Syriza svela
l’Europa
di Luciana Castellina
«Gliela faremo pagare». In questa frase che le cronache
sull’ultima riunione dell’Eurogruppo ci rimandano c’è tutto il caso greco. Al
di là di ogni questione di merito, è evidente che a Bruxelles si sta
giocando una partita politica di massima importanza e che ci riguarda:
bisogna punire chi, per la prima volta in 58 anni di storia, ha osato
sfidare i vertici dell’Unione europea e ha messo in discussione i criteri
di conduzione di quella che dovrebbe essere una comunità. Questo è quel che
conta: non deve più accadere, chi ci ha provato deve essere punito. Guai se
si aprisse un varco alla politica. Cioè alla condivisione.
Perciò il signor Jeroen Dijssebloem ha alzato il ditino
per dire no, sette riforme non ci bastano, ne vogliamo venti. La prossima
volta diranno 25, chissà. Contro Varoufakis ci sono diciassette robot che
continuano a chiedere al governo Tsipras, forte di un appoggio popolare
senza precedenti, di pagare per le malefatte accumulate da chi sarà pur
greco, ma è compagno di partito, e di casta, proprio di chi vorrebbe
impartire lezioni di moralità: i ministri del governo Samaras. Proprio
nelle stesse ore in cui questa scena andava in onda uno di loro, anzi il più
importante perché l’ex ministro delle Finanze, Gikas Hardouvelis, veniva
accusato di aver esportato illegalmente 450 mila euro in un paradiso
fiscale inglese. «Volevo mettere al sicuro il capitale per i miei figli», si
è scusato. Poveretto.
Non sono passati neppure due mesi da quando inediti
personaggi , diversissimi da chi da sempre aveva comandato il paese,
hanno preso le redini della Grecia, trovandosi a dover gestire un immane
disastro economico e ormai umanitario. Ma la meravigliosa Europa non è
disponibile a dargli tempo affinché possano riparare e riavviare lo
sviluppo del paese, nonostante sempre più numerosi siano gli avvertimenti
di economisti europei ed americani, che invitano Bruxelles a
ragionare anziché ad emettere editti imperiali.
La partita in atto è durissima. Del resto sapevamo che
così sarebbe stato. Ma è stato fondamentale avere accettato la sfida. Per
la Grecia e per tutti noi che vorremmo un’altra Europa. Finalmente la grande
questione di cosa voglia dire essere una comunità, che è cosa diversa da un
mercato, è stata posta sul tappeto. Non si potrà più nasconderla sotto. E
sarà stridente ascoltare, dopo questa vicenda, ripetere le retoriche
invocazioni sull’Europa che ha portato pace e prosperità. Anche questa in
corso è una guerra. Con le sue vittime umane.
Ci sono perplessità, e anche critiche per come
Varoufakis e Tsipras hanno condotto le cose? Sì, certo. Provenienti dal
loro stesso partito e Consiglio dei ministri. È comprensibile. Credo
però che esse siano ingiuste. Si tratta di una guerra di lunga durata, non di
una rapida e conclusiva battaglia, destinata a conoscere arretramenti e
passi in avanti, per molti versi una vera guerriglia. Ma bisogna tenere i
nervi saldi: i risultati non possono esser misurati nell’immediato, è già
una vittoria aver imposto un nuovo discorso, aver aperto contraddizioni
(che nonostante l’apparente unità del fronte di Bruxelles già emergono),
aver forse, anche questo per la prima volta, animato un movimento popolare
davvero europeo in solidarietà con Syriza, su un tema che riguarda tutti. È
già molto. Ha dato coraggio a tutti. Per questo ringraziamo i compagni di
Syriza e li invitiamo a continuare.
Fonte: il manifesto
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