RIFONDAZIONE IN PIAZZA COI SINDACATI E I LAVORATORI, CONTRO IL GOVERNO DI MARGARET RENZI!
Contro le politiche neoliberiste del governo di Margaret Renzi che sta demolendo quel che era rimasto dell’articolo 18, precarizzando definitivamente il lavoro e la vita delle persone, attaccando il welfare, la scuola pubblica, la Costituzione, va costruito un grande movimento di lotta, un autunno caldo! Per questo sosteniamo lo sciopero e le manifestazioni dell’Usb del 24 e saremo in piazza sabato 25 ottobre alla manifestazione nazionale della Cgil ed invitiamo i lavoratori e le lavoratrici a fare altrettanto. Saremo in tante e tanti, ne siamo certi, convinti che Renzi e la sua politica non fanno altro che peggiorare la crisi economica e portare alla barbarie sociale.
martedì 21 ottobre 2014
giovedì 16 ottobre 2014
SABATO 18 OTTOBRE MANIFESTAZIONE PER UNA MILANO METICCIA E ANTIFASCISTA
IL PRC PER UNA MILANO ANTIFASCISTA E METICCIA. SABATO 18 OTTOBRE INSIEME IN MANIFESTAZIONE. La Lega, il cui segretario ambisce alla poltrona di Sindaco della Città di Milano, che apre le sue file a forze neofasciste, cerca di lucrare nuove fortune elettorali sulle paure di sempre. Il programma razzista di sempre. Milano si è liberata dal governo ventennale della Lega e della destra, cercando di dare risposte a una città che è cambiata, dove convivono molte diverse nazionalità e dove si è affacciata una nuova generazione di ragazzi e ragazze, fatta di molti colori e di molti mondi. Milano è una città meticcia. Per questo Rifondazione Comunista aderisce e parteciperà alla manifestazione (Milano 18 ottobre ore 15.00 L.go Cairoli) “Milano meticcia, Antirazzista e Antifascista”, perché se c’è chi fa del razzismo la sua politica, c’è anche chi fa della bandiera dei diritti e dell’antifascismo la base della libertà per tutti e tutte. PRC Vimo
L'INSAZIABILE MATTEO-MANI-DI-FORBICE: LA MANOVRA BALZA A 36 MILIARDI. PERFINO CHIAMPARINO PROTESTA!!!
L'INSAZIABILE MATTEO-MANI-DI-FORBICE: LA MANOVRA BALZA A 36 MILIARDI. PERFINO CHIAMPARINO PROTESTA!!!
Il governo Renzi vara un manovrone da 36 miliardi sperando di cavarsela in Europa e di poter dare un qualche incentivo alle imprese con il taglio delle tasse. Nel gioco delle entrate e delle uscite della Legge di stabilità saranno molto pesanti i tagli alla spesa pubblica con la spending review di 15 miliardi; in particolare nei settori della sanità e sul piatto ci sono tanti buoni auspici nelle intenzioni di recuperare quasi 4 miliardi di entrate dalla lotta all’evasione fiscale. Confermati il taglio dell’Irap, un vero e proprio regalo alle imprese che Confindustria saluta usando toni entusiastici, e il trasferimento del Tfr in busta paga. Contenti gli imprenditori mentre le Regioni mettono le mani avanti: con i tagli annunciati l’unica via per le amministrazioni decentrate sarà quella di alzare le imposte locali. La bomba infatti deve ancora arrivare e si chiamerà "local tax". Renzi ha detto che non è nella manovra ma l'ha comunque confermata.
Molto forte il grido di allarme lanciato dal presidente Chiamparino. "A Renzi dico che nessuno vuole aumentare le tasse, anzi. Ma ci sono limiti di tolleranza oltre i quali non si può andare", dice Chiamparino. Il taglio per quattro miliardi, continua il governatore, "per cominciare, significa azzerare l'aumento del Fondo nazionale della Sanità nel 2015: se andrà bene, manterremo quello di quest'anno. Poi ci saranno da recuperare altri due miliardi". E sottolinea: "altro che ridurre le tasse, sarà un miracolo se riusciremo a non aumentarle. Temo sarà difficile evitarlo". Molto critico anche il giudizio della Cgil che ribadisce tutte le ragioni alla base della manifestazione del 25 ottobre a Roma. “Si continua su una logica di taglio che non risponde all'urgenza che ha il Paese'', ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, secondo la quale “il nostro sogno è che si faccia una manovra che crei lavoro. Ma questa invece è una manovra in cui non si vedono effetti positivi in termini di occupazione, in cui continuano ad esserci moltissimi tagli a enti locali e sanità. Soprattutto è una manovra in continuitàche pensa che l'unica leva sulla quale agire sia la diminuzione delle tasse per alcuni e che non mette invece quelle risorse in investimenti e creazione effettiva di posti di lavoro. Non c'è un principio di giustizia fiscale e di e di spostamento del carico fiscale''. Per la Cgil è inoltre molto grave la decisione di aumentare la tassazione sui fondi pensione.
Ora Renzi dovrà vedersela con l’Ue. "Italia e Francia - scrive il Wsj stanno entrambe lottando con un'attivita' delle imprese stagnante e un'alta disoccupazione, e sono cosi' riluttanti a infliggere ad un'economia gia' debole aumenti di tasse o tagli alla spesa pubblica". "Ma la Commissione europea - prosegue il quotidiano – potrebbe contestare questa mancanza di un rigore piu' ambizioso nelle manovre" di Roma e Parigi. E "l'imminente scontro potrebbe mettere alla prova i nuovi poteri di controllo della Commissione sulle finanze pubbliche dei singoli stati".
domenica 12 ottobre 2014
COMUNISTI ADESSOLA NOSTRA SCELTA: ENTRIAMO NEL PRC
COMUNISTI ADESSOLA NOSTRA SCELTA: ENTRIAMO NEL PRC 11 ott 2014 ̀La fase storica che viviamo si caratterizza per la crisi strutturale del modo di produzione capitalistico, esemplificata da vari fenomeni: la peggiore recessione economica dal 1929, la crisi di egemonia e l’inasprimento dell’aggressività imperialista di Usa e Europa Occidentale, la tendenza alla guerra in forme sempre più devastanti e ampie. Una fase che si è incentrata nella controffensiva neoliberista contro il movimento dei lavoratori, di cui il processo di integrazione economico e valutario europeo è stata ed è tutt’ora la leva strategica, per quanto non compresa pienamente e per tempo dai comunisti in Italia. E’ agevole constatare in questo quadro quanto la strategia e la tattica politica, approntate contraddittoriamente in questi ultimi anni, non siano state adeguate. Alcuni nodi di fondo, il Pd e il Centro-sinistra Uno dei maggiori vettori della controffensiva neoliberista è da rintracciarsi nella trasformazione del sistema politico in senso maggioritario e bipolare, che ha portato ad un progressivo appiattimento bipartisan verso il centro delle principali formazioni politiche di centro-destra e centro-sinistra. I comunisti non hanno capito per tempo le implicazioni politiche di tali trasformazioni, rimanendo invischiati nell’antiberlusconismo e subalterni al Pds-Ds-Pd. Oggi il Pd si pone come l’interprete più affidabile della linea economica e politica dei settori di vertice del capitale europeo e Renzi rappresenta, in continuità con il passato del suo partito, solo il momento culminante di questo più che ventennale spostamento a destra. Un’altra grave incertezza è stata manifestata dai comunisti a proposito del sindacato. I comunisti non sono riusciti a coordinarsi tra loro per coniugare la critica alla subalternità della direzione confederale al quadro politico, il collegamento con i settori più lucidi del sindacalismo di base e la definizione di una strategia complessiva d’insediamento nella odierna composizione di classe. Di conseguenza, la partecipazione dei comunisti ai governi del centro-sinistra, il modo subalterno in cui ciò è avvenuto e il rapido peggioramento delle condizioni dei lavoratori hanno contribuito a eroderne il radicamento sociale e a facilitare lo spostamento della sua base elettorale verso l’astensionismo e altre forze politiche. Il Prc come attore della ricostruzione del partito comunista e per unire nella chiarezza la sinistra Oggi, in Italia la dispersione dei comunisti ha raggiunto limiti senza precedenti e noi non intendiamo aggiungere frammentazione a frammentazione. Riteniamo che sia necessario rifuggire sia dal liquidatorio superamento della forma partito in una sinistra indistinta, sia all’opposto dall’autocelebrazione settaria di sentirsi unica vera rappresentanza comunista. Pensiamo, inoltre, che oggi un vero partito comunista debba essere l’interprete di una politica inserita in un percorso strategico di trasformazione dei rapporti di produzione in senso socialista. Ma, per fare questo, si deve recuperare e praticare l’autonomia di classe. Solo sulla base di una tale autonomia è possibile elaborare un nuovo impianto strategico, lavorare in modo coordinato nel sindacato e costruire le alleanze necessarie a ricostruire le premesse per tornare a vincere. Per ricostruire un partito comunista adeguato alla nuova fase storica e ai nuovi compiti è però necessaria la realizzazione di percorsi unificanti tra i comunisti, superando divisioni in sedicesimo che riflettono ancora quelle storiche (degli anni ’60 e’70), basate, nel migliore dei casi, sulle strategie dei tempi della “Guerra fredda”. Quindi, l’unificazione dei comunisti in Italia non può che essere un processo di confronto tra realtà diverse, il quale richiederà un tempo non breve per ricostruire e socializzare un minimo di punti di vista comuni sulla realtà e sul che fare. Ma, proprio per questo, non si deve ignorare la necessità di partire, sin da subito, dall’individuazione di alcuni punti fermi. Riteniamo, infatti, che non si possa intraprendere un percorso così difficile dal nulla e che ci sia bisogno di un punto di aggregazione delle forze, per quanto non esaustivo esso possa essere. In questo senso, riteniamo che il processo di ricostruzione del partito comunista non possa non tenere conto del Prc, cioè dell’organizzazione comunista che storicamente ha rappresentato il punto di partenza e il motore della ricostruzione della presenza comunista in Italia dagli anni ’90. Il Prc, pur con tutte le incontrovertibili difficoltà, limiti e sconfitte, è a tutt’oggi tra i punti più significativi di aggregazione per questo processo a livello nazionale. E comunque dall’esito e dal futuro del PRC dipende direttamente o indirettamente la forma che assumerà la riorganizzazione dei comunisti in Italia. Il Prc, infatti, nel corso degli ultimi e difficili anni ha conservato, oltre ad una struttura organizzativa territoriale, alcune caratteristiche importanti. In particolare, il Prc ha mantenuto una prospettiva di autonomia politica, provando a mettersi a disposizione della costruzione a sinistra di alleanze sociali e politiche alternative al centro-sinistra. Per tutte queste ragioni, Comunisti Adesso ha maturato, per il percorso di questi anni e l’impossibilità evidente di aprire percorsi alternativi efficaci rispetto all’obiettivo, la convinzione che con l’ingresso nel Prc oggi si può contribuire a riallacciare le fila di quel processo di rifondazione del comunismo nel nostro Paese interrottosi negli anni ’90. Lo faremo portando la nostra esperienza e mantenendo aperto il confronto con tutti coloro che hanno fatto pezzi di strada con noi e oggi hanno intrapreso strade diverse. Il nostro auspicio è che i comunisti, dentro e fuori Rifondazione, possano continuare a discutere e confrontarsi sempre, riuscendo, al contempo, a trovare sempre i modi e le forme per lottare uniti contro il capitalismo e per una società socialista. da comunistiadesso.org
sabato 11 ottobre 2014
STOP TTIP L’EUROPA SI RIBELLA!
STOP TTIP L’EUROPA SI RIBELLA!
Da Lisbona a Bucarest, da Dublino ad Atene: sono centinaia le iniziative in programma oggi nell’ambito della giornata di azione europea «Stop Ttip-Ceta-Tisa». Acronimi che stanno a significare rispettiva-mente il trattato di libero scambio Usa-Ue, quello Canada-Ue, e l’accordo multilaterale sui servizi nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio. Sigle con le quali occorre familiarizzare in fretta per evitare che sotto i nostri occhi si consumi una spaventosa aggressione alle condizioni di vita e lavoro di milioni di persone.
Sensibilizzare l’opinione pubblica contro le conseguenze che deriverebbero dalla firma di queste intese è l’obiettivo della mobilitazione di oggi: «Con la scusa di migliorare il commercio tra le due sponde dell’Atlantico — si legge sulla pagina web degli organizzatori della campagna -, i regolamenti disegnati per difendere l’ambiente, i diritti dei lavoratori, i servizi pubblici e gli standard pensati per proteggere i consumatori saranno ridotti nel minor tempo possibile al minimo comune denominatore». Non solo: nel mirino della protesta c’è il sistema di arbitrato «a garanzia degli investimenti», in base al quale le imprese potrebbero denunciare gli stati che adottano leggi lesive degli interessi del commercio.
Ciò che potrebbe accadere in Europa è già realtà altrove: uno degli esempi più clamorosi è quello della multinazionale del tabacco Philip Morris che ha portato l’Uruguay sul banco degli imputati per avere introdotto una legislazione anti-fumo. L’impresa vuole 25 milioni di dollari di risarcimento sulla base del trattato fra lo stato sudamericano e la Svizzera, dove ha sede l’industria. Se non vogliamo che il profitto delle multinazionali diventi la norma fondamentale alla quale subordinare ogni cosa, bisogna quindi evi-tare che gli accordi di libero scambio entrino in vigore.
Quello fra Unione europea e Canada è a uno stato più avanzato del Ttip, del quale è una sorta di prova generale: attualmente è pronto ma congelato, anche in virtù del giudizio negativo del governo di Ber-lino. Il vicecancelliere e ministro dell’industria tedesco Sigmar Gabriel, leader socialdemocratico, è con-trario ai tribunali arbitrali, e ha pubblicamente dichiarato che la Germania non firmerà il Ceta in assenza di modifiche.
Possiamo dormire tranquilli, dunque? No. Perché se anche la Commissione europea (che conduce i negoziati) e i partner di oltreoceano accettassero di eliminare quei fori extra-giudiziali «a tutela degli investimenti», resterebbero inalterati gli altri rischi. E nel Tisa — il terzo accordo in fase di gestazione su cui oggi si vuole accendere i riflettori — sarebbe contenuta una clausola volta a impedire legalmente il ritorno in mano pubblica di un servizio privatizzato in precedenza. In pratica, addio democrazia. I socialdemocratici tedeschi vedono solo una parte dei problemi: Gabriel non è ostile ai trattati come tali, vuole solo che non contengano le storture più evidenti. Ma c’è ben poco da salvare: la filosofia che li regge è nient’altro che puro neoliberismo, di cui ogni giorno vediamo dispiegarsi gli effetti — con le «riforme» — anche nel nostro Paese.
Un aspetto particolarmente scandaloso della vicenda è stato l’assoluto segreto che, almeno ufficial-mente, ha «protetto» le trattative fra le parti fino all’altro ieri: soltanto giovedì, infatti, Bruxelles ha pub-blicato il documento con le direttive di negoziato sul Ttip, adottato dal Consiglio dei ministri al commer-cio Ue nel giugno dell’anno scorso. Il governo italiano, per bocca del viceministro allo sviluppo econo-mico Carlo Calenda, sbandiera la grande vittoria della trasparenza, e così fa il vicecancelliere tedesco — ciascuno intestandosene il merito. In realtà, da quando la pressione dell’opinione pubblica (soprat-tutto in Germania e Francia) aveva cominciato a essere forte, il muro di gomma aveva già ceduto: «Il contenuto del mandato negoziale era già noto da diversi mesi e opportunamente pubblicato sui siti delle campagne anti-Ttip» spiega Simona Maltese dell’associazione A sud. Si tratta, in ogni caso, di una (prima) vittoria dei movimenti, e non certo degli esecutivi.
Tutti gli appuntamenti di oggi in Italia (in oltre 30 città) si trovano sul sito stop-ttip-italia.net: il principale è a Milano, alle 13, nell’ambito del Forum dei popoli Asia/Europa, alla Fabbrica del Vapore. E poi volan-tinaggi a Torino in alcuni mercati, a Firenze alle 15:30 sul Ponte Santa Trinita, a Roma alle 10 al mer-cato di via Pico della Mirandola, a Napoli alle 10:30 in Piazza Cavour. E martedì 14 si replicherà, sol-tanto nella capitale, in piazza Madonna di Loreto, in occasione della riunione informale ad hoc dei mini-stri del commercio estero della Ue.
mercoledì 8 ottobre 2014
RENZI NON HA LA NOSTRA FIDUCIA! MOBILITAZIONE DELL’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS
RENZI NON HA LA NOSTRA FIDUCIA! MOBILITAZIONE DELL’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS
Renzi non ha la nostra fiducia!
No al colpo di mano contro i diritti
La decisione di mettere la fiducia sul Jobs Act è un fatto di gravità estrema: si tratta di un gesto di rottura violenta delle prerogative del Parlamento e del dibattito politico e sociale.
Si vogliono spazzar via con un diktat elementi fondanti della nostra civiltà.
Chiamiamo tutte e tutti a mobilitarsi contro l’arroganza renziana, contro questa inaudita prevaricazione, per difendere la democrazia e i diritti.
Saremo mercoledì 8 ottobre, in occasione del voto di fiducia, davanti al Senato a Roma, in tutta Italia e con i lavoratori della FIOM in piazza a Milano (alle 9.30 da piazzale Lotto)
L’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS
mercoledì 1 ottobre 2014
3 OTTOBRE A MILANO PRESENTAZIONE DEL NUOVO LIBRO DI PAOLO FERRERO
PRESENTAZIONE DEL NUOVO LIBRO DI PAOLO FERRERO MILANO – Venerdì 3 ottobre ore 17.00 Cascina Cuccagna – Via Cuccagna, 2/4 (angolo via Muratori) Gianluigi Paragone - (giornalista televisivo) intervista l’autore: PAOLO FERRERO Il libro spiega in modo semplice e chiaro come il debito pubblico italiano non abbia nulla a che vedere con la spesa pubblica, e men che meno con la spesa sociale. Come il debito pubblico italiano sia gonfiato artificialmente a causa degli interessi da usura volutamente pagati dallo Stato agli speculatori. Il debito pubblico, infatti, è aumentato repentinamente a partire dal 1991, quando il ministro del Tesoro Andreatta decise, con l’allora governatore della Banca d’Italia Ciampi, di rendere autonoma la Banca d’Italia, obbligando così lo Stato a finanziare il proprio debito pubblico attraverso i mercati finanziari. A partire da quella data gli interessi pagati dallo Stato sono schizzati alle stelle e con essi il debito, che dal 60% è passato al 120% in pochi anni. L’esplosione del debito pubblico è diventata l’argomento per giustificare politiche di tagli e rigore. Così, dal 1992 la spesa pubblica è stata continuamente tagliata producendo un risultato straordinario: da quell’anno lo Stato registra un avanzo primario, cioè la spesa è regolarmente minore delle entrate, fatte salve le spese per interessi. In questo modo lo Stato è diventato in questi trent’anni una gigantesca idrovora che prende i soldi dalle tasche dei cittadini e li sposta nelle tasche degli speculatori e della rendita finanziaria. Il tutto è giustificato da un enorme debito pubblico che nulla ha che vedere con la spesa, perché è tutto integralmente dovuto agli interessi da usura che lo Stato paga agli speculatori. Il libro chiarisce i termini di questa gigantesca truffa e avanza proposte su come uscirne.
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