LA LORO
CRISI, LE NOSTRE PROPOSTE
Documento
approvato con tre astensioni dalla direzione nazionale del 14 gennaio 2021.
La crisi di
governo rappresenta un’ennesima pagina della degenerazione del sistema politico
del nostro paese, ancora più grave perché si innesta in un quadro di crisi,
gravissima, sia sanitaria che sociale, con milioni di lavoratrici e lavoratori,
dipendenti o autonomi che siano, che vivono con poche centinaia di euro al mese
o sono addirittura senza alcun reddito, con la prospettiva fra qualche mese di
doversi confrontare con la fine del blocco dei licenziamenti e degli sfratti.
Dopo due
decenni di leggi elettorali incostituzionali, adesione al pensiero unico
neoliberista di tutti gli schieramenti, celebrazione del leaderismo e della
spettacolarizzazione siamo giunti a una crisi di cui la maggior parte delle
italiane e degli italiani non capisce nemmeno l’oggetto.
Chi nella
maggioranza critica la deriva personalistica di Renzi dovrebbe riflettere sulle
proprie responsabilità. Mentre il “pilota automatico” decide sull’essenziale,
la dialettica politica scade nella faziosità e nella polemica becera in cui i
vari personaggi e soggetti politici devono ritagliarsi uno spazio che non
possono conquistare con la forza della prospettiva ideale e di impianti
programmatici alternativi.
Il risultato
degli apprendisti stregoni dell’attuale maggioranza è che la vittoria delle destre
in caso di elezioni anticipate sarebbe di dimensioni enormi per effetto della
legge elettorale in vigore e del taglio del numero dei parlamentari e
consentirebbe ai trumpiani nostrani di eleggere il Presidente della Repubblica
e di stravolgere la Costituzione con il presidenzialismo e un ancor più forte
“regionalismo differenziato”.
Va respinto
il riproporsi della polemica contro i “partitini” che ha già condotto dal 1994
al progressivo svuotamento del parlamento e a un sostanziale restringimento del
pluralismo e della democrazia nel nostro paese. Mentre con gli sbarramenti sono
state estromesse dalla rappresentanza le forze non allineate come Rifondazione
Comunista, le leggi elettorali hanno amplificato il trasformismo e la fine dei
partiti come organizzazioni popolari con una fisionomia ideale e programmatica
e un radicamento nel paese. Il gruppo parlamentare di Italia Viva nasce da una
scissione di elette/i nelle liste PD e della sua coalizione guidata
dall’ex-segretario di quel partito.
Respingiamo indignati
il paragone che in questi giorni è stato brandito in maniera ricorrente tra le
battaglie di Rifondazione Comunista e Renzi. E’ un’analogia priva di
fondamento. Il renzismo è un prodotto della lunga stagione dell’Ulivo e del
centrosinistra, a Prodi ricordiamo che Renzi è figlio della sua politica non
della nostra. Rifondazione Comunista ha rotto con i governi e si è scontrata
col centrosinistra per dire no a guerre, privatizzazioni, precarizzazione del
lavoro, per difendere scuola, sanità, servizi pubblici e beni comuni.
Rifondazione Comunista ha difeso in parlamento gli interessi di lavoratrici e
lavoratori, disoccupate/i, pensionate/i i cui diritti sono stati spesso e
volentieri massacrati dal centrosinistra. C’è una differenza abissale tra chi chiede
il MES e chi non votò il Trattato di Maastricht mettendo in guardia rispetto a
regole europee che tutti oggi ammettono che si debbano cambiare. La nostra
proposta di riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali divenne legge
in Francia e anticipava un dibattito che oggi è aperto in tutto il mondo.
Rifondazione Comunista ha sempre portato in parlamento le istanze dei movimenti
sociali e della classe lavoratrice, Renzi è solo uno dei tanti ventriloqui di
Confindustria e dei grandi gruppi capitalistici spesso parassitari e certo non
ne mancano nelle forze che sostengono il governo. Basti pensare a come hanno
affrontato la questione delle concessioni autostradali dopo la strage del Ponte
Morandi.
Si esce da
questa fase di confusione e trasformismo solo rimettendo al centro i problemi
del paese e chiare alternative programmatiche.
Il nostro
giudizio su Renzi è di lunga data e le sue proposte a partire dal MES le
consideriamo dannose. Ma questo non cancella la nostra critica alla linea del
governo.
Nel Palazzo
oggi non c’è una proposta politica e programmatica di sinistra.
LA NOSTRA
CRITICA AL RECOVERY PLAN
Oggi più che
mai è indispensabile riportare l’attenzione sui problemi enormi che vive il
paese.
Visto come
si sono susseguite le formulazioni, un giudizio definitivo sul Recovery Plan si
potrà dare solo alla fine di un percorso ancora molto incerto nelle postazioni
delle risorse, nelle strutture operative e gestionali, nei tempi di
completamento e nei contenuti delle “riforme” richieste da Bruxelles per la sua
approvazione. Possiamo intanto rilevare alcuni gravi limiti.
Il più grave
consiste nell’utilizzo di un terzo dei fondi disponibili, la metà dei prestiti,
in sostituzione di risorse ordinarie per interventi già programmati invece che
in nuovi investimenti. E’ una scelta in linea col pensiero economico
neoliberista, clamorosamente smentito dai fatti, che da molti anni persegue la
riduzione del debito attraverso i tagli con le disastrose conseguenze note sia
per le gravi sofferenze sociali che per il debito e per l’insieme
dell’economia.
I fondi già
scarsi vanno assolutamente utilizzati tutti per nuovi investimenti se vogliamo
cominciare a sanare i danni prodotti dalla pandemia e soprattutto i gravissimi
ritardi e storture economiche e sociali prodotti da decenni di politiche
neoliberiste.
La
destinazione delle risorse poi, fatto salvo il rispetto delle grandi linee
indicate dalla Commissione europea, viene fatta in assenza di una politica
industriale che definisca gli assi economici e le filiere produttive da
privilegiare, confidando in quella discrezionalità dei mercati e delle imprese
che sono responsabili delle difficoltà del sistema economico e produttivo
italiano.
Sono
totalmente insufficienti le risorse destinate al Pubblico nel suo insieme, alla
sanità e alla scuola in particolare, che richiederebbero risorse ben più
significative sia per le strutture che per il personale.
Manca
totalmente un piano per il lavoro che proprio nell’assunzione di almeno 500
mila nuovi dipendenti pubblici avrebbe un punto di forza cui aggiungere almeno:
– la
creazione di lavoro in un grande piano di risanamento idrogeologico del
territorio,
– la
subordinazione dell’erogazione delle risorse alle aziende a precisi vincoli
occupazionali in connessione con la riduzione dell’orario di lavoro a parità di
salario, in sostituzione di politiche attive da rivedere insieme al reddito di
cittadinanza e agli incentivi alle imprese che producono impatti negativi in
campo ambientale. E’ gravissima la distribuzione non equilibrata dei
trasferimenti e degli investimenti tra nord e sud.
Un punto di
particolare gravità del Recovery Plan, evidenziato anche dalla scomparsa della
parità di genere dalle linee strategiche dell’ultima bozza, riguarda la
mancanza di un piano vero per l’incremento della quota di donne occupate per il
quale ci si affida a quella che in una sottomissione viene definita inclusione
sociale che come è ovvio riguarda sia gli uomini che le donne. Mentre il fatto
che i fondi dedicati siano quelli del “react eu” destinati a copertura di
misure urgenti per i danni della pandemia nel sud conferma la mancanza di una
prospettiva strategica che sarebbe necessaria.
Manca
totalmente un piano per le case popolari la cui urgenza è drammaticamente
sottolineata dai numeri allarmanti degli sfratti esecutivi momentaneamente
bloccati, delle procedure in corso e delle domande di casa popolare senza
risposta.
Un capitolo
rilevante, soprattutto per la gestione inaccettabile che si intende farne, è
quello che riguarda le infrastrutture idriche cui sono destinate risorse per
circa 4 miliardi ma senza ripubblicizzazione del servizio idrico integrato.
L’uso delle risorse destinate in gran parte al sud è legato infatti
all’affidamento del servizio a gestori idrici integrati dotati di una
organizzazione industriale adeguata con l’obiettivo, sottolinea l’Arera, della
“prosecuzione del processo di razionalizzazione e consolidamento del panorama
gestionale”. Lo scopo è un ulteriore attacco all’acqua pubblica sottraendo la
sua gestione anche ai comuni del sud per affidarla alle grandi multiutility del
nord e inferendo nuove gravissime lesioni alla democrazia e alla volontà
popolare.
Riteniamo
infine gravissimo che in un documento che spende moltissime parole sulle
disuguaglianze non ci sia nulla su quella legata alla distribuzione del reddito
di cui i salari italiani, tra i più bassi d’Europa, sono la componente
principale, quella che deprimendo pesantemente la domanda è la principale
responsabile del rallentamento economico.
A questo
riguardo riteniamo indispensabile l’avvio di un percorso complesso in cui si
intreccino vincoli precisi alle imprese che ricevono risorse, tra cui i rinnovi
contrattuali, lotta vera alla precarietà, all’economia illegale e ai contratti
pirata con un provvedimento immediato: l’introduzione di un salario minimo
legale di dieci euro al netto di ferie, tredicesima/quattordicesima e festività.
Nei mesi
scorsi abbiamo indicato una serie di misure indispensabili per affrontare
l’emergenza sociale e la pandemia.
Ribadiamo la
nostra denuncia della gravità di un piano pandemico che esplicitamente
legittima la selezione dei pazienti da assistere mentre si ignorano gli appelli
a misure coerenti di contenimento del contagio. Riteniamo indecente che si
continuino a spendere miliardi in spese militari mentre emerge gravissima la
carenza di personale e strutture nella sanità, nella scuola e in tutto il
settore pubblico.
In questa
situazione mentre in parlamento e sui media si sviluppa una crisi
incomprensibile riteniamo doveroso che il nostro partito si mobiliti in tutto
il paese avanzando le nostre proposte per affrontare la crisi sociale e
sanitaria e difendere la democrazia.
La Direzione
Nazionale impegna, in particolare, tutte le federazioni e i regionali in una
giornata di mobilitazione nazionale per il prossimo 23 gennaio con presidi e
iniziative.
Il 18
gennaio si terrà un presidio a Roma in Piazza Montecitorio a partire dalle ore
14.