Rifondazione: “Occorre una radicale riforma della RAI che non può certo realizzare questo governo, per riavere un servizio pubblico utile al Paese”
Pubblicato il 27 set 2024
Stefania Brai*
Che la attuale legge che governa la Rai, voluta dal Pd di Renzi, sia orrenda, è un dato di fatto. Ma è anche un dato di fatto che nessuno dal 2016 ad oggi abbia voluto, né cercato, né chiesto di modificarla. Così come è un dato di fatto che se tutta l’opposizione si fosse astenuta nell’elezione del nuovo consiglio di amministrazione della Rai si sarebbe di fatto consegnata l’intera gestione del servizio pubblico radiotelevisivo nelle mani di un governo fascista che sta trasformando questo paese in uno Stato di polizia,
Secondo Elly Schlein “non c’è motivo di rinnovare il cda, visto che già controllano la Rai”. Se questo principio fosse messo in pratica, vorrebbe dire rinunciare al dovere di una forza politica democratica di rappresentare una reale opposizione, rinunciare al dovere di essere punto di riferimento di un’altra visione della società e di una alternativa possibile. Anche al dovere di rappresentare all’interno di un servizio pubblico quella parte di cittadine e cittadini che in questo governo non si riconoscono. Vorrebbe dire abbandonare la rappresentanza di chi lavora in quella azienda.
Inoltre: se nessuno finora, dal 2016 ad oggi, è riuscito né ha tentato di cambiare la legge di Renzi, davvero qualcuno pensa di poter mettere in campo una riforma della Rai insieme al governo Meloni? E su quali cardini si fonderebbe una riforma costruita insieme a questa destra?
E allora il punto politico è questo: tra chi pensa che sia sufficiente cambiare la cosiddetta “governance” aziendale e chi, come Rifondazione comunista, ritiene che una reale riforma della Rai che le restituisca il ruolo di servizio pubblico debba affrontare i nodi della sua missione, della sua struttura aziendale, delle sue professionalità, del suo rapporto col paese reale e tanto, tantissimo altro. Finché ci sarà un consiglio di amministrazione privato di qualsiasi ruolo, finché tutti i poteri rimarranno nelle mani di una sola persona al comando, finché non si restituirà potere decisionale e ideativo alle varie strutture e alle tante professionalità, finché non si attuerà una reale democratizzazione interna ed “esterna” della Rai, non ci sarà una reale riforma del servizio pubblico.
Ma ancora di più non ci sarà una reale riforma della più grande azienda pubblica produttrice di senso senza il coinvolgimento di tutte le forze culturali, professionali, artistiche e sindacali del settore.
*responsabile nazionale cultura Prc/Se
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