Sanità lombarda: dal “quasi mercato” al mercato sfacciato
marzo 10, 2022 - Sanità - Tagged: Regione Lombardia, Salute, Sanità, Servizio sanitario nazionale
NB : Data la rilevanza del tema abbiamo ritenuto di rendere pubblica questa vicenda anche tramite “37e2″, la trasmissione sulla salute che va in onda tutti i venerdi dalle 10.35 alle 11.25 su Radio Popolare con il sostegno di Medicina Democratica”
Maria Elisa Sartor nel suo recente studio sulla privatizzazione della sanità lombarda (*) ha definito il risultato di questo processo come “quasi mercato”.
Con questo termine si intende una situazione di snaturamento della sfera pubblica tramite la ibridazione pubblico-privato.
L’autrice lo indica come un processo iniziato nel 1997, con la “riforma Formigoni”, e transitato fino alla ultima legge “Fontana/Moratti” (LR 22/2021).
Il quasi mercato, nel caso lombardo, si raggiunge tramite le decisioni e l’opera delle istituzioni pubbliche che regolano, a favore dei privati, l’entrata nel “sistema sanitario regionale” di erogatori indipendenti in rimpiazzo progressivo ed in concorrenza con le strutture pubbliche.
Questo processo viene denunciato da anni da molte associazioni come Medicina Democratica.
Non solo ha fatto gonfiare la “bolla” privata e i relativi profitti (drenando risorse pubbliche) ma ha anche “avvelenato i pozzi” ovvero ha piegato a logiche privatistiche anche le strutture pubbliche del servizio sanitario (aziendalizzazione, ricerca del pareggio di bilancio, inesistenza di una programmazione socio-sanitaria e di rapporto con gli enti locali ….). Per questo non basta oggi richiedere un ritorno al ruolo del pubblico (dalla programmazione alla erogazione di servizi, a partire da quelli con valenza preventiva) ma necessita anche una sterzata di ritorno ai principi, attualizzati, della riforma sanitaria del 1978 ove il “prodotto” della sanità era la salute collettiva.
Se qualcuno aveva dubbi sulla deriva delle rimanenti strutture pubbliche, la lettera di risposta alla CGIL da parte della ASST Bergamo Ovest li toglie.
La CGIL con nota del 17.11.2021 ha presentato una richiesta di dati sui ricoveri e prestazioni ambulatoriali dal 1.01.2019 ad oggi alle ASST della provincia di Bergamo per un lavoro di studio degli effetti della pandemia.
La risposta negativa della ASST Bergamo Ovest (del 15.12.2021) viene motivata dalla “necessità di tutelare, escludendone l’assoggettamento all’accesso civico (…) gli interessi economico-commerciali della scrivente ASST qualificabili come segreti commerciali”.
I dati richiesti “hanno a che fare con specifiche modalità organizzative, nate dall’esperienza di gestione ed erogazione delle cure dell’ASST, con i dati finanziari, con una specifica combinazione di attività per specialità, regime e presidio ospedaliero, tutti concorrenti nel costituire il know-how aziendale” .
La risposta rammenta che “a seguito della riforma attuata della LR 33/2009 (modificata da ultimo dalla L.R 22/2021, ndr) il Sistema Sanitario Regionale della Lombardia è dal lato dell’offerta dei servizi sanitari un ‘mercato’ o ‘quasi-mercato’, nel quale la competizione tra operatori pubblici e privati è stata ammessa affinchè migliorasse anzitutto l’efficienza del sistema di offerta pubblico, la scrivente Azienda ha la necessità di tutelare il proprio segreto commerciale relativo agli aspetti organizzativi, finanziari, di controllo di gestione in relazione alla combinazione di attività per specialità, regime e presidio ospedaliero”.
In soldoni, la salute è una merce e le informazioni per renderla profittevole me le tengo ben strette per non dare vantaggi alla concorrenza (privata), siamo all’opposto di quella sanità partecipata dal basso, che valuta conoscenze ed obiettivi, ancora tra i principi nominali della riforma sanitaria.
Un ulteriore frutto avvelenato del processo di privatizzazione della sanità lombarda.
Non basta quindi una difesa del pubblico ma una azione “riformatrice” profonda che parta dal pubblico per rinnovare i principi fondativi e gli obiettivi della riforma sanitaria del 1978.
Nello stesso tempo è indispensabile che quei dati che sono utili concretamente per poter disporre di una conoscenza della domanda di prestazioni nell’ambito più ampio della identificazione delle condizioni di salute delle popolazioni nei relativi territori siano messi a disposizione dal pubblico come dal privato (almeno in questo devono essere “paritari”).
L’assenza di un sistema di raccolta dei dati uniforme per tutti gli erogatori da parte di un garante quale dovrebbe essere l’ente pianificatore preminente per la sua funzione pubblica in tema di sanità e di salute, la regione Lombardia nel nostro caso, costituisce ancora una delle gravi carenze che accompagnano tuttora il processo di privatizzazione della sanità nella nostra regione.
a cura di Marco Caldiroli
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