Il contratto a termine e la débâcle del Pd La soddisfazione con cui i partiti di centro destra hanno salutato l’ultima versione, uscita dalla Commissione del Senato, del Decreto sui contratti a termine e apprendistato è la miglior certificazione non solo degli ulteriori e quasi incredibili peggioramenti di una legge già pessima, ma della vera e propria banca rotta - non c’è altra parola - della rappresentanza parlamentare del Partito Democratico. Con la sola meritoria eccezione dell’On. Fassina, i parlamentari del Pd si sono lasciati soggiogare da alcuni notissimi nemici storici dei lavoratori e dei sindacati, a cominciare dall’On. Sacconi. Ed hanno infine accettato un testo normativo che mai i governi Berlusconi sarebbero riusciti ad ottenere a scapito dei lavoratori e di cui invece il «democratico» Renzi ed il «comunista» Poletti vanno invece addirittura fieri. Ma occorre venire subito al merito, perché ognuno possa giudicare per proprio conto se questi giudizi drastici siano o meno fondati e per questo articoliamo almeno due punti. 1) Il «fondo» del problema è ben conosciuto ed è già stato illustrato in altre occasioni: con il decreto Poletti i contratti a termine diventano «acausali», vale a dire possono essere conclusi senza una motivazione specifica anche se l’esigenza lavorativa che il lavoratore è chiamato a soddisfare non è temporanea bensì permanente. E’ allora innegabile che il contratto a termine «acausale» abbia una sola finalità: quella di tenere il lavoratore sotto il perpetuo ricatto del mancato rinnovo, né il lavoratore può sperare nella regola per cui dopo 36 mesi dovrebbe passare comunque a tempo indeterminato, perché per questo occorrerebbe che il datore gli faccia un ulteriore contratto che invece non gli farà mai potendo assumere al suo posto un nuovo precario. Ci si aspettava che di fronte ad una così chiara violazione della dignità del lavoratore, contraria anche allo spirito e alla lettera della normativa europea, i parlamentari del Pd, maggior partito della coalizione, reagissero: invece hanno trangugiato con la massima indifferenza la "acausalità" e fissato, in cambio, un falso obiettivo, onde poter poi vantare falsi successi. Il falso obiettivo è consistito nel ridurre le possibili proroghe di un contratto acausale da 8 a 5 il che però, come si comprende, non sposta di un millimetro il problema del potere ricattatorio consegnato al datore. Anche perché, come subito notato dai giuristi, una cosa è la proroga di un contratto altra cosa è il suo rinnovo ossia la stipula di un altro successivo contratto del tutto analogo: in altre parole dopo avere prorogato per cinque volte un contratto acausale a termine, niente impedisce di stipulare un altro contratto simile con le sue cinque proroghe e così via. Eppure i parlamentari Pd hanno avuto il coraggio di vantare questo inganno, o autoinganno, come un successo politico. 2) Esisteva tuttavia oltre alla causale del contratto un altro seppur meno efficace argine contro l’abuso dei contratti precari, vale a dire il loro "contingentamento" o fissazione di una percentuale insuperabile, all’interno di una stessa azienda rispetto al numero dei rapporti a tempo indeterminato. E’ una misura di salvaguardia antica risalente a più di vent’anni fa e adottata già dalla Legge n. 56/1987 che, appunto, demandava i contratti collettivi di stabilire quella percentuale massima che è stata per lo più poi fissata dai Ccnl nel 15-20 per cento per tutte le tipologie precarie ivi comprese, quando sono state introdotte, le somministrazioni di lavoro. Va notato che la giurisprudenza della Corte di Cassazione in tutti questi anni è stata concorde nell’affermare che in caso di stipula di un contratto precario oltre la percentuale, questo "sforamento" comportasse la sua automatica trasformazione a tempo indeterminato (es. Cass. n. 7.645/2011). Orbene il Decreto Poletti nella sua versione originale prevedeva una percentuale massima del 20 per cento, comprensiva sia di contratti a tempo determinato sia rapporti di lavoro somministrato, ma già in Commissione lavoro della Camera questi ultimi non sono più stati considerati compresi del 20 per cento col bel risultato che chi ha raggiunto la soglia del 20 per cento potrà continuare tranquillamente ad aggiungere altri rapporti a tempo determinato seppur somministrati tramite agenzia. Sembra addirittura che i parlamentari del Pd si siano fatti imbrogliare da qualcuno che ha raccontato loro che i lavoratori somministrati non sono veri precari perché avrebbero in realtà un rapporto a tempo indeterminato con l’agenzia, il che invece accade non più di una volta su dieci. Come che sia il limite del 20 per cento è stato così aggirato Ma restava ancora un punto importante e cioè il principio che il suo superamento avrebbe comportato la trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti eccedenti. Ebbene, anche su questo i parlamentari del Pd sono stati pronti al grosso passo indietro, a genuflettersi ai Poletti, ai Sacconi, agli Ichino ed ad accettare che il testo normativo preveda, invece della trasformazione, una semplice sanzione amministrativa per lo «sforamento». Sarebbe come prevedere che chi dà lavoro "in nero" sia soggetto, bensì, alla sanzione amministrativa ma senza più obbligo, allora, di mettere in regola il lavoratore. Si tratta di un assurdo giuridico oltre che di una vergogna politica, che l’ineffabile capo dei deputati Pd ed ex ministro del lavoro Cesare Damiano ha avuto il coraggio di definire come «differenza minimale» rispetto al testo originario. La verità purtroppo è che alla prova dei fatti tra le forze politiche rappresentate in parlamento solo i deputati di Sel e del Movimento 5 Stelle hanno tenuto un comportamento coerente, limpido e di appassionata difesa della dignità dei lavoratori. Ora, dopo lo scontato voto di fiducia che consentirà di consumare definitivamente questo vero crimine sociale, la parola dovrà passare a quanti nei movimenti e nella società civile hanno davvero a cuore i diritti dei lavoratori cercando di rivendicarli anche nelle aule di giustizia italiane ed europee. E su questo argomento torneremo ben presto.
giovedì 8 maggio 2014
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