venerdì 23 dicembre 2022
lunedì 19 dicembre 2022
CONTRO IL GOVERNO CLASSISTA E GUERRAFONDAIO.
CONTRO IL GOVERNO CLASSISTA E GUERRAFONDAIO. Documento approvato dal CPN
Pubblicato il 19 dic 2022
Documento approvato dal comitato politico nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea domenica 18 dicembre.
Il Comitato Politico Nazionale approva la relazione del segretario.
La guerra in Ucraina prosegue mentre il parlamento europeo approva una risoluzione sull’Holodomor che segue quella che ha definito la Russia come “stato terrorista”. Si tratta di un’operazione di uso guerrafondaio della storia, infondata sul piano storiografico e volta ad alimentare il conflitto invece di prendere la strada del cessate il fuoco e della trattativa. La NATO e l’Unione Europea e il governo italiano proseguono sulla strada della guerra per procura. Giorgia Meloni prosegue nella linea guerrafondaia e di oltranzismo atlantista del precedente governo Draghi. Questa linea è condivisa anche dal PD e dai centristi. La lotta contro la guerra è oggi più che mai la discriminante, lo sviluppo del movimento e l’allargamento del “fronte pacifista” è il nostro compito principale.
Il governo Meloni si rivolge al suo elettorato con iniziative identitarie volte a polarizzare l’opinione pubblica su un’agenda tanto reazionaria quanto lontana dai problemi reali del paese: provvedimenti liberticidi come il decreto “antirave”, ripresa della guerra ai migranti e alle ong, esternazioni omofobe, rilancio dell’anticomunismo. Il populismo reazionario serve a nascondere l’aggressivo neoliberismo antipopolare e l’allineamento agli interessi capitalistici forti.
La prima manovra del governo Meloni è classista e reazionaria come il governo. Siamo di fronte a una manovra odiosa contro lavoratrici e lavoratori, pensionati e poveri, che taglia le tasse sulle rendite da capitale, non tassa come dovrebbe gli extraprofitti delle aziende che hanno speculato sui prezzi dell’energia, non interviene seriamente contro l’inflazione e il carovita che depredano salari e pensioni, aumenta le spese militari, continua a tagliare su sanità, scuola e servizi. Il governo sceglie di consolidare il consenso del lavoro autonomo con misure ingiuste come l’innalzamento dell’aliquota del 15% ai redditi fino a 85.000 euro. La reintroduzione dei voucher ha un netto segno di classe e di riproposizione di un modello di precarizzazione selvaggia, lavoro povero e in nero.
Una manovra ingiusta a cui si aggiungono le conseguenze delle decisioni della BCE di alzare i tassi di interesse. I costi della guerra e di un’inflazione per buona parte causata dalla speculazione sull’energia e sui mercati vengono fatti pagare alle classi popolari con l’erosione del potere d’acquisto, la crisi e ovviamente ulteriori tagli allo stato sociale.
Le diverse misure che rappresentano la guerra ai poveri e tese a incentivare la guerra tra poveri sono il segno più evidente del carattere di classe di questa manovra. Tra queste la più ignobile è l’attacco al taglio del reddito di cittadinanza.
Non va sottovalutato il tentativo di presentarsi come destra sociale con misure come il taglio del cuneo fiscale solo per i lavoratori o quota 103 che in realtà rappresenta il tradimento dell’impegno sbandierato durante la campagna elettorale di una soglia di 41 anni di contributi per andare in pensione. Anche la promessa dell’aumento delle pensioni minime a mille euro si riduce a quasi nulla e a spese di altri pensionati.
L’’offensiva del governo su terreno istituzionale è un attacco alla democrazia costituzionale. La proposta Calderoli sull’autonomia differenziata rappresenta un colpo di grazia all’unità della Repubblica e all’universalità dei diritti. Il presidenzialismo è una pericolosa torsione autoritaria dopo anni di svuotamento del ruolo del parlamento.
Contro questo governo è necessaria un’opposizione di segno chiaramente di classe, popolare, antiliberista e anticapitalista, ambientalista, pacifista che abbia come bandiera la Costituzione e la sua attuazione.
E’ necessario continuare a lavorare per la costruzione di uno schieramento politico e sociale di alternativa. Il progetto di Unione Popolare è chiamato ad assumere un ruolo forte di costruzione dell’opposizione sociale e politica.
La costituzione di un coordinamento nazionale provvisorio allargato e di gruppi di lavoro operativi e tematici, la predisposizione di indicazioni per coordinarsi sui territori sono i primi passi necessari di un percorso che va costruito con pazienza unitaria.
Siamo impegnate/i in vista delle prossime elezioni regionali nella costruzione di proposte che consentano di rilanciare la nostra proposta di un polo alternativo ai poli esistenti.
I fatti nuovi che si sono prodotti sul terreno politico – nascita di un esecutivo guidato da eredi del MSI, rottura del campo largo del centrosinistra, nuovo ruolo “progressista” del M5S – richiedono una analisi attenta.
La nuova collocazione e le scelte assunte dal M5S sulla guerra e le questioni sociali, pur nella loro contraddittorietà, non possono essere ignorate. Una sinistra radicale ma non settaria deve porsi il compito di interloquire – senza subalternità e senza rinunciare alle proprie posizioni – con questo partito per verificare la possibilità di convergenze sul piano elettorale nei territori in alternativa ai poli esistenti su una base programmatica condivisa e cooperare in battaglie comuni (pace, reddito, salario minimo).
Lavoriamo per dare un’espressione politica alla contrarietà alla guerra e all’emergenza sociale. Il progetto di Unione Popolare e la nostra stessa iniziativa politica si rafforzano se riescono a presentarsi come elementi propulsivi della più efficace iniziativa di opposizione, proposta di alternativa e difesa degli interessi popolari.
Rifondazione Comunista avanza la proposta di una campagna referendaria su un pacchetto di quesiti su temi democratici, sociali, ambientali e del lavoro come terreno concreto di convergenza di lotte, reti, movimenti, forze politiche, sociali, sindacali.
Il CPN impegna
il partito alla massima mobilitazione nella raccolta firme per la presentazione delle liste di Unione Popolare nelle imminenti elezioni regionali,
a verificare in vista delle consultazioni elettorali regionali e amministrative la possibilità della costruzione di uno schieramento unitario con altre formazioni, inclusi M5S e Si/Verdi laddove si collochino in alternativa al PD, sulla base di priorità programmatiche condivise su temi sociali e ambientali.
sabato 17 dicembre 2022
mercoledì 14 dicembre 2022
giovedì 8 dicembre 2022
mercoledì 7 dicembre 2022
venerdì 2 dicembre 2022
4 DICEMBRE 2022 - ASSEMBLEA A ROMA: COSTRUIAMO UNIONE POPOLARE.
4 dicembre 2022 Assemblea a Roma: costruiamo Unione popolare
Riceviamo e diffondiamo ad agenzie e organi di stampa, con richiesta di pubblicazione
“Domenica 4 dicembre, alle ore 10, presso il The Hive Hotel di Roma, in via Torino, si terrà l’assemblea pubblica di Unione Popolare in cui ci confronteremo per costruire insieme il percorso organizzativo, territoriale e politico di UP. I lavori si svolgeranno sia in plenaria che in gruppi di lavoro che avranno ad oggetto: lavoro e caro vita, ambiente/cambiamenti climatici, democrazia e diritti, guerra e pace. Si sta realizzando il coordinamento provvisorio costituente, composto da 60 persone, e si procederà presto alla costruzione di gruppi di lavoro tematici, in cui si articolerà il lavoro politico e la creazione di una struttura operativa che sarà addetta in particolare all’attività di comunicazione politica.”
È quanto si legge in una nota del Coordinamento di Unione Popolare
martedì 22 novembre 2022
lunedì 31 ottobre 2022
FUORI LA GUERRA DALLA STORIA - 5 NOVEMBRE A ROMA!
Unione Popolare contro la guerra. Meloni come Draghi al servizio della NATO
Unione Popolare aderisce e invita a partecipare alla manifestazione per la pace a Roma del 5 novembre e promuove iniziative in tutta Italia per il 4 novembre.
Unione Popolare aderisce e invita a partecipare alla manifestazione pacifista del 5 novembre. Non si può assistere passivamente all’escalation della guerra in Ucraina che rischia sempre più di trasformarsi in conflitto nucleare mentre cresce ogni giorno il numero delle vittime.
Bisogna fermare la guerra e imporre la via della trattativa e della soluzione diplomatica. Per questo condanniamo le posizioni assunte dall’Italia e dall’Unione Europea che sostengono la prosecuzione della guerra a oltranza fino alla riconquista della Crimea e in tal modo impediscono ogni possibilità di un immediato cessate il fuoco. Non è questa la strada per porre fine al massacro.
Il governo Meloni prosegue sulla linea del governo Draghi di totale allineamento ai diktat di USA e NATO. La maggioranza dei partiti presenti in parlamento è schierata per la prosecuzione dell’invio delle armi e per l’aumento delle spese militari. Per dire no a questa follia bellicista è importante essere tantissime/i il 5 novembre a Roma.
Noi di Unione Popolare parteciperemo con la coerenza del nostro impegno per la pace che ci ha caratterizzato fin dall’inizio del conflitto.
Abbiamo condannato la sciagurata invasione di Putin ma al tempo stesso abbiamo denunciato le responsabilità della NATO e il ruolo del nazionalismo di estrema destra in Ucraina a partire dal 2014.
Chiediamo che il nostro paese assuma iniziative concrete di ripudio della guerra in attuazione dell’articolo 11 della Costituzione: stop all’invio di armi e alle sanzioni, ritiro dei contingenti dai confini con la Russia, ruolo attivo per il cessate il fuoco e la convocazione di una conferenza di pace, taglio delle spese militari, firma del trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari e rifiuto di ospitare ordigni nucleari in Italia.
Il 4 novembre promuoveremo presidi e iniziative in tutta Italia contro la guerra, contro la guerra ai poveri, contro la guerra ai migranti.
Coordinamento di Unione Popolare
domenica 30 ottobre 2022
venerdì 7 ottobre 2022
Dopo il voto del 25 settembre 2022.
Dopo il voto del 25 settembre 2022.
Pubblicato il 6 ott 2022
Documento approvato dalla Direzione Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
Le elezioni del 25 settembre ci consegnano un Paese in cui per la prima volta nella storia repubblicana il partito più votato è erede della formazione storica dei nostalgici del fascismo con la loro fiamma nel simbolo. La maggioranza di seggi conquistati nel parlamento non è conseguenza di una crescita impetuosa del consenso verso il complesso della destra. Piuttosto, è avvenuta una redistribuzione del voto all’interno della coalizione che già con Salvini aveva assunto negli anni scorsi un profilo di ultradestra trumpiana e lepenista.
La destra non ha conquistato la maggioranza dei voti, ha vinto elezioni caratterizzate dall’ulteriore crescita dell’astensionismo. Siamo di fronte a dati che riflettono la profonda crisi sociale e democratica: l’affluenza più bassa nelle elezioni politiche (63.9%) e il maggior calo della partecipazione al voto rispetto alla precedente tornata (oltre il 9%) nella storia repubblicana. Dopo anni di politiche neoliberiste, di svuotamento della democrazia costituzionale e di cancellazione di un’alternativa di sinistra, è cresciuto enormemente il distacco delle classi popolari dalla politica e dalla rappresentanza. La vittoria della fiamma tricolore è il risultato di un processo di lunga durata di sdoganamento del fascismo e revisionismo storico, di un trentennio di bipolarismo e soprattutto dell’ultimo decennio di governi con dentro il PD. L’affermazione di Fratelli d’Italia non va sottovalutata perché non è un episodio isolato, ma si inserisce in un contesto europeo e internazionale che ha visto nell’ultimo decennio la crescita globale dell’ultradestra, dagli Stati Uniti al Brasile e in molti Paesi europei.
In Italia però i dati dicono chiaramente che non siamo di fronte a un’onda nera. La percentuale delle astensioni è più alta di quella ottenuta complessivamente dalla coalizione di destra che non ha ottenuto nemmeno la maggioranza dei voti. Va ribadito con nettezza che la vittoria di Giorgia Meloni è conseguenza delle scelte elettorali del PD e di una legge elettorale su cui chiese la fiducia il governo Gentiloni e che Enrico Letta ha deciso di non modificare facendo un patto con la leader della destra. Con una legge elettorale proporzionale non ci sarebbe un governo guidato da Giorgia Meloni.
Questa legge elettorale palesemente incostituzionale e antidemocratica non solo ha consegnato alla destra una maggioranza che non ha nel Paese, ma ha negato rappresentanza a 2.817.883 elettori pari al 10,47% dell’elettorato.
Il profilo di Fratelli d’Italia è caratterizzato dai temi condivisi con la Lega di Salvini: xenofobia, razzismo, “guerra culturale” contro diritti delle donne e lgbtqi, politiche sicuritarie, rottura dell’unità del Paese e dei principi di uguaglianza. Sono state però accantonate le velleità sovraniste di rottura con l’Unione Europea, dentro la quale cresce il peso delle forze nazionaliste di destra ed è palese la volontà di rassicurare l’establishment economico italiano e internazionale. E’ totale l’allineamento con gli USA e la NATO. Nonostante la demagogia populista, l’estrema destra che torna al governo non è antisistemica sul piano economico e sociale, né su quello della collocazione internazionale. Per questo Clinton e Draghi prima del voto hanno pubblicamente legittimato la nascita di un esecutivo guidato da Giorgia Meloni.
La sconfitta del PD non è un dato che può essere attribuito soltanto a scelte sbagliate contingenti. Siamo di fronte al fallimento dell’intero progetto fondativo, dall’impianto programmatico neoliberista e della identificazione subalterna con la governance europea e atlantica. La composizione sociale del voto al PD è il risultato delle politiche antipopolari che hanno caratterizzato la storia del centrosinistra.
La tragedia italiana è che per milioni di persone la sinistra continua a identificarsi con il PD, con le conseguenze che sono ormai evidenti. Lo stesso relativo successo della lista di Si-Verdi come formazione alleata del PD è stato alla base della mancata aggregazione di un polo alternativo di sinistra.
In assenza di una sinistra autonoma, forte e percepibile a livello di massa, il M5S di Conte è diventato il riferimento per un’area consistente di elettori di sinistra, nonostante il trasformismo e le contraddizioni che lo hanno caratterizzato negli ultimi 5 anni di ininterrotta presenza al governo. Il successo nel meridione, come partito del reddito di cittadinanza, ha cancellato il dato dell’enorme crollo del consenso rispetto al 2018. Il M5S continua a occupare in forme nuove lo spazio della protesta e dell’alternativa, ma con caratteristiche diverse da quelle originarie del “né di destra, né di sinistra”. Il suo riposizionarsi come forza “progressista” è sicuramente stata una scelta elettorale forzata, ma con un governo di destra non può che essere confermata.
I dati elettorali confermano che in questo paese c’è bisogno di una sinistra popolare e di classe. Purtroppo l’insuccesso della nostra proposta di Unione Popolare fotografa la realtà dei rapporti di forza.
La crisi di governo e le elezioni anticipate, che ci hanno colto in ritardo nella costruzione di un progetto politico unitario della sinistra di alternativa, ci hanno impedito di sviluppare il progetto che era faticosamente partito il 9 luglio e che avrebbe avuto bisogno di mesi di tessitura, interlocuzioni, radicamento nel Paese per arrivare alla scadenza elettorale con qualche possibilità di affermazione. Siamo precipitati in una forsennata corsa per la composizione delle liste, la raccolta delle firme e poi la campagna elettorale che nonostante la generosità e l’impegno militante, non poteva non essere in salita.
Vanno ringraziate/i tutte le compagne e i compagni che hanno garantito il successo non scontato della raccolta delle firme e poi una campagna rapidissima, che aveva suscitato anche aspettative superiori al risultato raggiunto.
Lo spazio politico per la nostra lista si è ristretto per la configurazione che ha caratterizzato la campagna: rottura del PD con il M5S che ha recuperato proprio grazie alle polemiche degli avversari un’immagine di radicalità e alterità che aveva smarrito; rottura di Calenda che ha reso più digeribile la scelta di SI e Verdi di alleanza col PD. Il successo di Conte e del M5S nelle regioni meridionali ha chiuso lo spazio per Unione Popolare, nonostante la candidatura di Luigi de Magistris persino in regioni come la Calabria, dove solo un anno fa aveva raccolto quasi il 17%.
La nostra debolezza non ci ha consentito di diventare punto di riferimento percepibile dall’elettorato popolare e soprattutto di raggiungere l’area dell’astensionismo, mentre altre opzioni, seppur meno coerenti della nostra, sono apparse più efficaci anche per i settori più politicizzati e informati di sinistra, ambientalisti e pacifisti.
Abbiamo pagato anche questa volta l’ostracismo dei media – la pressocchè totale assenza dai telegiornali che rappresentano ancora il principale canale di orientamento dell’elettorato – anche se il portavoce Luigi de Magistris è riuscito a conquistare uno spazio nei talk sicuramente maggiore rispetto a quello a cui siamo abituati. Ancora una volta, ci siamo ritrovati nella difficoltà di far conoscere un simbolo e una proposta politico-programmatica nuova a vasti settori dell’elettorato soprattutto popolare.
Hanno pesato fortemente l’eredità delle sconfitte precedenti e gli stessi sondaggi. Il dubbio che Unione Popolare non potesse superare la soglia del 3% ha indotto una parte consistente dell’elettorato potenziale verso il M5S o la lista Si-Verdi. Nei comportamenti dell’elettorato pesa la questione dell’efficacia del voto e non solo nei termini del cosiddetto “voto utile” contro la destra.
Ma ancora più di tutto questo ha pesato l’assenza di un movimento sociale generalizzato. Una nuova rappresentanza politica a sinistra si alimenta e vive innanzitutto dell’apertura di una contesa sociale nel Paese, più che di un’azione propagandistica, elettorale o della personificazione di una operazione politica. Da qui dobbiamo ricominciare, da campagne contro la guerra, il carovita, l’impoverimento sociale per la ricostruzione possibile e necessaria di una forza di alternativa
Il risultato insoddisfacente non cancella il fatto che senza il progetto di Unione Popolare non avremmo certo registrato migliori risultati nella collocazione di alternativa e rottura che abbiamo scelto da anni e confermato all’ultimo congresso. Basti pensare ai risultati delle ultime tornate amministrative e regionali
In ogni caso non vanno dispersi la disponibilità all’impegno, la simpatia, il consenso e anche l’entusiasmo che si sono coagulati intorno a Unione Popolare. Se Unione Popolare sparisse dalla scena sarebbe una sconfitta ben più grave di quella elettorale.
Il percorso, nato dalla convergenza tra il nostro partito, Potere al Popolo, DeMa, le parlamentari di ManifestA, e altre formazioni e tante/i intellettuali e attiviste/i va proseguito ed allargato, valorizzando i primi passi compiuti con la campagna elettorale, promuovendo da subito momenti assembleari territoriali, in un processo che sia di partecipazione democratica.
Intorno al progetto di Unione Popolare si è aggregata un’area di disponibilità all’impegno più larga dei partiti che hanno promosso l’aggregazione e soprattutto energie intellettuali, attiviste/i, giovani. Un’area che va appieno coinvolta.
Il percorso va proseguito riprendendo immediatamente l’iniziativa politica e sociale in questo autunno segnato dall’escalation della guerra, dalla crisi sociale prodotta dal caro bollette e dall’inflazione, dalla stessa nascita di un esecutivo di destra. Unione Popolare deve dimostrarsi utile come soggetto e spazio unitario dell’opposizione più conseguente e coerente al governo di destra e voce del malessere delle classi popolari.
Non si tratta di costruire un nuovo partito e di sciogliere le organizzazioni esistenti. Un dibattito di questo genere produrrebbe, tra l’altro, un dibattito tutto interno, invece dell’iniziativa e delle interlocuzioni di cui c’è bisogno per rafforzare il progetto e radicarlo nel paese. Le nostre coordinate sono contenute nelle tesi approvate all’ultimo congresso: lavoriamo per un movimento plurale dentro al quale trovare le forme in cui la convergenza delle soggettività organizzate, la partecipazione, l’elaborazione comune possano svilupparsi.
E’ evidente che le modalità attraverso le quali strutturare e far vivere l’Unione Popolare, oltre che a un approfondimento da parte del nostro Partito, vanno pensate e concordate insieme a tutte le soggettività che hanno concorso alla creazione di questo spazio di confluenza che già ha assunto nel Paese durante la campagna elettorale una riconoscibilità come soggetto politico unitario. La disponibilità di una figura di portavoce come Luigi de Magistris rimane una risorsa per Unione Popolare, che ora potrà finalmente procedere a quel percorso democratico, partecipato, orizzontale, includente e aperto che non è stato possibile a causa della precipitazione elettorale. Lo stesso rapporto con le tante lotte e vertenze va sviluppato nella pratica della convergenza, che riguarda aree molto più vaste di quelle già impegnate in Unione Popolare.
Il nostro partito è chiamato a svolgere un ruolo essenziale di elaborazione e iniziativa dentro la fase che si è aperta.
La riorganizzazione e il rafforzamento del partito è questione essenziale, che si pone in relazione con il progetto di Unione Popolare e la costruzione dell’opposizione sociale e politica. A tal proposito la Direzione Nazionale impegna il Partito a riavviare nei territori il percorso relativo allo svolgimento della Conferenza Nazionale di Organizzazione da tenersi nelle giornate del 14 e 15 gennaio sulla base del mandato e dei documenti già approvati, tenendo altresì conto delle novità di quadro politico e sociale e dei nuovi compiti che fanno seguito al risultato elettorale.
Anche se ci saranno molti elementi di continuità con l’agenda dei governi precedenti, bisogna avere la consapevolezza che con un governo così marcatamente di destra si riconfigura l’intero campo dello scontro politico.
La crisi della sinistra è tale che, pur in presenza del palese fallimento del modello neoliberista, della crisi ecologica e economica e della guerra, non si sviluppano movimenti di massa in grado di cambiare l’agenda del Paese e dell’Europa.
Una sinistra con un punto di vista anticapitalista, ambientalista, femminista, intersezionale, è quanto mai necessaria di fronte a un governo che porterà avanti una miscela di populismo reazionario e neoliberismo.
Nella costruzione dell’opposizione vanno evitati due errori speculari: quello della subalternità alle forze che punteranno a una nuova soluzione tecnocratica, con la riedizione di un frontismo di centrosinistra senza contenuti di alternativa e quello della sottovalutazione della specificità e dell’aggressività della destra fascistoide.
Il risultato elettorale conferma la necessità di costruire una coalizione popolare e contro la guerra che avevamo proposto dopo la crisi di governo e da questo punto di vista va rilanciata la nostra iniziativa a partire dai contenuti dell’opposizione al governo.
La costruzione di un movimento contro la guerra e contro il carovita è il terreno immediato su cui mobilitarsi e su entrambi i temi è evidente la necessità di una rottura con le politiche perseguite dai governi degli ultimi decenni. Lavoriamo per lo sviluppo della campagna “noi non paghiamo” e più in generale contro il caro-bollette.
La Direzione Nazionale impegna la Segreteria Nazionale nella prosecuzione dell’interlocuzione con le altre componenti di Unione Popolare per individuare i prossimi passaggi e consegna alla discussione del partito e del prossimo Comitato Politico Nazionale la prosecuzione del confronto sulla fase politica e i nostri compiti.
La Direzione Nazionale impegna tutto il partito in vista delle scadenze nazionali già fissate di mobilitazione, a partire dalla manifestazione nazionale della Cgil di sabato 8 ottobre, la manifestazione di Bologna del 22 ottobre, le manifestazioni a Napoli e Roma del 5 novembre, lo sciopero dei sindacati di base del 2 dicembre, nel rilancio delle campagne per una legge elettorale proporzionale e contro ogni autonomia differenziata.
La Direzione Nazionale esprime la solidarietà e sostegno del PRC alla mobilitazione delle donne e dei giovani contro la repressione e l’oscurantismo del regime teocratico iraniano e alla resistenza del popolo e in particolare delle donne curde, che continuano a essere bersaglio del terrorismo di stato del regime di Erdogan.
Di fronte all’escalation bellica la Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista rilancia la proposta a tutti i partiti, i sindacati, i movimenti, le associazioni, le reti schierate contro l’invio delle armi e per una soluzione di pace, di convocare una grande manifestazione contro la guerra e di proporre alla Sinistra Europea di lavorare per una giornata di mobilitazione internazionale.
Costruiamo l’Unione Popolare contro la destra, la crisi e la guerra!
Documento approvato con 27 favorevoli
7 contrari, 1 astenuto
lunedì 26 settembre 2022
ABBIAMO PERSO...
Maurizio ACERBO Segretario Nazionale del Partito della RIFONDAZIONE COMUNISTA
Abbiamo perso. Nonostante la guerra, il carovita, l'evidente fallimento delle politiche neoliberiste, l'impopolarita' dell'agenda Draghi non siamo riusciti a diventare un punto di riferimento per un'alternativa. Fare la cosa giusta non è evidentemente bastato.
Sapevamo che era un'impresa difficilissima dati i rapporti di forza nella società e sui media.
Il breve tempo di una campagna elettorale rapidissima e per la prima volta in estate non ci ha consentito di sviluppare il progetto di Unione Popolare.
Prima dell'analisi e della riflessione tattica e strategica è doveroso ringraziare militanti e attiviste/i, candidate/i, elettrici e elettori di Unione Popolare.
La nostra è una sacca di resistenza, attivismo, passione civile in un paese dove ci sarà un gran bisogno di opposizione.
LUIGI DE
MAGISTRIS
Voglio ringraziare le candidate e i candidati, le militanti e i militanti, chi ci ha sostenuto e le persone che ci hanno votato.
In meno di due mesi abbiamo costruito un luogo politico autentico, raccolto le firme con candidature in tutta Italia, stilato un ottimo programma, fatto una campagna elettorale straordinaria sui social e negli spazi mediatici che ci hanno dato, sempre tra la gente nei limiti di pochissimi giorni che abbiamo avuto. Il tutto senza soldi, solo con la nostra passione e il nostro entusiasmo.
Il tempo è stato poco, in piena estate, e far conoscere un simbolo neonato non era facile. Pensavamo di poter ottenere un risultato diverso, ma siamo stati schiacciati, in un tempo davvero tiranno, tra voto utile e astensionismo.
Siamo però convinti della necessità del nostro progetto e della forza e coerenza delle nostre idee e delle nostre azioni. In Italia manca una forza credibile e vera di sinistra, pacifista, ambientalista, per i diritti civili, che operi con rigore l’attuazione della Costituzione antifascista.
Tutti ci chiedono di non mollare.
Dobbiamo adesso realizzare quello che dovevamo fare se non ci fosse stato lo scioglimento anticipato del Parlamento: diffondere il nuovo soggetto politico e coinvolgere la gente, radicarci sul territorio, consolidare i nostri forti legami internazionali, organizzare l’azione politica.
Unione Popolare riprende subito il cammino con militanti, cittadine e cittadini, soggettività che vorranno con noi costruire un luogo e una soggettività politica al servizio del Paese.
Non saremo ancora nelle istituzioni ma con il popolo nelle piazze, nei territori, nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, per garantire l’opposizione sociale alle destre che governeranno il nostro Paese.
Unione Popolare lavorerà senza sosta per farsi trovare pronta quanto prima per essere l’alternativa etica, culturale, sociale, economica e politica nelle istituzioni.
PAOLO FERRERO
Care compagne e compagni, la speranza non è di queste elezioni: mai così pochi a votare, mai così allineati... Un grazie ai compagni e alle compagne che hanno fatto quello che potevano e anche di più, a partire dalla raccolta di firme. Adesso siamo chiamati a proseguire il progetto di Unione Popolare, nato a luglio e travolto dalle elezioni anticipate senza che potessimo nemmeno farne conoscere il simbolo: è il nostro compito immediato, per costruire una speranza che oggi non ha uno sbocco politico. Parallelamente dobbiamo organizzare l'autoriduzione delle bollette, in modo da dare una risposta sociale e collettiva a quello che rischia di essere altrimenti un dramma individuale che ognuno vive nel chiuso della propria casa... In questo quadro non basta però riprendere il lavoro, serve un deciso salto di qualità nel rinnovamento, nell'elaborazione e nella direzione politica di Rifondazione Comunista, il nostro partito che sappiamo essere fondamentale per la costruzione dell'alternativa. Al lavoro e alla lotta care compagne e compagni.