mercoledì 27 marzo 2013

FORUM MONDIALE A TUNISI

LA PRIMAVERA DELLA DIGNITA'


FORUM MONDIALE A TUNISI

In Italia se ne parla al passato, ma sull'altra sponda del Mediterraneo il Forum sociale mondiale resta la più grande rete di organizzazioni sociali democratiche del pianeta. Ed è in pieno sviluppo.

Il Forum della Dignità che si apre oggi a Tunisi, il primo in un paese arabo, è qualcosa di straordinario che va guardato e valorizzato, perfino con gratitudine. Perché per noi europei del sud il Mediterraneo è l'unico spazio dove è possibile comporre un progetto positivo di uscita dalla crisi. CONTINUA
PAGINA7 Senza una nuova Europa multipolare e multi-identitaria, che apprezzi le diversità invece di imporre un modello unico, saremo sempre Pigs.

Noi italiani parteciperemo a centinaia al più grande evento mai organizzato dalla società civile democratica del Maghreb, ospiti di associazioni e sindacati che fino a due anni fa non potevano neanche organizzare una riunione senza finire in galera. Sono attori sociali che hanno contribuito a cacciare un dittatore, che hanno scelto la strada costituzionale, e la perseguono coerentemente nonostante sia difficile, convinti che alla democrazia non ci sia alternativa. Hanno risposto con la partecipazione popolare nonviolenta all'assassinio di Chokri Belaid, agli attacchi alle sedi sindacali e alla cultura laica da parte dei salafiti. Sanno che la democrazia è una strada in salita, e su quella camminano. Il Forum per loro è prima di tutto una grande mobilitazione politica per tenere aperto e allargare lo spazio democratico nel loro paese e nella loro regione. E hanno chiesto al mondo di andare a Tunisi per aiutarli in questa impresa.

Sarà un grande incontro degli attivisti democratici della regione, moltissimi i giovani, da tutti i paesi del Maghreb e del Mashrek. Per la maggior parte di loro, sarà la prima esperienza internazionale: è stato fatto un grande lavoro per coinvolgere studenti, giovani disoccupati, donne, emigrati -non solo dalle città ma dalle zone rurali e periferiche. È il frutto della tessitura fatta in questi anni dal Forum Sociale del Maghreb, che ormai coordina i sindacati e le organizzazioni sociali di tutta l'area, guidato dall'intelligenza paziente e visionaria dei democratici marocchini e da figure come Kamal Labhib, incarcerato negli anni di piombo di Hassan II, che ora guida la società civile nei processi di democratizzazione e nel processo di pace dal basso con i saharawi.

Gran parte dei dibattiti sarà dedicata ai temi per loro centrali: la transizione democratica, la relazione fra religione e democrazia, gli estremismi religiosi, il ruolo delle donne, il grande tema del lavoro e dello sviluppo, le guerre, la Palestina, i migranti.

La primavera araba non è diventata autunno. È fatica e intelligenza quotidiana di attivisti che difendono unghie e denti lo spazio pubblico della regione condivisa, reinventando partecipazione e democrazia, esattamente come dobbiamo fare qui.

* Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale - Presidenza nazionale dell'Arci

lunedì 25 marzo 2013

UN SOLO NOME: GIORGIO

Un solo nome: Giorgio


Il ritorno dei Marò in India sono la fotografia di un Paese diretto da un Governo che si è rivelato l’opposto di quello per cui era stato insediato. Possiamo dire che questa è l’ultima e la più grave di una lunga serie di scelte fatte nel segno della incompetenza, basta pensare alla vicenda degli esodati. E pensare che doveva essere proprio la competenza di Monti e dei professori-tecnici a farci uscire dalla crisi economica. Peccato che la crisi sia drammaticamente aumentata.

Inoltre la credibilità di Monti a livello internazionale doveva ridare prestigio al Paese. Peccato che l’ultimo atto che viene compiuto è la realizzazione di un imbroglio nei confronti dell’India, salvo poi fare una precipitosa quanto ridicola marcia indietro. Lo ha nominato senatore a vita, lo ha messo alla guida di un Governo consentendo a Berlusconi di rinascere e a Grillo di diventare il primo partito. Questo capolavoro ha un nome ed un cognome: Giorgio Napolitano.

Claudio Grassi

mercoledì 20 marzo 2013

IL 23 MARZO TUTTI IN VAL SUSA CONTRO LA TAV!

IL 23 MARZO TUTTI IN VAL SUSA CONTRO LA TAV!
Rifondazione Comunista il 23 marzo in Valsusa contro Tav, grandi opere
di Ezio Locatelli -
“Il 23 marzo, come Rifondazione Comunista, saremo in Valsusa a manifestare contro la prosecuzione del progetto di Alta velocità Torino-Lione”, sottolinea
“Lo faremo con rinnovata determinazione in presenza di un progetto totalmente inutile la cui unica finalità è di andare ad ingrassare interessi affaristici e speculativi. Lo faremo con rinnovata determinazione, convinti anche che questa lotta contro le grandi opere vada connessa alla lotta per un cambiamento di modello di sviluppo e di società, per i diritti del lavoro, per la giustizia sociale. Non regge più il modello delle grandi opere costosissime che per di più non servono a nulla. Questo modello è un imbroglio belle e buono tanto più a fronte di una politica di austerità e di sacrifici a senso unico, di tagli alla sanità, alla scuola, ai servizi sociali.

Saremo in Valsusa a manifestare contro il Tav , per un diverso modello sociale, contro la repressione del movimento e la militarizzazione del territorio e lo faremo sulla base di una precisa scelta di campo, il nostro essere di sinistra, antifascisti, dalla parte dei valori della giustizia sociale, de diritti del lavoro oggi vergognosamente messi in discussione da tanta parte del sistema politico italiano compresa quella parte che oggi si autorappresenta “né di destra né di sinistra”.
Ezio Locatelli – segretario provinciale di Rifondazione Comunista di Torino



venerdì 15 marzo 2013

A FIRENZE CONTRO LE MAFIE

A Firenze, contro le mafie e il potere politico ed economico collusi


La marcia e la riflessione contro le mafie, indetta, come ogni anno, da Libera (si svolgerà da domani a Firenze) assume un valore inedito. Viene innanzitutto ribadito, come ha detto don Ciotti,"che il nostro modo di fare memoria è l'impegno". Non è una cerimonia rituale, perchè una memoria che parla delle persone uccise dalle mafie, che le nomina, le racconta è, di per sè, l'allusione ad un percorso di legalità.

La memoria serve quindi a diffondere tra i giovani indignazione, riflessione, impegno a non farsi catturare nei circuiti delle illegalità e del mercato del lavoro"parallelo"delle mafie. E' anche una battaglia culturale, perchè si abbatta il muro dell'indifferenza che finisce con il diventare omertà. L'esempio del recente incendio alla Città della Scienza a Napoli è paradigmatico: si attacca la cultura per intimorire, per lanciare un avvertimento spietato. Le mafie sguazzano nel disimpegno dalla cittadinanza attiva. Sarebbe bene, per le nuove responsabilità di massa che ha assunto, che lo comprendesse anche Grillo, che ha lanciato, sul tema della lotta alle mafie, messaggi populisti e, tutto sommato, giustificativi. Quest'anno le giornate fiorentine di Libera sono particolarmente importanti anche perchè parte il processo sulla cosiddetta trattativa Stato/mafie.

L'impianto accusatorio di Ingroia e dei suoi colleghi palermitani regge, nonostante l'opposizione dei poteri forti, il tentativo di interdizione del Presidente della Repubblica, l'atteggiamento settario di giuristi piddini come Ferrajoli e di parte di Magistratura democratica (che hanno lanciato una feroce campagna contro Ingroia, accusato di inventare il "reato di trattativa": ma l'impianto giuridico dell'inchiesta appare a noi saldo e saremo nel giudizio essendo stati ammessi, come Rifondazione Comunista, come organizzazione di donne e uomini lesi dal rapporto tra politica e potere mafioso).

Non dimentico mai che Pio La Torre sosteneva, nei suoi comizi appassionati ed accorati nelle terre di Sicilia, che "senza l'intreccio tra i mafiosi, la politica, l'amministazione, la finanza, non c'è vera mafia; la destra vuole farci credere che i mafiosi sono come i terroristi; invece il nucleo è la "borghesia mafiosa", come dice Umberto Santino, che spara o fa stragi (come quella di Firenze) solo se è necessario. Le bombe di Firenze e di Roma furono proprio funzionali all'apertura della trattativa tra mafia e uomini importanti dello Stato che oggi va a processo, finalmente. Libera, a Firenze, pone al centro il rapporto contemporaneo tra il potere politico e le mafie. Si ricomincia dalle conclusioni alle quali eravamo giunti con il lavoro della Commissione Antimafia sull'assassinio di Peppino Impastato che, non a caso, abbiamo sintetizzato nel libro che abbiamo voluto intitolare "Anatomia di un depistaggio". Nel processo Stato/mafia è imputato un altissimo grado dell'Arma dei Carabinieri, Subranni, che, nel 1978, aveva già"depistato"le indagini sul delitto Impastato. Il depistaggio di settori dello Stato è la drammatica continuità dello stragismo italiano.Vanno, per l'appunto, raccontate le storie vere della mafie, che seguono i tracciati delle accumulazioni dei patrimoni e i percorsi delle operazioni finanziarie.

Oggi vanno messi sotto i riflettori (mentre sono drammaticamente nascosti dal potere politico e delle banche) i percorsi del"riciclaggio"nei santuari finanziari ufficiali. Senza "ripulitura"del denaro di sequestri, estorsioni, pizzo, attuata dalle medesime banche che strangolano italiane ed italiani non vi sarebbe capitale mafioso; il riciclaggio viene effettuato da istituti finanziari, con una sconcertante (e sospetta) assenza di controllo della Banca d'Italia e dell'Ufficio Italiano Cambi. Occorre, allora, indagare i nessi attuali tra le mafie e i contemporanei processi di ricollocazione dei poteri sia nazionali che internazionali. Le mafie sono parte integrante dei processi di accumulazione e di valorizzazione del capitale. Rapporti ufficiali parlano di più di un quinto del prodotto interno lordo. Lotta sociale e contro le mafie sono, quindi, connesse. Non siamo riusciti a farlo comprendere in campagna elettorale. Il tema è , però, sempre più centrale in una strategia anticapitalista.

Giovanni Russo Spena

lunedì 11 marzo 2013

DOCUMENTO COMITATO NAZIONALE PRC

Documento APPROVATO dal Comitato Politico Nazionale del 9 e 10 marzo 2013


Il CPN del PRC esprime il proprio ringraziamento a tutti i compagni e le compagne che si sono impegnati con generosità e passione anche in questa difficilissima campagna elettorale, dimostrando che Rifondazione Comunista rimane una risorsa imprescindibile per la sinistra e la democrazia in Italia, un patrimonio umano e politico il cui valore nessuna soglia di sbarramento antidemocratica può cancellare.
Va riconosciuto il fallimento del tentativo di Rivoluzione Civile che non è riuscita a diventare il punto di riferimento per la domanda di cambiamento e la protesta di milioni di elettori. Hanno contribuito alla sconfitta elettorale sicuramente limiti soggettivi nostri e dei nostri interlocutori e alleati. In particolare il ritardo e la conseguente rapidità nel configurare lo stesso progetto ne hanno impedito una costruzione democratica e partecipata. Non va sottovalutato che la collocazione in alternativa al PD per il PRC era una scelta maturata da tempo e unanimemente condivisa all'interno, mentre per gli altri soggetti politici della lista si è trattato di uno sbocco obbligato a causa della chiusura del PD nei loro confronti. La stessa esperienza della Federazione della sinistra si era arenata sul nodo dell'alleanza con il PD. Anche un processo partecipato come quello apertosi con l'appello "Cambiare si può" è giunto troppo tardi per poter determinare un percorso condiviso di costruzione unitaria dal basso. Rivoluzione Civile, che pure avrebbe dovuto coniugare questione morale e questioni sociali ed economiche, non è riuscita a definire e a presentarsi con un profilo e un’identità forti dentro la campagna elettorale in cui sia la crisi economica che il rifiuto di una politica corrotta sono stati temi centrali.
L'esito elettorale, da cui esce vincente il movimento di Beppe Grillo, ha determinato un terremoto politico che fotografa una fortissima crisi di legittimazione dell'intero sistema dei partiti come articolatosi durante il ventennio del bipolarismo.
Il segno politico del voto è quello del rifiuto delle politiche di austerità e di bocciatura dei partiti che hanno sostenuto il governo Monti, la cui ombra ha ipotecato e pregiudicato anche la possibilità di affermazione di un centrosinistra che si è candidato a proseguire con più equità quell'impianto rigorista dettato dalla BCE. La stessa parziale tenuta di Berlusconi può essere spiegata con la paura da parte di ampi settori sociali storicamente rappresentati dal centrodestra, in particolare piccole imprese e lavoro autonomo, di diventare il bersaglio di un nuovo governo rigorista.
Il risultato di fondo che ci consegna il voto è lo scardinamento del bipolarismo che non possiamo che salutare positivamente ma senza nasconderci possibili involuzioni del quadro. Se la sconfitta dell'ipotesi di un governo Bersani-Monti costituisce un dato positivo, non possiamo escludere il profilarsi di una risposta conservatrice al terremoto in termini di blindatura ulteriore del sistema politico attraverso l’introduzione del doppio turno e del presidenzialismo. La stessa mancata vittoria del PD potrebbe produrre un ulteriore spostamento a destra dell’asse programmatico, mascherato da ringiovanimento della classe dirigente. Dentro questo quadro va rilanciata la nostra battaglia per il proporzionale e l’urgenza di risposte a un’emergenza sociale senza precedenti.
L'incalzare e l'approfondirsi della crisi e il malcontento suscitato dalle misure assunte per contrastarla, tanto inique quanto inefficaci, hanno determinato nel contesto italiano un rivolta dell'elettorato che si è espressa però non sul terreno della lotta di classe ma su quello della contrapposizione dei cittadini contro la casta.
A determinare questa dilagante percezione di massa non è stata soltanto la indubbia capacità comunicativa e “diversiva” di Grillo, ma le caratteristiche specifiche della situazione italiana a partire da una corruzione sistemica, una questione morale che i partiti non hanno voluto affrontare in termini di autoriforma, un clima di delegittimazione del Parlamento e della politica alimentato dagli stessi media dei “poteri forti”, la pervasività del lungo discorso antipolitico berlusconiano, il disarmo culturale agito dalla stessa sinistra di governo.
Ha pesato fortemente l'anomalia italiana di un mancato sviluppo del conflitto sociale di fronte al dispiegarsi di uno stillicidio di provvedimenti antipopolari.
Non può essere taciuta la responsabilità in tal senso di sindacati come Cisl e Uil che hanno coperto persino la strategia di Marchionne, ma anche la linea del gruppo dirigente della Cgil (con significative eccezioni a partire dalla Fiom) condizionata dal suo rapporto con un PD che sosteneva il governo Monti. La mancanza di ondate di movimenti di lotta paragonabili a quelle degli altri Paesi europei impone anche a noi e al resto della sinistra antiliberista una riflessione. Al tempo stesso impone la ripresa di una iniziativa del partito in sinergia con i movimenti a partire dalle prossime scadenze delle manifestazioni No Tav e No Muos.
Non va mai dimenticato che la nostra sconfitta è l’ultimo capitolo di una sconfitta più grande e storica che è quella del movimento operaio e di processi di atomizzazione sociale di lungo periodo che abbiamo da tempo analizzato e vissuto sulla nostra pelle, ma rispetto ai quali non siamo riusciti a determinare un’inversione di tendenza. Le nostre responsabilità soggettive si iscrivono dentro questo quadro.
Negli ultimi cinque anni abbiamo difeso con dignità e orgoglio Rifondazione Comunista. Il progetto intorno al quale ci siamo impegnati contemplava il rilancio del partito e la costruzione dell’unità della sinistra d’alternativa. Non possiamo non constatare che nessuno di questi obiettivi è stato conseguito. Il quadro di difficoltà dentro il quale abbiamo sviluppato la nostra iniziativa politica non ci esime certo da una riflessione senza reticenze sui nostri limiti, errori, insufficienze.
Si rende indispensabile aprire una fase di riflessione e confronto per ridefinire il ruolo di Rifondazione Comunista, con la consapevolezza che siamo di fronte alla chiusura del ciclo di Rifondazione per come l’abbiamo conosciuta e che sia ineludibile la necessità di rimetterci in discussione.
Ripensare il ruolo del Prc non implica rinunciare al progetto della Rifondazione Comunista ma cercare di individuare le strade per rilanciarlo sul piano dell’elaborazione teorica e programmatica, della pratica sociale, del radicamento, dell’organizzazione, della relazione con tutto ciò che si muove al di fuori di noi.
La sconfitta di Rifondazione e del complesso della sinistra radicale, che dentro la più grave crisi del capitalismo non sono riuscite in Italia a diventare punto di riferimento dell'ampio malcontento e del disagio sociale, costringe tutte le culture politiche e le esperienze organizzate a mettersi profondamente in discussione e ad attivare un processo di ricomposizione che non può essere riproposto in forme pattizie che non coinvolgono anzi accentuano l'ostilità e la diffidenza assai diffuse nei confronti dei partiti.
La profondità della sconfitta, nonostante la gestione unitaria del partito e una ampia condivisione della linea, impone un percorso di confronto ed elaborazione collettiva fondato sull'ascolto reciproco e sul coinvolgimento dell'intero corpo del partito a partire dal livello territoriale.
La riflessione che vogliamo collettiva non va ristretta entro le forme congressuali e della logica delle mozioni, ma sviluppata attraverso seminari tematici, assemblee territoriali, l’utilizzo di internet, coinvolgendo gli iscritti e con l’apertura al contributo di compagni della sinistra e dei movimenti. Sviluppare l’orizzontalità e partire dai contenuti sono due aspetti fondamentali per rendere fecondo e non rituale il percorso.
Lo stesso risultato del voto non smentisce l'asse della nostra battaglia politica di questi anni e neanche la collocazione difficile che abbiamo scelto nelle ultime elezioni. Milioni di elettori hanno scelto una proposta politica di rottura netta con il bipolarismo e che non si presentava come moderata. Al di fuori e contro il bipolarismo lo spazio si è allargato enormemente ma non è stata Rivoluzione Civile a occuparlo.
Rifondazione Comunista rimane e resta valida l'esigenza di costruire una sinistra antiliberista unita e autonoma dal centro-sinistra, alternativa rispetto alle degenerazioni del sistema politico.
Rifondazione Comunista da tempo è cosciente della sua non autosufficienza e quindi della vitale necessità della ricomposizione della sinistra di alternativa come in tutta Europa.
I successi recenti delle formazioni aderenti al Partito della Sinistra Europea ci dicono che è possibile uscire dalla marginalità senza rinunciare alla radicalità, alla coerenza sui contenuti e a una posizione di alternativa e di indipendenza rispetto a partiti di centrosinistra che hanno fatto proprie le politiche neoliberiste. Si tratta ora di compiere un salto di qualità dando impulso ad un percorso nuovo e unitario di rilancio e rinnovamento dell’intera sinistra di alternativa.
L'esperienza di questi anni e degli ultimi mesi ci induce a ritenere non riproponibili pratiche 'pattizie' e quindi a rilanciare la centralità della democrazia e del principio “una testa un voto” come metodo indispensabile per la costruzione di una nuova soggettività politica unitaria della sinistra e dei movimenti sociali antiliberisti, ambientalisti, contro la guerra.
L’apertura della discussione a tutti i livelli sull'esito elettorale, sulle prospettive del partito, sulla necessità di un suo rinnovamento (in primo luogo delle pratiche, delle modalità di intervento e dei gruppi dirigenti, anche sul piano generazionale) e sul futuro della sinistra non deve bloccare l’operatività del partito e l’iniziativa politica, a partire dalle prossime elezioni amministrative e da una forte partecipazione alle prossime scadenze di mobilitazione.
Al fine di coniugare il più ampio dibattito e il proseguimento dell’attività del partito il CPN individua i seguenti impegni:
- Partecipazione alle manifestazioni No ponte il 16 marzo, il 16 marzo a Firenze manifestazione antimafia, la mobilitazione No Tav il 23 marzo e quella No Muos il 30 marzo.
- Convocazione attivi di circolo e di federazione
- Convocazione dell’assemblea nazionale dei segretari di circolo e di federazione
- Convocazione periodica della riunione dei segretari regionali e di federazione
- Convocazione della conferenza programmatica entro il mese di luglio
- Convocazione del congresso straordinario nazionale entro novembre.
- Elezione della commissione politica per la stesura del documento congressuale e avviamento del percorso di approfondimento e dibattito anche attraverso seminari tematici nazionali e territoriali,
- La segreteria nazionale rimane in carica per garantire il proseguimento dell'iniziativa politica del partito e della gestione amministrativa fino al congresso.

documento approvato con 78 voti favorevoli
la votazione del dispositivo è avvenuta per parti separate, gli ultimi tre punti sono stati approvati con 43 voti a favore, 23 contrari, 2 astenuti

venerdì 8 marzo 2013

LOTTO TUTTI I GIORNI

Sintesi della relazione di Paolo Ferrero alla Direzione del Prc

Sintesi della relazione di Paolo Ferrero alla Direzione del Prc


Innanzitutto voglio esprimere il profondo ringraziamento per i compagni e le compagne di Rifondazione Comunista che sono state la spina dorsale della campagna elettorale di Rivoluzione Civile. L’intelligenza e la generosità dei compagni e delle compagne di Rifondazione Comunista deve essere sottolineata perché il risultato elettorale brutalmente negativo non cancella l’importanza e l’indispensabilità di questa comunità.
La discussione che dobbiamo aprire a tutto campo dopo l’insuccesso elettorale deve quindi innanzitutto coinvolgere tutti i compagni e le compagne, perché questa comunità politica rappresenta il principale patrimonio da cui ripartire.
Per questo ritengo necessario che la segreteria nazionale rimetta il proprio mandato al Comitato Politico nazionale: è un atto dovuto dopo una sconfitta così pesante per aprire una discussione vera a tutti i livelli, non un segnale di scarico di responsabilità o peggio ancora di fuga.
Su questa base mi pare necessario che il Congresso che dobbiamo fare sia preceduto da un percorso di analisi, inchiesta e discussione che coinvolga tutti i compagni e le compagne e tutti coloro che al di fuori di Rifondazione sono interessati alla costruzione di una sinistra antiliberista in Italia.
In altri termini ritengo che non abbiamo bisogno di una resa dei conti all’interno del gruppo dirigente – che sarebbe un atto distruttivo del partito – ma di aprire una straordinaria fase di discussione che ridefinisca il ruolo dei comunisti nell’attuale fase politica. Il centro della nostra attenzione deve essere la ridefinizione di una proposta politica all’altezza dei problemi, scavando, analizzando, discutendo, in un percorso che riconsegni il destino del partito a tutti gli iscritti e le iscritte. A Rifondazione Comunista serve una proposta politica forte, non una rissa: da questo punto di vista il metodo è sostanza e il percorso che sceglieremo sarà decisivo per determinare la qualità del risultato.
La riunione della Direzione di oggi che sarà seguita dal Comitato Politico Nazionale del 9 e 10 marzo – che propongo di riunire in forma aperta con la partecipazione di tutti i segretari provinciali - è quindi un primo passo di questa discussione e la mia introduzione, lungi dall’avere velleità di completezza, è solo un primo contributo in tal senso.
a. Com’è evidente le elezioni ci consegnano un quadro politico terremotato rispetto alla situazione precedente e con enormi difficoltà a dar vita ad un governo stabile. Ho citato molte volte Weimar per descrivere la situazione italiana, questo riferimento è tanto più corretto oggi. Oltre al bipolarismo è la Seconda Repubblica che è crollata in questa tornata elettorale. A partire da questo dato vorrei sottolineare due elementi. In primo luogo il voto è stato contro il sistema politico, per certi versi contro l’Europa e contro l’austerità. In particolare va sottolineato come l’assenza di un conflitto di classe generale – con una enorme responsabilità del sindacato - ha consegnato appieno il disagio sociale al tema della lotta al sistema politico e ai privilegi della “casta”. Così nelle elezioni ha vinto Grillo che ha rappresentato in pieno queste istanze, ha perso meno di quanto previsto Berlusconi, mentre è stato punito chi ha rappresentato le politiche dell’austerità (Monti) e chi più di tutti si è fatto carico nell’anno scorso della stabilità del quadro politico per realizzare quelle politiche (PD). Il terremoto non è quindi “neutro” ma, sia pure in forme confuse, esprime un disagio profondo verso le politiche di austerità. La seconda considerazione è che non dobbiamo scambiare questo terremoto con una rivoluzione. Non ci troviamo davanti all’apertura di una nuova fase ma all’esplicitarsi e all’aggravarsi della crisi organica della seconda repubblica e delle politiche neoliberiste. Dalle elezioni non emerge una alternativa ma l’amplificazione e l’evidenziazione della crisi organica del sistema, politico in primo luogo. Per questo la situazione politica è destinata a grande instabilità ed allo scontro di varie proposte politiche. Dalla proposta del PD di un dialogo con Grillo, alla proposta di Berlusconi di un governo di larghe intese finalizzato ad una riforma elettorale in senso presidenzialista, alle tentazioni della Lega Nord di usare la presidenza delle regioni del nord per praticare un vero e proprio scardinamento dell’assetto istituzionale del paese. Le variabili che si possono determinare sono molte e chiederebbero una relazione apposita per essere analizzate, cosa che non può essere fatta qui oggi. Analizzeremo meglio questa situazione in CPN.
b. La lettura delle elezioni come ulteriore elemento di crisi del sistema piuttosto che come fuoriuscita da questa crisi la si vede bene guardando alle caratteristiche del vincitore di queste elezioni, al partito di Grillo. Grillo non propone una piattaforma organicamente alternativa al neoliberismo. Grillo dà voce ed amplifica ogni disagio sociale, lo riconduce sempre al tema della casta e del sistema politico occultando ogni radice di classe del disagio medesimo. Grillo fa leva sul senso comune di massa così come è stato prodotto da un ventennio berlusconiano e lo contrappone al sistema politico. Nella contrapposizione tra popolo e “partiti” vi è la cifra politica del successo di Grillo: sufficiente a scardinare un sistema in crisi, non a ricostruire una nuova realtà. Per questo credo che Grillo rappresenti un punto di passaggio della crisi più che il suo esito definitivo. Da questo punto di vista Grillo è indubbiamente un effetto – non neutro, ma un effetto – piuttosto che una causa della deflagrazione del sistema o una soluzione alla stessa. Il punto non è la demonizzazione di grillo ma la comprensione della ragione del suo successo al fine di riformulare in modo efficace la nostra proposta politica di alternativa al neoliberismo e al capitalismo.
c. In questo contesto abbiamo il pesante insuccesso della lista Rivoluzione Civile. Qui occorre a mio parere discutere bene per vedere i problemi e correggerli per il futuro. A questo riguardo vi propongo solo tre considerazioni, una di natura strategica e due di natura tattica. Innanzitutto occorre confrontarsi sulla questione se sia stato giusto perseguire l’obiettivo di una lista di sinistra autonoma dal centro sinistra.
Io ho sempre pensato e continuo a pensare di sì. Penso che abbiamo fatto bene a posizionarci duramente contro il governo Monti, a dar vita alla manifestazione del 12 maggio contro il governo Monti ed a operare affinché la FdS diventasse il punto di coagulo di una alternativa di sinistra. Purtroppo dopo la manifestazione del 12 maggio la scelta degli altri soggetti della Federazione della Sinistra di inseguire il PD, hanno pesantemente indebolito questa prospettiva. Nonostante questo abbiamo continuato a cercare un percorso unitario a sinistra con la manifestazione No Monti day del 27 ottobre sia con Cambiare si può che da ultimo con Ingroia. Nella discussione che dobbiamo aprire mi pare sia necessario dare un giudizio chiaro sul percorso che abbiamo fatto e se confermiamo o meno l’obiettivo che abbiamo perseguito in questi anni e mesi. Su questo dobbiamo essere chiari. In secondo luogo è evidente che il modo in cui siamo riusciti a dar vita a Rivoluzione Civile è stato piuttosto abborracciato. Una parte delle forze che hanno dato vita a RC lo hanno fatto per necessità più che per convinzione e data la scarsità di tempi non vi è stato alcun percorso democratico nella costruzione delle liste. In terzo luogo penso però che le elezioni le abbiamo perse in campagna elettorale. La lista aveva una potenzialità di voto ben maggiore del 2% e tutti coloro che hanno fatto campagna elettorale lo hanno toccato con mano.
Nella chiarezza che il superamento della soglia da parte di Rivoluzione Civile non avrebbe magicamente risolto tutti i problemi, voglio però dire con chiarezza che si poteva fare meglio. Per non citare che due problemi, la scarsa presenza dei temi sociali nel profilo complessivo della lista ed un continuo tentennamento nei confronti del PD che non ha permesso la definizione di una identità forte della lista. I limiti di impostazione e gestione della campagna elettorale hanno pesato molto: Chi votava PD votava per il meno peggio, chi votava Grillo votava per bastonare il palazzo, non siamo riusciti a comunicare chiaramente a cosa serviva il voto a Rivoluzione Civile. Io penso cioè che il risultato elettorale negativo non era inscritto nella presentazione della lista Rivoluzione Civile – pur con tutti i suoi limiti - ma sia stato il frutto di una incapacità di dare il senso compiuto di alternativa che pure nel programma di Rivoluzione Civile era assai ben espresso. Questo è a mio parere il punto politico centrale su cui occorre riflettere e scavare: la capacità di dotarsi di una cultura e di una proposta politica in grado di reggere a livello di massa il nodo dell’utilità di una sinistra antiliberista nel nostro paese.
d. In questo contesto, in cui la crisi è entrata in una fase ancora più acuta, mi pare necessario ragionare da dove ripartire per costruire una sinistra anticapitalista all’altezza del livello dello scontro. Non si tratta di una discussione burocratica ma piuttosto di ragionare sui nodi fondanti il senso della nostra militanza comunista qui ed ora. Lo dobbiamo fare tenendo d’occhio le scadenze politiche ravvicinate ma soprattutto aprendo un dibattito di fondo. Dobbiamo arrivare ad un Congresso che ci aiuti a fare un passo in avanti a partire da una ipotesi politica forte. Io penso che dobbiamo ripartire da due elementi: in primo luogo Rifondazione Comunista, che deve innovare profondamente le modalità di funzionamento e di organizzazione, ma che rappresenta oggi – pur nelle difficoltà – la principale risorsa per la costruzione di un polo della sinistra di alternativa in Italia. In secondo luogo la necessità di riprogettare in modo unitario ed innovativo un percorso di aggregazione della sinistra antiliberista che raccolga tutti coloro che sono disponibili a questa prospettiva, a partire da coloro che la condividono all’interno di Rivoluzione Civile.
Credo cioè che dobbiamo aprire un percorso di analisi inchiesta e discussione per mettere a nudo le insufficienze che ci hanno caratterizzato e precisare meglio il nostro progetto. Lo dobbiamo fare in una discussione larga, che coinvolga tutto il mondo della sinistra antiliberista, dobbiamo aprire uno spazio pubblico di discussione su questo. In particolare vedo alcuni nodi che devono essere discussi a fondo. In primo luogo dobbiamo capire meglio la realtà sociale nella sua articolazione attuale. Troppo spesso parliamo della società in modi generici e prive di determinazioni reali. Pensiamo solo alla realtà giovanile per non fare che un esempio. In secondo luogo dobbiamo fare un salto di qualità nella proposta politica per quanto riguarda la crisi, di cui siamo in grado di descrivere gli effetti ma non di avanzare proposte chiare, a partire dal nodo del rapporto con l’Europa. In terzo luogo il tema della ridefinizione del rapporto tra la società e la politica intrecciato con il tema della crisi della politica. In questo ambito affrontare il nodo specifico del rapporto tra il nostro partito e la società, della ridefinizione del ruolo di un partito comunista oggi. Basti pensare all’intuizione del partito sociale che è diventata solo molto parzialmente un terreno di azione concreta.
Ho citato questi punti politici da affrontare non perché li ritenga esaustivi ma perché ritengo necessario che dobbiamo partire dalla sconfitta elettorale per fare un salto di qualità nell’analisi, nella proposta politica e nella capacità di innovare, non chiuderci in noi stessi.

Paolo Ferrero
in data:05/03/2013

mercoledì 6 marzo 2013

HASTA SIEMPRE CHAVEZ

HASTA SIEMPRE COMANDANTE

lunedì 4 marzo 2013

DIMISSIONARIA LA SEGRETERIA NAZIONALE PRC

Dimissionaria la Segreteria Nazionale di Rifondazione Comunista


Pubblicato il 28 feb 2013

La segreteria nazionale di Rifondazione Comunista, riunita per valutare i risultati delle elezioni politiche, desidera innanzitutto ringraziare le compagne e i compagni per la generosità del loro impegno personale, sia sul piano politico che organizzativo.

Le compagne e i compagni di Rifondazione sono stati infatti la spina dorsale della campagna elettorale di Rivoluzione Civile sui territori.

Il risultato di Rivoluzione Civile è stato negativo.

Non siamo riusciti in campagna elettorale a far emergere il profilo antiliberista, di sinistra e popolare della lista, che è rimasta schiacciata tra le spinte al voto utile e quelle al voto di protesta. Al di là di ogni altra considerazione, l’insuccesso della lista ha quindi una precisa ragione politica nell’incapacità di interpretare ed intercettare il forte disagio sociale e il largo dissenso verso le politiche di austerità.

Le elezioni ci consegnano un quadro terremotato, un quadro di crisi organica del sistema in cui la crisi sociale si salda con una crisi istituzionale e con la completa delegittimazione del sistema politico.

Un quadro di crisi organica in cui il paese non si riconosce nelle politiche neoliberiste e nel sistema politico ma non ha maturato e non ha a disposizione alcuna alternativa.

Non a caso escono penalizzate le forze che più si sono identificate con le politiche di austerità e con la governabilità, a partire da Monti per arrivare fino al PD.

Parallelamente Berlusconi è stato premiato per il suo smarcarsi dalle politiche del governo Monti e Grillo risulta il vero vincitore delle elezioni perché è stato individuato come il veicolo più efficace contro il sistema politico in quanto tale e le politiche economiche che lo hanno caratterizzato.

Il risultato del voto non è quindi una rivoluzione ma l’approfondirsi della crisi del sistema, crisi plasticamente rappresentata dall’impossibilità di determinare in parlamento una maggioranza di governo.

L’ingovernabilità e la crisi verticale del sistema politico è anche il risultato perverso della forzatura antidemocratica attuata da Napolitano – sotto dettatura dei poteri forti – nel novembre 2011.

Il rischio è che adesso le classi dirigenti facciano una ulteriore forzatura per proseguire le politiche di rigore e austerità: che di fronte all’assenza del consenso popolare, puntino ad uno scardinamento costituzionale in senso presidenzialista per determinare in forma autoritaria quella governabilità che non sono stati in grado di costruire attraverso il consenso attivo.

Noi ci opponiamo radicalmente a questa prospettiva e proponiamo l’abbandono delle politiche neoliberiste e la ricostruzione democratica partecipata di un rinnovato sistema politico basato su un sistema elettorale proporzionale.

Crisi sociale e crisi istituzionale hanno cioè una soluzione solo nella direzione di maggiore giustizia sociale e maggiore democrazia.

A tal fine è necessario rilanciare con forza la costruzione di un polo politico della sinistra antiliberista e proponiamo che Rivoluzione Civile dia vita ad un vero e proprio processo costituente, democratico e partecipato.

Parallelamente è necessario rafforzare e qualificare l’azione di Rifondazione Comunista che di questo processo di unità della sinistra antiliberista deve essere motore e protagonista.

Per aprire la discussione sui risultati elettorali e sulla ridefinizione del nostro progetto strategico – che dovrà trovare nei tempi e nei modi opportuni una sistematizzazione congressuale – è convocata per venerdì 1 marzo la Direzione Nazionale e per il 9/10 marzo il CPN, a cui la segreteria nazionale rimetterà il suo mandato.

LADRI DI VOTI


LADRI DI VOTI
Alla fine degli anni ’80 i migliori “pennivendoli” di regime hanno speso tonnellate di inchiostro per demolire il sistema elettorale proporzionale. Ma con quel sistema non era mai successo che se prendevi 167.000 voti eleggevi 6 deputati e se ne prendevi 765.000 voti eleggevi 0 deputati. Non era mai successo che se prendevi il 32,3% eleggevi 319 deputati e se prendevi il 32,8% eleggevi 114 deputati! È successo in queste elezioni con il “Porcellum” – ennesima variante del sistema elettorale maggioritario – dopo che un referendum del 1993 aveva abolito il sistema elettorale proporzionale. Siamo ad uno stravolgimento della volontà popolare di dimensioni inaudite.


Ovviamente di questo furto di voti di cui si è avvantaggiato lo schieramento di centrosinistra nessuno si è scandalizzato. Nè il Presidente della Repubblica che – in quanto garante della Costituzione – avrebbe dovuto denunciare questa grave distorsione della volontà popolare, né il buon Scalfari che nel suo sermone domenicale, si è “dimenticato” di denunciare questo obbrobrio. Facciamolo noi! Denunciamo questo vergognoso furto di voti, riproponiamo con forza il sistema proporzionale.

Claudio Grassi

DAL SITO DEL COMUNE - DATI ELEZIONI 2013





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