Napolitano riconosce le difficoltà ma dimentica le cause dei problemi dei giovani
Abbiamo apprezzato del discorso di fine anno del Presidente della Repubblica l’attenzione ai problemi dei giovani e la sottolineatura del disagio sociale del paese.
Siamo invece rimasti delusi dall’assenza del discorso del Presidente di qualsiasi cenno alle politiche che hanno prodotto questa situazione di profondo disagio.
La riproposizione acritica della globalizzazione neoliberista così come se non fosse questa ad aver determinato la crisi che viviamo costituisce un grave errore.
Nuovi traguardi per i giovani sono possibili proprio a partire dalla messa in discussione di questa globalizzazione e dei rapporti sociali ad essa connessi – a partire dalla precarizzazione integrale del lavoro – non certo dalla sua riproposizione.
Chi si ricorda dell'art. 3?
di Paolo Ferrero
di Paolo Ferrero
Ho molto apprezzato l'attenzione del presidente della Repubblica per i giovani e la denuncia dei drammi sociali che si stanno consumando in questo nostro Paese. Nel suo discorso di fine anno è però mancato completamente ogni riferimento critico alla globalizzazione neoliberista che è esattamente la causa della crisi oggi galoppante. I giovani non sono precari, non hanno un presente e un futuro insicuri per cause naturali, ma proprio in virtù delle politiche portate avanti in questi ultimi vent'anni. Non si può pensare di uscire da questa crisi riproponendo, come ha fatto Napolitano, quelle stesse politiche di globalizzazione neoliberista di cui ora paghiamo le conseguenze. I nuovi traguardi che i giovani possono porsi non riguardano certo il rilancio della globalizzazione o della crescita. I nuovi traguardi non possono non coincidere con il mutamento deciso dei rapporti sociali, non con la loro prosecuzione.
Ma disagio e precarietà sono figli del neoliberismo
Occorre mettere in discussione l'accumulo vergognoso di ricchezza che si è consumato in questi anni; occorre mettere in discussione il neoliberismo; occorre mettere in discussione le politiche che hanno prodotto la precarizzazione del lavoro e che hanno distrutto i diritti. Avremmo voluto sentire dal Presidente parole chiare contro l'offensiva che la Fiat sta portando avanti nei confronti dei diritti dei lavoratori. Avremmo voluto sentire parole chiare contro i tagli all'informazione decisi dal governo, tagli che mettono in primo luogo in discussione la libertà di stampa. Avremmo voluto sentire sulla guerra non solo il cordoglio, ma un no deciso a tutte le guerre, Afghanistan compreso.
Avremmo voluto sentire parole chiare che non si limitassero a descrivere il problema, ma che ponessero il tema di un cambio di politiche, di un cambio di paradigma quale condizione per uscire dalla crisi.
Per questo sottolineo positivamente l'attenzione ai giovani, ma parallelamente stigmatizzo la mancata individuazione delle responsabilità che hanno determinato la situazione attuale. Così come ritengo non si possa ridurre lo spirito costituzionale unicamente all'uguaglianza dei punti di partenza.
La nostra Costituzione dice qualcosa di più e voglio citare esplicitamente l'articolo 3 che recita: «E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese».
Ecco, questo è il problema che oggi ha l'Italia: fare politiche che rimuovano quegli ostacoli di ordine economico e sociale». Questo avremmo voluto sentire dal Presidente.
Mentre è proprio della rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che noi facciamo il centro della nostra azione politica e che riteniamo possa essere il nuovo traguardo da proporre ai giovani d'oggi.
AFGHANISTAN – DICHIARAZIONE
DI
FERRERO PRC-FDS
AFGHANISTAN - FERRERO (RIFONDAZIONE COMUNISTA – FEDERAZIONE DELLA SINISTRA): RITIRARE TRUPPE DA AFGHANISTAN E’ DOVERE POLITICO E MORALE
Il cordoglio che esprimo ai famigliari del militare Matteo Miotto si accompagna alla richiesta al governo di ritirare le truppe dall’Afghanistan.
Con ogni evidenza la guerra non ha nulla a che vedere con la pacificazione dell’Afghanistan e ritirare le truppe italiane oggi non è solo un dovere politico ma morale.
Da parte del governo, proseguire la missione significa decidere che altri militari italiani verranno uccisi per nulla, ed è immorale piangere i morti quando le decisioni che si prendono porteranno ad altre morti.
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