venerdì 28 giugno 2019
giovedì 27 giugno 2019
LE OLIMPIADI DEI GRANDI FONDI D’INVESTIMENTO Paolo Berdini – “IL MANIFESTO” del 26.06.2019
Le Olimpiadi
dei grandi fondi d’investimento
Paolo Berdini – “IL MANIFESTO” del 26.06.2019
Anche questa
volta la misura non ha retto. Oltre ad un entusiasmo delle autorità presenti al
sorteggio degno di una gita scolastica, sono iniziati gli aggettivi di rito,
vittoria storica, la grande macchina italiana invincibile… E tutta la vicenda
delle Olimpiadi invernali si è subito colorata di una retorica falsa, tanto per
evitare ogni ragionamento di merito.
Stavolta si
sostiene che saranno le prime Olimpiadi sostenibili dal punto di vista
ambientale, economico e del riuso di tutte le attrezzature che verranno
realizzate. Sembra di riascoltare i roboanti annunci che contribuirono a far
passare l’Expo 2015, la precedente vittoria “epocale” di Milano, quando ci
dissero che l’esposizione avrebbe contribuito a sconfiggere la fame nel mondo.
Fandonie.
Intanto la
città ha dovuto prendere atto del grande buco nero – economico e urbano –
creato dalla manifestazione. L’area è infatti abbandonata da anni e nessuno ha
un’idea chiara di come potrà essere trasformata nell’interesse di tutta la
città, a parte quello del fondo Lendlease per la parte privata.
E qui
iniziamo ad avvicinarci al cuore della scelta di assegnare le Olimpiadi a
Milano e Cortina. Se infatti Expo non ha contribuito al miglioramento della
città intesa nel suo complesso, e cioè comprensiva delle periferie degradate, è
stata certamente utilissima ad alcuni grandi gruppi finanziari e immobiliari
che da sempre controllano lo sviluppo della metropoli lombarda.
L’EVENTO HA
CREATO un indubbio ritorno di immagine di cui si è giovata l’economia dominante.
Nel marzo scorso, il Sole 24 Ore titolava sull’inizio del «rinascimento» (sic)
di Milano, mentre per Assoimpredile e Ance si era resa disponibile una
liquidità record, circa 10 miliardi in dieci anni, e con una cifra così
gigantesca si sarebbe sicuramente potuto cambiare il volto della città.
Tutti i
grandi quartieri che si erano arenati a causa della bolla immobiliare esplosa
nel 2008 si sono rimessi in moto grazie all’aiuto prezioso dei grandi fondi di
investimento internazionali. A Santa Giulia entra in campo il fondo di
investimento australiano Lendleaseal posto di Luigi Zunino la cui società era
stata rilevata da un pool di banche. A Porta Vittoria, altro buco nero lasciato
da Danilo Coppola, è subentrato il fondo statunitense Nike di Prelios sgr, che
ha acquistato i crediti da Bpm. A Segrate un altro grande fondo immobiliare
internazionale realizzerà uno dei più grandi centri commerciali d’Europa: una
trasformazione di cui la città sentiva un gran bisogno.
Poi c’è la
grande trasformazione delle aree ferroviarie su cui si vorrebbe far arrivare
una alluvione di cemento, fin qui contrastata dall’intelligenza collettiva dei
comitati. L’elenco potrebbe continuare con altri esempi, ma ci possiamo
fermare.
A PARTIRE
DAL 2019 a Milano verrà investito un miliardo all’anno. Forse la Svezia ha
perso la sfida perché non è al centro delle attenzioni e delle aspettative dei
grandi gruppi finanziari internazionali e immobiliari che dominano invece
Milano.
A questo
fiume di denaro che metterà la città a ferro e fuoco, si aggiunge una quota di
investimenti pubblici olimpici che al confronto sono molto modesti, ma che
torneranno utilissimi per chiudere alcuni progetti. È stato ad esempio già
anticipato che a Santa Giulia nasceranno le case per gli atleti che diventeranno
poi immancabili alloggi per studenti. Nuovi alloggi in una città che ha una
enorme quantità di immobili abbandonati: si parte dunque male.
È del tutto
evidente che chi ha un’altra idea del futuro di Milano rischia di soccombere di
fronte allo strapotere di quei potentati economici. Ma la partita è invece
aperta. È lo stato delle periferie milanesi a formare la cartina di tornasole
per dare un giudizio consapevole. Ciò che possiamo affermare con sicurezza è
che seguiremo con grande attenzione ogni atto in cui i poteri pubblici – un
nuovo immancabile commissario, a quanto si afferma – prenderanno le decisioni.
Nulla di
preconcetto, dunque. Chi scrive si era dichiarato a favore della candidatura di
Roma alla sfida olimpica proprio sulla base di un ragionamento che minava alla
radice la retorica nascosta dietro il progetto urbano che era stato approvato
dalle precedenti giunte comunali. Tram invece di nuove case; risanamento delle
periferie invece della continuazione delle politiche liberiste che hanno
devastato le città in questi decenni. I 5 Stelle, romani e nazionali,
mostrarono allora tutta la loro inconsistenza e non compresero i termini del
confronto. A Milano la sfida di sognare città che cancellano le periferie può
diventare invece un buon terreno di scontro.
mercoledì 26 giugno 2019
REFERENDUM: 8 ANNI FA - ACQUA BENE COMUNE
di Emilio Molinari
Sono passati
8 anni e sembra un secolo per gente che ha perso la memoria. Eppure 8 anni fa,
il 12/13 di giugno, 27 milioni di italiani si pronunciavano per l’acqua
pubblica.
Un popolo si
recò alle urne….un popolo vero, non sospinto dai partiti che remavano tutti
contro, non sollecitati dai talk show, quasi tutti altrettanto contro….solo
popolo e comitati e autorganizzazione dal basso.
8 anni non
sono il “decennale” ma forse vale la pena lo stesso di celebrarlo questo
anniversario, dal momento che in sordina il parlamento sta cancellando la
nostra legge di iniziativa popolare.
Celebrarlo
mentre l’UNICEF e L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dicono che: 1
persona su 3 nel mondo non ha accesso ad acqua sicura da bere. Circa 2,2
miliardi di persone nel mondo non hanno servizi di acqua potabile gestiti in
sicurezza, 4,2 miliardi non hanno bagni gestiti in sicurezza e 3 miliardi non
hanno servizi di base per lavarsi le mani.
Si muore per
questo, si scappa dal proprio paese per questo.
Forse mi illudo, ma forse è possibile promuovere una iniziativa pubblica, grande, con tutti coloro che hanno continuato a lavorare per L’acqua diritto Umano e bene Comune. Con gli intellettuali e gli artisti che generosamente ci diedero una mano. Con i ragazzi che chiedono di fermare il riscaldamento della terra, con il movimento delle donne ecofemminista, con chi mette in piazza con il
Gay Pride centinaia di migliaia di persone, con chi si batte per i diritti degli emigranti, con i sindacati e i pensionati, con chi si riconosce nella Laudato SI di Papa Francesco. Con chi ha fede, con chi non ce l’ha e con chi per un verso o per l’altro vuole: Restare umano.
della VITA e
della DEMOCRAZIA.
Quelli
dell’acqua hanno anticipato i grandi temi odierni dell’esaurirsi delle risorse
idriche, del clima e delle emigrazioni ambientali. E detto da tempo: Salvare l’acqua è Salvare il Pianeta è
Salvare la democrazia.
Salvare il
ciclo dell’acqua che da la vita, salvarlo dagli inquinamenti, dagli abusi del
consumismo, dalle predazioni, dalle mani criminali delle multinazionali, dal
degrado della politica e dall’indifferenza che genera mostri.
Abbiamo
parlato a tutti, eliminato divisioni e creato ponti tra tante diversità.
Bisogna
celebrarlo oggi, quel referendum, anche se c’è poco da celebrare visti i
risultati, ma se non altro per ricordarlo a chi l’acqua l’ha messa tra le sue 5
stelle e oggi governa ed è quindi doppiamente tenuto al rispetto della
volontà popolare.
Celebrarlo,
per dire a chi fa incrudelire il popolo per governare… che il popolo italiano
sull’acqua “senza padroni e senza profitti”, si è già pronunciato unito: di
destra, di sinistra, sovranista, europeista…..uomo o donna e leghisti compresi.
Solo popolo…solo umano.
Celebrarlo,
per dire non solo ai dirigenti, ma al popolo del PD, che non serve scaricare in
continuazione, dopo averli osannati, i propri segretari senza mai scaricare le
devastanti politiche perseguite.
Interrogatevi
una buona volta su quanto male avete fatto alla democrazia e a voi stessi,
perseguendo la svendita di tutto ciò che è pubblico e boicottando il voto
referendario. Cancellandolo avete perso l’unica occasione che vi veniva offerta
di fermare la vostra deriva. Non avete capito che ciò che si manifestava con
quel referendum così trasversale, così autonomo, era l’ultimo sussulto di
umanità, di solidarietà, di comunità, che il nostro popolo esprimeva, prima di
sprofondare nel livore, nell’egoismo, nel: prima gli italiani, prima casa mia.
Dite ai
vostri dirigenti che si dicono pentiti di aver abbandono le classi sociali meno
abbienti, se non pensano debbano pentirsi per ciò che hanno determinato le
privatizzazioni…e la devastazione dello stato sociale.
Smarcatevi
da Salvini, sostenete la legge di iniziativa popolare sull’acqua pubblica.
Ripartite dalle città, dall’acqua, dal suo essere bene comune pubblico, dalla
sua sicurezza che è la salute. Fatevi promotori dell’unica grande opera di
civiltà e di cultura del diritto umano: quella di riparare la rete idrica
italiana che perde il 60% dell’acqua, proprio dove è gestita privatamente,
creando con questo nuovi posti di lavoro.
Ma aver
distrutto nella gente ogni idea collettiva, ogni idea di cosa pubblica e
svenduto ai privati beni e servizi fondamentali per poter vivere insieme, non
c’entra forse qualcosa con ciò che di nero si addensa all’orizzonte?
Ripensare
tutti dopo 8 anni al referendum sull’acqua, vuol dire ripensare alla politica,
quella vera, ripensare al popolo a quello….della Costituzione.
Io non conto
nulla, solo, penso di avere ancora fiato e diritto, di indignarmi per tanti
errori e tanta indifferenza.
venerdì 21 giugno 2019
LA SINISTRA A FIANCO DEI LAVORATORI DEL PORTO DI GENOVA CHE HANNO IMPEDITO L’IMBARCO DELLE ARMI PER LA GUERRA NELLO YEMEN
La Sinistra
a fianco dei lavoratori del porto di Genova che hanno impedito l’imbarco delle
armi per la guerra nello Yemen
Venerdi 21
giugno, alle ore 18, presso la sala del CAP del Porto di Genova si terrà una
assemblea pubblica promossa dalla lista della Sinistra in solidarietà alla
lotta dei portuali Genovesi che nei giorni scorsi sono ripetutamente scesi in
lotta per impedire l’imbarco di ordigni bellici destinati alla guerra che
l’arabia Saudita sta facendo contro le popolazioni della Yemen.
Nel
sottolineare il pieno successo della lotta dei portuali genovesi che hanno
obbligato la compagnia di trasporto a rinunciare alla spedizione degli ordigni
bellici dal porto di Genova, sottolineamo l’ignavia del governo italiano che
favorisce il traffico di armi verso paesi belligeranti salvo poi operare
affinchè chi scappa dalla guerra muoia nei campi di prigionia libici o in Mediterraneo.
mercoledì 5 giugno 2019
PRC. DOCUMENTO APPROVATO DALLA DIREZIONE NAZIONALE DEL 4 GIUGNO 2019
PRC.
Documento approvato dalla Direzione nazionale del 4 giugno 2019
La Direzione
Nazionale del PRC esprime il proprio ringraziamento a tutte le compagne e i
compagni che hanno con generosità e impegno dato il proprio contributo nella
campagna elettorale per le elezioni europee e amministrative, alle candidate e
ai candidati, alle sostenitrici e ai sostenitori della lista La Sinistra e
delle liste presentate nelle città.
Il risultato
delle elezioni europee è disastroso per la lista unitaria La Sinistra e si
inserisce in un quadro europeo che registra l’arretramento delle formazioni del
Gue/Ngl e della sinistra antiliberista e anticapitalista. Il “terzo spazio” è
risultato schiacciato dalla narrazione egemone sullo scontro tra “europeisti” e
“sovranisti” e dal clima creato dalla minaccia di “onda nera” che hanno preso
il posto negli ultimi anni di quella che vedeva la contrapposizione
all’austerity neoliberista come centrale. E l’attenzione mediatica sul tema
dell’emergenza climatica è stata capitalizzata dai Verdi europei.
In Italia si
registra il risultato più forte di ulteriore spostamento a destra con
l’affermazione della Lega che non solo mobilita ormai la grande maggioranza
dell’elettorato di centrodestra ma attrae anche una parte dell’elettorato del
M5S. La Lega è passata dai 5.710.275 voti delle elezioni politiche a 9.153.638
alle europee. E ottiene secondo analisti il 47% del voto operaio. A cui si
aggiunge la crescita di FdI. Un successo di una destra radicalizzata che
rischia di consolidarsi in assenza di un’opposizione efficace e di
un’alternativa, un successo che potrebbe essere non effimero perché ha basi
ideologiche e organizzative solide.
Le
percentuali hanno consentito ai media di presentare il risultato come tenuta o
ripresa del PD, ma rimane in cifra assoluta il dato che in cinque anni il Pd ha
perso 5 milioni di voti e registra un piccolo ulteriore calo rispetto alle
politiche.
Come avevamo
osservato l’impostazione programmatica neoliberista e la linea del PD non hanno
caratteristiche che consentano di arginare l’espandersi della Lega tra le
classi lavoratrici e popolari né di intercettare i delusi dal M5S. Il crollo
dei pentastellati – 5 milioni di voti in meno rispetto alle politiche del 2018
– è finito principalmente nell’astensione oltre che nel serbatoio della Lega. I
“pop corn” finora li ha mangiati Salvini e la soddisfazione del gruppo
dirigente del PD per il ridefinirsi di una tendenza al bipolarismo appaiono
irresponsabili rispetto alla tenuta democratica e della convivenza civile nel
nostro paese. Il PD si conferma come di fatto il miglior alleato della Lega. Al
massimo il PD e il “voto utile” sono finora serviti a fare da argine alla
rinascita di una sinistra nel nostro paese.
Le
conseguenze del risultato elettorale sul piano europeo confermano la governance
neoliberista e in Italia impattano sulla tenuta del governo la cui prosecuzione
dipende ormai soltanto dalle decisioni che assumerà la Lega mentre il M5S
appare incapace di bilanciare Salvini. La conferenza stampa del Presidente del
Consiglio Conte su rispetto delle regole europee, si alla tav e all’“autonomia
differenziata” registra questo quadro.
E’ in questo
quadro desolante che si inserisce il pessimo risultato della lista unitaria La
Sinistra che pur dentro un contesto europeo ha ragioni per la gran parte legate
alla situazione italiana e alla storia della sinistra nel nostro paese.
La nostra
lista costruita a poche settimane dal voto non è riuscita a presentarsi come
progetto nuovo, plurale e come una proposta autonoma forte. Non è riuscita a
imporre il proprio punto di vista nel dibattito. Non ha rimotivato settori
consistenti di elettorato, non ha retto l’impatto del “voto utile” né ha
attratto i delusi del M5S.
Limiti
prevedibili e con radici di breve e lungo periodo di cui non mancava certo
consapevolezza. Non secondarie la delusione e la diffidenza derivanti dal
fallimento delle esperienze di LeU e Potere al popolo. Non ha aiutato il
permanere di divisioni sui territori tra i soggetti promotori della lista nelle
stesse elezioni regionali e comunali. Non a caso abbiamo cercato nell’ultimo anno
di costruire un fronte largo rossoverde che vedesse unite non solo tutte le
formazioni a sinistra del PD ma anche esperienze territoriali e movimenti.
Purtroppo questo scenario non si è determinato e non è detto che sarebbe
comunque stato sufficiente a produrre un risultato positivo. Certo ha contato
anche l’oscuramento mediatico che abbiamo denunciato, ma sarebbe sbagliato non
porsi il problema politico di come affrontare rapporti di forza così
sfavorevoli. Nella campagna elettorale si è evidenziata – ma non è la prima
volta – la debolezza organizzativa nostra e di altre formazioni e il poco tempo
disponibile non ha consentito neanche di coinvolgere settori più larghi come
accadde con L’Altra Europa.
L’Italia è
sempre più un paese senza sinistra. I risultati di Potere al popolo e poi
quello de La Sinistra dimostrano che non esistono scorciatoie per il
superamento delle difficoltà che viviamo da anni e che il terreno elettorale
rende evidenti. Non ci sono referenti popolari né un “popolo di sinistra” che rispondono
automaticamente al richiamo di una formula in assenza di radicamento sociale,
di continuità, di un discorso egemonico e di un profilo credibile.
Non bastano
gli errori del PD o del M5S a determinare uno spostamento di voti a favore
della sinistra e l’unità tra le organizzazioni e i gruppi dirigenti non è mai
condizione sufficiente neanche per resistere all’attrazione del “voto utile”.
Di fronte al
risultato sarebbe sbagliato rinunciare al percorso unitario avviato e
disperdere le energie militanti e intellettuali che si sono aggregate. E’ bene
invece avviare un percorso di discussione collettivo in tutto il paese – a
partire dall’assemblea nazionale del 9 giugno a Roma – che coinvolga chi si è
speso in questa campagna e chi perplesso è rimasto ai margini.
L’insuccesso
della lista non cancella il bisogno di sinistra nel nostro paese e soprattutto
di una sinistra anticapitalista e antiliberista.
La pesantezza
e il reiterarsi delle sconfitte elettorali rischia di tradursi in un
atteggiamento rinunciatario e di resa che sarebbe nefasto. Ma si impone a
Rifondazione Comunista come a tutta la sinistra sociale e politica una
riflessione e una ricerca coraggiosa che non dia nulla per scontato. Per questo
va avviata immediatamente la discussione dentro e fuori il partito in modalità
più originali di un tradizionale congresso.
Sarebbe un
grave errore rinchiuderci nelle nostre stanze mentre mai come oggi c’è bisogno
di dispiegare la nostra iniziativa politica, sociale, culturale e
organizzativa. Dobbiamo “camminare domandando” consapevoli dei nostri limiti ma
anche della necessità di costruire l’opposizione sociale e politica al leghismo
e al neoliberismo.
Di fronte
alla drammaticità del risultato nessuno – nemmeno i sindacati e i movimenti –
potrà sottrarsi al tema di come fronteggiare una destra come quella guidata da
Salvini.
La
riproposizione dell’orizzonte del centrosinistra e dell’alleanza con il PD non
appare la strada in grado di recuperare la connessione con le classi
lavoratrici e popolari.
Non è tempo
della resa. La consapevolezza della nostra fragilità aiuta a misurare le forze
e impone un’attitudine realistica e non velleitaria. La differenza in molte città
tra i risultati europei e quelli amministrativi – a volte davvero significativi
– dimostra che Rifondazione Comunista non è più presente in maniera omogenea
sul territorio nazionale ma che non è impossibile raccogliere consenso per la
sinistra e il nostro partito.
Le
mobilitazioni sindacali, ambientaliste, sociali, antirazziste, femministe
costituiscono il terreno principale di sviluppo dell’iniziativa della Sinistra
e di Rifondazione Comunista. In particolare bisogna investire le nostre energie
nella campagna contro l’autonomia differenziata, contro la regionalizzazione
della scuola e della sanità, e sui temi economici-sociali dalla flat tax alla
patrimoniale alla critica dei vincoli europei e della manovra antipopolare che
si prepara.
La Direzione
Nazionale
impegna il
partito nella prosecuzione del percorso unitario avviato con la lista La
Sinistra in collaborazione con le altre formazioni promotrici aderenti al
Partito della Sinistra Europea, con candidate/i, firmatari/e degli appelli,
sostenitrici e sostenitori e allargando l’interlocuzione a tutte le
soggettività politiche, sociali, culturali della sinistra anticapitalista,
antiliberista, ambientalista, femminista, antirazzista; partecipando
all’assemblea nazionale del 9 giugno, promuovendo incontri, assemblee, momenti
di confronto a livello territoriale e/o regionale; concordando nuovi
appuntamenti nazionali e campagne comuni di mobilitazione;
avvia un
percorso di discussione collettiva a tutti i livelli del partito di analisi del
voto, sulla fase politica, sul ruolo e le prospettive del partito con la
convocazione di assemblee di circolo, attivi, cpf e cpr;
dà mandato
al segretario di convocare il Comitato Politico Nazionale per il 22 e 23 giugno
o comunque entro il mese di giugno;
raccoglie la
proposta del segretario e della segreteria che in sede di CPN gli organismi
esecutivi (segretario, segreteria, tesoriere) si presentino dimissionari al
fine di favorire un processo di confronto e di rilancio dell’azione del
partito;
nei
ballottaggi che si terranno in molte città impegna circoli e federazioni alla
mobilitazione contro la Lega e le destre nel rispetto delle modalità che i
competenti livelli territoriali del partito e le aggregazioni di sinistra e/o
civiche di cui facciamo parte riterranno autonomamente più opportune.
Maurizio Acerbo
4 giugno
2019
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