DA PRCVIMO BUONE FESTE E BUON 2014! Crediamo nonostante le avversità che “Bisogna opporre al pessimismo dell’intelligenza l’ottimismo della volontà” (Gramsci.)“. Crediamo in fondo, che un’altro mondo migliore è possibile e non ci rassegnamo. Facciamo sacrifici in tempo ed energie, che spesso vengono sottratti agli affetti delle nostre famiglie, figli/e, compagni/e che sono altrettanto importanti nella vita di ognuno di noi. Vogliamo quindi augurare a tutti voi, alle vostre famiglie un sincero augurio di buone festività e un felice anno nuovo. PRC Vimo
martedì 24 dicembre 2013
I NOSTRI NON AUGURI
I NOSTRI NON AUGURI Da “il manifesto” di Alessandro Dal Lago 23.12.2013 Facciamo gli auguri di fine anno ai migranti che si sono cuciti la bocca a Ponte Galeria e a quelli che hanno iniziato lo sciopero della fame. Facciamoli a tutti gli stranieri che si preparano a passare le cosiddette feste al chiuso dei Cie, nella solitudine, nello squallore, nell’incertezza sul proprio destino chissà fino a quando. E facciamoli al deputato Khalid Chaouki il quale, chiudendosi nel centro di accoglienza di Lampedusa, terrà desta per un po’ l’attenzione dei media sulla vergogna della detenzione amministrativa dei migranti. Ma non li facciamo a tutti gli altri che collaborano con il silenzio, l’ipocrisia o l’indifferenza a mantenere quella vergogna. Primo dell’elenco, il partito di Chaouki, il Pd, che quei centri li ha inventati (con il nome di Cpt) grazie a Livia Turco e all’attuale presidente della Repubblica, e non si è mai sognato di chiuderli. E non parliamo degli attuali compagni di strada del Pd, a cominciare da Alfano, il cui partito approvò la Bossi-Fini nel 2002 e quindi è in tutto e per tutto corresponsabile delle norme più stupide e vessatorie, come i 18 mesi di detenzione nei Cie e il reato di immigrazione clandestina. Non ci sentiamo di fare nessun augurio nemmeno al governo, il quale, dopo lo scandalo delle docce anti-scabbia e le proteste di Ponte Galeria, pensa di abbreviare la detenzione nei Cie, ma solo per rendere le espulsioni più facili. Non li facciamo nemmeno a quei parlamentari 5 stelle che hanno cominciato timidamente a discutere dell’abolizione del reato di immigrazione clandestina, ma sono stati immediatamente zittiti da Grillo e Casaleggio, e hanno lasciato perdere, dando una notevole prova di coerenza, coraggio e indipendenza. Per non parlare del blog di Beppe Grillo, che ogni giorno strepita contro la casta e fa pubblicità ad automobili, assicurazioni e compravendite d’oro, ma sulla questione dei Cie tace rigorosamente, per non scontentare la parte forcaiola del proprio elettorato. Non abbiamo nulla da augurare nemmeno alle cooperative, magari aderenti alla Legacoop, che gestiscono Cda e Cie, e si giustificano con la scusa puerile che, se non lo fanno loro, lo farà qualcun altro. Che cosa non si fa per lucrare sui 50 euro giornalieri che lo stato spende per ogni internato! Meno che mai facciamo gli auguri a Cecilia Malmström, commissario Ue per la giustizia e gli affari interni, che oggi fa finta di indignarsi per Lampedusa ma pochi giorni fa ha siglato un accordo con la Turchia sui migranti irregolari che, in sostanza, prevede la libera circolazione dei cittadini turchi nei paesi dell’Unione in cambio della disponibilità di Ankara a riprendersi clandestini e immigrati. Insomma, i migranti come merce di scambio per il lento e fatale avvicinamento della Turchia all’Europa. La questione dei migranti, degli sbarchi e dei centri di internamento sparsi in tutta Europa e nei paesi satelliti di Asia e Africa, è la prova della falsità con cui la Ue affronta, nel complesso e paese per paese, la povertà estrema che la lambisce. Esclusivamente interessata a difendere il suo precario benessere, debole con i forti (la grande finanza, gli Usa che la spiano come e quando vogliono), l’Unione è implacabile con i deboli, a cui elargisce solo detenzioni e invisibilità, naturalmente ammantandole con il linguaggio dei diritti e della giustizia. E così, davanti a un’ingiustizia così abissale e rimossa da tutti, non auguriamo nulla nemmeno a quel bel coacervo di egoismi nazionali e transnazionali che va sotto il nome di Europa.
mercoledì 18 dicembre 2013
SINISTRA EUROPEA: «Tsipras è speranza per tutti i popoli che subiscono l’austerità»
SINISTRA EUROPEA: «Tsipras è speranza per tutti i popoli che subiscono l’austerità»
di Fabio Amato, responsabile Esteri PRC –
La decisione del congresso del partito della Sinistra europea di candidare Alexis Tsipras, leader di Syriza, a Presidente della commissione europea, rappresenta una speranza per tutti i popoli che soffrono e subiscono le folli ricette dell’austerità imposte dall’UE.
E’ la speranza di battere la grande coalizione delle banche, quella formata da conservatori, socialdemocratici e liberali europei, che ha fin qui costruito un’europa al servizio non dei bisogni dei suoi cittadini, dei lavoratori o dei precari e disoccupati, ma del solo capitalismo finanziario.
Una speranza che vogliamo viva anche in Italia, costruendo una ampia coalizione, fatta, di singoli, partiti, movimenti, organizzazioni, che condividono con noi la necessità di rompere con l’austerità e il neoliberismo.
La sinistra europea, anche attraverso le sue organizzazioni nazionali, mette a disposizione questa sua scelta per la costruzione del più ampio fronte sociale e politico antiliberista, che metta in discussione i trattati europei neoliberisti, a partire da memorandum e fiscal compact.
mercoledì 11 dicembre 2013
LA MARTESANA PER IL LAVORO
LA MARTESANA PER IL LAVORO
“L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro“
Il nostro territorio, come il resto dell’Italia, attraversa un momento di crisi economica sempre più acuta. La crisi non riguarda solo la chiusura di aziende, ma una più generale assenza di prospettive. Non si capisce come i posti di lavoro che vengono persi possano essere ricreati. Si diffonde una precarietà ...generalizzata che minaccia anche i cosiddetti “garantiti”. Crescono le difficoltà a far fronte ai bisogni e alle esigenze quotidiane. Aumentano drammi come la difficoltà di mantenere un’abitazione quando si è perso il lavoro. Le amministrazioni comunali devono far fronte a situazioni che, spesso, non hanno in realtà i mezzi per affrontare.
In Martesana diverse aziende sono state chiuse, altre, troppe, sono a rischio. Ci sono anche, però, le resistenze di lavoratori che hanno avuto la forza e la costanza di opporsi con lotte, presidi, occupazioni. È diventata simbolica, fino ad assumere un valore generale, la lotta dei lavoratori Jabil, ancora in corso, che va sostenuta perché parla a tutti, perché un suo successo sarebbe significativo per tutti.
Pensiamo che sia arrivato il momento in cui è fondamentale che il nostro territorio – i suoi amministratori, le sue forze associative, politiche e culturali - faccia sentire a questi lavoratori e a queste lotte, non soltanto la propria solidarietà, ma anche un sostegno visibile, con iniziative tese ad aprire un discorso pubblico sul futuro economico e sociale della Martesana.
Finora ogni situazione e ogni Comune hanno cercato di rispondere singolarmente alle emergenze provocate dalla crisi. Raramente si è riusciti a unire le forze e fare in modo che si aprisse un ragionamento complessivo, di lungo periodo, riguardante tutta la zona.
È questo che, secondo noi, è giunto il momento di fare. Perché nessuno deve vivere in solitudine le conseguenze della crisi, e perché tutti gli attori sociali e istituzionali partecipino a immaginare soluzioni che riguardano la vita di tutti.
Per queste ragioni invitiamo tutti al CORTEO di SABATO 14 DICEMBRE, con a tema la difesa e il rilancio dell'occupazione e delle produzioni, specie quelle di qualità, nel nostro territorio.
Info e adesioni: lavoromartesana@gmail.com - tel. 329.4749207
SABATO 14 DICEMBRE 2013
CORTEO DA CASSINA A CERNUSCO
Ore 10 - Partenza da Cassina de’ Pecchi - Piazza Decorati al Valor Civile - Stazione MM2
Ore 11.30 - Arrivo a Cernusco sul Naviglio - Piazza Unità d’Italia
Promuovono:
Rsu Jabil
Rsu NSN (Nokia Solutions Network)
Rsu Nacco
Rsu Ingersoll Rand
Rsu Greif
Rsu OBL
Rsu Aastra
Delegati Vodafone
Delegati Sirai
Delgati Aturia
Antonio Brescianini (Sindaco di Vimodrone)
Eugenio Comincini (Sindaco di Cernusco s/N)
Antonello Concas (Sindaco di Pioltello)
Roberto Maviglia (Sindaco di Cassano d’Adda)
Curzio Rusnati (Sindaco di Bussero)
Mario Soldano (Sindaco di Cologno M.)
Angelo Stucchi (Sindaco di Gorgonzola)
“L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro“
Il nostro territorio, come il resto dell’Italia, attraversa un momento di crisi economica sempre più acuta. La crisi non riguarda solo la chiusura di aziende, ma una più generale assenza di prospettive. Non si capisce come i posti di lavoro che vengono persi possano essere ricreati. Si diffonde una precarietà ...generalizzata che minaccia anche i cosiddetti “garantiti”. Crescono le difficoltà a far fronte ai bisogni e alle esigenze quotidiane. Aumentano drammi come la difficoltà di mantenere un’abitazione quando si è perso il lavoro. Le amministrazioni comunali devono far fronte a situazioni che, spesso, non hanno in realtà i mezzi per affrontare.
In Martesana diverse aziende sono state chiuse, altre, troppe, sono a rischio. Ci sono anche, però, le resistenze di lavoratori che hanno avuto la forza e la costanza di opporsi con lotte, presidi, occupazioni. È diventata simbolica, fino ad assumere un valore generale, la lotta dei lavoratori Jabil, ancora in corso, che va sostenuta perché parla a tutti, perché un suo successo sarebbe significativo per tutti.
Pensiamo che sia arrivato il momento in cui è fondamentale che il nostro territorio – i suoi amministratori, le sue forze associative, politiche e culturali - faccia sentire a questi lavoratori e a queste lotte, non soltanto la propria solidarietà, ma anche un sostegno visibile, con iniziative tese ad aprire un discorso pubblico sul futuro economico e sociale della Martesana.
Finora ogni situazione e ogni Comune hanno cercato di rispondere singolarmente alle emergenze provocate dalla crisi. Raramente si è riusciti a unire le forze e fare in modo che si aprisse un ragionamento complessivo, di lungo periodo, riguardante tutta la zona.
È questo che, secondo noi, è giunto il momento di fare. Perché nessuno deve vivere in solitudine le conseguenze della crisi, e perché tutti gli attori sociali e istituzionali partecipino a immaginare soluzioni che riguardano la vita di tutti.
Per queste ragioni invitiamo tutti al CORTEO di SABATO 14 DICEMBRE, con a tema la difesa e il rilancio dell'occupazione e delle produzioni, specie quelle di qualità, nel nostro territorio.
Info e adesioni: lavoromartesana@gmail.com - tel. 329.4749207
SABATO 14 DICEMBRE 2013
CORTEO DA CASSINA A CERNUSCO
Ore 10 - Partenza da Cassina de’ Pecchi - Piazza Decorati al Valor Civile - Stazione MM2
Ore 11.30 - Arrivo a Cernusco sul Naviglio - Piazza Unità d’Italia
Promuovono:
Rsu Jabil
Rsu NSN (Nokia Solutions Network)
Rsu Nacco
Rsu Ingersoll Rand
Rsu Greif
Rsu OBL
Rsu Aastra
Delegati Vodafone
Delegati Sirai
Delgati Aturia
Antonio Brescianini (Sindaco di Vimodrone)
Eugenio Comincini (Sindaco di Cernusco s/N)
Antonello Concas (Sindaco di Pioltello)
Roberto Maviglia (Sindaco di Cassano d’Adda)
Curzio Rusnati (Sindaco di Bussero)
Mario Soldano (Sindaco di Cologno M.)
Angelo Stucchi (Sindaco di Gorgonzola)
martedì 10 dicembre 2013
DOCUMENTO FINALE 9 CONGRESSO NAZIONALE P.R.C.
Il 9° Congresso Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, riunitosi a Perugia il 6/7/8 Dicembre 2013, sentita la relazione del segretario uscente Paolo Ferrero e sentito il dibattito, impegna il Partito tutto a lavorare già dalle prossime settimane secondo quanto deliberato dai congressi di circolo del Partito, attraverso il voto degli iscritti e delle iscritte. Iscritti ed iscritte che ringraziamo per aver partecipato ai congressi di circolo e per essere, con la loro generosa militanza, il vero patrimonio del nostro Partito. Occorre da subito continuare nel lavoro di costruzione del più ampio movimento di massa di opposizione al governo Letta, alle politiche di austerità imposte dall’Unione Europea e nella difesa della costituzione nata dalla Resistenza. La Costituzione è oggetto di un vero e proprio attacco da parte della maggioranza del Parlamento. Una maggioranza che è delegittimata ad operare qualsiasi modifica alla nostra carta fondamentale , anche alla luce della recente decisione della Corte Costituzionale di dichiarare anticostituzionale l’abnorme premio di maggioranza della legge elettorale Calderoli, grazie al quale già si era operato nella precedente legislatura lo strappo dell’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, attraverso la riforma dell’art. 81. A tale proposito, il PRC ritiene istituzionalmente inopportuno e gravissimo politicamente l’intervento del Presidente della Repubblica Napolitano, teso a prefigurare un nuovo impianto istituzionale ed elettorale della Repubblica in senso maggioritario, attraverso una prassi presidenzialista. Contro questo disegno, il PRC si è sempre battuto e si batterà, facendo appello a tutte le forze democratiche e antifasciste, a partire dal comitato per il 12 Ottobre, a far sentire il proprio dissenso e manifestare la loro contrarietà alla manomissione della nostra carta costituzionale e a rilanciare la battaglia per un sistema elettorale proporzionale. Il tentativo in corso di disinnescare gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale va contrastato sul piano politico e culturale. Il fallimento di venti anni di maggioritario e bipolarismo rende possibile riprendere a livello di massa la battaglia per la proporzionale. La crisi democratica che viviamo è conseguenza di quella sociale ed economica. La crisi economica che viviamo in Italia è figlia del neoliberismo bipartizan, applicato su scala continentale dalla troika e dalla commissione europea, attraverso memorandum, Mes e Fiscal compact, e nel nostro paese aggravata delle grandi coalizioni e dai governi Monti e Letta. In nome dell’osservanza cieca dei trattati europei e del rientro dal debito, si sta portando avanti un attacco senza precedenti alle condizioni di vita di milione di donne e uomini, dei lavoratori, delle classi sociali più deboli. Si sta operando una nuova offensiva, che vede questo governo protagonista di una ennesima ondata di privatizzazioni, di vera e propria svendita del tessuto produttivo del paese, già segnato dagli effetti recessivi delle politiche di rigore fin qui applicate. Una crisi che vede drammaticamente crescere il divario e insopportabili disuguaglianze fra aree del paese e classi sociali. Una crisi che colpisce le fasce più deboli della popolazione, fra cui giovani , donne, con una disoccupazione ai massimi storici ed una precarietà divenuta esistenziale. Una crisi che vede approfondirsi elementi di regressione civile e culturale, solitudine e disperazione, paura e razzismo. Fra questi spicca il moltiplicarsi dei casi di femminicidio. La diffusa violenza maschile, fisica, materiale e simbolica, sul corpo delle donne, sono il segno di una crisi del maschile che ancora non sa porsi in relazione con la libertà femminile. Nella costruzione di un movimento di massa contro l’austerità, il PRC deve impegnarsi nel ridare centralità al conflitto sociale e di classe. I caratteri della crisi dimostrano attualità della critica marxista dell’economia politica e delle teorie economiche dominanti, della centralità del conflitto di classe, pur nelle rinnovate forme derivate dalla nuovo composizione sociale del blocco sociale di riferimento. Qui siamo chiamati ad un salto di qualità della nostra iniziativa, innovando e estendendo le nostre pratiche di intervento sociale, dando priorità alla nostra capacità di iniziativa politica e organizzazione, alla modalità di lavoro dei nostri circoli. Il 9° congresso del PRC chiama il prossimo CPN ha dare centralità al lavoro di radicamento sociale del partito, di cura della sua presenza fra i lavoratori e le lavoratrici, i precari, i movimenti per la casa e il reddito, i migranti, a estendere e rafforzare le pratiche del partito sociale. Senza cambiare rapporti di forza nella società e senza una nostra capacità di essere presenti e promotori nelle lotte sociali, non può esservi alcun cambiamento dei rapporti di forza politici. Occorre inoltre una cura della sua capacità di autonomia attraverso l’autofinanziamento, della sua capacità di comunicazione, dotandosi di ulteriori strumenti, della formazione dei gruppi dirigenti e del loro necessario rinnovamento. Un rinnovamento che sia anche e soprattutto delle pratiche, mettendo in atto una democrazia degli iscritti, un modello di partito partecipativo e inclusivo. Un partito che superi il suo carattere sessuato e una pericolosa tendenza a rimuovere la questione di genere, come purtroppo emerso anche durante questo nostro consesso. Un partito che sappia dialogare e costruire relazioni stabili con il mondo della cultura e dell’intellettualità non organica al pensiero unico. Un partito che accolga le figure sociali della nuova composizione di classe. Occorre inoltre lavorare alla cura dell’organizzazione del partito, per un suo rilancio e per migliorarne la vita democratica, il coinvolgimento dei circoli, una verifica dei gruppi dirigenti basata sul lavoro politico svolto. A tale fine, il congresso del PRC da mandato al prossimo Cpn di convocare una conferenza di organizzazione del Partito, per definire le necessarie innovazioni alla sua modalità di funzionamento a tutti i livelli. Per apportare le necessarie modifiche statutarie derivanti dall’esito della conferenza, il congresso propone di riconvocare la platea dei delegati. Dal punto di vista del conflitto sociale, pur in un quadro di mobilitazioni che a differenza del resto del sud europa rimane segnato dall’inerzia e dalla subalternità della gran parte del sindacalismo confederale al quadro politico, esistono positivi segnali in controtendenza, come dimostrano le mobilitazioni del 18 e 19 ottobre, le mobilitazioni dei lavoratori del trasporto pubblico a Genova e Firenze, le lotte nel settore della logistica, la manifestazione del 12 Ottobre a difesa della costituzione, l’iniziativa della Fiom e dei sindacati di base in tutti questi anni. Il PRC è chiamato a dare maggior efficacia e coordinamento nell’iniziativa dei suoi iscritti nel lavoro sindacale, coordinandone l’attività al fine della costruzione del movimento di massa contro l’austerità. A tal fine, per il prossimo congresso della CGIL, auspichiamo la costruzione di una sinistra sindacale che possa aprire una battaglia politica per rilanciare il ruolo di classe della CGIL su punti dirimenti la politica economica, sociale e contrattuale, invertendone il segno moderato e adattativo al quadro politico. In Italia pesa enormemente l’assenza del conflitto sociale organizzato , che ponga la questione del lavoro e della giustizia sociale , della redistribuzione della ricchezza al centro del dibattito politico, e senza il quale la crescente sofferenza sociale trova come sbocco quello della protesta populista o dell’astensione, o il rischio di essere attratto da proposte reazionarie. L’antifascismo per noi rimane valore indiscutibile e impegno d riaffermare La battaglia sociale che dobbiamo promuovere è anche battaglia delle idee, di egemonia per la costruzione del blocco storico, di ricomposizione delle tante vertenze sociali e ambientali che attraversano il paese, come la No Tav, quella terra dei fuochi, le lotte in difesa del posto di lavoro e per i beni comuni, del precariato per il reddito sociale, della difesa della scuola e università pubblica.’, per la pace e contro la guerra, i No Muos e contro gli F35. In questa direzione il PRC si impegna a fare del Piano per il lavoro e riconversione ecologica dell’economia la sua campagna di massa dei prossimi mesi, per rimettere a tema la necessità dell’intervento pubblico in economia e del mutamento di paradigma sull’idea di sviluppo. La recente tragedia che ha colpito la Sardegna, dimostra ancor di più come sia urgente e necessario , attraverso una programmazione pubblica, intervenire per il riassetto idrogeologico del territorio, e quanto l’idea liberista sia incapace di coniugare sviluppo sociale e salvaguardia dell’ambiente, di come la lotta per la trasformazione sociale connetta questione di classe e ambientale. L’austerità colpisce i diritti sociali anche attraverso il patto di stabilità imposto agli enti locali. Il Partito si impegna in una campagna contro i suoi vincoli e per la sua messa in discussione e sostiene pertanto l’esperienza della rete dei comuni solidali come delle amministrazioni che in varie forme si oppongono alla distruzione del welfare locale in nome del rigore. Il 9° congresso del PRC sostiene la campagna per l’amnistia sociale, contro la repressione dei movimenti sociali in atto. Accanto e insieme al piano per il lavoro, Il PRC fa della lotta per la rottura con questa Unione Europea, per la messa in discussione della sua architettura istituzionale neoliberista e dei suoi Trattati, come il fiscal compact, Mes , Maastricht e Lisbona, il centro della sua proposta e iniziativa politica. La disobbedienza ai trattati e la costruzione di coalizioni sociali e politiche contro l’austerità a livello nazionale ed europeo sono una priorità e necessità. Senza mettere in discussione gli attuali assetti di potere in Europa, la sua natura antidemocratica e antipopolare, non è possibile uscire da questa crisi, che anzi si aggrava seguendo la via tracciata dalle elites europee di massacro sociale e distruzione del welfare e dei diritti . A tal fine il PRC sostiene la campagna per referendum consultivi sui trattati europei e le comuni campagne con il Partito della Sinistra Europea, come quella contro il TTIP. Il PRC è inoltre chiamato ad approfondire il dibattito su la possibile implosione dell’area euro e della moneta unica, come possibile conseguenza delle politiche di austerità, e sulle possibili proposte alternative e eventuali strategie di uscita, in difesa dei lavoratori e della sovranità popolare e democratica. Nelle stesse ore in cui si chiude il nostro Congresso, si svolgono le primarie per l’elezione del nuovo segretario del PD, il cui probabile esito sancirà una nuova svolta moderata e centrista. Una svolta che si accompagna ad un quadro europeo segnato dalla nascita della grosse koalition in Germania e che chiude ogni illusione riguardo possibili mutamenti di rotta della socialdemocrazia europea nei riguardi dell’austerità. Per tali ragioni è ancor più necessario rimettere in campo una proposta per la sinistra nel nostra paese. Contro la grande coalizione europea e italiana, occorre costruire una sinistra alternativa e autonoma dal centrosinistra, che si unisca su un chiaro programma di lotta all’austerità, di rottura con il modello neoliberista di questa unione europea, per un’uscita da sinistra dalla crisi. Ferma restando la necessità del Prc come organizzazione politica dei comunisti, che è aperta al confronto sul tema dell’unità con le altre forze comuniste, nella chiarezza della scelta strategica di autonomia dal centro sinistra e di innovazione politico culturale nel senso della rifondazione. Come nel resto d’Europa – e le esperienza del Front de gauche, Izquierda Unida, Syriza ne dimostrano la fattibilità – insistiamo nel proporre un processo di aggregazione dal basso, democratico e partecipativo della sinistra di alternativa e delle forze antiliberiste e anticapitaliste del nostro paese, che si connoti per l’autonomia e l’alterità rispetto al centrosinistra e al Partito Democratico. In questa direzione, il IX congresso del PRC impegna il Partito nel far crescere e avanzare per le prossime elezioni europee la costruzione di una lista di sinistra e contro l’austerità, che faccia riferimento alla Sinistra Europea e al Gue, e che riunisca intorno alla candidatura di Alexis Tspipras le forze della sinistra alternativa , i movimenti e le singole personalità che condividono il programma comune di lotta all’austerità, per i lavoro, la difesa dei beni comuni e dei diritti sociali. Una lista che dia voce ai precari, a lavoratori, a tutti popoli europei che resistono agli effetti nefasti delle brutali politiche di austerità imposte dalla Troika e dall’UE, e di cui la lotta del popolo greco e di Syriza rappresenta il punto più alto e la dimostrazione che è possibile un’uscita a sinistra dalla crisi.
mercoledì 4 dicembre 2013
CONGRESSO NAZIONALE PRC - PERUGIA - 6-7-8- DICEMBRE 2013
PRC, A CONGRESSO DAL 6 ALL'8. FERRERO: "PIANO PER IL LAVORO E TSIPRAS CANDIDATO ELEZIONI EUROPEE"
Da venerdì 6 a domenica 8 dicembre si svolgerà a Perugia, presso il centro congressi Quattrotorri, il IX Congresso del Partito della Rifondazione comunista, intitolato "Scrivi il tuo futuro".
All'ordine del giorno il lancio della proposta del piano per il lavoro, l'aggregazione della sinistra di alternativa a partire dalla lista per le europee con Alexis Tsipras candidato presidente, l'uscita dalla crisi attraverso la disobbedienza all'Unione Europea e la non applicazione dei trattati.
"Vogliamo essere - ha spiegato Paolo Ferrero in una dichiarazione - la risposta di sinistra alle primarie di centro. Contro l'austerity e le politiche europee che demoliscono il welfare, contro le larghe intese e contro la logica degli 'uomini della provvidenza': vogliamo costruire una sinistra di alternativa capace di dare risposte ai lavoratori, ai disoccupati, alle persone che vivono sulla loro pelle la crisi economica. Mentre il centro incoronerà Renzi, rinunciando definitivamente a rappresentare la sinistra, noi vogliamo offrire un'alternativa in cui i protagonisti siano le masse e non i singoli: basta con la spettacolarizzazione della politica'. Ferrero interverrà per il discorso di apertura venerdì alle 16.00 e domenica, per le conclusioni alle 18.00.
giovedì 28 novembre 2013
30 NOV. 2013 - 1 DIC. 2013 CONGRESSO PROVINCIALE MILANESE PRC
30 NOVEMBRE – 1 DICEMBRE PRC CONGRESSO PROVINCIALE DI MILANO
Sabato 30 novembre e domenica 1 si svolgerà a Milano il IX Congresso Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista. Sala della Provincia di Milano – Via Corridoni 16 Milano Sabato 30 novembre 2013 ore 9.30 accredito dei delegati ore 10.00 elezione presidenza Introduzione del Segretario Provinciale ore 10.30 intervento di saluto degli ospiti ore 11.30 elezioni commissioni ore 12.00 inizio dibattito ore 13.30 intervallo ore 14.30 ripresa dibattito ore 18.30 fine lavori della giornata Domenica 1 dicembre 2013 ore 9.30 continuazione dibattito ore 13.00 conclusione delegato nazionale Votazioni ordini del giorno, relazioni delle commissioni Elezioni delegati Congresso Nazionale e Regionale, elezione organismi dirigenti ore 16.30 Convocazione Comitato Politico Federale ed elezione segretario e organismi dirigenti esecutivi.
lunedì 25 novembre 2013
NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE
No alla violenza sulle donne 25 nov 2013 • 12:07 Nessun CommentoNella giornata internazionale contro la violenza sulle donne vogliamo dire che la violenza maschile va contrastata ogni giorno, deve essere una priorità quotidiana per i governi e le istituzioni. In Italia abbiamo contestato e continuiamo a criticare il decreto Alfano sul femminicidio, che è in realtà un provvedimento sull’ordine pubblico e sulla sicurezza. Serve un cambio di passo prima di tutto culturale, per prevenire e lottare contro un fenomeno odioso che in Italia affonda le sue radici nella cultura machista e sessista dilagante in questo Paese e sdoganata da politici come Berlusconi.
sabato 23 novembre 2013
mercoledì 20 novembre 2013
INTERVISTA A L. GALLINO: SENZA LAVORO COME SI FA A PARLARE DI RIPRESA???
Gallino: “Senza lavoro, come si fa a parlare di ripresa imminente?” Intervista a Luciano Gallino "Ci vuole una bella dose di umorismo nero per parlare, oggi, di una ripresa imminente". Non ha dubbi Luciano Gallino, sociologo e massimo esperto italiano del mercato del lavoro. Il guaio è se a fare del "black humor" è il primo ministro di un Paese, in questo caso il nostro. Come si fa - si domanda Gallino - a parlare di ripresa con la disoccupazione a livelli record e in assenza totale di politiche per l'occupazione? Il presidente Letta ha detto che “la ripresa è a portata di mano”, anche se non si vede. È davvero così? Ci vuole una bella dose di ottimismo per fare un’affermazione del genere. I rapporti e gli studi che si possono leggere a livello internazionale dicono ben altro. È quanto meno paradossale che si parli di sintomi di ripresa con la disoccupazione in aumento. È come se ci si dimenticasse che il parametro più significativo per valutare lo stato di salute di un’economia è il tasso di occupazione. Detto sinceramente, per parlare ora di ripresa ci vuole una bella dose di umorismo nero. Dagli Stati Uniti all’Europa, in molti prevedono una jobless recovery, ossia una ripresa senza lavoro. Secondo lei, è un ossimoro? Oppure è davvero possibile una ripresa senza lavoro? Se l’occupazione non cresce, l’economia reale non può che risentirne. Chi parla di ripresa asseconda le teorie economiche neoliberali che hanno conquistato il discorso mediatico. Si guarda solo ed esclusivamente al Pil, e non al modo in cui è prodotto. E il Pil può crescere di qualche punto perché sono ripartite le attività finanziarie. Ma che ripresa è questa? Quale cambio di passo dovrebbe esserci, in Europa, per invertire la rotta? In Europa non si è intrapresa nessuna seria riforma che possa favorire l’occupazione: l’economia reale non è sostenuta, punto. Negli Stati Uniti si è fatto di più. L’Europa, con le sue politiche di austerità, non sta facendo altro che favorire la disoccupazione. Ignorando un altro aspetto fondamentale: la povertà. Ci sono, a cominciare dall’Italia, milioni di precari che guadagnano pochi euro all’anno e vivono nella disperata attesa del rinnovo di un contratto. Secondo Eurostat, ci sono in Europa più di 120 milioni di persone a rischio povertà. Si tratta di un quarto della popolazione europea. Sono questi gli indicatori che bisogna tenere a mente quando si parla. Perché le luci che si scorgono in fondo al tunnel possono anche essere i fari di un tir che arriva a tutta velocità dalla direzione opposta. Cosa dovrebbero fare, dunque, l’Europa e i singoli paesi? Il bello è che potrebbe fare molte cose. Ad esempio, l’Ue potrebbe varare un grande progetto per l’occupazione. Ma non spingiamoci troppo in là: basterebbe semplicemente richiedere un maggiore rispetto degli stessi trattati europei. L’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio, ad esempio, è pura follia dal punto di vista della politica economica. L’Europa ce l’ha chiesto e noi l’abbiamo fatto, si dice… Sarebbe bastato leggere con attenzione i trattati per capire che si poteva scegliere una legge ordinaria. In tutta la loro storia gli Stati Uniti avranno rispettato il pareggio di bilancio quattro o cinque volte. Vorrà pur dir qualcosa… Invece il Parlamento italiano ha liquidato la questione in un quarto d’ora. Alla pesca del pesce azzurro nel Mediterraneo si sarebbero dedicati più tempo ed energie. Parlando della legge di Stabilità, il viceministro all'Economia Stefano Fassina ha ammesso che una terapia shock per l'Italia è impossibile per via dei vincoli imposti dall'attuale politica economica della zona Euro. Anche nel governo, dunque, c'è chi si auspica una "correzione di rotta" della politica economica dell'Eurozona. Come commenta? I nostri governanti (come quelli di altri paesi) appaiono totalmente succubi dei dettami di Bruxelles, questa è la verità. Mentre un grande Paese fondatore dovrebbe avere la forza e l'energia per chiedere - se necessario - una riforma dei trattati o quanto meno un'interpretazione meno passiva degli stessi. I nostri governi - sia quello attuale che quello precedente - non l'hanno fatto. Si sono comportanti come il militare di leva che batte i tacchi e obbedisce all'ordine. Il suo ultimo libro si intitola "Il colpo di Stato di banche e governi". Perché parla di colpo di Stato? Dal 2010 in poi è intervenuto nei Paesi dell’Unione europea un paradosso: i milioni di vittime della crisi si sono visti richiedere perentoriamente dai loro governi di pagare i danni che essa ha provocato, dai quali proprio loro sono stati colpiti su larga scala. Il paradosso è che la crisi, fino all'inizio del 2010, è stata un crisi delle banche. Poi è iniziata una straordinaria operazione di marketing: si è fatta passare l'idea che il problema fossero i debiti pubblici degli stati. Detta in parole semplici: i parlamenti hanno ceduto potere ai governi; i governi hanno ceduto alla Commissione europea e alla Bce; la Bce e la Commissione europea hanno assecondato Fmi e Banca Mondiale, e tutti insieme hanno ceduto alle grandi istituzioni finanziarie, che hanno bilanci superiori a quelli degli stati nazionali.
CILE - CAMILA VALLEJO ELETTA PER IL PARTITO COMUNISTA - PORTERO' LA VOCE DELLA PIAZZA
In Cile vincono i movimenti degli studenti: “Siamo i nipoti della dittatura militare”
di Moisés Paredes*
Il risultato delle urne, vincente per tutti i leader studenteschi che si sono presentati alle elezioni, lo dimostra: la gran parte delle richieste avanzate dai diversi movimenti e organizzazioni è penetrata in profondità nella nostra società, dando senso a un gran numero di cileni i quali vedono giorno per giorno come gli enormi artigli del neoliberismo impongano un sistema che attribuisce garanzie e opportunità sulla base del potere d’acquisto delle persone.
A vent’anni dalla fine della dittatura, il Cile è gravato da pesanti zavorre. A livello politico, c’è tuttora una Costituzione le cui pagine sono state scritte con il sangue di migliaia di cileni vittime delle violenze, una Costituzione che fu approvata con l’inganno più grande della nostra storia. E abbiamo un sistema elettorale binominale, lo strumento perfetto per permettere a una minoranza di calpestare costantemente i sogni della maggioranza. Nel campo economico, siamo stati quasi completamente spogliati delle nostre risorse naturali. Hanno venduto il suolo, l’acqua, i minerali. I lavoratori sono costretti a versare quote ai Fondi pensione e se sono fortunati, avranno una pensione pari alla metà di quanto guadagnavano. Siamo stati completamente derubati della cosa pubblica. Lo Stato si è ridotto ad avere un ruolo di semplice osservatore, e il compito di gestire tutti gli aspetti della nostra vita è stato affidato alle mani del mercato. Il mercato della salute, dell’educazione, delle abitazioni.
A partire da questa situazione, si affrontano due visioni diverse del paese. È una dicotomia che si verifica quando si confrontano idee diametralmente opposte. Essa ha aperto le porte alla creazione di un nuovo ciclo politico. Oggi in Cile si sono create le condizioni per iniziare un processo di cambiamento strutturale che permetta di rispondere alle richieste dei cittadini nei diversi campi, ma soprattutto alla domanda di maggiore e migliore democrazia. Ci si chiede quale ruolo avrà il movimento studentesco in questo processo. Come in tutti i contesti, anche nel movimento esistono diversi punti di vista, tutti ugualmente legittimi e consoni agli obiettivi che da anni ci spingono a protestare nelle strade. Così, facendoci carico di questa diversità, in molti crediamo che il movimento studentesco debba avere un ruolo fondamentale e da protagonista nel contesto politico nazionale. Dobbiamo andare oltre l’impatto mediatico provocato dalle occupazioni e dalle grandi manifestazioni, per fare un salto qualitativo affinché le nostre idee possano essere adottate per risolvere la crisi che il sistema educativo cileno vive. Dopo queste elezioni, il nuovo governo dovrà rispondere alle idee che abbiamo portato avanti in tutti questi anni e che rappresentano il sentire della grande maggioranza del nostro popolo. I movimenti sociali giocano un ruolo fondamentale. Le autorità politiche che governano, dovranno farlo in funzione delle necessità della gente e non di piccoli gruppi privilegiati. Ora, in parlamento vi sono dirigenti sociali che conoscono la realtà del nostro paese. L’idea che se si occupa un ruolo politico non si fa più parte della società civile avvantaggia una élite politica abbiente che continuerà a ostentare i propri incarichi e in tante occasioni assumerà posizioni opposte a quanto richiesto dalla popolazione. Come costruttori del futuro, abbiamo il dovere di dare il nostro contributo sia nella società civile che nel mondo della politica. La democrazia non significa solo votare ogni quattro anni, si costruisce e si fa giorno per giorno, a partire dagli spazi di discussione e mobilitazione, creando articolazioni fra il sindacato e organizzazioni che possano costituirsi come forza sociale in grado di avviare cambiamenti nella società con ripercussioni nel campo politico. In questo modo riconcilieremo il «sociale» e il «politico», dopo che per tutti questi anni ce li hanno presentati come reciprocamente escludentisi, mentre devono andare di pari passo.
La capacità di compiere un salto qualitativo sarà un punto cruciale per i movimenti sociali. Essi possono contare su un grande appoggio popolare: il loro principale capitale politico e di credibilità. Occorre una prospettiva di lungo periodo per il paese, e ai movimenti sociali è richiesta un’attenzione strategica se vogliono dare buoni frutti. Bisogna infatti proteggere la democrazia, e per questo è necessaria la rifondazione delle istituzioni del sistema politico cileno, che sono attualmente il principale ostacolo alla nostra democrazia.
Il fatto di essere una generazione nata senza paure fa sì che abbiamo sufficienti strumenti per poter contrastare il mantenimento dello statu quo. E la mancanza di paura non deriva dal fatto di essere figli della democrazia, caratteristica che ci attribuiscono e che, a mio parere, è sbagliata. Non siamo figli della democrazia, siamo nipoti della dittatura. Siamo nati senza la possibilità di avere l’educazione gratuita. Questo fa parte dei nostri sogni. I nostri genitori sono stati vittime delle pallottole che i militari sparavano contro loro compatrioti. Tutti siamo vittime del perverso obiettivo politico che quelle pallottole esprimevano. Un giorno potremo parlare di figli della democrazia, per ora no.
Quel che manca oggi non sono i numeri, le cifre, i dati, le statistiche. Mancano l’impegno, la coerenza, il cameratismo, la lealtà rispetto agli altri e rispetto ai principi, valori sui quali la nostra generazione ha dimostrato di voler costruire. C’è bisogno di tutto questo, per raggiungere l’obiettivo di un paese e di una società più giusta. Il desiderio di trasformazione deve accompagnarsi alla volontà di accettare la diversità e costruire più democrazia, e di migliore qualità.
Non dobbiamo mai dimenticare che ci troviamo in un momento complesso e di portata storica; non rendersene conto o far finta di non considerarlo, significa riprodurre la grande amnesia collettiva che invece siamo chiamati a cancellare.
*Portavoce della Coordinadora nacional estudiantes secundarios (Cones), articolo tratto dall’edizione cilena del Diplo
Traduzione di Marinella Correggia
giovedì 14 novembre 2013
RIBELLARSI E' GIUSTO!
Enrico Letta, il coniglio mannaro
di Paolo Ferrero
Dopo la luce in fondo al tunnel che Monti ci aveva segnalato senza ottenere molto ascolto, Enrico Letta continua giornalmente a spargere segnali di rassicurazione riguardo al futuro del Paese. La migliore degli ultimi giorni è l’affermazione secondo cui la ripresa è a portata di mano, “anche se i segnali ancora non si vedono”. Il punto è che la ripresa non c’è e sono proprio le politiche fatte sotto dettatura della Merkel da Tremonti, Monti e Letta a impedirla. La compressione della domanda interna prodotta attraverso i tagli della spesa pubblica e l’aumento della disoccupazione e della precarietà, ha prodotto in Italia una vera e propria deflazione.
Non a caso i consumi continuano a calare e l’inflazione non è mai stata così bassa. La stessa riduzione dei tassi d’interesse da parte della Bce non produrrà effetti in Italia per due ragioni: i tassi di interesse che applicano le banche sono altissimi e non hanno più alcun rapporto con il tasso di interesse ufficiale deciso dalla Bce. I tassi di interesse reale quindi non scenderanno. In secondo luogo l’origine di fondo della crisi italiana è provocata proprio dalla caduta dei consumi interni e quindi o si risollevano quelli – con una forte redistribuzione del reddito dall’alto in basso e per questo proponiamo la patrimoniale sulle grandi ricchezze – oppure l’economia non riparte.
La seconda considerazione è che se anche nel prossimo anno il Pil dovesse crescere di qualche decimale di punto, questo con interromperebbe per nulla la crescita della disoccupazione, per il semplice motivo che gli aumenti di produttività delle imprese che dentro la crisi si sono ristrutturate, sono maggiori della possibile lieve crescita. In questo contesto parlare di uscita dalla crisi è quindi una evidente menzogna, una bugia di cui Letta è certamente consapevole. La questione da porsi riguarda allora il perché Letta sparga questi messaggi mielosi e rassicuranti? Salta agli occhi la differenza con il governo Monti che invece faceva del terrore – seminato a piene mani nel corso del suo governo – il suo principale codice comunicativo.
La mia opinione è che questa differenza di atteggiamento e di comunicazione non avvenga per un diverso disegno politico di Letta rispetto a Monti ma perché Letta sta gestendo il secondo tempo della partita cominciata da Monti. Più precisamente io penso che Monti ha volutamente spaventato il popolo italiano e ha utilizzato il terrore seminato nelle “fila avversarie” al fine di giustificare tagli draconiani al welfare e porcherie enormi come la manomissione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e l’allungamento infinito dell’età per andare in pensione. Monti ha fatto una applicazione da manuale di quella che Naomi Klein chiama “Shock economy”, il cui primo esperimentatore è stato il golpista Augusto Pinochet, il dittatore cileno. Attraverso il terrore e la benedizione dell’Unione Europea, Monti ha fatto passare provvedimenti che altrimenti non sarebbero mai potuti passare.
Oggi Letta ha un altro compito. Non più tagliare brutalmente – il grosso dei tagli è stato fatto da Monti - ma piuttosto di convincere gli italiani che i tagli sono serviti: abbiamo fatto i sacrifici, ma adesso ci sarà la ripresa. Il primo obiettivo è quindi consolatorio e risarcitorio, fatto con la consueta maestria democristiana. Il secondo obiettivo, più di fondo, è che Letta ha due grandi opere da realizzare per terminare l’azione devastatrice di Monti. La prima è la privatizzazione di tutto quanto è rimasto di pubblico in Italia e la seconda è lo scardinamento della Costituzione italiana, trasformando l’Italia da repubblica parlamentare in una repubblica presidenziale. La rassicurazione lettiana è quindi finalizzata a distogliere il paese dalla gravità degli attacchi che il suo governo sta portando alla democrazia costituzionale ed economica.
Da questo punto di vista il quadro diventa chiaro: Monti ha seminato il terrore per scardinare le conquiste sociali e Letta usa la rassicurazione per far tirare un sospiro di sollievo al paese e poter fare in santa pace la distruzione della Costituzione nata dalla resistenza e svendere i gioielli di famiglia tra cui la parte rimante di apparato industriale pubblico. Monti e Letta, il terrore e la rassicurazione, sono le due facce della stessa medaglia: la distruzione di quanto di buono era stato fatto in Italia dopo la seconda guerra mondiale in termini di democrazia, diritti sociali e del lavoro, presenza pubblica nell’economia. Letta non meno di Monti – così come i partiti che li appoggiano – sono i protagonisti di una vera e propria restaurazione neoliberista, di un peggioramento strutturale delle condizioni di vita del popolo italiano e della svendita dell’Italia ai poteri forti – economici e finanziari – europei e mondiali. Contro questa vera e propria guerra scatenata contro il popolo italiano occorre ribellarsi.
di Paolo Ferrero
Dopo la luce in fondo al tunnel che Monti ci aveva segnalato senza ottenere molto ascolto, Enrico Letta continua giornalmente a spargere segnali di rassicurazione riguardo al futuro del Paese. La migliore degli ultimi giorni è l’affermazione secondo cui la ripresa è a portata di mano, “anche se i segnali ancora non si vedono”. Il punto è che la ripresa non c’è e sono proprio le politiche fatte sotto dettatura della Merkel da Tremonti, Monti e Letta a impedirla. La compressione della domanda interna prodotta attraverso i tagli della spesa pubblica e l’aumento della disoccupazione e della precarietà, ha prodotto in Italia una vera e propria deflazione.
Non a caso i consumi continuano a calare e l’inflazione non è mai stata così bassa. La stessa riduzione dei tassi d’interesse da parte della Bce non produrrà effetti in Italia per due ragioni: i tassi di interesse che applicano le banche sono altissimi e non hanno più alcun rapporto con il tasso di interesse ufficiale deciso dalla Bce. I tassi di interesse reale quindi non scenderanno. In secondo luogo l’origine di fondo della crisi italiana è provocata proprio dalla caduta dei consumi interni e quindi o si risollevano quelli – con una forte redistribuzione del reddito dall’alto in basso e per questo proponiamo la patrimoniale sulle grandi ricchezze – oppure l’economia non riparte.
La seconda considerazione è che se anche nel prossimo anno il Pil dovesse crescere di qualche decimale di punto, questo con interromperebbe per nulla la crescita della disoccupazione, per il semplice motivo che gli aumenti di produttività delle imprese che dentro la crisi si sono ristrutturate, sono maggiori della possibile lieve crescita. In questo contesto parlare di uscita dalla crisi è quindi una evidente menzogna, una bugia di cui Letta è certamente consapevole. La questione da porsi riguarda allora il perché Letta sparga questi messaggi mielosi e rassicuranti? Salta agli occhi la differenza con il governo Monti che invece faceva del terrore – seminato a piene mani nel corso del suo governo – il suo principale codice comunicativo.
La mia opinione è che questa differenza di atteggiamento e di comunicazione non avvenga per un diverso disegno politico di Letta rispetto a Monti ma perché Letta sta gestendo il secondo tempo della partita cominciata da Monti. Più precisamente io penso che Monti ha volutamente spaventato il popolo italiano e ha utilizzato il terrore seminato nelle “fila avversarie” al fine di giustificare tagli draconiani al welfare e porcherie enormi come la manomissione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e l’allungamento infinito dell’età per andare in pensione. Monti ha fatto una applicazione da manuale di quella che Naomi Klein chiama “Shock economy”, il cui primo esperimentatore è stato il golpista Augusto Pinochet, il dittatore cileno. Attraverso il terrore e la benedizione dell’Unione Europea, Monti ha fatto passare provvedimenti che altrimenti non sarebbero mai potuti passare.
Oggi Letta ha un altro compito. Non più tagliare brutalmente – il grosso dei tagli è stato fatto da Monti - ma piuttosto di convincere gli italiani che i tagli sono serviti: abbiamo fatto i sacrifici, ma adesso ci sarà la ripresa. Il primo obiettivo è quindi consolatorio e risarcitorio, fatto con la consueta maestria democristiana. Il secondo obiettivo, più di fondo, è che Letta ha due grandi opere da realizzare per terminare l’azione devastatrice di Monti. La prima è la privatizzazione di tutto quanto è rimasto di pubblico in Italia e la seconda è lo scardinamento della Costituzione italiana, trasformando l’Italia da repubblica parlamentare in una repubblica presidenziale. La rassicurazione lettiana è quindi finalizzata a distogliere il paese dalla gravità degli attacchi che il suo governo sta portando alla democrazia costituzionale ed economica.
Da questo punto di vista il quadro diventa chiaro: Monti ha seminato il terrore per scardinare le conquiste sociali e Letta usa la rassicurazione per far tirare un sospiro di sollievo al paese e poter fare in santa pace la distruzione della Costituzione nata dalla resistenza e svendere i gioielli di famiglia tra cui la parte rimante di apparato industriale pubblico. Monti e Letta, il terrore e la rassicurazione, sono le due facce della stessa medaglia: la distruzione di quanto di buono era stato fatto in Italia dopo la seconda guerra mondiale in termini di democrazia, diritti sociali e del lavoro, presenza pubblica nell’economia. Letta non meno di Monti – così come i partiti che li appoggiano – sono i protagonisti di una vera e propria restaurazione neoliberista, di un peggioramento strutturale delle condizioni di vita del popolo italiano e della svendita dell’Italia ai poteri forti – economici e finanziari – europei e mondiali. Contro questa vera e propria guerra scatenata contro il popolo italiano occorre ribellarsi.
mercoledì 13 novembre 2013
INAMMISSIBILI REFERENDUM PENSIONI E CASTA, FERRERO: SCIPPO DI DEMOCRAZIA A CAUSA DELL’ARBITRIO DI NAPOLITANO
INAMMISSIBILI REFERENDUM PENSIONI E CASTA, FERRERO: SCIPPO DI DEMOCRAZIA A CAUSA DELL’ARBITRIO DI NAPOLITANO «L’inammissibilità dei referendum per abrogare la riforma Fornero sulle pensioni e contro la casta, comunicata oggi, – ha dichiarato Paolo Ferrero, segretario nazionale PRC - è un vergognoso scippo di democrazia. Il diritto costituzionale delle centinaia di migliaia di cittadini che hanno sottoscritto i referendum viene calpestato a favore dell’arbitrarietà con cui il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sciolto le Camere in anticipo proprio per impedire i referendum. è infatti doveroso ricordare che noi chiedemmo a Napolitano di sciogliere le Camere all’inizio del 2013 mentre Napolitano le sciolse alla fine del 2012 proprio per impedire, con l’inizio del semestre bianco, la presentazione dei referendum. Noi comunque non ci fermiamo e faremo anche su questi referendum ricorso avverso la sentenza della Corte».
sabato 9 novembre 2013
FARE LA PATRIMONIALE SU GRANDI RICCHEZZE E ABBASSARE TASSE A LAVORATORI!!!
Imu, fare la patrimoniale e abbassare le tasse ai lavoratori Bene l’abolizione dell’IMU ma adesso serve una tassa PATRIMONIALE sulle grandi ricchezze per abbassare le tasse ai lavoratori. Bisogna redistribuire la ricchezza, togliere i soldi ai ricchi per darli ai poveri e rilanciare l’occupazione: la seconda rata dell’IMU non cambia niente, serve solo al governo a stare in piedi. Basta con questi provvedimenti utili solo alla sopravvivenza di un governo che affossa il paese.
mercoledì 6 novembre 2013
PRESENTATO RICORSO REFERENDUM PER ARTICOLO 18 E DIFESA CONTRATTO NAZIONALE
Presentato ricorso in Cassazione sul referendum per l’articolo 18 Pubblicato il 5 nov 2013 Lo scorso gennaio un vasto schieramento sociale e politico ha depositato oltre mezzo milione di firme per il ripristino dell’articolo 18 e la difesa del contratto nazionale di lavoro e per l’abrogazione della legge Fornero sulle pensioni e della manovra Sacconi-Berlusconi del 2011. Per cercare di impedire l’indizione dei referendum il Presidente Napolitano ha sciolto le Camere a fine 2012, invece che a inizio gennaio 2013 come abbiamo chiesto più volte. Ma noi non demordiamo e mercoledì 6 novembre presentiamo ricorso in Cassazione per chiedere che il referendum si tenga comunque, quel referendum che il potere non vuole perché sa benissimo che gli italiani voterebbero per ripristinare l’articolo 18 e abolire la riforma delle pensioni della Fornero.
giovedì 31 ottobre 2013
ATTO DI FORZA DEL GOOVERNO SULL'ART. 138...
Riforme, modifica art.138 è vergognoso atto di forza del governo che seppellisce la lotta di Liberazione: è un golpe bianco L’approvazione al Senato del ddl costituzionale che istituisce il comitato per le riforme costituzionali è un vergognoso atto di forza del governo dell’inciucio che seppellisce la lotta di Liberazione. La modifica dell’articolo 138 non è un atto ordinario: rappresenta la demolizione del cardine della nostra Costituzione così come è stata pensata dai costituenti dopo la lotta di liberazione dal nazifascismo. Questo atto stravolge la Costituzione trasformandola da quadro rigido garante della civile convivenza in flessibile strumento nelle mani di questa maggioranza politica. L’unica parola che definisce una simile forzatura è golpe bianco; un cambio di regime dall’alto, che avviene alle spalle e sulla testa del paese. Che non potrà esprimersi con un referendum su questo stravolgimento. [Paolo Ferrero]
martedì 29 ottobre 2013
30 OTTOBRE CERNUSCO SUL NAVIGLIO – LAVORO E DEMOCRAZIA APPLICARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L’ITALIA!
30 OTTOBRE CERNUSCO SUL NAVIGLIO – LAVORO E DEMOCRAZIA
APPLICARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L’ITALIA!
BASILIO RIZZO Presidente del Consiglio comunale di Milano
MARCELLO SCIPIONI Segretario generale FIOM Milano
Coordina
ANTONELLO PATTA
sinistraxcernusco@gmail.com – www.sinistraxcernusco.it
Il Governo delle larghe intese e i partiti che lo sostengono
in Parlamento vogliono stravolgere la Costituzione italiana in senso
presidenzialista, partendo dalla modifica all’articolo 138 che regola le
modalità di riforma della Carta. Uno strappo alla democrazia che affossa
qualsiasi partecipazione democratica e mette a repentaglio i principi
fondamentali della prima parte della Costituzione. Dopo la manifestazione LA
VIA MAESTRA del 12 ottobre, è necessario proseguire la mobilitazione per
difendere la democrazia e garantire la concreta applicazione della
Costituzione, a partire dal pieno rispetto del diritto al lavoro e
all’eguaglianza sociale.
Mercoledì 30 ottobre, ore 21
Sala R. Camerani – Biblioteca civica di Cernusco S/N – Via
Fatebenefratelli
Incontro pubblico conBASILIO RIZZO Presidente del Consiglio comunale di Milano
MARCELLO SCIPIONI Segretario generale FIOM Milano
Coordina
ANTONELLO PATTA
sinistraxcernusco@gmail.com – www.sinistraxcernusco.it
mercoledì 23 ottobre 2013
PROPOSTA CANDIDATURA DI TSIPRAS A PRESIDENZA COMM. UE. LA PAROLA TORNI AI POPOLI!
Proposta candidatura di Tsipras a presidenza Commissione Ue. La parola torni ai popoli! Rifondazione Comunista annuncia, tramite un comunicato, che Alexis Tsipras, leader di Syriza, sarà il candidato della sinistra europea alla presidenza della Commissione Europea: «Siamo felici di annunciare che la Sinistra europea – di cui facciamo parte come Partito della Rifondazione comunista – ha deciso di proporre la candidatura alla presidenza della Commissione Europea di Alexis Tsipras, leader di Syriza, la formazione della sinistra radicale greca che si è opposta e continua ad opporsi alle politiche della troika. Le prossime elezioni europee, a maggio del 2014, saranno infatti decisive per dare la parola ai popoli in lotta contro l'austerità. Per questo la proposta della candidatura di Tsipras, decisa dal Consiglio dei presidenti del partito e che sarà sottoposta alla decisione del prossimo congresso del partito, il 13-14 e 15 dicembre, è un bellissimo segnale di speranza e di lotta. Proponiamo di costruire in Italia la lista unitaria della sinistra che supporti questa candidatura, contro l’Europa delle banche e contro le politiche di austerità».
lunedì 21 ottobre 2013
LA MANOVRA ECONOMICA DEL GOVERNO COME UNA ASPIRINA CONTRO IL CANCRO
Dopo tanti sacrifici molti attendevano che la manovra economica del governo Letta ridesse fiato all’economia italiana, la quale dal 2007 ad oggi ha perso addirittura il 9 per cento della produzione di beni e servizi e ha visto raddoppiare la disoccupazione, da un milione e mezzo a tre milioni di unità.
Riuscirà la manovra nell’impresa, portando il Pil a crescere almeno di un punto percentuale nel 2014 come il governo prevede?
Il cuore economico e politico della Legge di Stabilità consiste nella riduzione del cuneo fiscale, cioè della differenza tra il costo che mediamente le imprese sostengono per ogni lavoratore e il salario netto che entra nelle tasche del lavoratore stesso. Una differenza dovuta, naturalmente, al peso di tasse e contributi che gravano sulle tasche degli imprenditori e dei lavoratori, e che in Italia è piuttosto elevato (secondo l’OCSE il cuneo assorbe il 47,6 per cento del costo del lavoro, contro una media del 35,6 per cento dell’insieme dei paesi OCSE). Nessuno discute che la riduzione del cuneo fiscale sia di per sé è cosa buona e giusta. Infatti, nella misura in cui riduce il costo del lavoro per le imprese, essa determina una contrazione dei costi di produzione e quindi dei prezzi di vendita delle merci e dei servizi, facendo aumentare la competitività dell’industria nazionale. In questo modo, si rilanciano le esportazioni e si invogliano i consumatori a un maggiore acquisto di merci nazionali, e ciò porta a una riduzione delle importazioni. Dall’altro lato, nella misura in cui aumenta il reddito disponibile dei lavoratori, il taglio del cuneo fiscale determina una crescita della domanda di beni di consumo e ciò spinge le imprese ad aumentare la produzione e l’occupazione. Insomma, l’abbattimento del cuneo fiscale fa crescere la competitività e alimenta la domanda interna, tutte cose di cui abbiamo assoluto bisogno per riprendere la via dello sviluppo.
L’intervento dunque è teoricamente buono, ma vediamo come viene attuato, cioè su che scala e a quale costo.
Sotto il primo aspetto va chiarito che l’intervento del governo – tra sgravi Irpef e Irap, e decontribuzioni Inail – taglia il cuneo di 10,6 miliardi nel triennio, appena 2,5 miliardi nel 2014. A ben vedere, si tratta di un intervento estremamente contenuto, che nel 2014 metterà nelle tasche di un lavoratore medio solo una manciata di euro al mese e ben poco respiro darà alle imprese che non vedranno variare significativamente il costo del lavoro per unità di prodotto. Considerata la sua entità, si tratta dunque di un intervento che avrà effetti limitatissimi e che avrebbe potuto cominciare ad avere un qualche rilievo solo se l’intero importo previsto nel triennio avesse riguardato il solo 2014.
E qual è il costo di questa manovra? In altre parole, come viene finanziata? Ebbene, le risorse complessive della Legge di Stabilità del governo – che per il 2014 vale 11,6 miliardi – provengono soprattutto da tagli di spesa pubblica, da dismissioni, da qualche maggiore entrata e dal solito blocco della contrattazione e del turnover nel pubblico impiego.
Va de sé, ed è questo il punto che qui più è rilevante sottolineare, che i tagli della spesa pubblica, gli aumenti delle tasse e la mannaia sui lavoratori pubblici portano con loro una minore domanda di merci e servizi proveniente direttamente o indirettamente dal settore pubblico e da quello privato, e questo azzera i già risicati effetti positivi dell’aumento del reddito disponibile delle famiglie assicurato dal taglio del cuneo. Se, infatti, il taglio del cuneo alimentava la domanda, tagli e tasse la riducono in misura maggiore. E se la domanda complessiva non torna a crescere non possiamo sperare che l’economia riparta. A riguardo è bene ricordare che dal 2002 al 2012 l’Italia ha registrato una dinamica della domanda interna complessivamente negativa (-1,6%), contro valori significativamente in crescita nell’area euro (più 9%) e soprattutto negli USA (più 15%).
Le osservazioni appena fatte ci portano alla filosofia di fondo della manovra del governo. Si tratta di una manovra nella quale complessivamente alcune piccole riduzioni della pressione fiscale vengono finanziate con altrettante riduzioni della spesa pubblica. A ben vedere, lo scopo principale della manovra è restare dentro i tanto discussi vincoli europei, e in particolare tenere il deficit pubblico (la differenza annua tra uscite ed entrate pubbliche) entro il limite del 3 per cento del Pil. Ed è qui che casca l’asino. È infatti ormai acclarato - e a questo riguardo rinvio al “monito degli economisti” pubblicato dal Financial Times - che in Europa sono in atto processi cumulativi di divergenza territoriale alimentati dalle politiche di austerità. Questi processi portano a una divaricazione drammatica tra aree centrali in crescita (in primis, la Germania) e aree periferiche in declino (l’Italia e gli altri Piggs).
Ebbene, qualunque manovra anche piena di buone intenzioni ma che si muova dentro la cornice attuale dei vincoli non può riuscire a invertire i processi di divergenza in atto, e quindi a metterci al passo delle aree centrali d’Europa. Con la certezza che presto o tardi, in assenza di un cambiamento delle politiche europee, il gioco dell’euro salterà.
Insomma, se è pur vero che il taglio del cuneo fiscale va nella direzione giusta, la sua collocazione dentro la “filosofia vincolista” della finanza pubblica ne sterilizza i magri effetti positivi, e la rende una medicina del tutto inadeguata al male devastante che viviamo, un po’ come l’aspirina contro il cancro.
Riccardo Realfonzo, Economia e politica
sabato 19 ottobre 2013
ANCHE IL COMUNE DI VIMODRONE ESPONE LA BANDIERA IN RICORDO DI LEA GAROFALO
ANCHE IL COMUNE DI VIMODRONE ESPONE LA BANDIERA IN RICORDO DI LEA GAROFALO
A Milano in tantissimi hanno voluto dare l'ultimo saluto a Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa dall'ex convivente nel 2009 perché testimone della faida tra la sua famiglia, quella del boss Floriano Garofalo, e quella dell'ex compagno Carlo Cosco. Ai partecipanti sono stati distribuiti mazzi di fiori e un segnalibro con una foto di Lea Garofalo e la frase "In ricordo di Lea, la mia giovane mamma uccisa per il suo coraggio" a firma di Denise, la figlia di Lea. Più dietro, la piazza è piena di bandiere con la scritta "Vedo, Sento, Parlo".
A Milano in tantissimi hanno voluto dare l'ultimo saluto a Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa dall'ex convivente nel 2009 perché testimone della faida tra la sua famiglia, quella del boss Floriano Garofalo, e quella dell'ex compagno Carlo Cosco. Ai partecipanti sono stati distribuiti mazzi di fiori e un segnalibro con una foto di Lea Garofalo e la frase "In ricordo di Lea, la mia giovane mamma uccisa per il suo coraggio" a firma di Denise, la figlia di Lea. Più dietro, la piazza è piena di bandiere con la scritta "Vedo, Sento, Parlo".
giovedì 17 ottobre 2013
18 OTTOBRE - SCIOPERO DEI SINDACATI DI BASE
Il 18 è sciopero, la lettera dei Cobas ai lavoratori del Pubblico impiego In occasione dello sciopero generale proclamato dai sindacati di base venerdì prossimo 18 ottobre, i Cobas del pubblico impiego hanno scritto una lettera ai dipedenti pubblici, forse i più colpiti in questo momento dall'Austerity di Letta e Napolitano. "Da 5 anni i contratti pubblici sono fermi: non un euro di aumento, potere di acquisto ridotto ai minimi termini. In questi anni è accaduto di tutto e di più senza che i sindacati maggiormente rappresentativi, o sedicenti tali, abbiano mosso un dito. In alcuni paesi europei (e non solo la Grecia) il pagamento del debito è ricaduto sui lavoratori pubblici licenziati a migliaia , con stipendi ridotti del 30% . I governi succedutisi hanno ridotto ai minimi termini le materie oggetto di contrattazione sindacale, a colpi di decreti legislativi hanno ingessato i fondi della produttività prima con i limiti imposti alla spesa del personale, poi con l'intervento della Corte dei Conti che con la motivazione del danno erariale sta operando un autentico stravolgimento della contrattazione decentrata. In molti Enti pubblici stanno passando in rassegna i fondi della produttività degli ultimi dieci anni, al personale nel frattempo andato in pensione e a quello in servizio stanno per presentare il conto richiedendo indietro le somme che ritengono illegittimamente erogate. I tagli imposti dalla spending review, tagli accompagnati dal silenzio \assenso di sindacati, la piaga del precariato mai affrontata e men che mai risolta, carichi di lavoro in costante aumento, paghe ferme da anni e ridotte ormai a ben poca cosa, sono questi gli scenari apocalittici del Pubblico Impiego. Sappiamo che lo sciopero è forse un'arma spuntata grazie alle continue leggi che hanno stravolto l'esercizio del diritto di sciopero, ma non vediamo altra alternativa se non quella di starcene a casa o scendere in piazza per obiettivi astratti, manipolati da media, intellettuali e politici che scoprono la centralità della Costituzione dimenticando come la stessa sia stata progressivamente svuotata e ridicolizzata. I cantori della Costituzione (che noi difendiamo rivendicandone la applicazione laddove si parla di controllo e indirizzo a fini sociali dell’economia, di nazionalizzazione delle imprese nocive per gli uomoni e l’ambiente come l’Ilva) non hanno mosso un dito quando c’era da contrastare le privatizzazioni a dimostrazione che i diritti non possono affermarsi in astratto. Qualcuno ha strumentalmente messo in antitesi le date del 12 Ottobre e dello sciopero generale, chi lo ha fatto è complice di avere boicottato uno sciopero che con tutti i suoi limiti resta la sola risposta ad un Governo che si prepara ad attaccare con maggiore forza il lavoro, i precari, i diritti, il potere di acquisto e di contrattazione. Sappiamo quanto sia difficile oggi scioperare (molti Enti pubblici non ne danno neppure notizia all’utenza )perché anche 60 euro in fondo al mese rappresentano una grave perdita, ma ci chiediamo cosa altro potranno inventarsi Governo e sindacati compiacenti se i lavoratori e le lavoratrici subiranno tutte le loro decisioni passivamente, se prevarrà la rassegnazione sul conflitto per riconquistare tutto ciò che ci hanno tolto in termini di salario, diritti e potere di contrattazione. IL 18 Ottobre sciopera e vieni a manifestare a Roma"
sabato 12 ottobre 2013
venerdì 11 ottobre 2013
RANIERO LA VALLE: SENZA PROPORZIONALE LA COSTITUZIONE NON SI SALVA...
Sulla base di un documento intitolato “La via maestra” (la Costituzione) firmato da Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelski, Lorenza Carlassare, don Luigi Ciotti e Maurizio Landini e promossa da molte Associazioni, si è tenuta l’8 settembre 2013 a Roma un’“assemblea aperta” intesa a promuovere movimento e iniziative per la difesa e l’attuazione della Costituzione. I lavori si sono conclusi con l’indizione della manifestazione a Roma per il prossimo 12 ottobre.
Pubblichiamo qui l’intervento di Raniero La Valle, Presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione, che sono tra i promotori e i partecipi di questa complessa azione collettiva.
Confermo la partecipazione dei Comitati Dossetti per la Costituzione a questa iniziativa e all’impegno collettivo per la Costituzione e la democrazia, oggi così gravemente insidiate e minacciate in Italia. La lotta comune dei movimenti della società civile a presidio della Costituzione è necessaria non solo per interpretare e promuovere la coscienza costituzionale del Paese, ma anche per svegliare il Parlamento che spesso si fa sorprendere senza neanche accorgersene da iniziative di cambiamento e sovvertimento costituzionale, come è avvenuto con la precipitosa modifica dell’art. 81 e ora con la legge di deroga all’art. 138. La meritoria reazione parlamentare manifestatasi in questi giorni soprattutto grazie al Movimento 5 stelle, è partita in luglio quando la legge era stata già approvata in prima lettura e con procedura d’urgenza dalla Prima Commissione del Senato; ma probabilmente questa mobilitazione non ci sarebbe stata se prima non ci fosse stata la manifestazione popolare del 2 maggio a Bologna, il documento del 2 maggio dei giuristi dei Comitati Dossetti contro la progettata Convenzione e il grido d’allarme del 10 giugno degli stessi Comitati contro “la legge grimaldello” di deroga all’art. 138 approvata dal governo Letta il 6 giugno.
Giustamente è stato detto che l’iniziativa comune di oggi è solo un inizio. E infatti quando si tratta di difendere i supremi valori costituzionali e ripristinare l’onore, come ha detto Lorenza Carlassare, bisogna sempre ricominciare di nuovo. Tuttavia la battaglia per la Costituzione non comincia ora: l’attacco che le è stato mosso è cominciato nel 1989, alla rimozione del Muro, quando quello era il momento costituente per un mondo nuovo, e invece è partita l’offensiva contro il costituzionalismo considerato incompatibile con il profitto e la nuova competizione globale. Visto il tempo che ci stanno mettendo per neutralizzare la Costituzione, si può dire che questa non è una guerra lampo, ma è forse la guerra dei trent’anni, e la nostra difesa della Costituzione non è una corsa ad ostacoli, ma è una lunga maratona con una staffetta che si trasmette da una generazione all’altra.
Intanto non ci sono riusciti ad abbatterla, e la Costituzione è ancora lì. Ieri sera a piazza San Pietro c’erano centomila persone, tutte unite da due cose: la prima era che tutti si opponevano alla guerra contro la Siria; e la seconda era un grande, lunghissimo, collettivo silenzio che risuonava come l’alternativa più radicale in questa società di rumore e vane parole. Tra le centomila persone c’era una bandiera con su scritto: art. 11. Ciò vuol dire che l’Italia era presente in quella piazza, non con i suoi governanti infedeli, ma con la sua Costituzione.
Però io credo che per salvare la Costituzione e spingere ad attuarla, ormai non bastano più i documenti, le firme, le mobilitazioni dei giuristi e nemmeno le grandi assemblee. Se vogliamo ancora vincere c’è bisogno di qualcosa di più. Perciò vorrei proporre un tema che so controverso, che non è condiviso da molti tra noi, ma che io giudico decisivo. Ci vuole un patto tra tutte le forze più sensibili e lungimiranti, un patto da proporre anche ai partiti democratici e di sinistra, a cominciare da PD, per la proporzionale. Senza la proporzionale la Costituzione non si salva e la democrazia sfiorisce. E ciò anche perché nella nuova situazione, in cui tutto è in gioco, le Banche chiedono la rinuncia alle conquiste di civiltà e la sfida ai valori democratici si è fatta radicale, occorre fare appello a tutte le risorse, a tutti i soggetti che sono implicati in tale alternativa. Il crollo della Costituzione travolgerebbe tutti, e allora tutti devono poter combattere, e il modo in cui tutti possono farlo è una rappresentanza che sia veramente universale, non escluda nessuno e dia ruolo a tutti. Questo si può fare solo con la proporzionale, senza sbarramenti, senza che si taglino i “cespugli”, perché dai cespugli nasce il grande bosco e le minoranze, per quanto piccole, possono essere quelle che hanno in gestazione il mondo nuovo. Il suffragio universale e diretto è il cuore e la condizione della democrazia. Per metterla in sicurezza, bisogna ripartire da lì e riaprire, noi crediamo, questo tema anche tra noi.
Raniero La Valle
Pubblichiamo qui l’intervento di Raniero La Valle, Presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione, che sono tra i promotori e i partecipi di questa complessa azione collettiva.
Confermo la partecipazione dei Comitati Dossetti per la Costituzione a questa iniziativa e all’impegno collettivo per la Costituzione e la democrazia, oggi così gravemente insidiate e minacciate in Italia. La lotta comune dei movimenti della società civile a presidio della Costituzione è necessaria non solo per interpretare e promuovere la coscienza costituzionale del Paese, ma anche per svegliare il Parlamento che spesso si fa sorprendere senza neanche accorgersene da iniziative di cambiamento e sovvertimento costituzionale, come è avvenuto con la precipitosa modifica dell’art. 81 e ora con la legge di deroga all’art. 138. La meritoria reazione parlamentare manifestatasi in questi giorni soprattutto grazie al Movimento 5 stelle, è partita in luglio quando la legge era stata già approvata in prima lettura e con procedura d’urgenza dalla Prima Commissione del Senato; ma probabilmente questa mobilitazione non ci sarebbe stata se prima non ci fosse stata la manifestazione popolare del 2 maggio a Bologna, il documento del 2 maggio dei giuristi dei Comitati Dossetti contro la progettata Convenzione e il grido d’allarme del 10 giugno degli stessi Comitati contro “la legge grimaldello” di deroga all’art. 138 approvata dal governo Letta il 6 giugno.
Giustamente è stato detto che l’iniziativa comune di oggi è solo un inizio. E infatti quando si tratta di difendere i supremi valori costituzionali e ripristinare l’onore, come ha detto Lorenza Carlassare, bisogna sempre ricominciare di nuovo. Tuttavia la battaglia per la Costituzione non comincia ora: l’attacco che le è stato mosso è cominciato nel 1989, alla rimozione del Muro, quando quello era il momento costituente per un mondo nuovo, e invece è partita l’offensiva contro il costituzionalismo considerato incompatibile con il profitto e la nuova competizione globale. Visto il tempo che ci stanno mettendo per neutralizzare la Costituzione, si può dire che questa non è una guerra lampo, ma è forse la guerra dei trent’anni, e la nostra difesa della Costituzione non è una corsa ad ostacoli, ma è una lunga maratona con una staffetta che si trasmette da una generazione all’altra.
Intanto non ci sono riusciti ad abbatterla, e la Costituzione è ancora lì. Ieri sera a piazza San Pietro c’erano centomila persone, tutte unite da due cose: la prima era che tutti si opponevano alla guerra contro la Siria; e la seconda era un grande, lunghissimo, collettivo silenzio che risuonava come l’alternativa più radicale in questa società di rumore e vane parole. Tra le centomila persone c’era una bandiera con su scritto: art. 11. Ciò vuol dire che l’Italia era presente in quella piazza, non con i suoi governanti infedeli, ma con la sua Costituzione.
Però io credo che per salvare la Costituzione e spingere ad attuarla, ormai non bastano più i documenti, le firme, le mobilitazioni dei giuristi e nemmeno le grandi assemblee. Se vogliamo ancora vincere c’è bisogno di qualcosa di più. Perciò vorrei proporre un tema che so controverso, che non è condiviso da molti tra noi, ma che io giudico decisivo. Ci vuole un patto tra tutte le forze più sensibili e lungimiranti, un patto da proporre anche ai partiti democratici e di sinistra, a cominciare da PD, per la proporzionale. Senza la proporzionale la Costituzione non si salva e la democrazia sfiorisce. E ciò anche perché nella nuova situazione, in cui tutto è in gioco, le Banche chiedono la rinuncia alle conquiste di civiltà e la sfida ai valori democratici si è fatta radicale, occorre fare appello a tutte le risorse, a tutti i soggetti che sono implicati in tale alternativa. Il crollo della Costituzione travolgerebbe tutti, e allora tutti devono poter combattere, e il modo in cui tutti possono farlo è una rappresentanza che sia veramente universale, non escluda nessuno e dia ruolo a tutti. Questo si può fare solo con la proporzionale, senza sbarramenti, senza che si taglino i “cespugli”, perché dai cespugli nasce il grande bosco e le minoranze, per quanto piccole, possono essere quelle che hanno in gestazione il mondo nuovo. Il suffragio universale e diretto è il cuore e la condizione della democrazia. Per metterla in sicurezza, bisogna ripartire da lì e riaprire, noi crediamo, questo tema anche tra noi.
Raniero La Valle
giovedì 10 ottobre 2013
NO TRIV - GIOVEDì 10 OTT - AULA CONSIGLIARE CASSINA DE PECCHI
Cassina de' Pecchi, 7 ottobre 2013 – Prima delle trivelle, arrivano le polemiche. E con loro i comitati di cittadini che, grazie al passaparola e ai social network, si stanno organizzando per fermare quello che hanno già definito l’ennesimo scempio del territorio. La notizia, diffusa la scorsa estate ma confermata in modo chiaro e netto solo qualche settimana fa, che una vasta area della Martesana possa trasformarsi in un campo di trivellazione per la ricerca di gas e idrocarburi, è ormai diventata questione pubblica. Tanto da spingere un gruppo di cittadini a chiamare a raccolta i residenti della zona per chiedere maggiore chiarezza sia alle Amministrazioni interessate che alla società coinvolta.
Dopo qualche incontro informale, ecco fissato il primo appuntamento che dovrebbe anche segnare la nascita del comitato “No Triv”: giovedì alle 21 sarà l’aula consigliare di Cassina de’ Pecchi a ospitare la riunione di coloro che già si definiscono «partigiani della terra, contro l’ennesima devastazione del territorio». Sabato 12 ottobre alle 15 nuovo incontro, questa volta nelle campagne di Cassina, in una sorta di pellegrinaggio per calpestare quella stessa terra che presto potrebbe essere trivellata. Così, dopo le interrogazioni in parlamento e quelle finite sui tavoli di commissioni e consigli regionali e provinciali per iniziativa dei rappresentanti politici locali, si apre anche la mobilitazione del popolo su una questione ancora tutta da chiarire. Una cosa al momento è certa: il via libera per le trivellazioni che dovrebbero essere realizzate nei prossimi 12 mesi dalla Mac Oil and Gas c’è e riporta una firma autorevole, quella del ministero dello Sviluppo economico.
L'autorizzazione è dello scorso giugno, a fronte di una richiesta avanzata nel 2009 dalla stessa società il cui progetto aveva convinto la commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie del ministero. La prima fase prevede un’indagine geofisica da realizzare con pozzi esplorativi da installare nell’area interessata compresa in un raggio di circa 180 chilometri, che tocca 24 Comuni in tutto tra la Martesana e l’Adda e diversi parchi di interesse sovracomunale. Al momento la Regione ha concesso che la prima fase di studi possa avvenire senza una valutazione di impatto ambientale.
Dopo qualche incontro informale, ecco fissato il primo appuntamento che dovrebbe anche segnare la nascita del comitato “No Triv”: giovedì alle 21 sarà l’aula consigliare di Cassina de’ Pecchi a ospitare la riunione di coloro che già si definiscono «partigiani della terra, contro l’ennesima devastazione del territorio». Sabato 12 ottobre alle 15 nuovo incontro, questa volta nelle campagne di Cassina, in una sorta di pellegrinaggio per calpestare quella stessa terra che presto potrebbe essere trivellata. Così, dopo le interrogazioni in parlamento e quelle finite sui tavoli di commissioni e consigli regionali e provinciali per iniziativa dei rappresentanti politici locali, si apre anche la mobilitazione del popolo su una questione ancora tutta da chiarire. Una cosa al momento è certa: il via libera per le trivellazioni che dovrebbero essere realizzate nei prossimi 12 mesi dalla Mac Oil and Gas c’è e riporta una firma autorevole, quella del ministero dello Sviluppo economico.
L'autorizzazione è dello scorso giugno, a fronte di una richiesta avanzata nel 2009 dalla stessa società il cui progetto aveva convinto la commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie del ministero. La prima fase prevede un’indagine geofisica da realizzare con pozzi esplorativi da installare nell’area interessata compresa in un raggio di circa 180 chilometri, che tocca 24 Comuni in tutto tra la Martesana e l’Adda e diversi parchi di interesse sovracomunale. Al momento la Regione ha concesso che la prima fase di studi possa avvenire senza una valutazione di impatto ambientale.
domenica 6 ottobre 2013
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