martedì 8 settembre 2015

AIUTANDOLI A “CASA LORO”

AIUTANDOLI A “CASA LORO” Non solo la Lega Nord ma in tanti, anche fra gli insospettabili, hanno fatto pervadere un concetto di per se anche nobile: “aiutiamoli a casa loro”, sottointeso per non farli emigrare da noi. Un concetto che avrebbe anche una propria valenza e che risponde anche ad una domanda seria. Perché tanti paesi di emigrazioni si privano delle proprie energie intellettuali e lavorative migliori rinunciando così a prospettive di crescita? Alle domande che hanno un senso vanno date risposte che hanno senso. Si potrebbe partire dal fatto che con tutto quello che si è depredato e si continua a depredare, fra colonialismo e neo colonialismo, soprattutto nel continente africano, bisognerebbe pensare prima di parlare. Prima eravamo “noi” che andavamo a “portare la civiltà” a casa loro. Non solo le grandi potenze coloniali, anche l’Italia, con il suo “imperialismo straccione” di guai in Paesi come la Libia, la Somalia, l’Eritrea e l’Etiopia ne ha causati parecchi da oltre un secolo in alcuni casi. E dopo? Dopo si è continuato, ad esempio sostenendo in Somalia il regime del corrotto Siad Barre (detto bocca larga) o attraverso le multinazionali petrolifere, devastando la Nigeria, provando a controllare la Libia, imponendo la democrazia dello stupro in Somalia (Restor Hope 1994) sostenendo una delle dittature più crudeli ancora in piedi, quella eritrea del presidente (provvisorio dal 1993) Isaias Afewerki, l’uomo con cui il resto d’Europa evita ufficialmente di sporcarsi le mani. Ad aiutare il regime eritreo ha provveduto ad esempio anche l’ex assessore regionale in Lombardia della Lega Nord, Piergianni Prosperini, nell’aprile scorso condannato a 4 anni di carcere per traffico d’armi con l’Eritrea, oltre che, ma questo è scontato, per evasione fiscale. Un caso isolato? Una mela marcia? Ci viene il legittimo dubbio e proviamo a spiegare perché. Negli anni Settanta la Cooperazione allo sviluppo era il cavallo di battaglia di una sinistra vera che considerava l’indipendenza reale dei paesi in difficoltà come politicamente ed eticamente necessaria in chiave globale. Poi divenne, soprattutto negli anni Ottanta uno dei migliori business, divenimmo famosi nel mondo tra l’altro perché chi effettivamente realizzava progetti erano soprattutto Organizzazioni Non Governative, (Ong) che dipendevano, come dipendono ancora, dal Ministero degli Affari Esteri, una contraddizioni in termini, non governative che dipendono dal governo. Ma veniamo ai giorni nostri. Nel 1994, primo governo Berlusconi, i finanziamenti alla cooperazione internazionale subiscono un taglio del 53%. Non sarà l’unico taglio tanto che nel 2011, altro governo Berlusconi con Lega in ottimo ruolo, ci sarà un ulteriore taglio del 45% rispetto a quanto garantito dal precedente governo Prodi. Beh bisogna capire, c’è la crisi….Ma si sa che Silvio ha sempre mantenuto le promesse e quindi mentre diceva che l’1% del Pil sarebbe stato destinato alla cooperazione l’Italia precipitava all’ultimo posto della classifica Ocse per fondi erogati con lo 0.11% del Pil. Tutta colpa di una virgola fuori posto. C’è chi prova intanto a fare una nuova e più efficace legge sulla cooperazione ma questa viene bloccata due volte in parlamento, bisognerà aspettare di vedere la Lega all’opposizione per vederla attuata. Contiene degli elementi di visione di insieme interessanti, ma di fondi ancora non se ne vedono e di progetti neanche a parlarne. Ma almeno la Lega che è “forza popolare” e quando dice una cosa è quella, avrà certamente iniziato ad “aiutarli a casa loro”? Si, sono sorte due associazioni, la Copam (Cooperazione Padania- Mondo) e Umanitaria Padana. Hanno raccolto in questi anni fondi pubblici e privati, in tutto qualche decina di migliaia di euro, per interventi simbolici in alcuni paesi fra cui Ucraina, Eritrea e Serbia. In compenso, sempre per aiutarli a “casa loro”, e si tratta di atti processuali, i fondi dirottati da un’altra “mela marcia”, l’ex tesoriere della Lega, Belsito sono realmente finiti in Africa. Ospedali? Scuole? Servizi? Beh non proprio, servono ad acquistare diamanti e a fare investimenti di non precisato utilizzo in Tanzania. Nel frattempo, per la logica degli aiuti si era già provveduto prima a sostenere il regime di Gheddafi, con la promessa di contenere i profughi che arrivavano dall’Africa Sub- Sahariana in veri e propri lager, poi contribuendo militarmente alla sua deposizione e scatenando il caos di cui ancora vediamo gli effetti. Anche questa è una curiosa forma di aiuto. Dove era il ruspante Salvini in quegli anni? Dove era Maroni ce lo ricordiamo bene, al Viminale, dove nel 2011 l’arrivo di profughi venne gestito in maniera cattiva, incompetente e deleteria anche per gli stessi interessi nazionali. Come si vede poi in questi mesi, da quelle gestioni colpevoli, qualcuno ha tratto profitto, non certo quelli da aiutare a casa loro. E da ultimo due domandine che i giornalisti da talk show televisivo non rivolgono al barbuto con la felpa cha va tanto di moda invitare. Perché la Lega non si è opposta alla formulazione del Regolamento Dublino 2 (2003) che sancisce l’obbligo per i richiedenti asilo di fermarsi nel primo Paese U.E. di approdo? Ovvero gli stessi principi che oggi la Lega contesta? E perché la stessa forza politica, nell’elaborare un anno prima la Bossi- Fini, realizzò quell’impianto comunemente definito fallimentare che blocca anche i migranti in condizioni tali per cui ogni possibilità di spostamento non coatto è di fatto limitata? E perché, con l’assurdo legame fra contratto di lavoro e permesso di soggiorno si continua a far si che tanti lavoratori e lavoratrici siano costretti all’economia sommersa, perennemente ricattabili e tanto da non poter neanche sperare di poter realizzare un ritorno a casa? Aiutiamoli a casa loro, va detto e spetta ad una sinistra reale e radicale farlo, è la più colossale menzogna del ventunesimo secolo. L’unico vero “aiuto” che soprattutto l’Italia sta dando ai Paesi in guerra da cui si fugge è l’esportazione di armamenti, per foraggiare i conflitti. Un modo anche questo bizzarro di aiutare senza poi volersi ritrovare qualcuno in casa che viene, giustamente, a ringraziare.

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