Di Antonello Patta*
Con questa manovra il governo delle
destre conferma il suo carattere antisociale: sacrifici per i lavoratori
e i ceti popolari, impoverimento ulteriore di ciò che resta di pubblico
con nuovi tagli, salvaguardia di profitti e rendite.
Il modello sociale che coltivano le
destre è chiaro : protezione delle grandi ricchezze, degli evasori e
della speculazione (il blocco sociale delle destre) il tutto a scapito
dei redditi bassi provocati dalle pensioni sempre più magre e dai
salari reali agli ultimi posti in Europa; bonus e mance a sostegno di
natalità e famiglie con importi risibili a fronte dei costi che
dovranno affrontare per la mancanza di servizi aggravata dai nuovi
tagli.
Tutto ciò appare in modo lampante considerando anche solo gli aspetti principali di questa manovra che, andrà valutata meglio al momento del suo varo.
Per le/i lavoratrici/ori dipendenti si spacciano come aumenti i soldi già ottenuti 2 anni fa
e oramai annullati da inflazione e fiscal drag; unica differenza: il
bonus che sostituisce lo sconto sui contributi verrà esteso ai redditi
tra 35 e 40 mila euro.
Sulle pensioni c’è l’insulto di un aumento di 3 euro al mese per le pensioni minime(promesse a 1000 euro in campagna elettorale.. ) mentre il ministro Giorgetti portando a compimento La controriforma Fornero, svela fino in fondo la demagogia delle promesse leghiste di una sua abolizione.
Per di più il governo riduce le detrazioni, sulle ristrutturazioni e su altre spese, e le rimodula sulla composizione del nucleo familiare, penalizzando quindi gli anziani soli ma anche i giovani single.
Svanite nel nulla le promesse alla sanità da anni in gravissime difficoltà nel personale e nelle strutture: i 4.7 miliardi promessi dal ministro si sono ridotti a 1.3 dei quali la gran parte servono per i contratti di medici e infermieri cui intanto viene dimezzata l’indennità prevista. Saltano le assunzioni, 30 mila promesse per il 2025, con tanti saluti alla riduzione dei tempi d’attesa. Aumenta la quota delle risorse utilizzabili per comprare prestazioni dai privati.
La scure si abbatte su tutto il pubblico impiego colpito dal blocco parziale del turn over per il 2025 mentre per i contratti dei dipendenti pubblici del periodo 2022/24 sono previsti aumenti del 6% circa rispetto a un inflazione del 18 col risultato di una perdita salariale superiore al 10%
La scuola subisce il taglio di 5660 posti agli insegnanti e 2174 al personale tecnico che si tradurrà in un peggioramento significativo delle attività didattiche e di sostegno; nessun intervento per dare una prospettiva ai 250 mila precari, 1 su 4, che tengono in piedi la scuola essendo privati di diritti basilari.
Sugli enti territoriali sono previsti 4 miliardi di tagli in 5 anni con pesanti conseguenze sui servizi pubblici, in particolare quelli sociali già insufficienti rispetto alla diffusione della povertà assoluta aumentata a 5 milioni e 600 mila persone.
I punti della manovra richiamati che comportano per 2025 una riduzione della spesa del 2,5, 30 miliardi in meno del 2024,
ne mostrano chiaramente il carattere antipopolare, ma occorre capire
che è solo l’inizio di una fase regressiva non solo per le condizioni
di vita degli strati popolari, ma per il Paese tutto.
Col nuovo patto di stabilità accolto
con favore dal governo e da quasi tutta l’opposizione ritornano i
vincoli di spesa, che obbligheranno a tagli di 13 miliardi all’anno per
sette anni.
Si continua a ignorare la lezione del
passato quando politiche di bilancio restrittive hanno aggravato
ulteriormente la situazione sociale del paese distruggendo l’welfare,
riducendo i consumi e gli investimenti, deprimendo l’economia e
aumentando ancora di più la povertà, le disuguaglianze e il divario tra
l’Italia e le economie più avanzate.
Scelte assunte, oggi come in passato,
con la motivazione della necessità di ridurre il debito che invece
produrranno di nuovo effetti sociali ed economici nefasti senza ridurre
il debito.
Per questo vanno respinti con forza i
refrain che già si sentono ripetere dai sedicenti patrioti delle destre:
“Ce lo chiede l’Europa” e “Non ci sono i soldi”.
Non è questa l’Europa che vogliamo.
Un’ Europa subalterna alle banche, alla finanza e agli Usa che si
arricchiscono mentre, complici governanti sudditi, scaricano sui popoli e
i paesi europei i costi economici e umani di una escalation di guerra
per difendere il predominio economico Usa nel mondo.
Occorre opporsi ai vincoli che
accentueranno ancora di più il declino del nostro Paese che da quando
esistono i trattati di Maastricht ha visto scendere la propria quota sul
pil europeo da quasi il 20 a meno del 15%. Di fronte a questo sfacelo
occorre disobbedire ai trattati.
Lottiamo per espandere la spesa
sociale, investire nell’istruzione e nella formazione, nella tutela
dell’ambiente, per l’occupazione nel lavoro, per produzioni di qualità
che tutelino i salari, anche istituendo un salario minimo per i diritti
di tutte e tutti; per il rilancio del welfare, per investire nella
riconversione sociale e ambientale dell’economia, per sostenere
produzioni e lavoro di qualità, per smettere di destinare enormi
risorse al riarmo, al sostegno delle guerre a partire dall’ Ucraina.
I soldi in Italia ci sono! Si possono
reperire grandi risorse tassando di poco le grandi ricchezze sopra il
milione di euro; attuando una riforma fiscale che tassi tutti i redditi
in modo davvero progressivo attraverso l’ampliamento del ventaglio
delle aliquote, il recupero del drenaggio fiscale e l’eliminazione di
tutte le flat tax che sottraggono all’IRPEF decine di miliardi; una
vera lotta contro l’evasione fiscale; la riduzione delle spese militari;
il recupero delle ingenti risorse dedicate a grandi opere inutili e
dannose come il ponte sullo stretto.
In Italia sono già previsti scioperi
di diverse categorie contro la manovra per i contratti, il lavoro, i
salari e per pensioni dignitose in difesa del pubblico , della sanità,
dell’istruzione.
Noi sosterremo tutte le mobilitazioni
previste perché riteniamo che solo una dura opposizione sociale potrà
fermare la regressione sociale e politica cui questo governo condanna il
paese. Saremo in tutte le piazze con l’obiettivo di estendere le lotte e
unificarle fino a uno sciopero generale che rappresenti l’inizio di una
grande stagione di lotte senza la quale non sarà possibile sconfiggere
le politiche antipopolari di questo governo e riconquistare il primato
del lavoro e dei diritti nella società e nei luoghi di lavoro.
Per il rilancio e l’unificazione delle
lotte sosteniamo -l’aumento generalizzato di tutti i salari, delle
pensioni, l’istituzione di un salario minimo legale e l’indicizzazione
piena all’inflazione; la riduzione dell’orario di lavoro a parità di
salario per la piena occupazione, una necessità di fronte ai progressi
tecnologici che aumentano la produttività; la garanzia del reddito per
tutte e tutti tramite un reddito di cittadinanza slegato dalle politiche
attive del lavoro, un grande piano nazionale del lavoro partendo
dall’assunzione di 500 mila nuovi dipendenti pubblici; il ripristino
dell’articolo 18, l’abrogazione del jobs act e di tutte le leggi che
hanno ridotto diritti, tutele e precarizzato il lavoro; l’abolizione
della legge Fornero e la garanzia della pensione abbassando l’età della
pensione , il riordino del fisco in direzione progressiva, riducendo le
aliquote più basse per favorire lavoratori e pensionati istituendo
una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze.
*Responsabile nazionale lavoro