Jobs Act: un
salto indietro di cinquant'anni. Intervista a Piergiovanni Alleva
Intervista a
Piergiovanni Alleva di Vindice Lecis
Piergiovanni
Alleva è uno dei più importanti giuslavoristi italiani. Ha insegnato diritto
del lavoro nelle università di Bologna e Ancona. Coniuga la scienza giuridica
con la passione politica e l'impegno civile. È stato infatti responsabile della
consulta giuridica della Cgil mentre ora è consigliere regionale dell'Altra
Emilia Romagna e autorevole membro della segreteria nazionale del Partito
comunista italiano. Con lui fuoripagina.it ha discusso del provvedimento del
governo Renzi più propagandato e contrastato, e allo stesso più fallimentare
nei risultati: il cosiddetto Jobs act. Venerdì scorso, celebrando i suoi mille
giorni di governo, Renzi ha dichiarato che "il jobs act è la legge che ha
inciso in maniera più forte sulla realtà".
"Mi
verrebbe da dire, con amarezza che è vero. Si tratta infatti della peggior
legge varata nel dopoguerra e tale da provocare un salto indietro di
cinquant'anni".
Non si
tratta solo di dati occupazionali deludenti quindi...
" Il
Jobs Act consiste in una sistematica distruzione dei diritti che assicuravano
dignità ai lavoratori italiani. Con la pratica abolizione dell'articolo 18
dello Statuto, i lavoratori sono ormai privi di difesa contro ogni tipo di
sopraffazione. Lo possiamo valutare meglio ora con gli otto decreti attuativi
in funzione: si tratta di un'operazione reazionaria molto articolata. Un
attacco scientifico della finanza speculativa".
Per ottenere
quale risultato?
"Ma è
evidente. L'abbassamento del costo del lavoro e la spoliazione dei diritti
finalizzati all'umiliazione dei lavoratori".
Governo e
padronato dicevano: meno diritti e più occupazione.
"Meno
diritti e anche meno lavoro e di minor qualità. Il risultato è un fallimento.
Spiego perché. Per sostenere questa infondata tesi il governo Renzi ha pensato
di ricorrere ad un costosissimo trucco che gli avrebbe consentito poi di
propagandare dei risultati. Dunque si trattava di dotare i nuovi contratti di
lavoro a tempo indeterminato, privi però della garanzia dell'art. 18, di un
incentivo economico davvero poderoso, drogando in qusto modo le assunzioni nel
periodo subito successivo al Jobs Act, nell'anno 2015".
Renzi
annuncia successi nelle assunzioni a tempo indeterminato.
"Contratti
instabili, senza tutele, che possono essere sciolti con un avviso e un
risarcimento. Da qui i licenziamenti cresciuti. Operazione direi criminale per
avere un risultato drogato e limitato nel tempo, con contratti privi di
articolo 18".
Operazione
costosissima...
"Ottomila
euro l'anno per tre anni vuol dire 24 mila euro di decontribuzione a contratto.
Si chiama furto di denaro pubblico. Solo che, prima, gli ispettorati Inps
vigilavano e controllavano. Ora hanno smesso di farlo. Praticamente abbiamo
regalato 10 miliardi agli evasori. Ecco perché sono cresciuti i contratti senza
articolo 18."
Assunzioni
col trucco?
"Vede,
l'unica condizione era che il lavoratore da assumere non avesse già avuto un
contratto di lavoro a tempo indeterminato negli ultimi sei mesi precedenti,
perché altrimenti tutti sarebbero ricorsi a licenziamenti, immediatamente
seguiti dalle assunzioni con l'incentivo. La decontribuzione veniva invece
concessa se il lavoratore avesse prima lavorato con contratto precario perché
queste trasformazioni sarebbero state utilizzate dalla propaganda e diventare
il fiore all'occhiello del governo Renzi come grande protagonista della lotta
al precariato".
E i
contratti infatti ora diminuiscono.
"Nel
corso del 2015 si sono registrati 1,4 milioni di nuovi rapporti a tempo
indeterminato incentivati ma, con quasi 500.000 trasformazioni di contratti a
termine e quasi 100.00 di contratti di apprendistato, oltre alle trasformazioni
di centinaia di migliaia di co.co.pro. figura giuridica abrogata dal gennaio di
quest'anno. Ma c'è dell'altro."
Ci
racconti...
"Nel
2016, la decontribuzione è stata ridotta per i contratti di quest'ultimo anno
da 8.060 a 3.250 e la sua durata decurtata da 36 a 24 mesi. Allora l'imbroglio
è stato svelato. L'Inps infatti, nei primi quattro mesi del 2016 ha accertato
una diminuzione del 78% dei contratti a tempo indeterminato, sostituiti da
contratti precari e a termine e addirittura vouchers, forma di mercificazione
inaudita del lavoro umano".
Possiamo
parlare di bluff. Ma che meccanismo si nasconde dietro?
"Un
bluff e anche un reato. Le diverse centinaia di migliaia di trasformazioni dei
contratti precari nascondevano una circostanza: erano quasi sempre irregolari.
Mancava una causale precisa o l'insegnamento come nell'apprendistato o il
progetto, con la conseguenza che per legge quei rapporti dovevano essere
considerati già tutti a tempo indeterminato fin dal loro inizio. E dunque
l'Inps non poteva concedere la decontribuzione legata alla apparente
trasformazione nei nuovi contratti a tutele crescenti. La stessa legge 190/2014
vietava di concedere la decontribuzione ai lavoratori che già fossero in realtà
a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti".
Il jobs act
ha aperto anche la strada ai licenziamenti.
"E'
diventato un'arma di intimidazione individuale e collettiva. Posso citare un
esempio?
Certamente...
"In una
fabbrica i lavoratori dopo aver timbrato l'ingresso volevano indossare i
vestiti da lavoro necessari alle condizioni di sicurezza per quella fabbrica e
poi cominciare. Il padrone invece pretendeva che la vestizione fosse fatta
fuori orario. I lavoratori hanno protestato e il padrone ha licenziato subito
il primo di loro che si era rifiutato. Gli altri sono stati così intimiditi. Il
licenziato al massimo potrà avere 4 mensilità e che resti a casa. Queste sono
le propagandate tutele crescenti".
L'articolo
18 era dunque l'ostacolo da rimuovere, l'architrave da spezzare.
"Una
straordinaria norma anti ricatto che consentiva il godimento di altri diritti.
Era un diritto architrave, appunto. Oggi abbiamo lavoratori sotto il regime
Fornero e altri con il contratto a tutele crescenti. Un balzo enorme indietro,
un peggioramento enorme della disciplina del lavoro".
Il mondo del
lavoro vive questa trasformazione negativa quasi con rassegnazione.
"Certamente
i lavoratori hanno subìto un insulto ma si possono riprendere tutele e diritti.
Con i referendum della Cgil. Che se passassero cancellerebbero le tutele
crescenti, abolirebbero i voucher, reintroducendo i limiti di responsabilità
nella catena degli appalti. Dobbiamo sfruttrare questa occasione e farne un uso
positivo per eliminare l'inferno che si è creato in Italia: via articolo 18,
contratti a termine senza causale, licenziamenti e voucher. Peggio di
così!".
Come giudica
il sistema dei nuovi ammortizzatori?
"Sono
un netto peggioramento. Abolita l'indennità di mobilità, abolite molte causali
della cassa integrazione e ridotte le altre. Ora c'è il modello americano,
della fabbrica a fisarmonica: licenzio e assumo, lavoratori come stracci".
E la Naspi?
"La
tanto decantata Naspi è esattamente il contrario di ciò che deve essere la
sicurezza sociale. Basata come è sul presupposto assicurativo. Perché penalizza
chi ha lavorato poco. La Naspi è ridicola. Questo chiude il cerchio: abbiamo la
sottrazione di tutele nel posto di lavoro, non c'è cassa integrazione e
mobilità, la Naspi penalizza. Vogliono i lavoratori come cagnolini fedeli ai
datori di lavoro".
E poi c'è il
famigerato articolo 8 sulla contrattazione di prossimità sfascia contratti
collettivi...
"Deroga
da tutte le leggi di contrattazione. Retaggio del governo Berlusconi. In teoria
potremmo avere centomila diritti del lavoro diversi. Sostituisce con contratti
aziendali, chi riesce a farli, i contratti nazionali".
Fonte:
fuoripagina.it
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