciato ai
posteri immaginarlo.
E nella più
assoluta, ipocrita complicità, i governanti dei paesi europei, non si sono
neanche agitati troppo quando, sono stati arrestati almeno 15 rappresentanti
nazionali dell’HDP (il Partito Democratico del Popolo) riuscito nonostante
ritorsioni e continue intimidazioni ad eleggere uomini e donne in parlamento.
Oggi questi parlamentari sono in carcere. Il loro è un partito laico di curdi e
turchi che si pone come strumento di battaglia politica, sono stati ripagati con
richieste assurde di condanne per terrorismo, soltanto per aver espresso la
propria opinione. E insieme a loro sono finiti a migliaia: dirigenti locali del
partito, amministratori, giornalisti, intellettuali, magistrati indipendenti,
avvocati, sindacalisti, tutti coloro che insomma possono voler ostacolare il
regime, un regime che va sempre più convergendo verso l’islamizazione della
società e un nazionalismo estremo parafascista in un grande paese ormai
divenuto dominante, ( è anche membro della NATO), anche se dai piedi di
argilla, in quella vasta area di mondo che unisce Asia ed Europa. Essere in
piazza sabato significa affermare, rispetto alla misera complicità dei governi
UE, da che parte si sta, dei popoli o dei padroni?
*Responsabile
Pace e Immigrazione Prc-S.E.
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